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Autore: Fanriel Kerrigan    08/09/2013    0 recensioni
Con uno scatto veloce, la sua mano andò ad estrarre il pugnale appeso alla cintura.
Impediscimi di farlo, adesso!
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il ragazzo si soffermò qualche secondo a guardare l’arazzo che aveva attirato l’attenzione di Gada: era di splendida ed antica fattura, e rappresentava la Dea Azhan addormentata in un giardino di rose, niente di particolare.

Eppure quell’arazzo aveva qualcosa di particolare, qualcosa di magnetico, che all’improvviso prese il sopravvento su Taiberl, lasciandolo incantato a guardare la Dea.

Taiberl si risvegliò dal torpore solo quando Celtern, passandogli accanto, gli diede uno spintone.

-Stai attendo a dove vai.- gli disse, con voce rauca.

-Chi sei tu per dirmelo?- chiese Celtern, altezzoso.

Gada , ancora assorto a contemplare l’arazzo, non mosse un dito, anche se suo figlio aveva la mano posata all’elsa della spada.

Quando Taiberl sfoderò il suo gladio, però, venne scagliato contro la parete, e a causa del contraccolpo si trovò a terra a faccia in giù, con i naso sanguinante che andava a macchiare il pavimento perfettamente lucido.

-Smettetela e andate a prepararvi- disse la Settima Stella, allontanandosi.

Celtern stava sghignazzando, divertito.

Taiberl si rialzò presto e si risistemò gli abiti.

-La pagherai, non so quando, non so come, ma la pagherai.- minacciò suo fratello, e poi si allontanò verso le sue stanze.

Celtern rise.

 

Era una mattina particolarmene gelida, quella in cui Dana si svegliò.

La stanza era più buia del solito, e fuori l’alba nn era ancora sorta. Era stata svegliata dalla voce di Sereth.

Se l’era quasi scordata: quel giorno avrebbe dovuto andare a Sefron, da sola, attraversando la foresta , come iniziazione, per ottenere la fiducia dell’ordine delle Sette Stelle.

Nella sua vita scandita dai rituali quel giorno era eccezionale: era la prima volta in assoluto che vedeva ciò che stava fuori dalle mura di Deman.

La veste rituale, un fine abito azzurro ricamato in oro, era adagiato in fondo al letto. Dana si vestì, e prese con i se i due pugnali corti che le avevano donato quando era ancora molto piccola.

Fuori dalla stanza Sereth la attendeva, con la consueta espressione impaziente.

-Partirete prima che il villaggio si svegli, non mangerete niente. Sarà la forza della dea a guidarvi…- disse la ragazza, sbrigativamente, accompagnadola attraverso le vie strette del piccolo borgo.

Dana scosse la testa, perplessa, senza farsi vedere.

Ai cancelli di Deman, Sereth fece un piccolo inchino, poi ordinò alle guardie di aprire i cancelli.

Dana uscì, senza guardarsi alle spalle. Aveva fame.

Altre ragazze avrebbero dato tutto per essere al suo posto, lei avrebbe dato tutto per essere una ragazza normale e per poter fare colazione quando le pareva.

Dana, guidata dal filo dei suoi pensieri, percorreva leggera il terreno ancora ghiacciato della foresta, addentrandosi nel fitto degli alberi.

Dai rami intrecciati sopra di lei penetravano timidamente i raggi di un sole che stava appena nascendo; attorno a lei sentiva i rumori dei piccoli animaletti del bosco che cominciavano a svegliarsi, ma non ne aveva paura.

Nella foresta ormai non era rimasto più nulla, si raccontava che una volta vi fosse il leggendario Maestro d’Armi Nemen e i suoi banditi della foresta, con i loro lupi, ma ormai erano solo leggende, poiché sembrava che Azhan avesse estirpato tutto il Male che aleggiava attorno ai due Villaggi Gemelli.

Il sentiero per Sefron era indicato da una sottile fila di sassi bianchi, che sembravano attirare gli stessi raggi del sole, e a Dana pareva di vivere dentro ad una leggenda.

Era da parecchie ore in cammino, il viaggio per Sefron era lungo, e la foresta impervia, ricca di rovi che la ragazza tagliava sicura con i suoi due pugnali.

Più di una volta scorse tra le fronde gli occhi luminosi di un gufo o di uno scoiattolo che la osservavano con curiosità, ma senza malizia.

La sacerdotessa stese a terra il suo mantello e si sedette per riposare: era stanca e il sole era ormai alto nel cielo.

Nel giro di un’ora forse sarebbe giunta a Sefron, aveva proseguito molto speditamente, e un po’ di riposo lo meritava.

Chiuse gli occhi.

 

Era tutto diverso. Tutto completamente diverso. Stava sognando, ma era tutto reale e allo stesso tempo sfumato, come plasmato nella nebbia.

Il marmo bianco sotto ai suoi piedi era freddo e cosparso di petali di fiori.

L’aria era tiepida, profumata, misteriosa: non era l’aria umida e puzzolente della foresta.

Non aveva dubbi, stava sognando.

Non poteva muovere le sue braccia e le sue gambe di sogno, ma poteva vedere chiaramente una figura venire verso di lei.

E in quell’incedere grazioso, in quello sguardo fiammeggiante, la riconobbe, era lei, era Azhan, era la divinità di tutte le divinità, la Dea dei Raccolti, il sole dei due villaggi gemelli.

Era a lei che aveva deciso di sacrificare la propria vita.

All’improvviso il cuore della giovane Dana si riempì di timore, e l’unico movimento sensato che riuscì a compiere fu quello di inchinarsi.

Azhan, alta ed imponente, ma esile e piena di bellezza, la guardò e le disse:

-Corri a Sefron, ma non percorrere la via principale. Segui la foresta, fino a che davanti non ti troverai un grande specchio d’acqua ghiacciata. Da lì in poi fai quello che ritieni più giusto.-

Tutto attorno a Dana sembro sciogliersi, stemperarsi nel verde scuro e nel marrone della foresta.

La ragazza si trovò sveglia e sull’attenti, con il cuore che le batteva forte: aveva visto la Dea, aveva udito la sua voce.

Azhan con le sue parole le aveva messo addosso una premura che le permetteva di correre come non aveva mai fatto prima, come se potesse volare.

Le mebra di Dana, seppur deboli e stanche, sembravano non potersi mai fermare. Non era lei che stava correndo: era la Dea che stava guidando i suoi passi.

La sacerdotessa, per la prima volta da quando era entrata a fare parte dall’Ordine, sentì davvero che la sua esistenza aveva un senso, che il suo destino era scritto, e che avrebbe obbedito ad Azhan fino alla morte.

 

La Dea si abbandonò sul suo trono, portandosi distrattamente una mano tra i capelli, fiera di quello che era riuscita a fare.

Finalmente era riuscita ad entrare nella mente di Dana. Ci aveva provato diverse volte, ma la ragazzina sembrava non volerglielo permettere.

In quel momento c’era un’emergenza molto grave in corso, e Azhan si sentiva terribilmente vulnerabile.

L’unica che poteva aiutarla era proprio Dana, che a sua insaputa aveva nel sangue più nobiltà di tutto l’ordine delle Sette Stelle intero.

Uno strumento ottimo.

Gli occhi impenetrabili di Azhan osservavano tutto il suo regno. Poco lontana di lì vi era una bizzarra costruzione in cristallo, al suo interno un uomo.

 

Dana si trovò davanti la superficie ghiacciata di un piccolo specchio d’acqua.

Le uniche ombre in mezzo alla neve bianca erano i tronchi degli alberi , e una spaccatura nel ghiaccio, che attirò subito la sua attenzione.

La ragazzina, leggera, corse a piccoli passi sul ghiaccio, le orecchie attente ad udire che il ghiaccio non scricchiolasse troppo.

La Dea la stava guidando proprio verso il buco nel ghiaccio.

Dana tuffò un braccio nell’acqua gelida, sentì che c’era qualcuno lì sotto.

Con una forza che non credeva di avere sollevò dall’acqua il corpo di un ragazzo, e lo trasse a sé.

La sacerdotessa per lo sforzo ricadde all’indietro,ma si riprese subito.

Esaminò il ragazzo che aveva salvato dall’acqua, e ne verificò le condizioni vitali: il corpo era ancora caldo, respirava, ma aveva perso i sensi.

Doveva essere caduto nell’acqua da qualche minuto.

Portava delle raffinate vesti regali, sicuramente apparteneva alla nobiltà di Sefron.

Eppure i tratti del suo viso erano strani, e sicuramente quel ragazzo non era originario di Sefron: il suo corpo era troppo esile, e la sua carnagione troppo chiara.

Dana si alzò, e prese in braccioil ragazzo, che era leggero come una piuma.

Doveva portarlo al villaggio il prima possibile.

Aggirando la crepa nel ghiaccio per timore che il terreno cedesse sotto di lei, giunse alla terraferma.

 

Taiberl non si era ancora fatto vedere, notò Celtern.

Il ragazzo era accanto a suo padre, il quale stava parlando con Conel.

C’era grande agitazione per l’arrivo della sacerdotessa Suprema.

Gada all’improvviso si girò verso di lui.

-Vai a cercare tuo fratello, chissà dove si sarà cacciato. La ragazzina di Deman arriverà a breve.- gli disse.

Celtern sbuffò poi uscì dal palazzo, facendosi largo tra la folla nelle vie di Sefron.

  
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