-Che
cosa?!- le chiedo, sicuro di aver sentito male.
Anzi, sperandolo.
Lei
spalanca i suoi occhi verdi e avvicina le mani alle
sue labbra, pentita delle sue parole.
Deglutisco
-Che cosa hai detto, Emma?- ripeto, alzando il
tono di voce.
-Non
urlare- mi rimprovera -Non ho detto niente, vattene-
balbetta, spingendomi verso la porta.
Afferro
i suoi polsi saldamente.
In
questo momento vorrei urlare per la rabbia, ma riesco
solo a riflettere. Io, a ventitré anni, sono padre di due
gemelli. No, non è
assolutamente possibile. Eppure mi ritornano alla mente tutti quegli
indizi che
non ho mai voluto analizzare: il colore dei capelli di Alex e Drew, il
fatto
che siano nati a Settembre, ovvero otto mesi dopo la mia partenza, il
fatto che
tutti sapessero dei bambini, tranne me, e che Jazzy fosse
così affezionata a
loro da conoscerli dalla nascita.
-Io
sono il padre di Alex e Drew- sussurro, stringendo
maggiormente i polsi di Emma.
-Mi
stai facendo male- singhiozza Emma, cercando di
liberarsi.
In
questo momento la rabbia ha preso il possesso del mio
corpo, ma sono anche totalmente scioccato.
-Io
sono il padre di Alex e Drew- urlo, con le lacrime
agli occhi.
-Non
gridare, ti prego- mi supplica la ragazza dagli
occhi verdi. La ragazza di cui mi sarei fidato ciecamente. La ragazza
che mi ha
tenuto nascosto di essere padre di due bambini. In tutto questo tempo
sono
stato male al pensiero che Emma fosse già madre di due
gemelli, ma soprattutto
perché credevo di non essere il padre dei biondini. Ma, ora
che so di esserlo,
riesco solo a provare una profonda rabbia nei confronti di chiunque. Mi
pento
solo di aver detto di odiare quei due angioletti, credendo che per loro
Emma ed
io non potessimo amarci, quando in realtà è tutta
colpa della castana. Emma mi
ha mentito, Jazzy mi ha mentito, la mia famiglia e persino Scooter mi
hanno
mentito per tutto questo tempo. Nei quattro anni della mia assenza e
anche da quando
sono tornato.
Lascio
all'improvviso i suoi polsi.
-Sai
una cosa?- chiedo ironico -Siete dei bastardi, dal
primo all'ultimo, ma soprattutto tu- continuo, sputando veleno da tutti
i pori.
Emma
spalanca gli occhi.
Mi
avvicino al suo corpo, facendola indietreggiare fino a
una parete.
-Sei
una stronza- continuo, stupito dalle mie stesse
parole -e mi hai tenuto nascosto per quattro anni tutto questo- grido,
non
riuscendo a trattenere la rabbia.
-Per
quanto avresti voluto tenermi all'oscuro di tutto,
eh?- le chiedo.
Delle
lacrime rigano il suo viso, ma fingo di non
vederle. La amo troppo e non devo assolutamente farmi addolcire dal suo
pianto.
-Justin,
io te lo avrei detto- sussurra impaurita. Se non
fossi così arrabbiato, mi vergognerei del mio atteggiamento
nei suoi confronti.
-Quando?
Il giorno del matrimonio di uno di loro? O alla
nascita dei loro figli?- domando, ironico, facendole abbassare lo
sguardo.
Stringo le labbra in una linea sottile. -Non pensavo che fossi capace
di una
cosa del genere, Emma- mormoro, distogliendo lo sguardo da lei.
-Credi
che per me sia stato facile?- domanda,
allontanandosi dal muro e appoggiando l'indice contro il mio petto.
-Credi che
bastasse una telefonata e dirti “Sai, sono incinta dei nostri
figli, lascia
tutto e torna a Los Angeles”?- continua poco dopo,
picchiettando il dito sulla
mia felpa. -Credi che sia stato bello vedere le immagini sui giornali
dove tu e
quella sgualdrina passeggiavate insieme per strada, mentre io quasi non
riuscivo ad alzarmi dal letto per il pancione?- continua con le lacrime
agli
occhi.
Mi
mordo il labbro inferiore.
Io
non sono stato vicino a Emma durante la gravidanza.
Non le ero accanto per tenerle la mano il giorno del parto. Non ho
tenuto in
braccio i... miei figli. Non ho
sentito la loro prima parola e non ho visto crescere il loro primo
dentino. Ma
l'avrei fatto, se solo lei me l'avesse permesso.
-Ti
sarei stato vicino- sussurro, con lo sguardo perso
nel vuoto.
-No!-
urla, arrabbiata -Tu te ne sei andato, lasciandomi
sola, anzi, con due gemelli nella pancia e non ti sei mai fatto vivo.
Vedevo il
tuo sorriso nei programmi televisivi, vedevo i tuoi cd nei negozi e la
tua mano
intrecciata con quella di Nicole nelle copertine delle riviste di
gossip-
continua, singhiozzando.
Il
suo viso è completamente ricoperto di lacrime, ma non
si preoccupa di asciugarle. Apre la bocca, come per dire qualcos'altro,
ma la
richiude pochi secondi dopo.
-Io...-
tento di parlare, ma lei mi interrompe.
-Non
saresti stato un buon padre- balbetta, insicura.
Spalanco
gli occhi -Cosa?!- chiedo, incredulo.
Lei
deglutisce e cerca di placare il suo pianto -Non
saresti stato un buon padre per Alex e Drew- ripete, cercando di
mostrare
sicurezza.
-Ah,
davvero? Credi che non sarei stato in grado di amare
i nostri figli?- chiedo, alzando
nuovamente il tono di voce.
-No,
non intendevo questo- sussurra, mordendosi il labbro
inferiore.
-Basta
Emma. Sono stanco di tutte le menzogne che mi
vengono raccontate- grido, dimenticando di nuovo che i bambini
potrebbero
sentirmi.
Sento
dei passi leggeri e veloci provenienti dal
corridoio, ma sono troppo arrabbiato per dare peso a questa cosa,
così apro la
bocca per continuare a sfogarmi, ma qualcuno mi interrompe.
-Mamma,
perché gridate?- chiede Drew, assonnato,
strofinandosi l'occhio con la mano.
Emma
cerca di asciugare velocemente le lacrime -Niente,
amore mio. Torna a dormire- sussurra, forzando un sorriso.
-No,
Emma. Basta mentire- dico, sentendo il sangue
ribollire nelle vene per la rabbia -Digli che sono suo padre e che mi
hai
mentito per cinque anni- grido furioso.
Il
piccolo Drew spalanca i suoi occhi verdi e posa il suo
sguardo su di me e poi sulla sua mamma, prima di scoppiare a piangere.
-Lui
è papà?- chiede a Emma.
Mi
mordo il labbro inferiore, maledicendomi in tutte le
lingue del mondo. Non avrebbe dovuto saperlo così,
è solo un bambino di quattro
anni e non meritava di crescere senza un padre, così come
sua sorella Alex.
-Sì,
amore. Sono il tuo papà- sussurro con le lacrime
agli occhi, avvicinandomi al suo piccolo corpo per abbracciarlo, ma lui
continua a piangere e affonda il viso nell'incavo del collo di Emma.
-E
allora perché non sei stato con noi? Ci odi, non
è
vero?- grida, mentre Emma cerca di calmarlo.
-No,
io non...- mi interrompo sentendo il sapore salato
di una lacrima sulla lingua. Deglutisco. Chiudo gli occhi e lascio che
le
lacrime scorrano lungo il mio viso.
Ho
rovinato il Natale di un bambino, di mio figlio.
-Vattene,
Justin- conclude Emma, accarezzando la schiena
del piccolo Drew.
Dopo
aver lanciato un ultimo sguardo a mio figlio e alla
donna che amo, esco dalla villetta.
-Che
Natale di merda- borbotto arrabbiato, camminando
verso casa.
Non
so se essere più arrabbiato con me stesso o con Emma,
ma di sicuro sono infuriato anche con quelle persone che mi hanno
mentito
insieme a lei. Jazzy sapeva tutto e non mi ha mai detto la
verità.
Sono
deluso.
Una
persona passa la sua vita pensando di potersi fidare
degli amici e della famiglia, quando invece anche loro possono
deluderci. Ma la
cosa peggiore è che per loro ci rimani peggio,
perché non te lo aspetteresti
mai.
In
pochi minuti giungo a casa mia, perso fra i miei
pensieri.
Apro
velocemente il portone e lo chiudo a chiave,
sistemando all'ingresso il mio giubbotto. Con passo strascicato, mi
dirigo
verso la mia stanza, mi sfilo i vestiti di dosso e, dopo aver indossato
il
pigiama, mi sdraio sul mio letto, sotto le calde coperte profumate.
-Fanculo-
sussurro, quando una lacrima riga il mio viso.
Il
suono del campanello mi sveglia, facendomi borbottare
qualche parola incomprensibile.
Mi
giro a pancia in giù, per riaddormentarmi, ma il
campanello suona di nuovo, ininterrottamente, come se il mio ospite
indesiderato
voglia rinfacciarmi tutta la sua gioia nel giorno di... Natale.
Lentamente
raggiungo la porta di casa, con gli occhi
socchiusi, e riesco a sentire la voce di Jazzy.
-It's the most
beautiful time of the year...- sentendo queste parole, mi
affretto a
spalancare il portone, ritrovandomi davanti il viso allegro di mia
sorella.
-Oh,
ehi Justin! Buon Natale!- esclama allegra.
Rimango
impassibile guardandola, ma dentro sono furioso.
-È
un Natale di merda- annuncio, chiudendo il portone e
lasciando mia sorella fuori di casa.
Il
campanello suona per l'ennesima volta, così vado ad
aprire per evitare che mi faccia diventare sordo.
-Ma
che succede?- mi chiede preoccupata.
-Che
succede?- ripeto, con un sorrisetto stampato sul
volto -Succede che tu sapevi tutto e non mi hai mai detto niente,
nonostante le
varie occasioni- grido, sbattendo di nuovo la porta, per poi appoggiare
la
schiena contro il legno.
-Justin,
mi dispiace. Io avrei voluto dirtelo- tenta di
scusarsi, ma io non riesco a perdonarla per avermi mentito su una cosa
del
genere.
-Tutti
me l'avrebbero detto, ma alla fine sono io quello
che non ha visto crescere i propri figli. Sono io quello che ha creduto
per
cinque anni in un sacco di menzogne- urlo, con le lacrime agli occhi.
-Justin,
apri la porta- mi supplica Jazzy, battendo i
pugni sul legno.
Scuoto
la testa, prima di andare a sdraiarmi su uno dei
miei divani.
Ho
perso quelli che sarebbero stati gli anni migliori
della mia vita. Perché i figli sono il regalo più
bello che si possa ricevere
nella vita, ed io quasi non li conosco.
Quando
Jazzy si arrende, riesco finalmente ad
addormentarmi di nuovo.
Dopo
varie ore, i deboli raggi del sole, provenienti
dalla finestra, mi risvegliano. Sbatto un paio di volte le palpebre per
abituarmi alla luce e poco dopo sbadiglio, alzandomi dal divano. Mi
avvicino
alla finestra e sposto la tenda.
Sta
nevicando. Sembrerebbe il Natale perfetto, ma è proprio
il peggiore. Mi basterebbe correre da Emma e i nostri figli per
risolvere
tutto, ma non ci riesco. Mi ha mentito e non so nemmeno il
perché.
Guardo
attentamente i fiocchi di neve, quando un ricordo
di cinque anni fa mi ritorna alla mente.
Sentii
una goccia gelida bagnare la mia guancia.
Emma
volse lo sguardo verso l'alto e sorrise.
-Nevica-
sussurrò nel mio orecchio.
Dei
fiocchi bianchi accarezzarono la mia bocca quando alzai lo sguardo per
osservare il cielo. Con la lingua sfiorai quelle gocce ghiacciate,
desiderando
che al posto della neve ci fossero le labbra morbide della mia piccola
Emma.
Le
sue guance si infuocarono. Sorrise imbarazzata e la guardai
interrogativo, ma
lei arrossì maggiormente in risposta.
Altri
fiocchi scesero lievi avvolgendo i nostri corpi.
-I
should be playing in the winter snow, but I'mma be under the
mistletoe...- intonai avvicinandomi al suo
orecchio.
Si
morse
il labbro inferiore, sorrise e mi strinse forte con le sue braccia
bianche.
Sospiro,
prima di girarmi verso il mio caminetto.
Cosa
ci fa uno scatolone lì?
Inarco
un sopracciglio, confuso, e mi avvicino.
-La
prossima volta cambia la serratura se non mi vuoi in
casa tua, o forse non ti ricordavi di avermi dato un doppione delle
chiavi?
Comunque, qui dentro troverai i quattro anni che ti sei perso. Spero
che tu non
decida di perderne altri- leggo ad alta voce le scritte nere sulla
scatola
beige, seguite dalla firma di mia sorella.
Alzo
gli occhi al cielo, prima di sedermi e aprire il
cartone.
Cerco
di trattenere un singhiozzo, vedendo il contenuto.
In
cima ci sono due di quei braccialetti bianchi che
legano ai polsi dei neonati in ospedale. Li afferro e li osservo da
vicino.
Deglutisco, prima di appoggiarli sul pavimento accanto a me.
Nella
scatola trovo anche una copertina bianca con le
cuciture verdi, coperta usata di sicuro da Emma per coprire i due
gemellini
durante i loro pisolini.
Sorrido
lievemente immaginando i visi di quei due
angioletti durante il sonno. Mi sarebbe piaciuto stare accanto ad Emma
e
osservarli per ore...
Sospiro
malinconico e annuso la coperta, sentendone il
delicato profumo, prima di sistemarla vicino ai braccialetti bianchi.
Tiro
fuori dei peluche colorati, due biberon e quattro
paia di calze antiscivolo minuscole, adatte solo a dei bambini di pochi
anni,
ai miei bambini. Le lacrime
iniziano
a scorrere lungo il mio viso, ma mi affretto ad asciugarle con il dorso
della
mano. Sul fondo della scatola ci sono moltissimi disegni e dei... cd?
Aggrotto
la fronte e ne tiro fuori uno.
-Sei
mesi- sussurro, leggendo un'etichetta bianca
attaccata sul disco.
Sei
mesi?
Mi
alzo dal pavimento, inserisco il cd nel lettore posto
vicino alla televisione e in pochi minuti riesco ad avviarlo.
-Sei
pronta? Tre, due, uno... azione!- lo schermo è nero,
ma sento la voce di Jazzy. Subito dopo, la dolce risata di Emma riempie
le mie
orecchie e sullo schermo riesco a vedere il suo... pancione.
-Oh
mio Dio!- sussurro sconvolto e meravigliato al tempo
stesso.
Mi
avvicino alla televisione con gli occhi spalancati e
allungo la mano verso lo schermo, per sfiorare con le dita l'immagine
della
pancia di Emma. Ma è solo un video e questo mi fa piangere,
perché io quel
giorno non c'ero.
-Jazzy,
non dobbiamo mica girare un film- commenta Emma
divertita.
-Oh,
lo so, ma lasciami sognare- risponde mia sorella,
inquadrando il viso della mia piccola Emma.
È
stupenda ed è proprio vero che le donne, durante la
gravidanza, sono ancora più belle. I suoi capelli sono
lunghissimi e mossi. Mi
dispiace tanto che li abbia tagliati.
-Allora,
signore e signori, ecco a voi...- si interrompe,
mentre Emma si sfila un enorme vestito color panna.
-Come
li chiamerai?- chiede, confusa.
-Non
ci ho ancora pensato, a essere sincera- risponde
Emma, prima di liberare una risatina dalle sue soffici labbra.
Afferra
una maglietta da un letto, probabilmente quello
della sua vecchia camera, e la indossa.
-Oh,
mi viene stretta pure questa- commenta, dispiaciuta.
-Non
preoccuparti, dopo il parto potrai tornare ad
indossare i tuoi vecchi vestiti- la rassicura mia sorella, con il dolce
tono
che solo lei sa usare.
Emma
abbassa lo sguardo verso il suo pancione e lo
accarezza dolcemente.
-Lo
so, ma... mi sembra enorme- dice sorridendo.
-No,
è semplicemente bellissimo- sussurro.
-Credo
che lei si chiamerà Alexandra, mentre lui Drew
come suo... padre- conclude tristemente.
Jazzy
sospira, mentre io afferro il mio labbro inferiore
fra i denti.
-Quando
glielo dirai?- chiede mia sorella ed io sono
sicuro che si riferisca a me.
-Non
lo so- confessa Emma, sedendosi sul letto.
-Sarebbe
un ottimo padre- commenta Jazzy, facendo
sorridere la ragazza dagli occhi verdi.
-Lo
so! Sarebbe il miglior padre del mondo, così dolce,
comprensivo e...- si interrompe, arrossendo.
Allora
perché mi ha detto che non lo sarei stato?
Aggrotto
la fronte, confuso.
-Oh,
una certa ragazza qui è innamorata di mio fratello,
non è vero?- commenta mia sorella, mentre le guance di Emma
s’infuocano
maggiormente.
-Lo
amo con tutta me stessa- sostiene la ragazza -ma ha
trovato la sua felicità e mai gliela porterei via con una
dannata telefonata.
Lo amo così tanto che mai penserei di spegnere quel sorriso
che vedo su tutti i
giornali, di interrompere la sua carriera musicale o di impedirgli di
amare
Nicole- sul suo viso si è formato un sorriso malinconico.
Lei
mi amava.
-Non
ho mai amato Nicole in vita mia- sussurro a me
stesso.
-Gli
rovineremmo la vita- singhiozza -Mi odierebbe e non
potrei sopportarlo- balbetta, facendomi sgranare gli occhi.
Come
può aver pensato una cosa del genere? Come può
pensarla ancora?
Il
video s’interrompe, ma io rimango a fissare lo schermo
nero, pensando a come la mia vita sarebbe stata diversa se Emma mi
avesse detto
di essere incinta dei nostri figli.
Magari
non sarei diventato un cantante famoso, ma sarei
rimasto me stesso e non avrei mai dovuto mentire a milioni di persone.
Sarei
rimasto con la mia famiglia, con le persone che
amo.
Avrei
sfiorato il pancione di Emma.
Avrei
accompagnato i nostri figli all'asilo e li avrei
visti crescere.
L'ennesima
lacrima riga il mio viso.
OHMAIGAHD!
Questo dovrebbe
essere il penultimo capitolo… non sto piangendo, no.
:’( :’( :’(
Ok,
spero che con il video girato da Jazzy le cose vi
sembrino più chiare e che il capitolo (il penultimo T.T) vi
piaccia.
Vi
ringrazio come sempre tutte, siete meravigliose!
Un
abbraccio coccoloso,
Morena
#befearless