Mi
alzai di scatto dal tavolo,
spingendo la sedia indietro, e mi mossi velocemente verso l'ingresso,
dove trovai l'ospite insieme a mio padre.
«Itan!
Che...che ci fai qui?»
Balbettai,
con le gambe che tremavano.
«Non
sei contenta di vedermi, splendore?»
Mi
attrasse a sé, stringendomi in uno dei suoi soliti abbracci
che, in
quel momento, aveva tutto un altro significato.
Mormorai un «ti
prego»
e mi staccai,
guardandolo in faccia. Fu come se non mi avesse sentito; sorrise ed
entrò nella cucina. Salutò tutti lanciando una
strana occhiata ad
Harry, che ricambiò senza troppi problemi e si sedette fra
me ed
Anne.
«Allora,
Itan. Come mai da queste parti? Era parecchio che non ti si vedeva
qui intorno.»
«Con
la libreria e gli allenamenti non ho mai molto tempo libero, ma
stamattina ho pensato di venirvi a fare un saluto.»
Rispose
innocentemente, alzando le spalle. Dio solo sa cosa avrei fatto in
quel momento, se solo avessi potuto strangolarlo senza essere notata.
Dopo un cenno di consenso di mio padre,
restammo tutti in silenzio: Anne e Charlie finivano la colazione, mio
padre leggeva il giornale, ed io e Harry ripassavamo il vangelo nella
speranza che non accadesse nulla di ciò che pensavamo. O
almeno, io
lo stavo facendo.
«Beh?
Hope vi ha dato la bella notizia?»
Tossii rumorosamente, guardando il
biondo al mio fianco.
No, no, no, no.
Strinsi gli occhi
arricciando il naso, preparandomi al peggio: Anne avrebbe dato di
matto, mio padre mi avrebbe diseredato ed Harry sarebbe stato
spacciato. In tutti i sensi.
«Il
reclutatore mi ha chiamato, mi hanno preso nella squadra agonistica!»
Ma
vaffanculo.
Tirai un sospiro e mi accasciai sulla sedia,
sentendo tutti gli elogi fatti da Anne e mio padre.
Sospirai, cercando
di isolarmi da ciò che stava succedendo nella stanza, ma a
quanto
pare era davvero impossibile. L'ansia mi stava letteralmente
divorando e così sarebbe stato fino a quando Itan non fosse
uscito
da casa mia. In quel momento sospettai per la prima volta di soffrire
di tachicardia.
«Grande,
Hogan. E cosa fai, il palo della porta?»
Esclamò
il mio fratellastro, mandando giù un sorso d'acqua e ridendo.
Non è il
momento di fare il coglione, cazzo.
Stavo maledicendo mentalmente il ragazzo quando Itan
ricambiò la
risata posando un braccio sopra alle mie spalle, avvicinando la mia
sedia alla sua.
«Non
mi sembra che tu sia
nella situazione adatta per fare lo spaccone, riccio.»
L'altro lo fulminò, stringendo la mascella e guardandolo di
sbieco.
«E
l'altra bella notizia
non la sapete?»
Annunciò
quello che ritenevo fosse il mio migliore amico attirando
l'attenzione di tutti. Guardai spaventata Carlotta, e subito dopo
riportai lo sguardo sul biondo.
«Hope
si è fidanzata!»
Sbem.
Il tempo sembrò fermarsi e sentivo gli sguardi di tutti
addosso,
come se mi fossi trasformata nel loro film preferito.
Un susseguirsi di emozioni mi fece avvampare e immediatamente
scoppiai in una risata isterica.
«Ma
che dici? Non è
vero.»
Borbottai
cercando un qualsiasi aiuto valido nell'altro ragazzo coinvolto che,
in quel momento, sembrava totalmente assente.
«Oh,
e dai Hope. Diglielo
e basta.»
Intervenne di nuovo il ragazzo biondo che stava minacciando di
rovinarvi la vita.
«Davvero,
piccola?»
Domandò mio
padre, con gli occhi spalancati e il giornale ormai sul tavolo.
«Oh,
lo sapevo! Te l'avevo detto Erik, te l'avevo detto!»
Esultò
felice Anne, alzando le braccia ridendo.
Non riderà
così fra pochi minuti. Oh, proprio no. Dio, se esisti,
aiutami.
«E
con...chi?»
Ora, hai il
permesso per farti prendere dal panico più totale.
Mi morsi l'interno della mascella, alzando un'ultima volta lo sguardo
su Harry, che mi fissava perplesso. Cosa dovevo fare? Quel ragazzo mi
stava portando solo problemi. Con me stessa e con chiunque
sospettasse di noi. E odiavo me stessa, perché non riuscivo
a
vederlo diversamente, non riuscivo a non amarlo.
Fu come una doccia fredda mischiata ad un'ustione di primo grado.
Ricacciai indietro le poche lacrime che minacciavano di affacciarsi,
come al solito, e presi aria.
Era tutto così fottutamente difficile.
«Okay,
se non vuoi
dirglielo tu, glielo dirò io.»
Hogan si schiarì la voce «La
nostra bellissima Hope, a quanto pare, si è fidanzata con il
qui
presente-»
«Lui»
Mi strinsi al fianco di Itan, mettendo su il sorriso più
carino e
docile che credevo di avere «Sì,
con lui. Sto con Itan.»
Mormorai
più confusa degli altri, che erano diventati delle statue di
cera.
Percorsi il tavolo con lo sguardo, ogni singola persona: Carlotta
stava cercando di non sputarmi tutti i cereali che aveva in bocca in
faccia, mio papà era in uno strano stato di trance, Anne era
già
scattata in piedi per venire a congratularsi e Harry....si limitava a
respirare rumorosamente, facendo alzare e riabbassare irregolarmente
il suo petto. Itan, invece, cercava inutilmente di smontare la mia
fasulla teoria, ma non ci riuscì.
«E
quando avevi
intenzione di dirmelo?!»
Saltò
su l'uomo che mi aveva messo al mondo, iniziando una particolare
predica sui rischi che si corrono avendo un fidanzato. Ma io non lo
stavo ascoltando. Non capivo cosa provavo, se ero felice per il mio
alibi puramente inventato sul momento, oppure in panico per aver
mentito.
Ma non avevo tempo per pensare a quello. E neanche voglia.
Harry. Tutto ciò che m'importava veramente, era come avrebbe
reagito
lui. Se mi avrebbe voluto ancora, se fosse arrabbiato o ferito, cosa
gli passava per la testa in quel momento.
Senza dire una parola, uscii dalla stanza e corsi su per le scale,
sbattendomi la porta della mia camera alle spalle. Cos'era appena
successo? Il coraggio di guardarlo negli occhi, non c'era. Avevo
tremendamente paura di quello che avrei potuto vedere, scoprire.
Aveva paura di non rivedere più quello che avrei voluto
vedere, in
quelle iridi che mi avevano fatto completamente uscire di testa.
Mi buttai sul letto e singhiozzando, sprofondai la testa nel cuscino.
Nella testa mi frullavano tanti di quei pensieri che a stento
ricordavo perché stavo imitando una fontana. Noncurante del
trucco
sciolto sul cuscino, del pandemonio che ci sarebbe potuto essere in
quel preciso istante al piano di sotto, di tutto e tutti, mi lasciai
andare, sperando solo di trovare quel minimo di sonno che speravo mi
avrebbe tolto dalla realtà per qualche minuto, qualche ora,
qualche
giorno. L'ultima opzione era impossibile, ma speravo veramente fosse
così. Non avevo voglia di riaffrontare la realtà,
la mia realtà.
Quella odiosa e fasulla che mi ero creata io.
«Non
credi di dovermi
delle spiegazioni?»
Un
rumore, la porta chiusa, e la chiave nella serratura.
Questa
situazione non ha mai portato a nulla di buono.
Mi stropicciai gli occhi, guardai l'orologio sul comodino per
accorgermi che erano le diciotto e mi alzai lentamente, senza
voltarmi però verso la porta.
«Non
so che spiegazione
potrei darti.»
Senza
rendermene conto, tentai inutilmente di asciugarmi delle lacrime
inesistenti e mi appoggiai al davanzale della finestra aspettando che
il ragazzo dietro di me continuasse a parlare, sperando solo che non
fosse troppo sincero.
«Cazzo,
non fare così,
Hope. Non puoi fare così. Hai presente di che casino hai
fatto
scoppiare giù di sotto?»
Sentii i suoi passi leggeri dietro di me, e trattenni il respiro.
«Ma
più di tutto»
la sua mano si posò sul mio fianco, e immediatamente tremai.
Mi fece
voltare, e per la prima volta dopo tutto quel caos, mi scontrai con i
suoi occhi «come
ti è
venuto in mente?»
«Non lo so Harry, non lo
so.»
Scossi la testa, rilassandomi sotto il suo tocco.
«Non
fare l'indifferente.
Odio quando ti comporti così.»
Mormorò stringendo i denti e tenendo lo sguardo fisso su di
me.
«Vuoi
sapere cosa c'è,
Harry? Vuoi sapere se ti amo? Sì, ti amo. Ti amo
più di qualsiasi
altra cosa, ti amo più di me stessa. Amo Itan? No, per
niente. Ma
cosa potevo fare? Eh? Dimmelo tu, dovevo sbattere in faccia alla
nostra famiglia che credo di essermi innamorata del mio fratellastro?
Oh, non è niente di illegale, ma questo non
risparmierà un attacco
di cuore a mio padre! Non mi è venuto in mente niente di
meglio che
buttare tutto su quello. Io...io non so cosa mi è preso, ma
non ti
chiederò scusa per averci parato il culo a tutti e due. Ora
non so
cosa farò, e come gestirò la situazione, davvero
non so come andrà
a finire. Vorrei solo che tu capissi...come stanno le cose.»
La
mia voce si affievolì. Avevo ricominciato a piangere, avevo
ricominciato a fare quello che mi ero ripromessa non avrei mai
più
fatto.
In quel momento, sentii la mia testa girare vorticosamente. Chiusi le
palpebre e aspettai di cadere per terra, come un'idiota, ma non
accadde. Mi ritrovai semplicemente a baciarlo.
Sentivo il suo fiato sopra le mie labbra, il suo respiro regolare
sfiorarmi la guancia, mentre delicatamente mi spingeva indietro,
lasciandomi più confusa che mai.
«Ti
amo anche io, Hope.
Ti amo.»
Il mio cuore
mi saltò in gola, ma il suo solito sorriso non
arrivò. Al
contrario, potei vedere chiaramente i suoi occhi cambiare luce,
mentre si avvicinavano di nuovo al mio viso.
Sentii il lenzuolo fresco toccarmi la schiena e mi resi conto solo in
quel momento di essere di nuovo sdraiata sul mio letto, con lui steso
sopra, che teneva le mie labbra intrappolate tra le sue.
Ormai totalmente presa da lui, mi aggrappai alle sue spalle e lo
avvicinai il più possibile a me, scendendo fino a poggiare
la bocca
sull'incavo del suo collo, dove lasciai dei piccoli baci. Risalendo
verso il suo volto, seguendo la mascella, unii la lingua per poi
sentirlo gemere leggermente.
Poco dopo, le sue labbra stavano catturando le ultime lacrime
rimaste, e tutto il dolore che fino a poco prima dominava dentro di
me, era improvvisamente sparito.
Ora provavo una nuova sensazione, ero tesa, nervosa. Sentivo una
passione lancinante scorrermi nelle vene, vedevo solo le sue iridi
verdi, fisse nelle mie.
Afferrai la sua t-shirt bianca, e la buttai non troppo delicatamente
sul pavimento, dove poco dopo venne raggiunta dalla mia.
Il suo tocco era ormai dappertutto, le mie unghie conficcate nella
sua schiena. Non ci volle molto, prima di trovarci in intimo.
Intrecciai le mie gambe fra le sue, e sospirai. Tolti anche gli
ultimi indumenti, poggia le mani sulle sue guance.
Con il fiato corto, dissi l'ultima cosa che avrei pronunciato quel
giorno.
«Siamo
un
errore.»
«Niente
è sbagliato insieme a te.»
E
così, quel giorno, consumai il mio amore, per la prima
volta. Nella
mia stanza, c'erano solo gemiti soffocati, nomi sussurrati e dolori
colmati.
Io sentivo quello che provava lui, lui sentiva quanto lo amavo io.
Era mio. Era davvero, completamente mio.
Inarcai la schiena cercando più contatto possibile, e
sorrisi, senza
dar peso al male fisico che sentivo.
Finché sarebbe esisto un 'noi', sarebbe andato tutto bene.
SPAZIO AUTRICE.
Non vi chiedo neanche più scusa per l'abnorme ritardo, perché questa volta ho esagerato veramente.
E' stata un'estate un po' così, perdonatemi. Anzi, non fatelo. Non avrebbe senso, sono un casino. Continuerò a chiedervi scusa per il resto dei miei giorni e dei miei capitoli, sappiatelo però.
Spero che questa schifezza vi piaccia. A me, come al solito, non entusiasma ma ci ho messo l'anima. Un'amica mi ha detto che è 'stupendo', se non vi piace, è colpa sua.
Voi che ne pensate? Me la lasciate una recensione piccola piccola?
Ragazze, se seguite ancora questa....cosa, grazie davvero. Sul serio, non sapete quanto vi sono grata.
Un bacione, Sara.