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Autore: _Angelica_    10/09/2013    2 recensioni
Credo non sia facile vivere col fiato sul collo ogni momento da quel fatidico giorno. Bea una ragazza di 16 anni ha iniziato a convivere con questa paura quella di una persona che la segue ogni momento,ogni suo spostamento e che cerca di isolarla dal resto del mondo. Spero vi piaccia e leggerete questa storia e che recensiate in molti.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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Anche l’ultima ora scolastica era passata, mi sentii sollevata dal rumore che quella campanella procurava. Mi sentii anche solo per un attimo libera, e avrei tanto voluto che quella libertà non se ne andasse via così velocemente. Non credevo che quel primo giorno di scuola sarebbe stato tanto terribile, credevo che rivedere i miei amici mi avrebbe fatto un effetto rigenerante, sentirmi raccontare le loro vacanze estive, le loro cotte, i loro amori mi avrebbe fatto felice anche solo per un attimo ma non fu così. Mi precipitai agli armadietti,posai il libro di fisica e quello di aritmetica per poi prendere quello di letteratura spesso quanto un mattone.
“Ciao …” mi sentii chiamare da dietro, e mentre chiudevo l’armadietto mi voltai lentamente per riconoscere quel volto.
“Ciao, Lou … Hai bisogno di qualcosa?”
“Volevo chiederti se eri ancora disposta a fare quel progetto di chimica con me … ”
Teneva strette fra le sue braccia due libri, quasi come per tenerli da scudo per un eventuale attacco, proprio in quel momento liberò una mano per sistemarsi gli occhiali.
“Certo Lou … Quando ci vediamo ?? ”
“Anche oggi se ti va. Io devo rimanere qui, ho il corso di storia naturale questo oggi quindi resterò fino a tardi.”
“Ci vediamo nell’aula di biologia alle 5:30 allora …” In quel momento mi salutò con un cenno di mano, e come un topo si intrufolò nella prima aula in fondo a sinistra credo sia proprio quella di letteratura. Mi precipitai all’uscita, Jeremy era vicino alla porta che conversava allegramente con una bionda molto carina. Quest’ultima,subito dopo, aveva cacciato dalla borsa un foglietto e una penna e su di esso scrisse dei numeri buttati a caso e li diede a Jerry che ricambiò con un sorriso. Quando mi avvicinai, gli porsi un’occhiata interrogativa, lui la prese a volo e parlammo per tutto il tragitto di questo presunto flirt.
“Si chiama Jade …” Disse lui interrompendo il silenzio.
“Mmm è carina …”
“Si ma non è il mio tipo, io sono innamorato di un’altra.”
Non feci domande,credevo di avere già la risposta ripensando a quel giorno che lui confessò i suoi sentimenti che io non ricambiavo. In quel momento passammo davanti al bosco, mi sentii osservata, da molto tempo a questa parte sentivo che qualcuno mi spiasse e studiasse i miei movimenti ma forse era solo una mia paranoia. Quell’anno non era stato facile per me, avevo perso i miei più cari amici, un pazzo mi seguiva e poi c’era Noah. Quando sentivo il suo nome mi batteva forte il cuore, avrei tanto voluto vederlo, vedere quei suoi occhi azzurri, e in quegli stessi occhi vedere e capire le cause del suo gesto. Se fossi andata alla clinica dove era ricoverato Luen e Jeremy non mi avrebbero mai perdonata, e i miei genitori non mi ci avrebbero portato per paura di avere un attacco isterico nel guardare il mio presunto “ragazzo” in quello stato. Per cui decisi di andarci, l’indomani da sola per sapere come stava e vederlo per almeno un’ultima volta. In verità,forse, serviva più a me che a lui un nostro incontro. Volevo che io stessi bene, volevo chiudere quella porta e lasciarmela alle spalle ma volevo almeno sapere il perché di quel gesto, il perché di quel suo comportamento e della fissa per me. Ne avevo bisogno più di qualunque altra cosa. Poco dopo arrivammo a casa mia, salutai Jeremy con un bacio sulla guancia e mi precipitai nella mia stanza con l’mp3 alle orecchie e tutte le canzoni possibili ed immaginabili che mi accarezzavano il timpano per poi rintanarsi nella mente e nel cuore. La 5 canzone era “Apologize Timbaland Feat One Republic” Quella canzone aveva dentro di sé troppi ricordi, ed era capitata proprio in un momento abbastanza triste e devastante. Volevo piangere, avevo bisogno di sfogarmi, ma non so per quale motivo non lo facevo. Mi sentivo vuota, dove anche le lacrime mi avevano abbandonata. Restai un’ora buona sul letto ad ascoltare la musica. Ero stanca di rimanere sempre in casa sola, c’erano quei momenti che avrei tanto voluto avere una madre che si sedesse sul letto e mi chiedesse come era andata la giornata e che si interessasse davvero alla risposta. I miei,invece, erano sempre in giro per lavoro e non avevano mai tempo per me. Tolsi gli auricolari che mi devastavano l’udito ed accesi la tv, magari mi avrebbe rilassata ed invece mi procurò un effetto tutt’altro che piacevole.

Siamo qui nella cittadina di Ruth, è scomparso un detenuto della clinica di Eveline i poliziotti sono in giro e sperano di riacciuffare l’uomo e dare di nuovo sicurezza a questo paesino.

In quel momento mostrarono la foto, mi sentii rassicurata,anche solo per un attimo mi era sorvolato per la mente che il pazzo uscito dalla clinica fosse Noah. Spensi il televisore e andai al computer. Notai un’e-mail e non appena la lessi rimasi pietrificata. PERCHE’ TUTTI QUESTI ARNESI TECNOLOGICI CE L’AVEVANO CON ME?


Dovresti stare attenta a non farti tuoi i problemi degli altri, saresti dovuta stare lontana da tutto e da tutti. Ora la pagherai.


Ero stufa, stufa di questa vita, stufa di aver paura di uscire di casa e controllare alla finestra. Le 5:30 si erano avvicinate,decisi di prendere la borsa e incamminarmi verso scuola. Il sole stava già tramontando, e gli alberi iniziavano già a farsi tetri. Il cortile della scuola era vuoto, e un’ansia mi colpì dentro. Era stano non vedere centinaia di ragazzini precipitarsi fuori e parlare di chissà quale cosa stava succedendo nelle loro vite. Mentre loro andavano avanti, io ero indietro a causa di un maniaco ossessivo. Aprii la porta, la scuola era completamente vuota,sembrava come nei film horror, e con la metà chiusa per lavori era ancora più paurosa. Salii le scale, facendo meno rumore possibile ma in ogni caso cercavo di farmi sentire da Louis che fece capolinea dalla porta dove lo avevo lasciato poco prima. Mi fece segno di venire, e subito dopo si portò un dito alla bocca in segno di silenzio. Arrivai alla porta,e mi spinse dentro con una forza sovraumana …

“ Sento dei rumori …”

  
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