1. E non so perché.
-…-
-…-
Silenzio.
Solo il silenzio albergava fra noi, in quella stanza oscura e buia.
Davanti a me, lui faceva vagare lo sguardo nel vuoto, mentre io cercavo
disperatamente di incontrare i suoi occhi e vedere se brillavano come
ricordavo.
-…-
-Proprio
non puoi salutarmi?-
Avevo bisogno di dire qualcosa. Avevo un urgente bisogno di sentigli
dire
qualcosa. Non poteva farmi andare via così, scivolare dalla
mia vita in modo
talmente silenzioso…
Come se non fossimo mai stati amici, come se non valessi
davvero più niente per lui.
-…-
-Allora
è così. Possibile che non…-
-Vattene.
Non servi più a niente, qui.-
Il suo tono di voce… Così freddo e distaccato,
così tagliente e amaro… Mi fece
male. Molto più di quanto avrei immaginato. E reagii
d’impulso, mentre già le
lacrime minacciavano di solcare le mie guance.
-… Se è così che la pensi…
Allora addio Hiroto!-
Hiroto...
Hiroto.
Hiroto!
HIROTO!
-AAAAAAAAAAAHHHHHH!-
Midorikawa si mise seduto sul letto, ansimando.
Ma non poteva
consolarsi come la maggior parte della
gente fa, quando si risveglia urlando da un brutto sogno…
-Aaahhh!
Ma cosa devo fare per avere un po’ di pace?!-
il pistacchietto si coprì il viso con il cuscino,
lasciandosi sfuggire un
sospiro.
Da quando aveva
lasciato la Aliea Gauken aveva passato
magnifiche giornate…
E orribili nottate.
Tutto,
a causa di quel sogno.
Lo
stesso sogno che si ripeteva tutte le notti...
-Basta,
non ce la faccio più!-
Ryuuji
si levò di dosso le coperte e, afferrato un foglio bianco e
una penna, si mise
seduto alla scrivania.
-Non
posso più andare avanti così. Devo...–
Ma non fece in tempo a finire di
formulare il pensiero, che la sua mano prese a scrivere.
La
penna scorreva sul foglio bianco e Ryuuji non fece in tempo neanche a
leggere
quel che scriveva.
Non
era la sua testa che guidava la mano, ma il suo cuore.
A
Midorikawa sembrò persino che il tempo si arrestasse,
permettendogli di mettere
su carta tutte quelle parole che non era riuscito a dire al momento
giusto.
Sperava solo di
essere ancora in tempo.
***********
All’amico
che avevo, ma che ho perso. E non so perché.
All’amico di cui mi fidavo, ma di cui ora ho paura. E
non so perché.
All’amico che pensavo di conoscere bene, ma evidente
mi sbagliavo. E non so perché.
All’amico che giocava come me ogni giorno, ma che
giocando mi ha perso. E non so perché.
All’amico che mi salutava sempre, ma che quando ci
siamo separati non mi ha nemmeno guardato. E non so perché.
All’amico che mi diceva di stare tranquillo, ma che
non mi fa dormire la notte. E non so perché.
All’amico che quando mi sorrideva mi faceva stare
bene, ma che non è riuscito a sorridermi al momento giusto.
E non so perché.
All’amico che stava sempre con me, ma che un giorno mi
ha lasciato solo. E non so perché.
All’amico che era al mio stesso livello, ma che un
giorno mi ha scaraventato in basso. E non so perché.
All’amico che piangeva quando piangevo io, ma che un
giorno vedendomi piangere è scoppiato a ridere. E non so
perché.
All’amico che capivo sempre e comunque, ma che
all’improvviso ho smesso di comprendere. E non so
perché.
All’amico che mi ha giurato di saper cambiare per me,
ma che è cambiato solo in peggio. E non so perché.
All’amico che era un bambino, ma che è diventato
un
mostro. E non so perché.
All’amico che amavo, ma che non ha saputo ricambiare.
E non so perché.
All'amico che è sempre stato con me, in male e in bene,
scrivo questa lettera.
E so bene perché.
Perché voglio avere risposte, Hiroto.
Quando
finalmente la penna si arrestò, le dita del ragazzo
pulsavano.
Ma
nonostante il dolore provato, Ryuuji trovò ancora la forza
di scrivere sul
retro della busta dove avrebbe poi inserito la lettera:
Per Hiroto Kiyama
Da Ryuuji
Midorikawa.
Il pistacchietto
respirò profondamente, e rilesse il
suo lavoro.
Leggendo,
sorrise debolmente.
Finalmente
sollevato, Midorikawa trovò la forza di
alzarsi dalla sedia, e sdraiarsi nuovamente nel suo letto.
Si
coprì con il lenzuolo fin sotto il naso poi, tirato
un ultimo sospiro, sorrise.
Sorrise
perché era sicuro che, per la prima volta dopo
tanto tempo, avrebbe dormito tranquillamente.
Mentre si
addormentava, due calde lacrime solcarono il
suo viso, bagnando infine le labbra, ancora dischiuse in un grande
sorriso.
E quel nome, altro non era che Hiroto.