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Autore: Tods    10/09/2013    2 recensioni
"A boy like that /Who'd kill your brother/Forget that boy/And find another"
E' un classico. La ragazza sbagliata che si innamora del ragazzo sbagliato.
Credevo che West Side Story fosse l'ultimo remake di Romeo e Giulietta. Ma devo ammettere che la mia vita ci si avvicina parecchio.
"I have a love and it's all that I have/Right or wrong, what else can I do?"
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Quindicesimo

Louis non commentò minimamente le mie parole, e si avviò invece verso la porta.
-Non giudicarlo male, è un bravo ragazzo.-nel dirlo, il suo tono assunse una strana sfumatura che non riuscii ad identificare. Le sue parole non fecero altro che urtarmi i nervi. Fui sul punto di sibilare qualcosa di estremamente cattivo, quando Louis aggiunse:-In ogni caso sei splendida, anche così.
Nonostante fosse di spalle riuscii facilmente ad immaginare un bianchissimo sorriso distendersi sul suo volto, e malgrado la rabbia accumulata mi ritrovai ad arrossire di quel piccolo complimento.
Indugiò qualche istante sulla soglia, come se fosse indeciso sul da farsi. Mise la mano sulla maniglia e disse soltanto:-Rimettiti presto, Maria.
Senza aspettar risposta uscì dalla stanza, lasciandomi ferma in mezzo ai miei cocci, con le aspirine ancora strette convulsamente in pugno, uno strano vuoto allo stomaco ed in testa ancora i sonniferi di Harry e il loro misterioso utilizzo. Visto il mal di testa titanico da barbiturici, accantonai l’idea di lambiccarmi il cervello per trovare una risposta, ingoiai un paio di pillole e mi buttai sul letto a peso morto. Ero terribilmente stanca, nonostante avessi dormito dodici ore, e per un istante, prima di scivolare per una seconda volta nell’incoscienza, mi domandai se per caso non avessi preso un altro sonnifero, o se magari Harry per vendicarsi non m’avesse sostituito le aspirine con veleno per topi.
Nell’atmosfera brumosa del dormiveglia, la seconda ipotesi mi sembrò la più verosimile.
 
Nei quattro giorni che seguirono, Scarlett e Zayn fecero a turno per vegliare sul mio capezzale. Fu inutile tentare di fargli capire che avevo bisogno di riposare e che probabilmente mi avrebbe fatto meglio stare un po’ da sola. Si rivelarono sordi a qualsiasi mio tentativo di protesta.
Scarlett mi passava i compiti e si lasciava andare in deliranti elogi a Jad, mentre lui mi aiutava con la parte del musical  e si assicurava che prendessi le aspirine con precisione cronometrica. Effettivamente non riuscivo più a capire chi dei due mi desse più sui nervi.
L’unica nota positiva di tutta la mia permanenza a letto fu il fatto che (per fortuna) non dovetti mai sorbirmi Shandi per più di dieci minuti, visto che passava tutto il suo tempo libero appiccicata al suo caro Lee, il quale, da bravo stronzo patentato, non era nemmeno venuto a vedere come stavo.
Non accennai mai a mio fratello del mio incontro/scontro in stile tekken con quella psicopatica della sua Tonta Metà, pardon, Ex Tonta Metà, e dentro di me cominciò a farsi strada il terribile sospetto che se non avessi trovato presto una sostituta alla suddetta, Jad avrebbe concentrato tutte le sue maniacali e asfissianti attenzioni su di me, spingendomi all’implosione o al suicidio (o al suicidio tramite implosione).
E se c’era una persona, nel raggio di 200 km, disposta a sopportare quel bacchettone idiota e narcisista di mio fratello (che avesse il quoziente intellettivo superiore a quello di una patata lessa, mi viene da aggiungere), quella persona era Scarlett.
Se Zayn aveva lasciato la ragazza con cui stava, senza spiegazioni, proprio il giorno dopo aver conosciuto la mia amica, evidentemente non gli era indifferente. E se si piacevano, il grosso del lavoro era già fatto. Ora dovevo soltanto trovare il modo di metterli insieme. Dio, non avrei mai pensato che mi sarei ritrovata a dire una cosa del genere. Zayn non lo augurerei nemmeno alla mia peggior nemica, ma a mali estremi, estremi rimedi. Per il mio quieto vivere dovevo andare contro a tutte le mie convinzioni. Per il mio quieto vivere dovevo distruggere quello dell’unica amica che avessi a scuola. D’altra parte Scarlett era si era beatamente convinta della perfezione mistica di mio fratello, e non toccava mica a me disilluderla, giusto? Detto così nemmeno sembrava che mi sarei ritrovata a far la parte di Cupido…
 
Ripresi le lezioni un noioso mercoledì di pioggia, senza ancora saper cosa fare coi miei due Bacchettoni Del Cuore, e mi sembrò di non essere stata assente nemmeno per un giorno. Avevo ripreso subito a muovermi frenetica per i corridoi che ormai non avevano più segreti per me. (Eccetto un paio, ma giusto due, ognuno ha i suoi segreti, suvvia)
Quella scuola era stata capace di assorbirmi completamente in nemmeno due mesi. Un record per me. Nemmeno una sospensione in cinquanta giorni. Non m’era mai capitato. Che stessi diventando un’alunna modello? Mi ripromisi che non sarebbe accaduto mai e poi mai.
La mamma mi chiamava con frequenza esasperante, informandosi sui miei voti e sulla mia condotta, che sperava fosse, cito testuale, “rientrata nei canoni della buona educazione”.
Il fatto che fossi stata ammessa in quella prestigiosa scuola privata aveva fatto schizzare alle stelle le sue aspettative, che a mio avviso non aspettavano altro che essere deluse. A rendere orgogliosa la mamma bastava Jad, io non ero fatta per quel genere di cose, non ero fatta per autocompiacerla. Io ero fatta per mandare a fuoco le scuole e per far andare in analisi i professori. Ero fatta per rispondere a tono e per far grandi uscite di scena.
Interruppi il filo dei miei pensieri quando vidi una figura alta e slanciata con le spalle contro al muro, alla fine del corridoio che stavo percorrendo. Dopo quello che era successo (e che non era successo, soprattutto, considerato che non ricordavo niente) nella mia stanza, non avevo più avuto modo di parlare con Harry. Ti sei liberata dello scocciatore, bel colpo Christa! Eppure non riuscivo più a guardarlo con gli stessi occhi di prima. Era vero, s’era preso cura di me quando non c’era nessun altro. Mi aveva offerto la sua completa disponibilità ed io me ne ero approfittata alla grande. Avrei dovuto aspettarmi che m’avrebbe ignorata, eppure la cosa ferì ugualmente il mio ego già discretamente ammaccato.
Gli passai accanto guardando dritta davanti a me: la dignità restava intatta. Il mio orgoglio prima di tutto. Che si fottesse, che si fottessero tutti quanti. Mi sbattei rumorosamente la porta dell’auditorium alle spalle, e mi preparai psicologicamente ad un’altra sfiancante sessione di prove.
-Tutti pronti?-frinì Mrs Wright, che quel giorno era avvolta in un grottesco caftano color senape che la faceva somigliare preoccupantemente ad un pollo arrosto avariato. Batté le mani una quindicina di volte per ottenere la nostra attenzione, e poi strillò:-Scena quattro!
Sfogliai rapidamente il copione, tentando di sopire la cocente delusione di non aver trovato lì l’unica persona che avrei avuto davvero voglia di vedere.
Dopo il giorno dello scambio, Lou non si era più fatto né vedere né sentire, e la cosa (anche se non l’avrei ammesso nemmeno con un piegaciglia puntato alla carotide) mi aveva buttata profondamente giù di morale. Ma che combinavamo io e Lou? Stavamo insieme? Ci piacevamo? Perché si comportava da stronzo con me? Nessuno ha il diritto di comportarsi da stronzo con la Regina delle Regine delle stronze.
Quando finalmente riuscii a trovare la pagina giusta, rimasi un po’ perplessa. Poi, una voce che conoscevo benissimo, attaccò a cantare.
Alzai gli occhi e riconobbi Mr T in tutto il suo splendore, mentre era intento a compiere la magia. Si muoveva sul palco con sicurezza disarmante, e nel bel mezzo della sua esecuzione impeccabile i nostri sguardi si intrecciarono, e senza che ci fosse bisogno di altre parole, sentii ch’era arrivato il momento. Dopo tre battute, dalla terza fila sulla sinistra, attaccai con il mio pezzo. Tutti si scansarono per permettermi di raggiungerlo, e quando me lo ritrovai di fronte, mi tese la mano e mi tirò sul palco.
Mrs Wright sembrava in preda ad un’estasi talmente profonda che credo non avrebbe avuto la forza di fermarci nemmeno se avesse immaginato cosa stava per succedere.
“One hand, one heart” cantammo in coro.
Ci guardammo negli occhi per un lungo secondo, smettemmo di cantare, la musica sfumò, e senza dare agli altri il tempo di applaudire, con le mani intrecciate all’altezza del cuore, Louis si chinò verso di me, e mi baciò.
E non fu il bacio casto che prevedeva il copione. Non fu un bacio finto da due secondi. Non fu il bacio di Tony e Maria. Quello fu un gran bel bacio. Il mio primo bacio. Quelli eravamo noi, i veri noi. Christa e Louis. Era il nostro momento, era il suo modo per dirmi: “mi piaci, proviamoci, ti va?”
Fu una scarica di adrenalina pazzesca. Una sensazione di benessere totale. Di completezza.
Un momento che, sentivo, avrei ricordato per sempre.
Ci staccammo piano, senza mai smettere di guardarci negli occhi. I suoi due piccoli pezzi di cielo scintillavano perfetti, e il suo luminosissimo sorriso era l’esatto specchio del mio.
Ci furono una decina di secondi di imbarazzantissimo silenzio. Credo che per una persona come me, che se ne sta sempre per conto suo, avere gli occhi di tutti puntati addosso in un momento così privato sia la cosa peggiore del mondo. In realtà quello che accadde subito dopo, fu paradossalmente perfino peggio. Mentre il mio viso assumeva le texture di una pira accesa, partì una standing ovation con applauso a scroscio accompagnato da fischi di approvazione, di quelle che a Broadway si sognano soltanto. Il tutto accompagnato dalle mortificanti esclamazioni di gioia della professoressa, che sembrava entrata in modalità Adolescente-In-Piena-Tempesta-Ormonale.
-Meraviglioso!
-Unico!
-Che spettacolo, ragazzi!
-Questo sì che è entertainment!
-Per fet ti!
Che stavo dicendo? Il mio momento perfetto, rovinato per sempre.
E, come ci si poteva aspettare da me, andai di matto.
Mi divincolai dall’abbraccio affettuoso di Louis, feci un inchino stracolmo di stizza e me ne andai dall’auditorium fumante come una locomotiva a carbone.
Lui mi seguì a ruota.
-Maria, Maria, vieni qui!-rideva.-Ma dove scappi?
-Smettila!-piantai i piedi mettendo le mani sui fianchi.-Smettila e basta!
-Di far cosa?-mi mise con le spalle al muro, costringendomi a sostenere il suo sguardo.
-Di chiamarmi Maria! Di fare come cazzo ti pare! Di fare il bello e il cattivo tempo!-gli sputai in faccia.-Non sei un fottutissimo dio, Louis Tomlinson, Mr. T, o come diavolo vuoi essere chiamato. La verità è che non sei nessuno.-gli urlai contro con quello che mi parve odio.
Non riuscivo nemmeno io a capire perché avessi reagito in quella maniera. Mi era andato in tilt il sistema nervoso.
Soppesò a lungo le mie parole, e mi rispose con tono divertito:-Fammi indovinare, io non posso ma tu sì, vero? E’ stressante non avere il controllo, non trovi?
La sua tranquillità mi mise al tappeto. Louis 1, Christa 0.
-Io nemmeno ti piaccio, vero? Volevi solo fare la tua scenetta davanti a tutti, volevi solo farti applaudire. Vuoi questo, no? Applausi, ammirazione.-chiusi gli occhi, cercando parole abbastanza taglienti.-Ti crogioli nella luce che emani tu stesso. Tu, protagonista assoluto, e noi altri povere comparse. Ci stavo quasi cascando, lo ammetto, mi affasc…
Le sue labbra si adagiarono sulle mie senza trovare alcuna resistenza, e sentii lacrime di frustrazione scivolarmi giù per le guance. Louis 2, Christa 0. Colpita e affondata.
-E tu sei la regina del melodramma! Voi ragazze siete tutte uguali. Un bacio e non capite più niente. Vi fate film mentali che nemmeno Spielberg si sognerebbe mai. Vi fate venire mille complessi e paturnie e, Gesù, parlate davvero troppo…
Mi strinse tra le sue braccia e respirai a fondo il suo odore. Sapeva di bucato fresco e dopobarba. Avevo sparato a zero su di lui e non si era minimamente scomposto, anzi, mi aveva baciata di nuovo. Più avevo a che fare con lui, meno lo capivo, e la cosa, dovevo proprio ammetterlo, mi piaceva parecchio.
-Io sono Louis Tomlinson, ragazza. E tu sei Christa Malik. Siamo due tosti, noi. Gente seria. Ci serviva un esordio col botto in questa società così selettiva, uno di quelli che la gente vede e SBAM! Non si scorda più. Dovranno pur sapere che stiamo insieme, io e te, no? Ci vedranno insieme così a lungo…come dice la canzone? “Even death won’t part us now!” Nemmeno la morte ci separerà, adesso.
Forse era un po’ prematuro, ma non avrei mai potuto immaginare quanto si stesse sbagliando.
Sorrisi, ancora confusa, ancora stordita, ancora in preda all’Effetto-Tomlinson.
-In fondo hai ragione, perché no. Perché essere quegli innamorati clandestini che si nascondono dietro le rampe di scale? Se ci sono due che hanno le palle di far tutto alla luce del sole, quelli siamo noi.
Louis fece una faccia serissima e alzò le sopracciglia:-Noi? Stiamo insieme da quindici minuti e già parli di noi? Tra un’ora cosa vorrai, l’anello di fidanzamento?
-Quattro carati in oro bianco e platino, se non ti spiace.
-Lo preferisci con o senza vetro antiproiettile intorno? No, sai, se rubo una cosa che ti piace la rubo per bene. Magari vuoi anche un collier abbinato, un baciamano, una parure…
Scoppiai a ridere, scuotendo la testa piano.
-Ma che diavolo dici, Lou? Tu sei completamente pazzo.
Mi spinse con una gamba le ginocchia indietro, mi afferrò al volo e concluse con un casquet.
-E la cosa ti eccita da morire, non è così?-disse, e i suoi occhi scintillarono.
-Oh, ragazzaccio, mi hai proprio scoperta!-esclamai, portandomi una mano sulla fronte.
E ridemmo entrambi di gusto, attraversando il corridoio all’inverso e allontanandoci dal resto del mondo. Forse era davvero la cazzata più grande che potessi fare. Louis Tomlinson era decisamente il ragazzo più sbagliato che potessi trovarmi. Forse me ne sarei pentita. Forse mi avrebbe spinto giù dalle scale e sarei morta. Forse mi avrebbe legata, bendata, rinchiusa in una scatola coi buchi e spedita a fare la prostituta nei bordelli malesi.
O forse, per una volta nella vita, mettendo da parte i precedenti e le dannate statistiche che fregano sempre, sarebbe andata bene. Sarei stata felice.
Mi concessi di sperare. A fanculo Niall. A fanculo Liam. A fanculo Zayn, Harry, Elyse, Shandi, Mandi, e tutti quanti.
“Make of our hands, one hand
Make of our hearts, one heart
Make of our vows, one vow
Only death will part us now
Make of our lives, one life
Day after day, one life
Now it begins
Now we start
Even death won’t part us now”
Percorremmo l’ultimo tratto del corridoio cantando a squarciagola quella che ormai era la nostra canzone.
Un ultimo sguardo, prima di svoltare l’angolo, e mi resi conto che Harry era ancora lì, esattamente dov’era quand’ero arrivata, e che probabilmente c’era sempre stato.
I nostri sguardi si incrociarono e trovai i suoi occhi chiari pieni di lacrime.
Poi, com’era solito fare, sparì.
*
Spazio autrice (lalala)
Per la serie "a volte ritornano"
Ed in effetti eccomi qua, sono tornata!
Lasciare le cose a metà è davvero da me,
ma questa storia mi piaceva troppo per accantonarla,
così mi sono rimboccata le maniche ed ho provato
a continuarla, dopo ben otto mesi di pausa!
Ho visto This is us, e mi è scattato qualcosa dentro,
ho capito che dovevo riprendere ABLT e dovevo finirla.
Detto ciò, è stato davvero difficilissimo riprendere
il filo, e questo disastroso capitolo ne è la prova!
Spero non faccia così schifo come sembra a me,
ci vediamo PRESTO!
Tod
ps recensite, vi prego! Ho bisogno di sapere se a qualcuno interessa ancora!
pps Tada! Finally Chrouis *-* 
ppps spazio autrice davvero troppo lungo, sorry ahahahah


Ancora mille grazie ad @ehitommo per il banner stu-pen-do
 
  
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