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Autore: aki_penn    10/09/2013    5 recensioni
“Fare il bagno nel sangue delle vergini mi mantiene giovane” disse, guardandosi le mani dalle dita lunghe e affusolate, sporche di rosso. “Quella ragazza che ti sei portato appresso quando sei arrivato a Rosenrot, è vergine?” domandò poi, guardandolo. Tinkerbell strabuzzò gli occhi e balbettò “Ru-Ruthie? Io non…non so…non ho mai chiesto…” incespicò, preso alla sprovvista, per poi accigliarsi e sbottare “E comunque non ho alcuna intenzione di farti dissanguare la mia assistente, se permetti!”
Genere: Azione, Horror, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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WARNINGS: Ho cambiato il nome di Ali in Alih, se non vi ricordate chi è Ali ancora meglio! :P

 

Make a wish-

Capitolo quindici-

 Il palazzo in aria –

 

Big Jim fece saltare il pesce sulla padella, il quale ondeggiò tra cipolle e aglio. Alih sarebbe stata a guardarlo mentre, con straordinaria maestria, preparava il pranzo per tutto l’equipaggio, ma l’unicorno di Cloris la pensava ben diversamente, infatti aveva infilato la testa nella finestra a oblò che dava sul ponte della loro nave e aveva iniziato a ruminarle i capelli castani, tra le imprecazioni e i dinieghi della poveretta.

Big Jim, un uomo inverosimilmente grasso, con il viso tondo e un invidiabile doppio mento, ridacchiò nel vederla così, ma non si mosse dai fornelli. Se davvero ci teneva a far parte della Seconda Guardia sulla nave di Cloris, di certo avrebbe dovuto imparare a cavarsela da sola contro la variopinta cavalcatura del loro capitano.

Jim ridacchiò a sua volta dal suo posto sul tavolo delle cucine. Era un ometto biondo, non troppo alto, con indosso un cappello a larghe falde e un gilet di cuoio. Il naso era lungo e i capelli avevano la consistenza della paglia. Cinque o sei pappagallini verdi gli stavano appollaiati sulla testa e sulle spalle, docili, cinguettando ogni tanto.

Il suo sorriso era rallegrato dai denti storti, nonostante questo e il principio di rughe d’espressione intorno agli occhi, non era un uomo spiacevole alla vista.

“Basta, mollami!” strillò Alih con voce acuta, cercando di tirar via la propria coda di cavallo dalle mandibole voraci dell’animale.

“Bastamollami” ripeterono in coro i pappagallini di Jim, gracchianti, cosa che fece voltare subito Big Jim, che perse immediatamente tutto il piacere della cucina.

“Bastamollami” sentenziarono ancora, mentre il cuoco fulminava il loro padrone “Se non li zittisci, giuro, li mangeremo per cena, i tuoi maledetti canarini” sentenziò Big Jim, con la padella in mano e gli occhi che gli brillavano.

“Maledetticanarini” gracchiarono quelli, in coro. Fu proprio in quel momento, nel quale una battaglia di sguardi si consumava tra i due Jim, che Alih cacciò un urlo più forte e l’unicorno riuscì a trascinarla oltre la finestra a oblò tirandola per i capelli. L’ultima cosa che videro furono le punte degli stivali infangati della ragazzina che sparivano dall’apertura.

“Per la misera!” esclamarono i due uomini all’unisono. “Miseria! Miseria! Miseria!” ripeterono gli uccellini verdi.

Alih venne scaraventata sul ponte con poca grazia e il cavallo si decise finalmente a mollare la presa sui suoi capelli, ormai arruffati e appiccicaticci di saliva.

Fu subito chiaro che l’animale non mirava davvero alla sua chioma, ma aveva intenzione di mangiarsi altro, puntò infatti alla borsa a tracolla della ragazzina, dove di solito lei teneva lo zucchero filato.

“Lì non c’è!” sentenziò Alih, cercando di allontanate il muso dell’animale dalla sua borsa, ma questo continuò imperterrito nel suo lavoro.

Poco distante dalla zona della colluttazione, Cloris ignorò la ragazzina litigare con la sua cavalcatura e continuò a guardare la piccola spiaggia davanti a sé.

La sua nave e la Flying Horn, la nave di Ebén, erano attraccate vicine, al piccolo molo dell’isola. C’erano altre navi, il Grande Mare era quasi tutto costituito d’acqua, era quindi ovvio che i moli delle isole fossero prese d’assalto, anche se la maggior parte della gente viveva su navi e pescherecci.

Il ponte della nave di Cloris era così vicino a quello di Ebén che i due si potevano parlare rimanendo tranquillamente ognuno a casa propria.

“Qual è il problema?” domandò a un certo punto lei, brusca. Ebèn si grattò la testa, alzando di poco la coppola, dietro di lui un paio di marinai si affrettavano a portare casse avanti e indietro per il ponte. “Coli, è Coli il problema, se n’è andato da solo dal Capitano, con la precisa intenzione di rubargli i semi d’Ortica. A casa sua” spiegò senza guardarla.

Cloris invece lo fissò “Non sopporteresti di perdere un altro marinaio dopo Dirk…” sentenziò lei, interpretando i suoi pensieri “Bada bene, non ho intenzione di ascoltare le tue lamentele riguardo alla fuga di Dirk, dopo aver ingannato Silk per farsi dare delle ali”

Ebén aprì la bocca per ribattere, ma una voce glielo impedì “Sì?” domandò Alih, che stava ancora combattendo col cavallo, sentendosi chiamare.

Cloris si voltò verso la ragazzina con aria decisamente infastidita “Ho detto ali, quelle per volare, non il tuo nome, Alih” sbottò.

“Che è successo a Coli?” domandò poi Alih, quando ormai per il Capitano quella questione era chiusa.

 Cloris sbuffò di nuovo, Alih era una palla al piede, l’aveva sempre saputo. “È andato da solo da Commander, e lui lo ucciderà, puoi starne certa” parlava con Alih, ma si voltò verso Ebén, che abbassò la testa, tristemente.

“Ci vado io da Commander, se Coli non torna indietro!” esclamò Alih, in un moto di coraggio, riuscendo, alla meno peggio, a svincolarsi dalla presa dell’unicorno.

“Non dire scemenze, non riesci nemmeno a tener dietro a un cavallo” le rispose malamente Cloris, con un’espressione schifata in viso. Ebèn aveva sorriso amaramente ma non l’aveva guardata.

Alih strinse i denti, offesa “Lo giuro!”

Cloris scosse la testa e si appoggiò al parapetto, stancamente, ben intenzionata a non voler più sentire tali sciocchezze.

***

 

La prima cosa che Ruthie vide, quando varcò la porta di un bar qualunque di Shangai, fu l’enorme pantera nera che le si parò davanti.

Solitamente, avere Tinkerbell affianco era garanzia di semi-immortalità, ma la visione di quel felino ringhiante la paralizzò. Aprì la bocca per urlare, ma non uscì niente, le unghie erano affondate nelle mani, ma non riusciva nemmeno a sentire il dolore, né a vedere cosa c’era oltre quella pantera. Un felino feroce ed elegante con una pelliccia nera e lucida, come se fosse spazzolata tutti i giorni.

Non si accorse nemmeno del movimento di Tinkerbell che la scacciò, in un attimo il gigantesco felino si diede alla sua elegante fuga, saltando un tavolo ovale –ah, c’era un tavolo nella stanza.

“Non spaventare Nerina!” sbraitò un giapponese tatuato che accolse tra le sue braccia il gigantesco felino.

“Il tuo famiglio spaventa il mio famiglio” rispose Tinkerbell, con voce strascicata e sguardo ammiccante. Septum gli lanciò uno sguardo pieno d’astio “E allora dì al tuo famiglio di non spaventarsi” sentenziò incoerentemente lui.

Fu più o meno in quel momento che Ruthie si rese conto di essere entrata in un bar di Shangai, ma di essere arrivata in un posto decisamente diverso, Tinkerbell l’aveva portata lì col solito trucchetto delle porte, che usava per spostarsi velocemente da una parte all’altra del globo.

Quella in cui si trovavano era una stanza ovale, con il soffitto non troppo alto, le curve delle pareti erano morbide e non vi erano spigoli. Si aveva la sensazione di stare in un edificio sciolto o lo stomaco di un gigantesco animale beige. La stanza era illuminata da una calda luce artificiale e al centro c’era solo un tavolo ovale, una grande finestra a semicerchio dava su quello che sembrava un mare di zucchero filato, avrebbe voluto chiedere spiegazioni, ma non lo fece. Il mare di zucchero filato, per quanto interessante veniva dopo agli altri bizzarri ospiti della sala. C’erano anche un  paio di porte e un corridoio che pareva dare sull’esterno. Il posto era sovraffollato, per i suoi gusti.

Seduto non troppo lontano da lei c’era il giapponese tatuato che accarezzava la pantera, poi stava un uomo sulla cinquantina dai capelli biondi, quasi bianchi, legati in una coda, che stava intagliando nel legno piccoli animaletti con un coltello, che li accolse con un gran sorriso. “Tinkerbell!” esclamò allegro l’uomo biondo salutandolo con la mano, poi guardò Ruthie “Lei deve essere il tuo famiglio! Chismes ce ne ha parlato!” esclamò.

“Certo che ve ne ha parlato, Chismes non è capace di tenere nemmeno la piscia” commentò il giapponese, aspro.

“Se vuoi puoi tornare a vivere con tua madre, Septum, non è un problema per me” commentò l’unica donna presente in sala, con molta tranquillità. Ruthie non poteva vederla bene, era seduta dall’altra parte del tavolo e si stava limando le unghie, sembrava una donna piuttosto in carne, vestita di colori sgargianti e con al collo una pelliccia di volpe con la testa e le zampe ancora attaccate. Ruthie si trattenne per non mostrare una smorfia di disgusto quando vide quel peloso orpello.

Clay invece fece una smorfia “Sì, sì, lei è Ruthie” la presentò, un po’ spazientito, mettendosi le mani in tasca. Ruthie mosse qualche passo lontano da lui per farsi vedere, non immaginava sarebbe stato così. Si guardò in giro per vedere se riusciva a capire chi era Commander, aveva sentito parlare soprattutto di lui.

C’era un uomo alto, con la pelle d’ebano e gli occhiali da vista, che la guardava, vestito di un completo elegante. La fissava senza preoccuparsi che lei se ne fosse accorta, la stava studiando tranquillamente, come facevano gli altri. Era come se avere tutto quel potere ti permettesse di fare quello che ti pare anche nelle relazioni sociali. Non aveva ancora inquadrato Tinkerbell da quel punto di vista, ogni tanto le sembrava quasi troppo umano rispetto a quanto lo fosse. Le sarebbe piaciuto incontrarlo quando ancora era umano.

C’era anche un altro uomo dalla pelle scura, in fondo alla sala, quasi all’imbocco del corridoio, sembrava non averla vista, portava vestiti tipici indiani e un turbante, pareva volersi fare gli affari propri.

“È piccoletta” notò, d’un tratto, qualcuno, che le fece voltare la testa lontano dall’indiano solitario. Un uomo grassoccio vestito di verde pisello, con un sorriso bonario, le sorrise “Piacere di conoscerti, Ruthie, io sono Silk” la salutò, brandendo in aria il suo bastone da passeggio.

Fu allora che la donna grassoccia si mise in piedi, mostrando la sua mole e sorridendole amabilmente “Piacere di conoscerti, scusaci, ma non siamo abituati ad avere famigli umani, da queste parti. Sei una bestia rara” e fece un sorrisetto “Io sono Chismes, sono argentina, ma vivo a Lisbona con Septum, che è dell’Hokkaido” cominciò, indicando il giapponese con la pantera, che grugnì in segno di assenso.

“Questo è Silk, è di Dubai e fa il Wedding Planner” Silk sorrise di nuovo quando venne indicato “Fatalii, senegalese, ma vive a Pretoria da prima di diventare un genio, ha tre figli” l’uomo con gli occhiali e il vestito elegante annuì, silenzioso e stanco “Lui è Skog, vive in un paesino nella Svezia del nord e fa il tagliaboschi” spiegò.

“Falegname!” ribatté Skog offeso. “È la stessa cosa” continuò imperterrita Chismes. Skog avrebbe voluto continuare a discutere, ma la donna tirò dritto col suo discorso, ignorandolo “Poi c’è Bloom, che è indiano, Tinkerbell che immagino tu conosca già” Tinkerbell fece un inchino derisorio e Chismes continuò “…e ci manca…”

Fu proprio in quel momento che la porta venne sfondata senza ritegno da una pedata, con tanto di schegge di legno scagliate ovunque. Ruthie non fece in tempo a voltarsi per vedere cosa succedeva, ma Tinkerbell, che era più vicino alla porta, se ne beccò tre belle grosse nel braccio, mentre si proteggeva la faccia.

“Commander” concluse Chismes freddamente a mo’ di saluto.

Il capitano era un uomo alto e con la testa rasata, con una lunga cicatrice sulla tempia e un corpo dall’aria ancora guizzante, nonostante avesse già passato i cinquant’anni. Aveva la divisa dell’esercito, con gli anni Tinkerbell aveva capito che non era capace di staccarsene, avrebbe continuato ad andare in giro con gli anfibi tutta la vita, Clay ne era certo. Il ragazzo strappò le grosse schegge di legno che gli si erano piantate nell’avambraccio senza distogliere gli occhi dal nuovo arrivato.

La giacca militare dell’uomo era sporca di sangue e, tenuto stretto per i vestiti, si trascinava dietro quella che poteva essere stata una persona, un tempo, ma in quel momento era solo un grumo di sangue raffermo e muscoli dilaniati. Ruthie trattenne il respiro e distolse lo sguardo.

“Capitano, quello chi è?”domandò Tinkerbell, ostentando tranquillità e severità. Non c’era una gerarchia, tra di loro, il fatto che Clay fosse l’ultimo arrivato non dava lui meno diritto di parlare.

Commander lasciò andare il cadavere sul pavimento, il quale si sporcò di sangue “Un pirata, venuto a cercarmi in casa mia, con mia madre presente”

“Commander, i pirati non si uccidono” sentenziò Silk, severo, alzandosi e avvicinandosi all’uomo con la sua camminata claudicante e l’aiuto del bastone da passeggio.

“Io uccido chi mi pare, soprattutto se entra in casa mia” dispose sprezzante il capitano, con la voce che sembrava un sibilo, il corpo proteso in avanti e le vene che si facevano più evidenti sul collo “E non accetto ramanzine da chi ne ha trasformato uno in un fringuello” e mosse le mani come se fossero piccole ali. Silk ignorò l’ultima frase e Commander si avvicinò a lui, sovrastandolo.

Tinkerbell stava per prenderlo per il braccio, mentre Ruthie arretrava dietro di lui, quando qualcuno entrò nella stanza e disse con voce tonante “Buonasera a tutti, ragazzi. È da un sacco che non ci si vede, eh?” tutti si voltarono verso un uomo piccolo e anziano con una barba bianca come il latte e un occhio che guardava dalla parte sbagliata.

Veleno sorrise bonario ai presenti, appoggiandosi al bastone da passeggio, subito dopo aver mandato Juanito a occuparsi del cadavere. Juanito, un uomo anch’esso abbastanza piccolo, dalla pelle olivastra e la veste bianca, eseguì l’ordine con una smorfia “Spero che si riuscirà a mettersi a tavola senza troppe discussioni, ognuno mangia quello che vuole”

 

***

 

Tinkerbell si era assicurato di sedere il più lontano possibile da Commander e Septum, dal secondo più per via della pantera che per altro.

“Roxane, quindici metri di chiffon vanno più che bene, sì, certo, sarò di ritorno all’atelier prima che si sposino. Sì, ti ho detto di sì. Fai in modo che per le bomboniere sia tutto pronto entro la data che abbiamo detto. Sì, evitiamo le nocciole, lo sposo è allergico, non voglio morti…” stava dicendo Silk, parlando al telefono.

Ruthie l’aveva osservato muovere le posate, pulirsi delicatamente col tovagliolo e parlare al telefono, le aveva anche rivolto la parola un paio di volte, sembrava un tipo gentile.

Accanto a Silk sedeva Semptum, il giapponese con la pantera, Nerina – così si chiamava il felino, pareva - , che ogni tanto spuntava da sotto il tavolo, dove stava accoccolata ai piedi del padrone, per reclamare una carezza. L’immagine era quanto mai improbabile agli occhi della ragazza. Semptum era intento a mangiare una fetta d’anguria e ogni tanto le lanciava un’occhiataccia.

Il più allegro di tutti sembrava però il vecchio strabico che aveva posto fine al litigio tra Silk e il capitano, prendeva in giro Juanito, il cameriere, parlava ad alta voce, beveva e sghignazzava.

“Lui non è un genio” disse Chismes, che le sedeva accanto. Ruthie sobbalzò e Chismes ridacchiò, facendo vibrare la testa della volpe che aveva attorno al collo come se fosse stata una sciarpa. Si era impegnata a non guardare quello scempio, ma non era semplice. “Ho visto che lo stavi guardando, immagino che tu ti stia chiedendo se è un genio anche lui” disse la donna in carne.

Ruthie batté le palpebre un paio di volte “Tinkerbell dice che siete otto, qui invece siete in dieci, ma immagino che Juanito non conti, né lui neé Veleno hanno i bracciali argentati” disse lei. Chismes annuì “Già, Juanito è il segretario di Veleno, che è il nostro … noi lo chiamiamo Rettore, fondamentalmente anche lui è stato un genio, ma poi è diventato molto vecchio e per ora si limita…come dire…ad amministrare. Da quando sono stata investita come genio lui è sempre stato il Rettore” spiegò, tranquilla, con un sorriso accomodante. Tinkerbell, accanto a lei, ma dall’altra parte, prese un boccone di pizza. Ruthie avrebbe voluto fare altre domande, ma la volpe che Chismes teneva al collo sbadigliò e la guardò. Ruthie emise un urlo che fece voltare verso di lei tutta la tavolata, ma durò poco perché ognuno tornò al proprio cibo, dato che non c’era nulla di interessante da vedere.

Chismes rise, mentre Ruthie boccheggiava, l’unico che stava ancora guardando era Tinkerbell, non particolarmente preoccupato, comunque.

“Lei è Lydia, il mio famiglio. L’ho addestrata a farmi da collo di volpe, le pellicce costano un sacco, sai”spiegò, allegra.  Ruthie fece un sorrisetto tirato, di cortesia, ma fu presa di sorpresa da uno schianto alle sue spalle. Si voltò di scatto, atterrita, e vide il Capitano che spaccava la testa di Skog contro il tavolo.

Ruthie non si intendeva di anatomia, ma quel cranio era proprio spaccato, aprì la bocca senza riuscire a urlare. Non si accorse nemmeno del fatto che l’uomo biondo stringeva ancora una forchetta con infilzata una polpetta del capitano.

“Tieni le tue manacce nel tuo cazzo di piatto, Skog!” ringhiò Commander. Skog, con la faccia disintegrata, ridotta a una maschera di grumi sanguinolenti, alzò la testa e sorrise con quel poco che rimaneva delle labbra, se quello poteva essere un sorriso.

“Tu te la prendi troppo, caro mio” biascicò, non aveva più denti e il sangue gli impastava la bocca, ma non sembrava aver perso il suo proverbiale buon umore. Il capitano emise un altro basso ringhio rabbioso e parve pronto a sbattergli di nuovo la testa da qualche parte, possibilmente per rompergli tutte le altre ossa della faccia.

Skog chiuse gli occhi preparandosi pacificamente al colpo, in un attimo Tinkerbell fu accanto all’uomo ad afferrargli il braccio, rivoltandolo in maniera innaturale e facendo saltare tutti i tendini e strappando i muscoli. Non era cosa che potesse capitare con una semplice torsione, ma Ruthie sapeva che l’aveva fatto, e la cosa fu chiara anche dall’espressione del capitano, che si ritrovò con un braccio inutilizzabile. Ruthie non si era nemmeno accorta che Tinkerbell si fosse alzato, l’aveva fatto con uno di quei suoi scatti repentini che si facevano quasi fatica a notare.

Commander sputò per terra e mollò la testa di Skog per afferrare la tavolata a alzarla per ribaltarla.  Il piano non si alzò nemmeno di venti centimetri, perché Bloom, ancora seduto composto al suo posto, sbatté il pugno sul tavolo ricacciandolo sul pavimento, dove doveva stare. Bloom prese al volo la caraffa del vino che stava per cadere, Fatalii si era alzato in piedi e brandiva un arco in direzione del capitano. In un secondo la freccia scattò e il dardo andò a piantarsi nell’occhio di Commander, che ringhiò come una bestia ferita, mentre Septum gli dava una gomitata tale da farlo finire per terra. Tinkerbell gli mollò il braccio per non seguirlo sul pavimento e si sedette di nuovo accanto a Ruthie, tranquillo, come se nulla fosse accaduto.

“Vino?” domandò Bloom, tranquillo. Tinkerbell annuì “No, grazie, ma chiedi a Ruthie, magari a lei piace” fece lui, cordiale. Ruthie aveva ancora la bocca un po’ aperta, quando il capitano si rialzò sistemandosi il braccio.

“Commander, credo che faresti meglio a prendere un po’ d’aria, qui si soffoca, no?” disse calmo Veleno, senza alzare la testa dalla bistecca che stava tagliando, glielo stava ordinando, era chiaro.

“Non mi dire che cosa devo fare, vecchio strabico” sbottò il capitano, e così dicendo se ne uscì dal salone a passo militare.

Ruthie lo seguì con gli occhi e Chismes le batté piano la mano sotto il mento “Se non chiudi la bocca ti ci entreranno i moscerini” disse, ridanciana, e Ruthie si affrettò a serrare la mascella.

“Allora, vino?” domandò Bloom, allegro. Ruthie annuì perché non sapeva cosa fare, mentre Septum, che era tornato al suo posto a mangiare la propria anguria, guardava con sospetto la scimmia che stava aggrappata alle vesti di Bloom.

“Mia sorella Tsubasa è andata in India un paio di anni fa: una scimmia le ha rubato la macchina fotografica” disse serio.

“A volte lo fanno” disse lui, sempre tranquillo, mentre Bloom innaffiava di vino anche il bicchiere del giapponese. La maggior parte finì sulla tovaglia.

“Allora, Ruthie, hai detto di chiamarti Romano, di cognome?” domandò Chismes, continuando a fare amabile conversazione, mentre Silk preferiva versarsi il vino da solo.

Ruthie annuì “Come Henry Romano, quello del film?” domandò Semptum, curioso e sospettoso allo stesso tempo.

Tinkerbell mandò giù il suo boccone in silenzio.

“Non dire sciocchezze, Septum, la figlia di Henry Romano non si chiamava mica Ruthie!” lo sgridò Chismes.

“Nel film la figlia di Henry Romano si chiamava Rubye” sentenziò a quel punto Ruthie, ma gli occhi furono tutti su di lei quando aggiunse “Mio padre ha venduto i diritti sulla sua storia, ma ha preteso che non mettessero né il mio nome vero né quello di mia madre” spiegò, autorevole. Tinkerbell, serio, alzò la testa dal suo piatto, ci fu un secondo di silenzio, poi Septum sbatté il pugno sul tavolo “Che figata!” sbottò. Skog, la cui faccia era tornata florida come sempre, fece un risolino e bevve un sorso di birra.

“Quindi tuo padre è il famoso Romano. Mi sono sempre detto che quella fosse una storia incredibile” disse il giapponese, allungandosi in avanti sul tavolo, per guardarla negli occhi. Ruthie mantenne lo sguardo dell’uomo “È stata un po’ romanzata, ovviamente” aggiunse, calma. Sembrava essersi guadagnata le simpatie di Septum, con quella rivelazione.

Ci fu di nuovo silenzio, poi fu Silk a parlare “E dicci, dove è finito l’impero di tuo padre, si dice che nella sua carriera di ladro di diamanti abbia trafugato così tante pietre preziose da potersi comprare il Brasile, ma non si è trovato altro che briciole, dopo il suo arresto”

Ruthie ridacchiò “A quello ci ha pensato mia madre, non era mica l’ultima ruota del carro” sentenziò lei, con una strana vena d’orgoglio. Clay preferì non immischiarsi in quella conversazione, lui e Ruthie avevano parlato di Henry Romano migliaia di volte. Silk si grattò la testa e disse, con quel suo solito fare elegante ed educato “Fantastico, a Dirk piacerebbe questa storia”

“Dirk è un ragazzino che ti ha fregato, Silk” sentenziò Commander, che in quel momento se ne stava appoggiato allo stipite della porta. Ruthi8e, che pensava di essersene liberata, sobbalzò.

“Ti ho già detto che non mi interessa la tua opinione, Capitano?” domandò Silk, senza nemmeno girarsi a guardare l’uomo. Commander grugnì, ma non si mosse.

“E tua madre ora dov’è?” domandò Bloom, innocentemente, mangiando con le mani un po’ di insalata scondita. Ruthie si morsicò l’interno delle guance “La mamma è morta qualche anno dopo che mio padre è stato arrestato, così sono stata affidata a una casa-famiglia. Ho passato un’infanzia da sogno e un’adolescenza da incubo. Credo che sia stata una bestia ad ammazzarla, è per quello che lavoro per Tinkerbell” spiegò.

Tutti la guardarono perplessi, a parte Clay che aveva sentito quella storia un sacco di volte e che preferì concentrarsi sulla propria pizza.

“Perché dici che si tratta di una bestia?” chiese Silk, con quella sua eleganza che lo contraddistingueva. Ruthie si passò la lingua sui denti, non era timida, ma quella era una riunione davvero anomala.

“Beh, il corpo di mia madre è stato trovato dilaniato in modo…” ci fu una pausa, non trovata la parola giusta, e Tinkerbell si chiese se glielo avessero fatto vedere quel corpo dilaniato, quando l’avevano trovato, ma lei ricominciò, senza voler perdere tempo “… e poi era stato appiccato fuoco alla nostra casa. I pompieri mi hanno trovata dentro a un armadio. Stavo per morire intossicata dal fumo, quasi un miracolo…”

I presenti rimasero in silenzio, non c’era granché da dire e Ruthie continuò con la storia di sua madre “Il tutto senza il minimo senso, il minimo movente. È questo che fanno le vostre bestie, no?” sentenziò, quasi accusatoria, come per sperare che qualcuno le desse ragione.

Chismes aprì la bocca per dire qualche cosa, ma Veleno fu più veloce di lei. Brandiva piano una forchetta come se fosse stato un direttore d’orchestra e la guardava con un solo occhio, mentre l’altro era intento a fissare il lampadario “Sono anni che non ci troviamo ad avere a che fare con bestie che usino il  fuoco, vero Bloom?” chiese il vecchio. Bloom era quello con la maggior anzianità di servizio, dopo Veleno.

Bloom gli diede ragione “Niente bestie di fuoco, mia cara. Non era una bestia, quella” disse, cantilenante. Ruthie si rabbuiò.

“Io invece credo di sì” ribatté lei, offesa.

“Come vuoi” commentò Veleno, rimettendosi a tagliare la sua bistecca, era una battaglia culinaria quasi epica.

“Ma parliamo di cose serie” iniziò a dire il vecchio, tornando alla propria bistecca. Ruthie si sentì un po’ offesa, nel venir considerata poco seria. “Notizie della bestia di questo secolo? Il flagello? La nostra spina nel fianco? La piaga? L’incredibile rottura di palle che ci tocca ogni cento anni? ” domandò. La ragazza notò un certo sarcasmo in quella sfilza di nomi. Il primo a rispondere fu Tinkerbell, senza nemmeno alzare gli occhi dal piatto “No”

Chismes scosse la testa “Nemmeno io” rispose, prima di bere una sorsata di vino. Poco dopo fu chiaro che nessuno ne sapeva nulla. “È un sollievo” disse stancamente il vecchio, e pareva davvero sollevato, a dispetto dell’ironia della domanda.

“Che cos’è la bestia di questo secolo?” domandò Ruthie in un sussurro avvicinandosi all’orecchio di Tinkerbell tanto che solo lui la potesse udire.

“Una bestia più ostica delle altre” rispose lui, con molte meno accortezze, masticando la sua pizza. Rithie batté le palpebre e rimase immobile a guardarlo, in attesa di una spiegazione più esaustiva. Tinkerbell mandò giù il boccone e iniziò a tagliare un altro spicchio “La bestia di questo secolo si presenta più o meno ogni cento anni, ma questo lo potevi immaginare da te, non è preciso, a volte sono cinquanta, a volte centocinquanta, ma bene o male una volta ogni secolo ci tocca. È una bestia che non si può uccidere quando è in forma di bestia, sostanzialmente” spiegò, prima di mettersi in bocca altra pizza, Ruthie aspettò pazientemente, ma Tinkerbell sembrava aver già estinto la sua spiegazione.

“E quindi come fate?” chiese allora. Clay si rabbuiò “Le uccidiamo quando sono ancora umane”disse, secco.

Ruthie aprì la bocca, disgustata, boccheggiò e poi balbettò “Non è vero”

Tinkerbell si accigliò e la guardò negli occhi “Sì che è vero, te lo sto dicendo” sbottò, inacidito.

“Non l’hai mai fatto. Uccideresti davvero un innocente?” sbottò a voce fin troppo alta. Tinkerbell alzò le spalle “è il mio lavoro” sentenziò e con questo la conversazione fu chiusa, né l’uno né l’atra volevano che andasse oltre.

Ruthie si rimise a mangiare con la testa nel piatto e non rialzò più la testa. Gli altri stavano chiacchierando amabilmente e non li avevano degnati di uno sguardo.

Fu Silk, a quel punto, a girarsi verso il vecchio e chiedere “Ma quindi, Veleno, perché ci hai convocato qui, adesso?”

Il vecchio canuto sobbalzò “Stavo per dimenticarmene!” esclamò, pieno di vitalità, fin troppa per l’età che dimostrava. Ci fu un attimo di silenzio e poi Veleno annunciò “Mi dimetto”

Septum sputò i semi della sua anguria contro Chismes, Bloom rovesciò la sua caraffa di vino e Tinkerbell rischiò di soffocare mentre beveva la sua birra. Ruthie gli diede due sonore pacche sulla schiena per paura che gliele desse qualcun altro, col solo risultato di fargli uscire i polmoni dalle costole.

Clay tossicchiò e, ancora con gli occhi rossi e il boccale stretto in mano, fece “Che?”

“Ho detto che mi dimetto” ripeté il vecchio, sibillino.

“Ci si può dimettere?” sbraitò Septum, sputacchiando ancora cocomero. “Io sì, voi no” ci tenne subito a precisare Veleno.

Ruthie pulì la faccia congestionata di Clay, ancora un po’ provato. Tutti si guardarono, Juanito era quello con gli occhi più sgranati di tutti.

“E adesso?” domandò Skog. Veleno alzò le spalle “Bloom prende il mio posto, è il più vecchio” e così dicendo gli lanciò il proprio bastone da passeggio, che Bloom mancò di prendere e lasciò cadere per terra “e troviamo un altro genio” aggiunse.

Tutti sapevano come venivano investiti i nuovi geni: quando un genio muore la persona che gli è più vicina si prende i suoi poteri. Tinkerbell se lo ricordava bene come era successo a lui.

All’epoca lavorava in un fast food, aveva appena finito il college e aveva continuato a lavorare in quel localino lordo dove per tutti gli anni di università aveva cercato di racimolare qualche soldo, il posto non era molto lontano dal parco pubblico e così, puzzando di fritto e sudore, era andato a sedersi su una panchina in ferro, durante la pausa, a guardare il cielo, totalmente incapace di fare altro.

Era arrivato un uomo cicciotto, sulla sessantina, dall’aria affabile e sicuramente più pulita di quella di Clay. Aveva una cocorita silenziosa sulla spalla e un bel sorriso, oltre che un completo elegante. Gli aveva chiesto se si poteva sedere accanto a lui e Clay gli aveva fatto posto. Si era spostato ancora quando l’uomo, con la chierica, si era messo a dar da mangiare ai piccioni del parco e quelli accorrevano a frotte. A Tinkerbell gli animali erano sempre piaciuti poco. Suo fratello aveva un sacco di piccioni viaggiatori, per di più.

Poi l’uomo elegante si era appoggiato allo schienale e aveva chiuso gli occhi. Non li aveva più aperti.

Era stato all’epoca che aveva scoperto che un genio poteva essere colpito, macellato, avvelenato, senza farsi nulla, ma che non poteva sopravvivere al tempo. Il corpo si consumava ugualmente, anche se in maniera meno visibile. Era sempre una sorpresa.

In quel caso era tutta un’altra storia però, erano tutti lì ospiti del palazzo in aria e le uniche persone presenti che non fossero già geni erano Ruthie e Juanito, per di più non era morto ancora nessuno.

Veleno alzò le spalle, indovinando la muta domanda del suo pubblico “Poco importa, tireremo a caso. Facciamo un salto giù?” domandò, e così facendo si avviò verso il corridoio, spuntando poi in un attimo sulla terrazza che dava sulle nuvole. Sembrava di essere immersi nello zucchero filato. Appoggiò le mani sul parapetto e aspettò di essere raggiunto dagli altri.

Ruthie capì solo il quel momento che cos’era quel panorama assurdo: erano in cielo, in mezzo alle nuvole.

Gli altri otto, Bloom con il bastone da passeggio di Veleno in una mano e la sua katana nell’altra, arrivò per primo, ancora frastornato per quello che era appena successo.

Tinkerbell si affiancò al vecchio, guardando giù, nell’abisso chiaro, indeciso sul da farsi e Ruthie in un secondo fu  accanto a lui. Non si sentiva troppo a suo agio in mezzo a quella banda di super uomini. Gli altri li raggiunsero subito, Silk e Chismes per ultimi, sembrava che ci fosse una sorta di strano feeling tra i due, come se fossero sulla stessa lunghezza d’onda.

Anche Skog si avvicinò al parapetto e guardò giù, la terra non si vedeva, c’erano solo nuvole a perdita  d’occhio.

Veleno si voltò e fissò Bloom con un solo occhio, l’altro guardava Skog. Allungò la mano e gli prese la katana dalle mani, lasciandogli il proprio bastone da passeggio “Questa ormai non è più tua, Bloom” disse, pacato, e poi lanciò la spada dietro di sé, con noncuranza, come se lanciasse una monetina della buona fortuna in un pozzo.

Tutti si sporsero oltre il parapetto a guardare l’arma cadere, Septum, nella foga, schiacciò un po’ Ruthie, che si impose di non lamentarsi, anche se le sembrava di non respirare.

Guardarono sparire la katana nel bianco vaporoso e poi fissarono Veleno, che non aria sibillina disse “Beh, cosa aspettate? Andate a riprenderla!”

Il primo a saltare giù nel vuoto, agile, fu Commander, sembrava impaziente di fare del male a qualcuno. Septum lo seguì bestemmiando contro il nulla e brandendo il proprio tridente, la pantera sotto braccio, incurante delle dimensioni della bestia.

Skog alzò le spalle e prese Ruthie per il colletto della camicia nera, come si prende un gatto per la collottola “Con permesso, signorina” sentenziò il gigante biondo, prima di lanciarsi giù di seguito agli altro. Ruthie urlò come una pazza, ma tutto durò solo un secondo. Tinkerbell fece a malapena in tempo ad accorgersi che Skog si era preso il suo famiglio, che il genio svedese era già sparito.

“Skog! Quella è mia!” urlò Clay facendo forza sul parapetto con una mano e saltandolo. In pochi secondi quasi la metà dei presenti era già sparita. Fatalii sospirò “Beata gioventù” commentò, nonostante avesse parecchi anni in meno di Skog, Commander e Septum. L’iguana che stava sulla sua spalla sbadigliò emettendo un po’ di fumo e Veleno alzò un braccio verso il cielo dicendo “Prego signori, dopo di voi”

E tutti quanti si lanciarono giù, uno dopo l’altro.

 

Aki_Penn parla a vanvera: ecco il capitolo quindici, credo di aver battuto un qualche record di ritardi, con questo aggiornamento, ma finalmente ci sono riuscita! XD

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, è stato difficile mettere tutte le cose che volevo metterci, confido nel fatto che non sia stato troppo noioso e che la situazione si sia capita.

Volevo anche farvi sapere che da ora in poi forse i discorsi diretti diventeranno un pochino più sboccati. Clay e Ruthie sono due tipini educati, ma non posso dire lo stesso del resto dei miei personaggi, spero che nessuno si offenda. XD

Grazie mille per aver letto fino a qui, ancora non mi capacito della vostra carineria. Grazie grazie grazie! <3

   
 
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