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Autore: La neve di aprile    18/03/2008    13 recensioni
"Tutto a posto?" domanda una voce profonda, dolce come la cioccolata e intensa come il caffé.
Trattengo il respiro, mentre mi volto e mi ritrovo a fissare il volto più bello che la natura abbia mai creato da tre decenni a questa parte -con la dovuta eccezione di Gaspard Ulliel, s'intende.
"Si" rispondo in un soffio.
Ecco, Signore, se aspettavi il momento perfetto per farmi morire è proprio questo, mentre me ne sto tra le braccia di Orlando Bloom.
Genere: Comico, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Orlando Bloom
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Piccola premessa uno
Sl Divo Orlando non mi appartiene, purtroppo, ma è nelle grinfie della perfida Lady Mutanda, quanto riportato qui sotto è frutto della mia mente bacata e non ha scopo alcuno che differisca dal lollismo puro. Figuriamo poi se intendo offenderlo.
Piccola premessa due
Se la fic in un qualche modo vi ricordasse
Underground: E se Cupido colpisse in metropolitana? di BlackPearl, è perché effettivamente l'ispirazione mi è venuta leggendo la sua. Tuttavia, prima di venir sbranata via, se questa mia ficcina è stata postata è perché lei l'ha letta e ha dato il via libera. Un grazie grande come una casa, Sarè <3




 

Metro-crash

Certe volte la gente ha bisogno di staccare.
Di chiudere gli occhi e relegare il resto del mondo in una dimensione parallela.
C'è chi lo fa leggendo un libro, chi ascoltando musica, chi scattando fotografie, chi scrivendo.
Io prendo la metropolitana.
Una linea qualunque, non mi importa dove sia diretta.
Mi siedo in un vagone qualunque, accanto a gente qualunque, e lascio che il treno segua il suo percorso portandomi dove vuole.
Guardare le persone è molto più interessante che guardare la televisione, una cosa che in pochi sanno: scopri tante cose sulla gente guardandola mentre prende la metropolitana.
Lo so, in genere si dice che per capire un essere umano si guarda come mangia o la sua stanza, ma io preferisco dire che basta guardarlo in metropolitana.
Prendete me, ad esempio.
Diciotto anni -quasi diciannove ormai-, studentessa nella media, alta, capelli castani e occhi scuri.
Persona tranquilla, incapace di fare del male persino ad una mosca, nel 99,9% dei casi sorridente e disponibile verso gli altri.
Ma basta incrociarmi in un momento di quell' 1% rimanente che si rimpiange di avermi incontrata.
Quando sono sulla metropolitana, in genere, rimango in piedi.
Oppure vengo scacciata dal mio posto da una qualche vecchietta assatanata che sbandiera al mondo i suoi problemi alla schiena-gamba-braccio-piede-occhio-polmone-rene che sia.
Non faccio parte di quel genere di ragazzi che, una volta conquistato un sedile, non si alzano a pagarli oro, no.
Manco avessero il culo incollato con l'attack, dico io.
Ma comunque.
Stavo dicendo che si capisce molto di una persona osservandola quando è nella metropolitana.
Quella donna lì, ad esempio.
Quarant'anni passati, tondolina e bassina.
Occhiali, piumino lungo e stivali di pelle.
Se ne sta seduta con le braccia conserte e la bocca tirata in una linea sottile, guarda ostinatamente davanti a se.
E' esattamente il tipo di persona che non vorrei come madre: tesa, mai rilassata, sempre all'erta.
Oppure quell'anziano signore lì, con in testa un ciuffo di capelli così morbidi e così bianchi da sembrare lanuggine, che stringe tra le mani una vecchia copia del David Copperfield come fosse una bibbia.
Con gli occhi acquosi, gentili, e un sorriso un po' cadente.
Ecco, non so voi, ma a me le persone così mettono tanta tenerezza.
Sanno di buono, di antico.
E' da loro che vorrei imparare la storia e non da un professore acido e frustrato che si limita a leggere dal libro per un'ora di fila, senza mai aver vissuto nulla in prima persona.
E poi, la metropolitana è il posto perfetto per pensare.
Nessuno, in linea di massima, viene a disturbarti, ognungo ragiona come se fosse un'isola a sé e non guarda agli altri come esseri umani ma come parte integrante del vagone.
Si, insomma, a me piace.
Anche perché... eh, adesso casca il palco, già lo so, ma c'è anche un altro motivo.
Una volta ho letto un articolo, su internet.
Una di quelle stupide news di Google, non so se avete presente: notiziole senza arte né parte, scritte con una grammatica appena vagamente accettabile, che parlano di tante piccole stupidaggini.
Beh, si, una volta lì ho letto che a Orlando Bloom piace andare in metropolitana perché è il posto perfetto per innamorarsi.
Lo so che è stupido, che è infantile.
In mia difesa c'è da dire che non è un ragazzo a cui sputare in faccia.
Chi sarebbe tanto idiota da dirgli di no?
Ecco, appunto.
Quindi non vedo perché debba essere etichettata come infantile e sognatrice.
O meglio, sul sognatrice non discuto, sull'infantile anche si, e che cavolo!
Manco fossi l'unica.
In ogni caso, da quando ho letto quell'articolo, ho iniziato a fare più attenzione a quello che indosso quando salgo sulla metro.
Non dico che indosso un abito da sera e i tacchi per andare in centro, ma non esco nemmeno di casa come se dovessi andare a dormire da un momento all'altro.
Sono perfettamente consapevole del fatto che è sostanzialmente impossibile incontrarlo per pure caso, facendo affidamente solo sulla casualità e sulle coincidenze, ma non si dice che la speranza è l'ultima a morire?
Che poi, è bello avere un sogno.
Uscire di casa e pensare che esiste davvero la remota possibilità di incontrare un persona del calibro di Orlando Bloom che vaga nella metropolitana come un comune essere umano.. scalda il cuore.
Ed è uno stimolo non indifferente a curare la propria immagine.
Oggi, però, è una di quelle giornate in cui vorrei essere ovunque tranne che su un vagone della metropolitana.
Anzi, per dirla tutta, è una delle giornate più brutte della mia vita.
Primo, perché sono di cattivo umore.
Secondo, questa mattina ho il colorito di un cadavere ambulante.
Terzo, sto soffrendo come un cane.
E' una di quelle giornate in cui maledico il Dio che mi ha fatta nascere donna, per interderci.
Ho passato la notte insonne, piegata in due dai crampi, e il caffé, l'unica cosa in grado di svegliarmi veramente, invece di darmi una mano ad aprire gli occhi, ha agitato il mio già di per se delicato intestino causando un attacco fulminante di colite.
Ciliegina sulla torta, un raffreddore cronico che mi porto dietro da un mese e undici giorni esatti, ovvero da quando la mia migliore amica ha avuto la brillante idea di trascinarmi alla premiere di Sweeney Todd per intravedere da una cosa tipo mille chilometri di distanza l'aMMMMMMore della sua vita, Johnny Depp.
Sotto il diluvio universale che, complice la bassa temperatura, si è trasformato nella bufera di neve universale.
Per fare un sunto della situazione, in questo preciso momento sono sballottolata da una parte all'altra in un sudicio vagone della metropolitana, imbacuccata come se dovesse partire per una spedizione artica e con la faccia di un panda moribondo: bianca come la morte, con due occhiaie da paura e il naso color rosso fosforescente.
Non parliamo poi dei miei capelli, che potrei emozionarmi.
Il temporale che si sta abbattendo su Londra, oltre ad aver ucciso il mio povero ombrellino che ora giace in un bidone dell'immondizia vicino a Picadilly, mi ha inzuppata da capo a piedi.
Dire che sto rasentando i minimi storici di presentabilità è un eufemismo, perfino la vecchia ubriacona qualche metro più in là è più attraente di me.
Il treno inizia a rallentare, prima di fermarsi con uno scossone.
Mi aggrappo al palo davanti a me, mentre un crampo particolarmente forte mi costringe a chiudere gli occhi e stringere i denti.
Come vorrei essere sotto le coperte in compagnia di una borsa dell'acqua calda!
Il ricambio di persone avviene in una manciata di secondi, come al solito, poi le porte si richiudono e la metro riprende la sua corsa sotterranea.
Provo ad aprire gli occhi, pregando che un posto si sia liberato: nulla le stesse faccie di prima sono sempre sedute, attaccate ai loro sedili come l'edera si aggrappa ad un muro.
Sospiro, posando la fronte contro il palo; nel farlo però sfioro una sagoma nuova, incredibilmente familiare.
E' un ragazzo.
Sbatto le palpebre, mettendolo bene a fuoco: no, non è un ragazzo, è un uomo.
All Star sdrucite ai piedi, jeans scuri, un cappotto nero e una sciarpa a righe attorno al collo.
Bel viso, capelli castani e incredibili occhi color nocciola, un ghigno felino stampato sulle labbra.
Ehi, aspetta un attimo.
Naaa, non è possibile.
Non è proprio possibile che sia lui.
E' il dolore che mi causa le allucinazioni, indubbiamente.
Però, nel dubio...
Raddrizzo la schiena, cercando di sbirciare oltre la spalla di un ragazzo di colore immerso nella musica del suo i-pod: la somiglianza è impressionante.
Il presunto Orlando sposta lo sguardo su di me, trafiggendomi da parte a parte: d'un tratto sono incapace di fare qualsiasi cosa, persino il mio cuore smetterebbe di battere se non fosse che questi significherebbe privarmi della celestiale visione.
Di fronte alla mia espressione completamente ebete, stiracchia le labbra in un sorriso cordiale.
Un insospettabile processo di autocombustione interna si attiva all'istante, facendomi distogliere lo sguardo di scatto.
La sua semplice presenza, però, mi attrae.
Manco fosse una calamita formato umano, non posso fare a meno di tornare a guardarlo; di sottecchi, ovvio, ma non posso assolutamente permettere che la sua figura esca dal mio campo visivo: ed eccolo lì, bello come un Dio in borghese, mentre intreccia le dita delle mani e si sporge in avanti, posando gli avambracci sulle gambe.
Cristo, quell'uomo trasuda sesso.
Non è umanamente possibile che un essere umano disperda nell'ambiente così tanti feromoni a meno che non se li spruzzi addosso al mattino.
Dovrebbe dichiararlo fuorilegge, altroché!
Mugolo per il dolore, mentre il treno si ferma in un'altra stazione e subito dopo riparte, questa volta più vuoto di prima.
Non vedo l'ora di arrivare a casa e buttarmi sotto le coperte, maledetta la volta che ho pensato di andare a dormire a casa di un'amica.
Intravedo un posto libero e faccio per raggiungerlo, ma subito una vecchietta mi blocca.
"Signorina, sia gentile, mi lasci sedere" mi implora con un sorriso triste a cui non so dire di no.
"Prego" biascico, circondandomi la vita con un braccio.
Dio, se esisti, fammi morire in questo momento e metti fine alle mie sofferenze.
Ma Dio, è risaputo, è una persona impegnata e la mia preghiera deve mettersi in fila, in attesa che arrivi il suo turno di essere esaudita.
E per l'epoca io sarò già bella che morta di mio.
Sbuffo, mentre con una smorfia faccio per muovermi verso un alto posto libero.
"L'ho visto prima io!" strilla una vocina acuta alle mie spalle.
"Come, prego?" mi volto, cercando di non franare a terra ad ogni scossone del vagone.
Un'altra vecchina inferocita mi guarda con aria sfida e l'unica cosa a cui riesco a pensare sono ai suoi assurdi capelli rosso fuoco.
"Le ho detto, signorina, che il posto è mio. L'ho visto prima io" ripete alzando la voce di un'ottava.
"Non occorre strillare" borbotto sulla difensiva, accecata da un'altra fitta.
"Io non sto strillando!" s'inalbera lei, agitando davanti alla mia faccia il suo bastone.
"Oltre che maleducata è pure sorda?" mi informo, suscitando un eccesso di risatine ad un ragazzo della mia età.
Preferirei mi lasciasse il posto, visto che è così tanto solidale, ma non si può chiedere tutto, no?
La vecchina, nel frattempo, boccheggia per l'indignazione, pronta a riversarmi addosso la solita ramanzina sulla gioventù bruciata, senza valori e allo sbando.
"Signora mia, stia calma, non mi siedo. Prego, il trono è tutto suo"
Mi scosto, arretrando di qualche passo, ma uno scossone particolarmente brusco mi fa perdere l'equilibrio.
Trattengo a stento uno strillo, preparandomi all'impatto con il pavimento.
Ma non succede nulla perché due mani calde e forti afferrano la mia vita con delicatezza e mi impediscono di sfracellarmi al suolo.
"Tutto a posto?" domanda una voce profonda, dolce come la cioccolata e intensa come il caffé.
Trattengo il respiro, mentre mi volto e mi ritrovo a fissare il volto più bello che la natura abbia mai creato da tre decenni a questa parte -con la dovuta eccezione di Gaspard Ulliel, s'intende.
"Si" rispondo in un soffio.
Ecco, Signore, se aspettavi il momento perfetto per farmi morire è proprio questo, mentre me ne sto tra le braccia di Orlando Bloom.
"Sicura?" insiste lui.
E perché non mi lascia andare?
Dubito fortemente che il mio fascino lo abbia colpito al punto da non volersi più separare da me.
Annuisco debolmente.
"Perché me lo chiedi?"
"Perché hai l'aspetto di una che sta tutto tranne che bene" replica lui, sostenendomi senza fatica.
"Ah"
Non aggiungo altro, perdendomi nel nocciola dei suoi occhi che sembra inglobarmi nel suo calore, facendomi sprofondare in un mare color cioccolata.
Tutto si attenua dolcemente, rumori, odori.
Persino il dolore.
No, mi correggo, quello è rimasto: ci pensa la mia pancia a ricordarmelo, esibendosi in una incredibile serie di contorcimenti tali da farmi vedere le stelle.
Orlando mi aiuta a rimettermi in piedi, cedendomi cavallerescamente il suo posto.
"Siediti, che è meglio. Non vorrei averti sulla coscienza" ridacchia, mentre mi accomodo sul sedile.
Oh, è caldo.
Ci metto un attimo a realizzare che deve esserlo per forza, dal momento che fino a prova contraria è un essere umano e non un androide.
Intreccio le dita in grembo, senza più sapere cosa dire.
Non sono mai stata brava con le battute, in effetti.
Tantomeno con i tempi.
Se c'è una cosa che posso affermare con certezza poco via che assoluta, è che il tempismo ed io viaggiamo su binari completamente diversi.
Mi rivolge un sorriso, appoggiandosi ad un palo: anche così, in una posizione del tutto casuale, sembra un dio del sesso sceso in terra per riempire le fantasie più inenarrabili di noi teenager sognatrici.
Mi scappa una risatina imbarazzata, vagamente isterica.
"Sicura di star bene? Sei passata dal bianco cadaverico al rosso coccinella nel giro di cinque secondi" osserva, vagamente perplesso, prima di sporgersi appena in avanti e posare una mano sulla mia fronte.
Tesoro, qualcuno dovrebbe proprio spiegarti l'effetto che fai alle ragazze perché se continui così finisce che ne uccidi qualcuna nel giro di due minuti, eh.
Avvampo, scuotendo il capo.
Negare, sempre negare.
"No, sto benissimo. E' che qui fa un gran caldo.."
E davanti a cotanto splendore il mio corpo reagisce dandosi fuoco da solo.
"Ah, certo" un ghigno "La metropolitana di Londra è famosa per le carrozze surriscaldate, in effetti, dovrebbero scriverlo nelle guide turistiche.."
Ci metto qualcosa come sette secondi a capire che sta scherzando e se succede è solo perché diventa la personificazione della perplessità; troppo tardi per prendere in considerazione l'idea di ridere.
Uno scossone, il treno si ferma.
Il posto accanto a me si libera e lui lo occupa, senza perdermi d'occhio.
"Co- cosa c'è?" riesco finalmente a chiedere, facendo uso di tutto il mio coraggio.
"Sei buffa"
Ah.
Sono buffa.
Agli occhi di Orlando Bloom io.
Sono buffa.
Buffa, capite?
Buffa!
Gesù.
"Buffa?"
E pure incapace di star zitta, a quanto pare.
Lui annuisce, abbagliandomi con un altro sorriso.
"Oh, in senso buono ovviamente!" si affretta a dire, sobbalzando all'improvviso e...
No, non ci credo.
Orlando Bloom arrossisce al mio cospetto.
La reazione è istantanea: infilo una mano in tasca e tiro fuori il cellulare, scattandogli una foto prima che il rossore se ne vada dalle sue guance.
Tempo un secondo e sul display fa capolino l'espressione più adorabilmente allucinata che abbia mai visto su un essere umano.
"Scusa, sai, ma non capita mica tutti i giorni di veder arrossire Orlan--"
Mi preme una mano sulla bocca, zittendomi.
"Shhhh!"
"He-hhé?" mugolo aggrottando le fronte.
Era solo una foto, infondo!
"Non dire il mio nome. Non urlarlo, quantomeno, se ci tiene a scendere da qui integra!" mi spiega abbassando il tono della voce ad un sussurro.
Rabbrividisco, mentre mi lascia libera di parlare.
"Scusa" biascico automaticamente.
"No, scusa tu piuttosto. Ma credimi se ti dico che non è piacevole essere assaliti da un'ora di ragazzine assatanate, checcé ne dica la gente"
Abbozzo un sorriso, assicurandomi di aver salvato il file: manca solo che perda la foto più preziosa di tutta la mia vita.
"Vuoi una foto più umana?"
La domanda giunge inaspettata, tanto da farmi sgranare gli occhi.
"Che domande!" sbotto, prima di arrossire furiosamente e tentare di correggere l'irruenza "Cioè, voglio dire.. se a te non scoccia.."
Evvai, ecco che ri-appare la sindrome da fan assatanata!
"Nessuna scocciatura" mi assicura, sistemandosi la sciarpa per poi sorridere.
Quello che stupisce, è il suo modo di essere.
Voglio dire, non c'è niente di arrogante, di presuntuoso, di borioso, in lui: è uomo, un giovane uomo, che ha saputo giocare le sue carte e ora è uno dei pochi eletti che popolano la cima dell'Olimpo hollywoodiano.
Ma sempre umano è, non si è trasformato nella solita star piena di soldi e donne, abituata ad avere tutto ciò che desidera.
Prende la metropolitana.
Soccorre una ragazza che minaccia di sfracellarsi sul pavimento della carrozza su cui si trova.
E quando questa si dimostra affetta dalla tipica idiozia della fan media, le chiede se vuole una foto.
Io non so, se non si deve amare un uomo per questo, allora per che altro?
Fisso il piccolo frammento di lui che ho catturato in trevirgolacinque megapixel, lasciandomi scappare un sospiro.
"Beh?" mi chiede, inarcando le sopracciglia "Sono venuto così male?"
"No, no, anzi.."
Sei venuto particolarmente scopabile, più del solito, ma questo è meglio non dirlo.
Rialzo lo sguardo, socchiudendo gli occhi e intimando alla mia pancia di starsene buona per altri cinque minuti "E' solo che..."
"Solo che...?"
"Che tu scenderai da questo treno." mi circondo la vita con le braccia, fissando la punta delle mie scarpe "E poi io non ti rivedrò mai più."
Cala un leggero silenzio, disturbato solo dal metallico sferragliare del treno sui binari.
"Scusa, è una cosa patetica e manca solo che mi metta a piangere, ma.." scrollo le spalle "Non so, è triste: incontri una persona e per una frazione di secondo questa entra nella tua vita, si passa una manciata di minuti assieme e poi è tutto finito" mi volto a guardarlo "Non lo trovi triste?"
Sta per rispondere, quando mi scappa uno starnuto particolarmente rumoroso.
"Salute!" se la ride lui, mentre avvampo per l'imbarazzo.
So che è inutile chiedertelo, Dio, ma potresti farmi sprofondare in questo preciso istante? Grazie!
"Ahem!" mi schiarisco la voce "Cosa stavi per dire, prima che mi dilettassi a spargere germi per l'etere?"
"Che non è triste, ma meraviglioso. E' la vita, se ci pensi bene: una corsa sulla metropolitana. Sali su una linea, incontri persone, cambi direzione, incontri altri persone.. alcune rimangono, altre no, ma tutte quante lasciano un segno."
E cazzo, non puoi.
Non puoi uscirtene fuori con queste pillole di filosofia urbana e propormele come se niente fosse, ho diciannove anni e la malsana abitudine di innamorarmi di chiunque sappia in un qualche modo colpirmi.
Per la serie che basterebbe anche porgermi un fazzoletto quando ho finito i miei, figuriamoci un discorso di questo tipo.
"Come dire che io passerò alla storia come la fan appestata con lo scatto facile" ironizzo, senza troppa convinzione.
"Io direi piuttosto come la pazza che ha il coraggio di rispondere per le rime a una diabolica vecchietta" ribatte lui, strappandomi una risata.
Pessima, pessima, pessima idea.
Il mio addome protesta, relagandomi una serie di fitte capaci di stroncare un elefante nel pieno delle forze.
"Ouch!"
"Tutto a posto?"
"Una meraviglia. Nulla che una borsa dell'acqua calda e una massiccia dose di buscopan non possano risolvere" biascico, prima di inspirare a fondo "Sai, gli inconvenienti dell'essere donna..."
"Ah, certo..." ribatte, con aria da cospiratore.
Gesù, mi son messa a parlare dei miei dolori mestruali con Orlando Bloom.
Ho proprio toccato il fondo, tanto vale approfittarne.
"Senti. A me non interessa chiederti il numero di telefono o diventare l'amore della tua vita" inizio a dire, obbligandomi a guardare in faccia. Dire certe cose senza distogliere lo sguardo fa molta più presa, alle volte "Tanto più che l'amore della tua vita ce l'hai già, mi pare" uno sbuffo, forse una risatina vagamente isterica, ma non mi interrompe "Però ecco, se non te lo dico adesso poi lo rimpiangerò per il resto della mia vita, quindi tanto vale cogliere l'attimo: io per te ci sarò. Sempre. Ovunque e comunque. Anche se non mi vedrai, io sarò lì a saltare e gridare perché è tutto quello che posso fare. Non dico che ti amo, non dico che ti voglio bene, ma sei sicuramente importante. E quindi... quindi io ci sarò sempre" ripeto per l'ennesima volta, sentendomi andare a fuoco la faccia.
Sorride.
"Posso confidarti un segreto?" riprende dopo un attimo, sporgendosi appena verso di me.
La sua faccia.
A cinque centimetri dalla mia.
Ossignoresemibaciamuoio.
E non sto scherzando, se si avvicina un altro po' e fa quello che ogni ragazza vorrebbe lui facesse ad un distanza simile, io muoio.
Felice, ma muoio.
Annuisco, senza scollarmi di dosso l'espressione più ebete di tutta la mia breve vita.
"Sono le persone come te che fanno di me una delle persone più fortunate di questo mondo. Grazie, di esserci"
E lo fa.
Mi bacia.
Su una guancia, ma mi bacia.
Nonostante io sia una potenziale bomba atomica di germi e virus e bacilli vari, nonostante la vecchia ubriacona sia più attraente di me, nonostante stia soffrendo come un cane, nonostante gli abbia parlato dei miei dolori mestruali.
Mi da un bacio.
Chiudo gli occhi, posandomi contro lo schiena del sedile, e mi concedo un profondo respiro.
Ancora un attimo, che mi riprendo.
Un attimo solo, eh.
"Stai.. stai bene?" indaga dopo un considerevole numero di attimi.
"Si" boccheggio "Una meraviglia. Ho intravisto i cancelli del Paradiso, perdonami ma certe cose che ti toccano dentro"
Ride.
Una risata calda, come i suoi occhi, di quelli che ti prendono dentro e ti rivoltano come un guanto.
Sarebbe bello poter rimanere qui in eterno, già.
Ma le fermate esistono per un qualche motivo e la mia si avvicina a velocità spaventosa, cosa che si traduce, per forza di cose, in una separazione dal Divo, il platonico amore della mia vita, che quando me ne sarò andata si dimenticherà di me e farà ritorno da Mutanda Kerr.
Ma non esiste che il pensiero di quella ...cosa, ecco, rovini il mio momento di gloria.
"Senti" riprende a parlare, guardandolo di sottecchi "Posso chiederti un'ultima cosa prima di sparire dal palcoscenico e tornare a strillare dietro le quinte come tutti i comuni essere umani?"
"Qualsiasi cosa" mi assicura, stringendomi la mano tra le sue.
Posso rapirti e rinchiuderti in camera mia per il resto della mia vita, si?
Mi schiarisco la voce, scacciando dalla mente una lunga serie di immagini che, se rivelate, mi farebbero passare per una pervertita maniaca della peggior specie.
"Non mi provocare" borbotto, mentre la mia capacità di raziocino se ne va allegramente a puttane.
"E se lo facessi apposta?" sorride, candido come un giglio.
Stunc.
E' la parola che meglio descrive il vuoto improvviso generatosi del mio cervello.
Lui davvero non si rende conto dell'effetto che ha e che fa, e se davvero ne è consapevole, allora è pure diabolico.
"Su, avanti, cosa vuoi sapere?"
In realtà tante cose.
Del tipo perché sei così straordinariamente gentile con un'emerita sconosciuta, per dirne una.
Cosa diavolo di trovi in Mutanda Kerr, a parte un notevole fondoschiena più nudo che altro.
Se mi sposeresti.
In alternativa, se verresti a bere un caffé con me.
Cosa hanno promesso i tuoi genitori al diavolo o a Dio per farti uscire così straordinariamente perfetto.
O se semplicemente Madre Natura ha deciso che dovevi essere perfetto per forza cose, per ricordarci come anche nei momenti più orridi e infelici della tua vita, anche quando soffri come un cane in metropolinata, ci sia sempre qualcosa di bello per cui valga la pena sorridere.
"La faresti una foto con me?" pigolo alla fine, accantonando tutta una lunga serie di domande più o meno filosofiche per la più banale in assoluto.
Beh, cosa pretendete del resto?
E' pur sempre il Divo, sono per sempre una fan.
Come ha detto Schopenhauer, abbiamo delle pulsioni inconscie che danno voce alla nostra volontà.
Le mie pulsioni inconscie danno voce al mio anima di fan.
Punto.
E se questo vuol dire rinunciare a chiedergli qualcosa di particolarmente indecente o intelligente, per poter conservare gelosamente sul cellulare una foto dove lui, bello da paura, sorride, e io, più inguardabile che mai, fisso l'obbiettivo con aria trasognata e l'aspetto di una tossica che si è appena fatta una dose, sia.
Mi alzo in piedi, gli occhi pieni di stelle e cuoricini, e rimango in piedi davanti a lui.
Beh, ci siamo.
La prossima è la mia.
"Devi scendere?"
Annuisco, riempiendomi gli occhi con la sua immagine.
"Se non fosse che rischierei di ucciderti con un bombardamento di virus non indifferente, ti abbraccerei"
"Posso correre il rischio" mi assicura, alzandosi in piedi a sua volta e allargando le braccia.
"Poi non dire che non ti avevo avvisato" mormoro, affondando la faccia nel suo petto.
Ecco, tante persone non sanno abbracciare: ti stringono appena, stando bene attente a non sfiorarti più di tanto, e subito si ritraggono.
Lui invece sa farlo.
E diamine, sa farlo pure bene.
Tanto che nemmeno mi accorgo del treno che rallenta, fino a quando lui non mi lascia andare con aria vagamente dispiaciuta.
Dispiaciuto.
Lui.
Non so se amarlo follemente o se dargli dell'ipocrita.
Conoscendomi, propendo per la prima, senza ombra di dubbio.
"A presto" mi saluta, con un sorriso.
"A presto" ripeto io, imbambolata all'ennesima potenza.
"E' stato bello"
Evvai di doppi sensi.
Annuisco, senza staccargli gli occhi di dosso.
Capitemi, tra meno di trenta secondi non potrò più farlo e prima che una cosa del genere succeda di nuovo... beh, ce ne vorrà di tempo.
Probabilmente sparirò dalla sua vita per sempre.
Quindi.
Tanto vale giocarsi il tutto per tutto e sfruttare l'occasione fino alla fine, no?
Non ho nulla da perdere.
Così, prima che abbia il tempo di tornare a sedersi, gli prendo il volto tra le mani e, alzandomi in punta di piedi, gli rubo un bacio.
A stampo, ma pur sempre un bacio.
Così rapido che quando se ne accorge è già finito.
Non ha nemmeno il tempo di schiudere gli occhi.
Sento la bocca che mi si apre in un sorriso.
"Adesso si che è stato bello" sussurro, girandomi e saltando giù dal vagone.
Mi volto, i piedi saldamente ancorati dietro la linea gialla, mentre un mare di gente scorre accanto a me.
Lui è lì, ancora in piedi, che mi guarda.
Ma non come si guarda una pazza furiosa, no.
Ha lo sguardo di chi è sorpreso, di chi ha ricevuto un regalo che non si aspettava, di chi si accorge di una cosa per la primissima volta.
Poi, le labbra.
Si piegano in un sorriso, il più bel sorriso che un essere umano possa mai vedere su un suo simile.
Si aprono, tre parole scappano fuori.
"Hai proprio ragione!"
Le porte si chiudono, il treno riprende la sua corsa sotterranea.
Nelle orecchie, vive ancora l'eco della sua risata.
Avete presente il punto non ben precisato dove ho detto che questa è una delle più brutte giornate della mia vita?
Ora posso dire con certezza poco via che assoluta che sbagliavo.
Gesù, se sbagliavo.



FINE

 

 

   
 
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