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Autore: fraVIOLENCE    11/09/2013    2 recensioni
"Ti ho detto che non ho bisogno di te! Non ti amo Thomas, non ti amo più!" - bugia, lo amavo ancora. Ma amavo il vecchio Tom: quel ragazzo con il piercing al labbro. Quel ragazzo scombinato che non si sentiva al sicuro se non si nascondeva sotto quel cappellino arancione. Quel ragazzo che pianse di felicità quando gli confessai di aspettare un bamino. Quel ragazzo che mi accudiva, che mi amava, che prendeva in braccio nostra figlia e che la cullava per farla addormentare. Quel ragazzo che la notte si svegliava per darle da mangiare, quel ragazzo che ripeteva di amarmi. Quel ragazzo che mi sorrideva sempre, che mi faceva sentire al sicuro, che mi faceva sentire viva.
SEQUEL DI ' THERE'S SOMEONE OUT THERE WHO FEELS JUST LIKE ME? '
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mark Hoppus, Nuovo personaggio, Tom DeLonge
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 8
"Jennifer, siamo arrivati" - sussurrò Mark, scuotendomi dolcemente.
Sbadigliai e lentamente aprii gli occhi, guardandomi intorno e riconoscendo il viale di casa.
Il sole era tramontato da un pezzo ed era stato sostituito da una grande luna piena.
"Dove posso lasciarti?" - domandò Mark a Tom, mentre mi slacciavo la cintura.
"Tranquillo, scendo qui" - rispose Tom, accennando un sorriso.
Mi stiracchiai e mi avvicinai a Mark, schioccandogli un bacio sulla guancia.
"Ci vediamo domani" - farfugliai, aprendo lo sportello.
"A domani Jen, ciao Tom" - fece Mark, battendogli il cinque.
Scesi dalla macchina e chiusi lo sportello dopo aver preso la borsa, mentre Tom faceva lo stesso.
Osservai la macchina ripartire e mi voltai verso Tom, accennando un sorriso e dandogli le spalle subito dopo, avviandomi verso casa.
"Non mi saluti nemmeno?" - fece lui con una risatina.
Mi voltai nuovamente, sospirando.
"Ciao, Tom" - dissi, camminando all'indietro.
"Jennifer" - sbuffò lui, venendomi incontro - "Siamo divorziati, è vero. Ne ho combinate di tutti colori e anche questo è vero, però questo non vuol dire che non dobbiamo rivolgerci più la parola"
Rimasi a bocca aperta, beandomi delle sue espressioni e del colore dei suoi occhi color nocciola illuminati dalla luce del lampione.
Mi ero dimenticata di quanto belli fossero i suoi occhi, di quanto belle fossero quelle labbra, ancora segnate dal vecchio piercing.
"Tutto bene?" - mi domandò lui, agrottando la fronte dopo aver notato il mio sguardo assente.
"Ehm, s-sì. Devo andare" - balbettai, gesticolando con la mano destra.
"Aspetta un attimo" - sussurrò lui, afferrandomi con delicatezza la mano.
A quel contatto rabbrividii e spostai lo sguardo sulle nostre mani, deglutendo nervosamente.
Cosa mi stava succedendo? Improvvisamente tutti quegli anni di distanza andarono a farsi friggere. Improvvisamente fu come se non fosse mai successo nulla.
"P-Perchè dovrei aspettare?" - mormorai, sollevando lo sguardo verso i suoi occhi e perdendomi di nuovo.
"Perchè voglio che mi saluti come si deve" - rispose lui, utilizzando il mio stesso tono di voce e avvicinandosi sempre di più al mio viso.
Indietreggiai, appoggiando una mano sul suo petto e rabbrividendo nuovamente al suo contatto.
"E come dovrei salutarti?" - domandai distrattamente, osservando le sue labbra troppo vicine alle mie.
Socchiusi gli occhi e sospirai, sentendo il suo profumo invadermi le narici.
Tom approfittò di quel momento per accorciare quella piccola distanza tra noi e appoggiò delicatamente le sue labbra sulle mie, baciandole lievemente.
"Perchè nonostante siano passati tre anni ogni volta che le tue labbra sfiorano le mie il mio cervello va in tilt?" - sussurrai.
"Allora mi allontano" - rispose lui, facendo un piccolo passo indietro.
Lo afferrai per la maglia e lo tirai a me, facendo aderire nuovamente le nostre labbra.
Sorrise. Un sorriso compiaciuto.
"E' più forte di me, non riesco a resisterti" - sospirai, chiudendo gli occhi e schiudendo le labbra quel poco che bastava per far incontrare le nostre lingue.
Lentamente mi aggrappai al suo collo e chiusi gli occhi, facendomi trasportare da quel dolce bacio.
Quell'uomo aveva fatto soffrire me e mia figlia, e io lo stavo baciando come se nulla fosse successo.
Aumentai la passione di quel bacio, cercando di sfogare la rabbia.
La rabbia nei suoi confronti, ma soprattutto nei miei. Ero arrabbiata con me stessa per aver buttato giù il muro che avevo impiegato così tanto tempo a costruire.
Iniziai a mordere le sue labbra, a tirarle con i denti, mugolando di piacere. Era incredibile il potere che quell'uomo aveva su di me.
"Devo andare" - sussurrai nella sua bocca, con il respiro affannato.
"Non voglio che tu te ne vada" - rispose lui, concludendo quel bacio e aprendo gli occhi per incrociare il mio sguardo.
"Nemmeno io voglio andarmene" - ammisi, abbassando lo sguardo e sentendomi letteralmente andare a fuoco.
Tom mi sollevò il mento con l'indice per guardarmi negli occhi.
"E allora non farlo, vieni da me" - rispose, dolcemente.
Scossi velocemente la testa, allontanandomi.
"C'è Ava a casa con la babysitter e.. Devo andare da lei" - deglutii, per poi mordermi le labbra - "Ti va di venire a salutarla?" - mormorai, stupendomi delle mie stesse parole.
Vidi Tom sbarrare gli occhi e grattarsi la nuca, imbarazzato.
"Jennifer.. Non devi sentirti obbligata, non voglio costringerti" - biascicò.
Continuai a tenermi il labbro tra i denti, facendogli cenno con la testa di seguirmi.
Camminavamo lentamente verso casa. Mi sentivo come se il cuore mi stesse per esplodere, le gambe stavano per cedere e le mani mi tremavano: cosa diavolo mi stava succedendo?
"Davvero Jennifer, ne sei sicura?" - mi domandò lui, quando arrivammo davanti la porta d'ingresso.
"Cogli l'opportunità prima che cambi idea" - sospirai, cercando le chiavi di casa nella borsa.
Rabbrividii quando la mano di Tom afferrò la mia. Sollevai lo sguardo per incrociare i suoi occhi.
"Sul serio, non devi farlo se non ne sei convinta. E' una decisione importante" - disse.
"Lo so, Thomas. Ne sono convinta, sul serio" - presi fiato - "La verità è che hai ragione. Ava mi chiede ripetutamente di te, e sono stanca di mentirle. Non se lo merita. Pensa che tu non le voglia più bene e questo non è giusto. In questi anni non ci sei stato, ma so che ci tieni a lei. Quindi è arrivato il momento di incontrarla" - affermai, guardando Tom dritto negli occhi.
Lo vidi accennare un sorriso, che ricambiai lievemente, per poi voltarmi e infilare le chiavi nella serratura, per poi ruotarle e aprire la porta.
"Amore, sono a casa!" - urlai dolcemente, per poi voltarmi verso Tom - "Aspetta qui, torno subito" - sussurrai.
Salii le scale ed entrai nella cameretta di Ava.
Lei fece cadere il libro che teneva tra le mani sul materasso, saltò in piedi e corse verso di me, aggrappandosi al mio collo.
"Mamma! Mi sei mancata tanto!" - strillò.
"Amore mio, mi sei mancata tantissimo anche tu! Com'è andata a scuola?" - le domandai, ricambiando quel tenero abbraccio.
"Benissimo, ho conosciuto tanti bambini simpatici!" - rispose euforica lei, aggrappandosi a me con braccia e gambe.
"E tu che avevi anche paura di andarci!" - la strinsi a me, ridendo, per poi spostare lo sguardo sulla babysitter - "Grazie mille Nicole, puoi andare" - le sorrisi.
Lei ricambiò il saluto, si avvicinò ad Ava per lasciarle un bacio sulla testa ed uscì dalla stanza.
"Come sta zio Travis?" - mi domandò Ava, con la sua tenera vocina.
"Zio Travis sta bene, cucciola" - le risposi, scostandole un ciuffetto di capelli biondi dietro l'orecchio.
"E zio Mark dov'è?" - chiese, inclinando leggermente la testa di lato.
"E' a casa, piccola. Ma lo sai che ti ho fatto una sorpresa?" - sorrisi.
Vidi i suoi occhi illuminarsi e iniziò a saltellarmi tra le braccia, emettendo gridolini di gioia.
"Adesso chiudi gli occhi e stringiti forte forte a me" - sussurrai, mentre la piccola chiuse gli occhi e nascose la testa nell'incavo del mio collo.
Lentamente uscii dalla stanza e scesi attentamente le scale. Per ogni scalino che scendevo, il cuore batteva più forte.
Non credevo a quello che stavo facendo, non capivo quello che mi stava succedendo.
Non potevo perdonare Tom, non in quel momento, almeno. Ma era più forte di me, come se un corpo estraneo si fosse imposessato delle mie gambe e le controllava senza il mio consenso.
Arrivai al piano terra e camminai verso Tom, deglutendo rumorosamente e accennando un lieve sorriso.
Tom si alzò di scatto dal divano alla vista di nostra figlia e sfoderò un sorriso mozzafiato che mi toccò il cuore.
"Amore, sei pronta?" - sussurrai all'orecchio di Ava, che annuii con energia - "Allora apri gli occhi e girati" - continuai, sorridendo e mordendomi il labbro.
Ava aprì lentamente gli occhietti azzurri e si voltò verso Tom, spalancando la bocca.
"Papà!" - strillò, saltando giù dalle mie braccia e correndo verso di lui.
Tom si chinò sulle ginocchia e aprì le braccia, accogliendo la bambina e stringendola al suo petto il più forte possibile.
"Sì amore, sono tornato" - mormorò lui emozionato, chiudendo gli occhi e sedendosi per terra, tenendo stretto a sè Ava.
Ava iniziò a singhiozzare dalla felicità, mentre si lasciava baciare la testa da Tom.
"Allora mi vuoi bene" - sussurrò lei, tirando su con il naso.
"Certo che ti voglio bene! Non ho mai smesso un attimo di farlo, piccola" - rispose Tom, sfregando il suo naso con quello della bimba.
Erano davvero bellissimi. Erano così belli che una lacrima sfuggì dal mio occhio destro. La asciugai velocemente.
"E perchè non mi hai mai chiamato?" - chiese dolcemente lei, tirando in fuori il labbro inferiore.
"Perchè.." - Tom si schiarì la voce, cercando il mio sguardo.
"Perchè papà era fuori per lavoro. Ma le cose tra noi non funzionavano molto" - mi avvicinai a loro, chinandomi sulle ginocchia e osservando Ava.
"E adesso vi volete bene?" - domandò lei con una voce innocente che mi fece quasi rabbrividire.
Voltai le testa verso Tom, che mi guardava ansioso, in attesa di una risposta che forse gli avrebbe cambiato la vita.
Mi morsi le labbra, osservandolo intensamente negli occhi e pensando in pochi secondi a tutti i momenti belli passati insieme.
Le giornate intere allo skatepark a bere birra con Mark e Travis, le serate al cinema a lanciare pop-corn ai fighetti, le corse sotto la pioggia, le nottate passate a tenerci per mano.
Il giorno del nostro matrimonio, i baci veloci prima dei concerti, i tour interminabili, le lacrime prima che partisse, la gioia di rivederlo dopo.
I primi di anni di vita di Ava, le foto e i pranzi di famiglia, le canzoni dedicate a lei.
Ava che mi tirò la maglietta mi riportò alla realtà.
"Mamma? Vuoi bene al papà?" - mi chiese nuovamente Ava.
Le mie labbra si allargarano in un sorriso.
"No, amore, non voglio bene al papà" - sussurrai.
Tom sospirò e vidi il viso di Ava incupirsi.
"Io il papà lo amo"
  
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