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Autore: Son Of a Bitch    11/09/2013    2 recensioni
«Non lamentarti. Gwen è una ragazza in gamba!»
«E' insopportabile, Bobby. Per non parlare delle sue manie di protagonismo!»
«Senti chi parla.»
Dean arricciò il naso e storse le labbra in una smorfia. In effetti Bobby non aveva tutti i torti: Gwen era una specie di sua versione femminile.
«Hai parlato con Sam?»
Il ragazzo si schiarì la gola un po' a disagio. «Dove posso trovare Gwen?»
Si udì un profondo sospiro da parte di Bobby, poi l'uomo gli diede le informazioni che gli servivano. Gwen era a Toledo, in Ohio. Alloggiava al Dark motel, stanza 69.
«Cercherò di ignorare la sottile ironia» commentò quando si ritrovò davanti alla porta. Allungò una mano e bussò più volte, borsone alla spalla.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Bobby, Dean Winchester, Ellen Harvelle, Jo
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Quinta stagione
Capitoli:
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Se fosse dispiaciuta per aver interrotto quel momento sentimentale tra Dean e Jo? Ma assolutamente no anzi, non glie ne importava proprio niente. Era l'ora di andare? Erano già in ritardo? Perfetto, poche lagne e subito in viaggio allora, si giustificò non appena ricevette l'ennesima occhiataccia da entrambi i piccioncini.
Quindi salutò tutti con un neutrale cenno della testa e fece una piccola promessa a Bobby nella quale assicurava una chiamata a fine lavoro, anche solo per fargli sapere se fossero ancora vivi. Poteva farcela.
«E comunque è Elton John» non perse l'occasione di contraddirlo mentre grazie ad una sola occhiata il povero uomo preso in causa alzava il suo di dietro dalla sedia per seguire i due cacciatori.
«Michael» la corresse l'uomo ancora convinto di poter vincere quella guerra contro Gwen.
«Ma tu non avevi paura di me?» E lo ammutolì ancora una volta, forse avendogli ricordato la fine che poco prima aveva organizzato per lui, cruda e spietata. E non aveva sentito ancora niente.
Salirono in auto -ancora una volta- con l'intenzione di buttare giù un bel programma per la caccia e di seguirlo quanto più meticolosamente possibile: dovevano stringere i tempi.
«Dovremmo arrivare di mattino presto. A meno che non facciamo una sosta durante il viaggio per r-» ma quando vide Dean scuotere la testa, scartò quell'opzione. «Ok, niente fermate extra. Nemmeno per la colazione?» Tentò di corromperlo sapendo su quali argomenti poter fare leva. E poi lei non riusciva ad essere sveglia ed attiva senza il suo caffè nero esattamente come il suo umore ogni volta che abbandonava il letto del motel di turno. Quindi quella era d'obbligo. 
«Coma potete fare questa vita?» Se ne uscì dal nulla l'uomo seduto sui sedili posteriori dell'auto con una faccia distrutta in volto.
Bella domanda.
«Ognuno fa le sue scelte, no?» Lo liquidò così Gwen un po' perchè non sapeva come rispondere in altro modo e un po' per azzittirlo una volta per tutte con strane allusioni alla sua vita privata. Cosa che funzionò a perfezione come da sperato.
Peccato che in quel modo il viaggio fosse fin troppo silenzioso. E Gwen non sapeva starsene zitta per più di dieci minuti, figurarsi per dodici ore filate!
«Davvero carina la tipa. Molto solare» spezzò il silenzio lei usando quella sua ironia come un martello.

Dean lanciò uno sguardo a Michael, attraverso lo specchietto retrovisore. Per un momento provò una strana sensazione simile all'odio. Sì, lo detestava per aver rivolto loro quella domanda. Forse perché non era mai riuscito a darle una risposta: erano gli affari di famiglia. Cacciare quegli esseri, combattere il male e salvare delle vite era una tradizione che non poteva essere ignorata. Come una lunga ed infinita catena di ferro che difficilmente poteva essere spezzata. Nessuno ne sarebbe mai uscito da quel circolo vizioso, l'unico modo per farlo era la morte. In alcuni casi, come in quello di Dean, neanche quella.
Quel fiume di pensieri venne bruscamente interrotto dalla voce di Gwen che, fino a quel momento, era rimasta in silenzio per tutto il tempo, proprio come Dean e Michael. 
Lo sapeva che non si sarebbe mai lasciata sfuggire l'occasione di commentare quel piccolo ed intenso incontro con la giovane Harvelle. Si aspettava, infatti, una delle sue battute ironiche, e Dean fece finta di nulla, cercando di nascondere la sua improvvisa rigidità. 
«Ho visto come vi guardavate» aggiunse con un tono leggermente allusivo. 
L'argomento ''Jo'' era difficile da affrontare, soprattutto se a parlarne con lui era Gwen. Preferiva di gran lunga fare il finto tono, cascare dalle nuvole come se non avesse la minima idea di che cosa si stesse parlando.
«Non ho la minima idea di che cosa tu stia parlando.» 
Ecco, appunto. 
«Non ci provare, Dean», Gwen scosse la testa con un sorriso divertito. Sì, adorava vederlo in difficoltà. «Ricorda che è con me che stai parlando.» 
«Non fa una piega» ribatté, indifferente, gli occhi puntati ostinatamente sulla strada. 
Lo sguardo di Michael rimbalzava da Gwen a Dean e da Dean a Gwen, come in una partita di tennis, ogni volta che i due prendevano possesso della parola. 
La ragazza sghignazzò, convinta di aver fatto centro e di aver toccato un tasto dolente. Purtroppo era così. Dean le lanciò un'occhiata fugace. 
«Ti diverti?» chiese retorico, alternando gli occhi tra lei e la strada. «Abbiamo una maledetta cosa da uccidere, pensiamo ad uno schema» suggerì poi, non tanto per la preoccupazione di arrivare a Toledo impreparati, tanto per cambiare argomento.

«Vuoi uno schema? Bene, avrai il tuo schema.» Si sistemò meglio sul sedile e guardò avanti, senza nemmeno impegnarsi tanto. Semplice, lei ne aveva già uno. Sì, amava improvvisare ma quando aveva il tempo di organizzarsi, perchè non farlo? «Arriviamo a Toledo, prepariamo le armi, aspettiamo che cali il Sole, sguinzagliamo il cibo per pesci vicino al lago -magari lo assicuriamo con una corda da qualche parte, tanto per stare sicuri che non se lo porti via-, aspettiamo che il canontra si faccia vedere, lo accechiamo con una luce che posizioneremo esattamente su Michael e lo rallentiamo. Lo affettiamo, ne facciamo cenere e ognuno torna a guidare la propria macchina e a dormire nel proprio letto.» Sembrava molto semplice da come l'aveva descritto ma entrambi sapevano che non lo sarebbe stato affatto, specialmente Michael, colui che rivestiva il ruolo più pericoloso. «E adesso dimmi, Casanova, a proposito di letti...» si disegnò l'ennesimo sorrisetto compiaciuto sulle labbra, soddisfatta dal suo "smerciare" in men che non si dica quel vano tentativo di Dean di distogliere la sua attenzione dall'argomento principale. 
«Scordatelo» disse secco Dean, per niente interessato a fare dono a Gwen di un documentario sulla sua attività sessuale con Jo.
«Guarda che mi basta anche una smorfia! Sono abbastanza brava nel decifrarti» alzò le spalle, consapevole di avere quel "dono naturale". Chissà, magari anche a Sam avrebbe fatto comodo averlo. Ma era questo che rendeva "speciale" Gwen: conoscere bene Dean senza doversi impegnare era un potere che nessuno pareva avere. E c'era da dire che i due non si vedessero nemmeno così tanto spesso. 
«Vuoi sapere se è più brava di te?» Alzò gli angoli delle labbra Dean, contento di aver scoccato quella frecciatina.
Una risata da parte della ragazza riempì l'auto, sovrastando addirittura il volume della radio sintonizzata su una rete rock.
Michael la guardava con un'espressione quasi perplessa, come se si stesse domandando se fosse pazza o se stesse soltanto fingendo di esserlo.
«Cosa vuoi che ti dica? Spero per te che non abbia fatto tanta pratica quanta ne ho fatta io!» E quella era solo la risposta parziale. E non perchè si vergognasse a parlare di sesso davanti ad altri uomini che magari non avevano avuto ancora il piacere di provare in prima persona quell'esperienza (e Michael in quel caso non era nemmeno incluso) ma piuttosto perchè non le sembrava il caso di giustificare quella sua affermazione con determinati dettagli, dettagli che anche l'Impala conosceva bene.

Più tempo passava insieme a quella donna e più si convinceva di averne passato troppo. Gwen era una persona con molte qualità, in gamba, attraente e determinata. E se non fosse stato per la miriade di difetti che però sovrastavano quelle poche buone proprietà che possedeva, probabilmente Dean sarebbe riuscito a sopportarla più di una settimana. Peccato che la situazione fosse un tantino diversa... 
«Oh, ti prego!» fece Dean, sperando di chiudere quella conversazione con una supplica. Ovvio che però non successe. 
«Avanti» insistette la ragazza, disegnandosi quel dannatissimo sorriso che sfoggiava quando voleva in tutti i modi tentare di corrompere il suo interlocutore. «Ho visto la tua faccia quando l'hai vista. E ho visto la sua quando ti ha visto in mia compagnia...», e lasciò la frase in sospeso, di nuovo allusiva. 
Dean voltò la testa nella sua direzione, soltanto per poterla guadare in modo minaccioso. Ma Gwen continuava a sorridere, per niente impressionata o intimorita. 
«C'è qualcosa in ballo con quell'angelo biondo, mh?» riprese dopo una breve pausa di silenzio passata a fissare uno gli occhi dell'altro, quando Dean tornò a guardare la strada. 
«Non sono affari che potrebbero riguardarti. Anzi, non ti riguardano affatto. Perciò ora 'sta zitta o giuro che ti stendo!» ribatté Dean, in tono grave. 
«Non aspettavo altro, dolcezza» rispose lei, ancora con un nuova battuta a doppio senso. 
Dean scosse la testa con un sorriso sghembo, un po' divertito e un po' stizzito. Ma fortunatamente quel discorso venne a mancare non appena accese la radio e alzò il volume, rapido, prima che Gwen potesse di nuovo riprendere a parlare. Se lo conosceva davvero almeno un po', sapeva che quello era un modo come un altro per mettere il punto ad una faccenda. 
Arrivarono a Toledo dodici ore dopo, nel tardo pomeriggio. Gwen ebbe la possibilità di bere la sua dose di caffè giornaliera, mentre Dean di trangugiare un hamburger con doppio bacon. 
«E' buoniffiimo» commentò a bocca piena, dopo aver imboccato l'ultimo boccone. 
Dean, Gwen e Michael erano ancora a bordo dell'Impala. I due cacciatori erano piuttosto tranquilli nonostante tutto, mentre l'esca viva sembrava un tantino fuori di sé. 
«Non... i-io non posso farlo. Non posso!»
«Ehi! 'Fta calmo!» borbottò Dean mentre masticava. «Ambrà tutto beme.» 
«COME FAI A DIRLO, MH?!» 
«Perché abbiamo già affrontato situazioni del genere, e sappiamo come comportarci» rispose Gwen, calma.

«Certo, non siete voi quelli che rischiano di essere mangiati da uno sbaglio della natura!» Difese la sua teoria Michael, guardandosi attorno come se avvertisse un improvviso senso di claustrofobia. O di comune panico.
«Gli manca solo l'asma!» Brontolò tra sé e sé Gwen sforzandosi di non ruotare gli occhi o di non gettargli il suo caffè bollente addosso. E dal sorrisetto divertito di Dean capì che anche lui aveva sentito quella sua considerazione poco professionale.
«Afcolta, non poffia-»
«Ingoia, Dean» lo ammonì come una mamma per la seconda volta. Anche se lei era la prima a blaterare quando mangiava, non poteva farsi scappare l'occasione di dargli degli ordini, spalleggiata da una cosa che la gente chiamava "Galateo". 
Il rumore che fece la gola del ragazzo quando deglutì sarebbe sembrato preoccupante a chiunque ma Gwen non se ne preoccupò: sapeva quanto fossero grandi i morsi di Dean e sapeva quanto fossero difficili da mandare giù tutti interi. Chiamiamolo pure un punto in comune.
«Non possiamo farlo senza di te, Michael. Sei l'unico socio rimasto e tutti quelli che lavorano a questo progetto -o che ci lavoreranno- sono in pericolo» osservò coscienzioso, gettando la carta del panino sui sedili posteriori, come se Michael non ci fosse nemmeno. «Anche se tu ne uscirai fuori, altri imprenditori e finanzieri metteranno gli occhi sulla diga e la storia si ripeterà.»
E c'era la reale probabilità che le parole di Dean divenissero dei fatti. Fatti dei quali avrebbero dovuto occuparsi i due cacciatori più tardi, in ogni caso.
Fare leva sulla coscienza della gente era uno dei tanti modi -tra i più efficaci- che i cacciatori avevano per sperare in una collaborazione da parte dei comuni mortali, totalmente all'oscuro degli eventi paranormali.
«Spera solo che non sia andato dalla tua famiglia, piuttosto» parlò l'inesistente sensibilità di Gwen. «Anche se quella cosa sa che non sei in casa, che sei con noi, potrebbe sempre essere andato dai tuoi familiari per... per non rimanere con lo stomaco vuoto.» Sapeva che quello che stava dicendo lo avrebbe spaventato ancora di più ma lei utilizzava dei metodi con una pressione psicologica più elevata, non si basava sulla coscienza delle persone. Mai. «Ora come ora è il tuo punto debole. È l'unico modo che ha per attirarti da lui.»
«Abbiamo a che fare con la versione marina di Patrick Jane» fece del sarcasmo Dean, alleggerendo l'atmosfera.
«Tu guardi "The Mentalist"?» Chiese shockata Gwen, guardandolo col sorrisetto sulle labbra.
«Pff, figuriamoci!»
«Giusto, tu il venerdì sera sei in giro a rimorchiare, come potresti vederlo?» Gli resse il gioco seminando però qualche trappola lungo la sua frase.
«Martedì» lo disse senza pensarci, lo sguardo sulla strada, convinto di aver vinto una battaglia con lei solo per il semplice fatto di averla corretta.
Ma si accorse troppo tardi dello sbaglio commesso.
Quando si voltò per guardarla, lei esibiva il sorriso più smagliante che avesse mai potuto avere in repertorio. 
Ok, non lo sopportava più ma era divertente avere a che fare con quell'idiota di Dean Winchester.

  
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