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Autore: Dark_Side of the Moon    12/09/2013    0 recensioni
"Le mani le prudevano e si impadronì di lei una forza strana. Balzò fulminea in piedi e dalle sue mani scaturirono delle fiamme vive e feroci..." "La spada gli cadde di mano; le orbite si colorarono dello stesso scuro colore, la pupilla scomparve e dentro di sé sentì una sensazione mai provata..."
Tre pietre dal potere sconfinato che presagiscono una dura e sanguinosa guerra, e tre cavalieri che devono fare tutto il possibile per evitarla. E questo il destino di Nayha, una giovane ragazza dai capelli vermigli, orfana e dal passato misterioso. Accompagnata dal fratello Karan e da Terim, dovrà vagare per il Mondo di Agarath alla ricerca dei Cavalieri e delle Pietre del Drago, tra battaglie, amori e tradimenti. Dovrà accettare il suo destino riservato alla magia, nonostante i suoi dubbi e le sue paure e dovrà richiamare tutto il suo coraggio per superare tutte le difficoltà che il destino ha preparato per lei. Dovrà combattere contro il fato e contro due nemici potentissimi insieme ai quali forma una triade che segna l’equilibrio del mondo; una continua lotta tra il bene e il male.
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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La notte era alta e la luna splendeva nel firmamento stellato. Gli alberi alti e maestosi impedivano ai raggi lunari di penetrare tra le loro folte chiome per illuminare il selciato. Il respiro affannoso per la corsa; i battiti accelerati del suo cuore; gli stivaletti neri che calpestavano le vecchie foglie cadute per lasciare il posto a quelle primaverili; il cappuccio sul viso e il mantello scuro scostato dal leggero venticello. Ormai non sapeva più da quanto tempo stesse correndo, ma sapeva, sentiva i passi, il rumore metallico delle spade che cozzavano sulle armature e le grida dei soldati che le erano ancora alle costole e pensava tra sé e sé che non poteva mollare, non proprio adesso che la missione era compiuta. 
All’improvviso spiccò un grande salto e affondò uno dei sai nella corteccia dell’albero più vicino e iniziò a issarsi cercando di fare il minimo rumore. Rinfoderò i sai non appena si sistemò sul ramo e si acquattò. Doveva solo attendere. Dopo qualche minuto ecco, infatti, il battaglione che la stava inseguendo passare proprio sotto di lei.
«Forza ragazzi, non deve essere lontana, ci siamo quasi!» gridò quello che doveva essere il capo. I passi pesanti dei soldati rimbombavano nel silenzio del bosco addormentato, spaventando gli animali notturni. Quando li sentì abbastanza lontani, decise di scendere per tornare il prima possibile alla base.
Fece un balzo e, silenziosa come una piuma, atterrò sul terreno. Si mise a correre tenendo sempre stretta a sé la borsa dove aveva riposto la preziosa reliquia.
Non era proprio la sua specialità rubare nelle case dei grandi signori, ma questa volta Terim era stato chiaro,
 -“Entri, prendi ciò che ci serve e torni immediatamente; Niente sangue questa volta, sono stato chiaro?”- 
Lei aveva annuito nonostante fosse del tutto contraria e gli aveva dato retta … come sempre del resto. Odiava farsi dare ordini, ma lui era così … no, non doveva pensarci. 
-“ La prossima volta faccio di testa mia”- pensò scuotendo la testa come per scacciare via i pensieri di poco prima. Acrel non era lontana, dopotutto non si era allontanata poi tanto, ma sapeva che vi doveva arrivare prima che spuntasse il sole o tutta la fatica sprecata sarebbe stata inutile e ormai era quasi l’alba. Diede una spinta maggiore alle sue gambe che evitavano leggere e sinuose ogni tipo di asperità e la facevano continuare nella sua corsa contro il tempo.
I primi raggi stavano già baciando il cielo azzurro quando varcò il grande portone di legno della città … la capitale. Acrel era una delle città più grandi e popolate di tutto il Mondo di Agarath. Era una città lussuosa sotto certi aspetti, per la presenza di numerose ville di nobili, teatri e biblioteche. Ma era anche una città allegra e divertente. I bambini correvano felici per le strade; i saltimbanchi si esibivano nelle loro acrobazie e i mangiafuoco stupivano i passanti con i loro numerosi giochi. 
Come tutte le mattine, e nonostante fosse ancora l’alba, il mercato iniziava ad affollarsi di mercanti che preparavano le loro merci in attesa dell’arrivo di donne alla ricerca di cibo, stoffe e oggetti vari che potevano servire per la casa o per i loro bambini. Dopotutto, la gente proveniva da ogni parte e si poteva trovare proprio di tutto. Nayha s’intrufolò tra la folla in piazza e s’incamminò verso la base, dove sicuramente Terim la stava aspettando. Si avvicinò alla grande fontana al centro e bevve un sorso con estrema naturalezza. Come aveva sospettato, la notizia della rapina al conte Andalius si era già sparsa ed era già utilizzata come argomento di conversazione. Un leggero sorriso di orgoglio le si dipinse sul volto.
Naturalmente Terim la stava già aspettando sulla soglia. 
«Finalmente sei arrivata, mi hai fatto stare in pena non vedendoti arrivare» disse il ragazzo non appena furono abbastanza vicini. Aveva i capelli castani, ma corti con qualche ricciolo che gli ricopriva la fronte e gli occhi di uno strano colore ambra che però diventava più scuro man mano che ci si allontanava dalla pupilla.
«Mi dispiace, ma per seguire i tuoi ordini ho avuto qualche problemino con le guardie» disse lei con stizza oltrepassando la soglia della porta e togliendosi il cappuccio. Una cascata di capelli rossi le cadde sulle spalle, ma lei fu subito pronta a legarli in una bellissima coda decorata con treccioline colorate.
«Hai preso la pietra?» chiese lui entrando e chiudendosi la porta alle spalle.
«Oh, ma non ti preoccupare sto bene, neanche un graffio» rispose Nayha impettita scrollandosi il mantello di dosso. 
«Hai ragione scusa. Raccontami cosa è successo» disse Terim con calma prendendole la mantella dalle mani e poggiandola su una delle sedie.
La ragazza aprì il sacchettino di cuoio e ne uscì una pietra. Era romboidale e di un colore vermiglio molto accesso con delle venature più scure che la percorrevano in tutta la sua superficie. Non appena le sue mani vennero a contatto con la superficie liscia della pietra, una leggera scossa le percorse tutto il corpo infondendole una strana sensazione addosso. Gli occhi le balenarono di rosso, vivo, intenso. Dopo quei pochi secondi, rimise la pietra nella custodia senza dire una parola su quello che era avvenuto.
«Non è successo un bel niente. Ecco la pietra» disse lanciandogli il sacchettino che il ragazzo prese al volo«io vado a farmi un bagno» continuò lei andando nella stanza attigua.
Terim slegò il sacchettino e ne estrasse la grande pietra. Il ragazzo rimase affascinato dall’oggetto che aveva tra le mani, ma fu interrotto dal bussare alla porta. Svelto rimise la pietra nel sacchettino e lo sistemò ben nascosto sotto la mantella di Nayha, che era ancora sulla sedia. Si avvicinò alla porta.
La aprì lentamente, la prudenza non era mai troppa.
«Terim, non avrai mica paura di me» disse un ragazzo sulla soglia. Aveva i capelli biondi e molto corti e un paio di occhioni dorati anch’essi. Al fianco una lunga spada che gli pendeva sui pantaloni di pelle marrone e dal collo gli pendeva un ciondolo a forma di drago che terminava sui pettorali ben scolpiti messi in mostra dalla casacca aperta al centro.
«Karan, non pensavo fossi tu; che bello rivederti amico mio!» disse Terim stringendo a se l’amico con un caloroso abbraccio, che quest’ultimo ricambiò con eguale calore.
«Come mai da queste parti?» chiese Terim allontanandosi e facendo cenno di entrare a Karan e all’accompagnatore alle sue spalle.
«Ero di passaggio da queste parti e ho sentito parlare di un furto compiuto alla perfezione e mi è venuta subito in testa una certa persona. A proposito dove è quella ladruncola?».
«E’ di la, ma penso che stia arrivando» disse Terim gettando uno sguardo alla figura con il cappuccio e il mantello alle sue spalle.
«Chi ti accompagna Karan?» continuò Terim. 
«Ah già, che sbadato non ti ho presentato il mio nuovo accompagnatore» disse Karan rivolgendo lo sguardo alla figura incappucciata.
«Lei è Keyla» concluse il ragazzo e per accompagnare queste parole la ragazza si tolse il cappuccio mostrando il suo volto. Era perfetto; la pelle liscia, leggermente scura. Sulle spalle le ricadevano dei lunghi ricci definiti e soffici di un colore castano scurissimo, con delle ciocche più chiare. Due occhi blu come il mare, le illuminavano il viso a ogni sguardo e ai lati del naso delle leggerissime lentiggini rosse davano colorito agli zigomi morbidi. Sotto il lungo mantello s’intravedeva un corpo sinuoso vestito da un corpetto a fascia decorato con delle fiamme, una gonna molto corta e infine un lungo paio di stivali che le arrivavano a metà coscia. Il tutto di un rigorosissimo nero. Alle mani portava dei guanti anch’essi neri e al collo le pendeva una pietra a forma di fiamma.
«Piacere» disse la ragazza con voce sicura e morbida.
«P … piacere» balbettò Terim.
«L’ho incontrata nelle terre del nord quasi all’inizio del mio viaggio due anni fa. Sono rimasto stupito quanto te quando l’ho vista» disse Karan sospirando «e ci rimasi ancora di più quando la vidi combattere. Ha un talento innato, certo deve migliorare e imparare molto, ma ha la battaglia nel sangue» concluse sedendosi e facendo cenno di imitarlo anche a Keyla che gli si sedette accanto non aprendo più bocca.
«Quanti anni ha?» chiese stupito Terim sedendosi anch’egli.
«Due anni in meno di te e me» rispose Karan. Terim annuì.
Mentre i tre ragazzi si scrutavano, la piccola porta sulla sinistra si aprì e comparve Nayha avvolta in un corto telo, con i capelli bagnati che le ricadevano dalle spalle fino al seno. Gli attenti occhi rosso fuoco della ragazza fecero una veloce panoramica dello spettacolo che le si parò davanti. Non appena vide Karan, che nel frattempo si era alzato in piedi, gli corse incontro e gli saltò al collo.
«Karan, Karan che bello vederti qua!» esultò la ragazza mentre spiccava un piccolo salto per finire tra le braccia del ragazzo.
«Ehi piccola, come sei cresciuta» disse quest’ultimo aprendo le braccia per poi richiuderle quando il suo volto toccò il suo petto.
«Ti odio, ti odio tanto! Avevi detto che saresti tornato presto. Avevi detto presto e due anni non mi sembra così presto!» disse Nayha battendo i pugni sul petto di Karan. 
«Lo so, hai ragione. Non mi dire che avevi dubitato di me?! Non mi dire che avevi dubitato del tuo …» disse Karan. 
Un colpo di tosse risuonò nell’aria interrompendolo. 
«Nayha, non pensi sia meglio che ti vada a mettere qualcosa addosso prima di picchiare quel povero ragazzo?» disse Terim con lo sguardo fisso su Keyla che guardava la parete indifferente.
«Quale povero ragazzo! Mi ha abbandonata qua senza farmi sapere più niente, ci vorrà ben altro che spuntare all’improvviso per farsi perd …»
Nayha s’interruppe di colpo e seguì lo sguardo di Terim notando finalmente la giovane che era seduta al tavolo. Era bellissima e un senso di inferiorità e di gelosia si fece strada nel suo cuore e nel suo animo. Rimase impalata al suo posto osservando la ragazza che rimase ferma immobile a guardarla. A un certo punto le sorrise. Un sorriso stupendo, lucente e di nuovo le sensazioni ammontarono dentro di lei. Chi era quella ragazza? E cosa ci faceva li?
«Nayha, Terim ha ragione mettiti qualcosa addosso e poi faremo le presentazioni» disse Karan prendendola per le spalle.
«Ok, ok. Ma guai a te se te ne vai di nuovo» disse Nayha voltandosi lentamente e dirigendosi verso la porta dalla quale era uscita poco prima. Prima di oltrepassare la soglia, si voltò un ultima volta a guardare la ragazza misteriosa e poi scomparve nel buio della stanza.

Passarono alcuni minuti e Nayha comparve dalla porta. Un piccolo corpetto di pelle nera attaccato dal collo scollato e un paio di pantaloni sempre di pelle nera che le aderivano alle gambe snelle e perfette. I sai sulla schiena e i pugnaletti da lancio alla cintura.
«Eccoti finalmente! E questo per te significa vestita?» disse Karan facendole l’occhiolino; lei gli fece una linguaccia e prese la sua mantella. Non appena la ebbe in mano, cadde un piccolo sacchetto nero; ma prima che potesse toccare terra, Keyla allungò un braccio, lo prese e glielo lanciò. Nayha lo afferrò senza problemi e scrutò la ragazza che era ritornata a guardare la parete indifferente.
A distoglierla dai suoi pensieri ci pensò Karan che chiese: «Cosa c’è lì dentro Nayha?».
«Il frutto di una notte insonne e tante fatiche» rispose la ragazza guardandolo. Il ragazzo intese subito di cosa stesse parlando la sorella e annuì lentamente. Subito dopo bussarono nuovamente alla porta, ma molto più energicamente.
    «Presto, siamo i soldati del re, aprite questa porta!» ordinò una voce da fuori la piccola porta di legno scuro.
Karan si accigliò. 
«Presto» disse «portate via di qua ciò che avete rubato. I soldati non lo devono trovare, tanto meno nelle vostre mani» continuò rivolto verso Nayha.
«Mi abbandoni di nuovo?» chiese lei mentre si legava il mantello e si abbassava il cappuccio sul viso. Karan sorrise.
«Ma no piccola. Vai con Keyla alla quercia sulla collina, appena i soldati se ne saranno andati, io e Terim vi raggiungeremo la» rispose Karan sempre sorridendo e stringendola a se. Le era mancata da morire durante tutti questi anni.
«Aprite o sfondiamo la porta!» disse nuovamente il soldato con voce più alta.
Keyla si alzò dalla sedia e si avvicinò a Karan e, sorridendo, gli disse una cosa in tono tanto basso che nemmeno Nayha che era al suo fianco fu in grado di capire. Il ragazzo annuì. E le accarezzò una guancia.
«Su, andate» disse Terim poco dopo accompagnandole alla porta sul retro «e state attente» concluse guardando Nayha.
Terim tornò nella sala principale e aprì con cautela sfoggiando uno dei suoi più splendidi sorrisi.
«Buon giorno, in cosa posso esserle utile di mattino così presto?» disse con indifferenza Terim.
«Ci vuole tutto questo tempo per aprire questa maledetta porta?!» chiese la guardia cercando di guardare all’interno oltre il giovane.
«Mi scusi ma non avevo sentito bussare» disse il ragazzo con vero pentimento.
«Mi stia ad ascoltare, stiamo cercando una ladruncola che ha rubato stanotte nella villa del conte Andalius, lei ha visto o sentito qualcosa a proposito?» chiese la guardia con rudezza.
«Mi dispiace, ma ho appreso questa notizia in questo momento e dalle sue labbra, non so come aiutarvi» rispose Terim cercando di rimanere il più calmo possibile.
«Si faccia da parte, dobbiamo entrare!» ordinò il soldato con circospezione scrutando il viso di Terim in attesa del minimo segnale di nervosismo che, per fortuna, non arrivò. Anzi il giovane allargò maggiormente il suo sorriso e si fece da parte per fare entrare i soldati.
«Prego» disse, infatti, spostandosi per permettere alle guardie di entrare.
«Cercate dappertutto!» ordinò il capitano una volta dentro.
I soldati iniziarono a mettere a soqquadro la piccola stanza partendo dai mobili e aprendo ogni anta o cassetto. In poco tempo la squadriglia aveva perquisito tutta la piccola casetta di legno e sbuffando uscirono dalla porta.
«La casa è pulita» disse, quasi con amarezza, il capitano prima di seguire i suoi soldati «se per caso ha qualche notizia, deve subito avvertire le autorità. Penseremo noi a cosa fare» continuò voltandosi e facendo ondeggiare il lungo mantello rosso.
«Sicuramente» disse Terim accompagnando il capitano con lo sguardo. Non appena i soldati si furono allontanati richiuse subito la porta e andò da Karan che lo aspettava fuori dalla porta sul retro.
Nel frattempo Nayha e Keyla erano arrivate alla grande quercia. Era un albero maestoso, dal tronco largo cinquanta braccia e alto almeno duecento. Era posto in cima a una piccola collina piena di fiori colorati. Il vento soffiava lento tra le sue fronde e scompigliava i capelli di Nayha seduta su una pietra intenta a contemplare l’orizzonte. Keyla le era accanto, ma non aveva aperto bocca.
«Allora, ricominciamo da capo.» disse Nayha più a se stessa che alla ragazza «Ciao» disse sicura volgendo lo sguardo verso Keyla. La ragazza alzò lo sguardo, e la osservò.
«Ciao» rispose dopo qualche secondo.
«Come ti chiami?» chiese con finta curiosità Nayha.
«Keyla» disse la ragazza accarezzando lentamente l’erba sotto i suoi piedi.
«Io sono Nayha» disse la ragazza dai capelli rossi.
«Lo so, tuo fratello parla sempre di te» disse Keyla non alzando però lo sguardo.
 «Come hai conosciuto mio fratello?» chiese Nayha presa valla sprovvista dall’affermazione della ragazza.
«Ora stai facendo troppe domande; tocca a me!» rispose Keyla stampandosi quel suo sorriso affascinante sul volto.
Nayha rimase leggermente perplessa dal quel cambio di espressione. Quella ragazza iniziava davvero a starle antipatica.
«D’accordo» disse infine la ragazza scrutando Keyla in attesa della domanda.
«Come fate a essere fratelli tu e Karan, non vi somigliate per niente!» esclamò la ragazza sgranando gli occhi.
«Io sono stata adottata dalla famiglia di Karan quando ero appena nata. Lui era l’unico figlio perché sua madre non ha potuto più averne dopo aver partorito lui a causa di alcune complicazioni, e così quando hanno trovato un piccolo fagotto piagnucolante in riva al fiume, hanno deciso di portarlo con loro. Aveva cinque anni quando sono entrata nella sua famiglia e da allora si è sempre comportato come se fossimo realmente fratelli di sangue» fece una piccola pausa e un sorrisino si stampò sul suo volto «mi ricordo ancora quando prese a pugni un ragazzino perché mi fece piangere rubandomi un sasso che avevo trovato una mattina al fiume. Da allora in poi quel ragazzo non mi si avvicinò neppure di un metro!» concluse ridendo del ricordo e distendendosi sull’erba soffice mossa dal vento. 
«Il mio fratellone!» disse continuando a sorridere felice.
«E’ partito quando avevo appena compiuto i miei quattordici anni. Fu un trauma per me. Mi sentii tradita. -“ Torno presto”- mi disse quando stava uscendo dalla porta di casa con me attaccata a una gamba per non farlo andar via. Ma il suo amore per la magia è sempre stato troppo forte per poterlo fermare. Ed eccolo riapparire come d’incanto dopo due anni … con te dietro.» concluse guardando la ragazza che si era appoggiata al tronco del grande albero con gli occhi chiusi. Il vento le soffiava tra i capelli e i luminosi raggi del sole li facevano risplendere.
«Ehi, io ho risposto alla tua domanda. Ora rispondi tu, come hai conosciuto Karan?» disse Nayha voltando il viso verso l’alto e guardando le nuvole che, mosse dalle correnti, disegnavano spirali bianche nel cielo.
«Diciamo che è stato un caso. Ero nei guai, ho combattuto per salvarmi, tuo fratello mi ha vista duellare e mi ha chiesto di andare con lui. E siccome devo ammettere che è proprio un bel ragazzo, ho accettato ed eccomi qua a parlare con te, aspettando con grande ansia» sottolineando le ultime parole con evidente sarcasmo «il mio salvatore e il tuo ragazzo» concluse Keyla rimanendo immobile nella stessa posizione di partenza sempre sorridendo.
«Terim non è il mio ragazzo!» puntualizzò Nayha arrossendo. 
«Oh, scusa, si vede che mi sono sbagliata. Strano è la prima volta che mi capita» disse Keyla vagando con lo sguardo, ma sempre sorridendo.
«Già, a tutto c’è una prima volta» rispose impettita Nayha. Keyla allargò ancora di più il suo sorriso.
Uno scoiattolo le passò accanto e la guardò incuriosito. Keyla allungò un braccio e il piccolo animaletto salì velocemente sulla sua spalla.
«Sono contenta di averti fatta ridere» disse Nayha «ma vorrei sapere che ho detto di così divertente»concluse irritata.
«Si vede lontano un miglio che sei pazza di lui» rispose Keyla facendo scendere il piccolo animaletto e allungando le gambe.
«Questi sono affari miei!» disse Nayha ormai al culmine della rabbia balzando seduta.
«Saranno anche affari tuoi, ma questo non cambia le cose» le disse Keyla con naturalezza.
Nayha serrò i pugni fino a farsi sbiancare le nocche. Quella ragazza aveva proprio superato ogni limite. Come si permetteva di parlarle in quel modo! Nemmeno si conoscevano poi! Le mani le prudevano e s’impadronì di lei una forza strana che non aveva mai sentito prima. Scorreva veloce nelle sue vene fino a infiammarle gli occhi, che le balenarono di un’intensa luce rossastra, e le dita e ogni singola parte del corpo. Balzò fulminea in piedi e dalle sue mani scaturirono delle fiamme vive e feroci. Bruciavano l’aria lasciando però illesa la pelle candida della ragazza, come ad avvolgerla, proteggerla. Keyla ebbe appena il tempo di balzare di lato con uno scatto fulmineo e rimanere sbalordita dalla scena che, proprio come arrivarono, le fiamme se ne andarono via veloci. Quando tutto fu finito, al centro di un piccolo cerchio di fuoco c’era Nayha che si accasciò in avanti priva di sensi.
Keyla cercò in tutti i modi di penetrare nel cerchio di fuoco per cercare di aiutare Nayha, ma le fiamme non le permettevano nemmeno di avvicinarsi. All’improvviso, una grande ondata d’acqua si abbatté sulle fiamme lasciando un cerchio nero sul terreno. Karan corse immediatamente in soccorso di Nayha. La prese in braccio e la portò vicino all’albero, dove le fece appoggiare la schiena alla corteccia rugosa. 
«Ehi piccola mi senti?» chiedeva preoccupato Karan bagnando la fronte e il viso della sorella.
«Cosa diavolo è successo?» ruggì Terim a Keyla.
«Non so, ha fatto tutto da sola!» disse lei sostenendo lo sguardo del ragazzo. Uno sguardo carico d’odio che era in contrasto con il resto perfetto del viso.
«Terim lasciala stare, non è colpa sua. L’importante è che Nayha stia bene. È soltanto svenuta.» disse Karan prendendo la ragazza in braccio e avviandosi verso Acrel.
«Dove la stai portando Karan? Lo sai meglio di me che non può tornare in città; le guardie la stanno cercando» disse Terim avvicinandosi al ragazzo.
«Ha bisogno di riposare. Si riprenderà entro qualche ora» disse Karan continuando a camminare.
Terim lo seguì in silenzio e Keyla dietro di loro.

«Keyla, devi dirmi esattamente cosa è successo prima che arrivassimo io e Terim» disse Karan con la voce calma e ferma alla ragazza seduta di fronte a lui.
«Te l’ho già detto Karan. Stavamo parlando e a un tratto ha preso fuoco. Dopo pochi secondi le fiamme se ne sono andate e lei è caduta svenuta.» ripeté per l’ennesima volta la ragazza.
«Non voglio dubitare di te, ma non ha nessuna bruciatura sul corpo» provò a spiegare Karan parlando più a se stesso che al suo interlocutore.
«Questo è quello che è successo, sta a te credermi o no» disse la ragazza con sguardo duro e serio. Poi abbassò la testa; per lei il discorso era chiuso.
Terim la guardava sospettoso dal lato della stanza giocherellando con il sacchettino contenente la pietra.
Karan fu attratto dall’oggetto. «Cosa c’è dentro quel sacchetto Terim?» chiese infatti.
«Qui?» chiese il ragazzo indicando il sacchetto che aveva in mano. Karan annuì.
«C’è la pietra che ha rubato Nayha stanotte» rispose Terim con noncuranza.
«La posso vedere?» chiese Karan.
«Ma certo» rispose Terim lanciandogli il sacchetto, che Karan prese al volo.
Lo aprì lentamente, e con la stessa lentezza, inserì la mano e ne estrasse la pietra. Il suo volto rimase impietrito non appena vide l’oggetto. Le venature vermiglie riflettevano la luce del sole che penetrava dalle finestre.
La pietra gli cadde di mano, ma ancora una volta prima che potesse toccare a terra, la mano salda di Keyla la afferrò e la posò sul tavolo di legno. 
«Karan che hai?» chiese Terim vedendo lo sguardo sperduto dell’amico.
«Karan?» lo chiamò scuotendolo per la spalla. Solo allora si riscosse.
«D … dove l’ha rubata?» balbettò sempre con lo sguardo fisso sulla pietra. Uno sguardo sperduto, senza confini.
«Circa tre giorni fa, un gruppo di soldati scortò un uomo nella casa del conte Andalius. Nessuno sapeva chi fosse e quale fosse il vero scopo di quella visita, giacché ormai il conte non era ben visto. Da quel giorno però notammo che le guardie attorno alla casa erano più che raddoppiate e che nessuno aveva più accesso alla villa. Così Nayha decise di fare qualche indagine e scoprì che il conte era entrato in possesso di una strana pietra, che a quanto pareva, doveva valere moltissimo. Decidemmo così di rubarla. Non fu difficile, tanto meno per Nayha.» spiegò Terim non capendo l’improvvisa curiosità dell’amico.
«Terim, devo portarmi la pietra.» disse Karan rimettendo l’oggetto nel sacchetto di pelle dal quale l’aveva uscita.
 «Cosa? E perché mai?» chiese Terim preso alla sprovvista dall’affermazione di Karan.
«Devo portarla alla Sede Centrale della Magia» rispose rimanendo sul vago.
«Karan parla chiaro con me!» disse Terim afferrandolo per un braccio.
«Terim, in tutti questi anni ho studiato la magia tantissimo. Non ho nemmeno avuto tempo per andare a trovare la mia famiglia capisci? Ma i sacrifici sono serviti. Grazie ai miei studi sono riuscito a diventare Mago Supremo della Sede. Devo consultarmi con gli altri maghi sul da farsi, la situazione è più grave di quanto tu possa immaginare.» spiegò Karan. Terim stava per aprire nuovamente bocca ma Karan riuscì a fermarlo prima.
«Ti prego, non chiedermi altro. La mia carica deve rimanere segreta. Raggiungetemi alla Sede Centrale della Magia non appena Nayha si sarà risvegliata. Penso proprio che starete via di casa per un bel pezzo». E dicendo queste ultime parole salutò l’amico e uscì dalla casa seguito da Keyla.

Improvvisamente proprio sulla piazza si alzò un vento fortissimo e piano piano una grande ombra si andava disegnando sulla strada diventando sempre più grande.
A un tratto un tonfo sordo. Quattro zampe enormi, munite di artigli affilati, si posarono con grazia al centro della piazza, proprio a lato della grande fontana, che, a confronto, sembrava piccolissima. Salendo, le zampe, tra riflessi verdi, a volte più chiari e a volte più scuri, si univano a un torace massiccio e possente che terminava con una coda scurissima decorata da aculei spessi e indistruttibili. Dal collo si dipartiva una testa che terminava con un muso squadrato dal quale uscivano dei rivoli di fumo grigiastri. Sulla fronte due lunghe corna salivano verso l’alto dritte, per poi curvarsi solamente verso la fine, verso il basso. Due grandi occhi gialli dalla pupilla sottile, davano vita a uno sguardo fiero e maestoso che scrutava tutto ciò che aveva attorno. E per finire, dalla schiena nascevano due grandi ali membranose, ma al contempo resistenti, e di un verde scurissimo, quasi nero, proprio come la coda e il ventre. 
Il drago rimase statuario al suo posto fino a quando non fu raggiunto dal suo compagno. Solo quando Karan gli fu accanto, si accucciò per permettere a lui e Keyla di salire e quando furono entrambi saldi in groppa, spiccò un gran salto in verticale spiegando le ali e scomparendo all’orizzonte.
Terim rimase impietrito sulla soglia di casa per lo spettacolo al quale aveva appena assistito. 
   
 
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