Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Dark_Side of the Moon    12/09/2013    0 recensioni
"Le mani le prudevano e si impadronì di lei una forza strana. Balzò fulminea in piedi e dalle sue mani scaturirono delle fiamme vive e feroci..." "La spada gli cadde di mano; le orbite si colorarono dello stesso scuro colore, la pupilla scomparve e dentro di sé sentì una sensazione mai provata..."
Tre pietre dal potere sconfinato che presagiscono una dura e sanguinosa guerra, e tre cavalieri che devono fare tutto il possibile per evitarla. E questo il destino di Nayha, una giovane ragazza dai capelli vermigli, orfana e dal passato misterioso. Accompagnata dal fratello Karan e da Terim, dovrà vagare per il Mondo di Agarath alla ricerca dei Cavalieri e delle Pietre del Drago, tra battaglie, amori e tradimenti. Dovrà accettare il suo destino riservato alla magia, nonostante i suoi dubbi e le sue paure e dovrà richiamare tutto il suo coraggio per superare tutte le difficoltà che il destino ha preparato per lei. Dovrà combattere contro il fato e contro due nemici potentissimi insieme ai quali forma una triade che segna l’equilibrio del mondo; una continua lotta tra il bene e il male.
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Nayha si svegliò di soprassalto. Era ancora confusa e non ricordava granché di quanto fosse accaduto. 
Terim le fu subito a lato.
«Come ti senti?» chiese con il cuore che gli batteva a mille prendendo le mani della ragazza tra le sue.
Nayha si sentì avvampare. Arrossì visibilmente e sciolse la presa del ragazzo.
«St … sto bene» balbettò la ragazza rigirandosi le mani.
«Mi hai fatto prendere un gran bello spavento» disse Terim con sguardo accorato guardando dritto negli occhi rossi della ragazza. Nayha rimase ipnotizzata dallo sguardo di Terim, tanto che non si accorse nemmeno che il ragazzo le stava parlando. Si immaginava come potesse essere la vita insieme a Terim. Senza più furti, senza più omicidi. Magari sposarsi e chissà, magari crescere anche dei figli. Si riscosse solamente quando egli gli passò la mano davanti agli occhi per riportarla indietro dalle sue fantasie.
«Nayha ci sei?» le chiese Terim vedendo il suo sguardo vacuo.
«Sì sì, dimmi pure» rispose lei scuotendo la testa per scacciare via i pensieri di poco prima.
«Ti stavo dicendo, che Karan ci aspetta alla Sede Centrale della Magia» disse Terim mettendo poche vesti in un tascapane che si mise a tracolla.
«Cosa?! E come mai?» chiese stupita Nayha balzando su dal letto.
«Ah, non chiederlo a me, a volte tuo fratello è proprio strano. Prendi ciò che ti serve, ti spiegherà tutto lui quando arriveremo». E dicendo così le passò un tascapane, dove la ragazza mise tutto ciò che le sarebbe potuto servire per quel viaggio. Si mise la cintura con i pugnaletti da lancio, si legò la spada corta alla cintola e sistemò i sai nelle custodie dietro la sua schiena, pronti per ogni evenienza. Dal canto suo Terim prese solamente la sua fidata spada di quando faceva parte dell’esercito del re e la legò alla cintola. I due si diressero in silenzio verso la stalla e montarono in sella a due possenti stalloni neri.
«Sai,» disse Nayha non appena fu salita in groppa «è la prima volta che vado nella Terra delle Cascate» continuò.
«Veramente?» chiese seriamente stupito Terim montando anch’egli a cavallo.
«Già. Com’è?» chiese la ragazza.
«Impossibile da descrivere a parole, giudicherai tu stessa non appena la vedrai con i tuoi occhi» le rispose Terim iniziando a trottare.
«E’ lontana?» chiese Nayha spronando il suo cavallo per non perdere il passo.
«Tre giorni di marcia fermandosi solamente poche ore la notte» le rispose.
E così i due partirono per il viaggio.
 
Oltrepassarono il confine del Regno della Luce quasi al tramonto. Continuarono seguendo il corso del fiume che portava dritto alle cascate. Nonostante il corso d’acqua, la terra era quasi tutta desertica, solamente dopo un paio di miglia iniziavano a vedersi i primi alberi della Grande Foresta che si estendeva incontrastata per miglia e miglia fino ad arrivare ai confini delle tre terre. Nessuno osava addentrarsi più di tanto tra i suoi alberi che si pensava fossero maledetti, poiché si credeva fosse abitata dagli spiriti e da strane creature mostruose mangiatrici di uomini. Naturalmente Terim non credeva a nulla di tutto ciò e pensava che fossero solamente storie che si narravano ai bambini per farli stare buoni, e avanzava tranquillo per il sentiero seguendo sempre il letto del fiume. Nayha era a pochi passi da lui, ma sembrava esausta. Ormai era notte fonda e le ore continue di marcia si facevano sentire, principalmente sulla ragazza che non era abituata a viaggi così lunghi. Nonostante lei cercasse di non mostrare la stanchezza per non essere di peso a Terim, il ragazzo si accorse comunque che stentava a tenere il passo e così decise di fermarsi.
«Ci accampiamo qui.» disse arrestando il cavallo e voltandosi verso Nayha.
«Ma così perderemo del tempo prezioso!» cercò di dibattere lei mostrandosi più forte che poteva, ma senza molto successo.
«I cavalli sono stremati, devono riposare» fu l’unica risposta di Terim mentre smontava da cavallo. Si avvicinò verso Nayha e la aiutò a scendere e a sistemare due coperte di tela sul terreno che avrebbero usato come giacigli. I due equini non appena furono liberi si diressero immediatamente verso il fiume e bevvero con foga.
«Guarda, erano proprio assetati» disse Terim scherzoso voltandosi verso Nayha, ma la ragazza era già crollata per la stanchezza. 
Così Terim aspettò paziente che i cavalli avessero finito di bere e li legò saldamente. Poi si accovacciò accanto a Nayha e si lasciò portare dal torpore della notte.
L’alba. Il sole sembrava gigantesco senza palazzi o monumenti a intralciarne la vista e i suoi raggi coloravano di giallo l’orizzonte. Era una giornata serena; nel cielo non c’era nemmeno una nuvola e ogni tanto l’aria era smossa da una piccola e leggera folata di vento che portava solamente piacere ai viaggiatori.
I due giovani erano già a cavallo e Nayha rimase incantata da quello spettacolo. Non aveva mai visto il sole così grande e così vicino.
Terim invece rimase impassibile a quello spettacolo. Lo aveva visto fin troppe volte durante i suoi anni di soldato. Anche lui ne era rimasto incantato, ma oramai, non gli faceva più nessun effetto. 
Marciarono per un altro giorno, uguale al primo; in silenzio e con spossatezza. Si fermarono soltanto al calar della notte sempre con la scusa dei cavalli, ma Terim sapeva benissimo che senza soste, Nayha non avrebbe resistito. Dal canto suo la ragazza sapeva benissimo quello che passava nella testa di Terim a proposito del loro viaggio e si sentì completamente inutile. Sapeva che se non ci fosse stata lei a ostacolargli il cammino, Terim sarebbe arrivato molto prima. E invece erano già due giorni che marciavano e le cascate che segnavano il confine non si vedevano nemmeno da lontano. Un senso di angoscia la assalì e Terim lo notò.
«Ehi, che ti prende?» chiese, infatti, il ragazzo vedendola accigliata.
«Niente» rispose lei vaga tenendo lo sguardo basso. Si erano accampati da alcune ore ed erano seduti attorno a un fuocherello grazie al quale avevano scaldato le provviste. Erano seduti vicini, ma questa volta la presenza di Terim non le risollevò il morale, come accadeva di solito quando era giù, anzi, la fece incupire ancora di più.
«Dai, sai che puoi dirmi tutto. Sono più di un amico … sono il tuo diario segreto» disse ridendo delle sue parole il ragazzo.
-“ Magari fossi più di un amico”- si ritrovò a pensare inconsciamente Nayha. Scosse la testa con rabbia. Era un’illusa, lo era sempre stata. Terim aveva la stessa età di Karan, come poteva mai notarla. Ma nonostante tutto, non poteva non pensarci. Ricordò il loro primo incontro, quando Karan le aveva presentato un ragazzetto dai capelli castani e spettinati. Era rimasta incantata già la prima volta.

«Piacere» disse il nuovo amico di Karan quando le fu davanti «mi chiamo Terim» concluse facendo un piccolo inchino. Aveva appena sette anni, ma già allora quel ragazzo le era sembrato la cosa più bella che avesse mai visto.
«P … piacere» balbetto non riuscendo a staccare lo sguardo dai profondissimi occhi ambra di Terim «m … mi chiamo Nayha» balbettò concludendo. Karan scoppiò a ridere.
«Da quando hai iniziato a balbettare Nayha?» chiese non riuscendo a trattenere le risa.
«Ch … chi, io?» chiese la ragazzina indicandosi con il pollice facendo aumentare le risa del fratello. 
«N … non balbetto io» disse lei arrossendo.
«Tranquilla, non ti mangio mica» disse Terim avvicinandosi e mostrando un sorriso da mozzare il fiato.
«M … ma i … io sono tranquilla» cercò di articolare lei. Si sentiva ridicola. Karan era piegato in due dalle risate e non accennava a smettere.
«Karan, la vuoi smettere di ridere?!» chiese a un tratto Nayha nervosa ritrovando le parole.
«Sì sì, scusami tanto, ma ti dovresti vedere. Rossa come sei, sei così buffa» disse il ragazzino dai capelli oro asciugandosi le lacrime dagli occhi. Lei lo aveva guardato con disprezzo, ma non ebbe il tempo di controbattere che la mamma la chiamò da lontano.
«Sei fortunato che mi chiama la mamma» gli disse fulminandolo con lo sguardo. Poi si voltò verso Terim lo salutò e si avviò verso casa.

Terim la scosse e la fece ritornare al presente.
«Nayha, tutto a posto?» chiese preoccupato.
«Non ho niente, sul serio» rispose lei sorridendo.
Terim non era convinto, ma preferì non insistere. 
«Ok, ok, come dici tu. Però ora è meglio se dormi, se tutto va bene dopodomani all’alba dovremmo varcare il confine» disse Terim sbadigliando.
«D’accordo» gli rispose Nayha rannicchiandosi di lato.
Il cielo era pieno di stelle e la ragazza si addormentò cercando di trovare le costellazioni. 
Anche il nuovo giorno era fresco come quello precedente e il cielo era limpido. Nell’aria si respirava un’atmosfera strana, umida, ma allo stesso tempo calda. Il panorama era sempre lo stesso; c’era sempre il solito deserto e dopo qualche miglio, la foresta più rigogliosa che mai. Terim e Nayha si erano messi in viaggio ancora prima che spuntassero i primi raggi di sole. Ormai stavano per arrivare e una volta giunti alla Sede Centrale della Magia, avrebbero finalmente trovato risposta a tutte le loro domande. Karan era scappato così fugacemente che perfino l’essere meno curioso di Agarath avrebbe avuto dei dubbi su ciò che stava succedendo. 
Un altro giorno passò, ma questa volta, proprio come aveva detto Terim, quando ripartirono alla nuova alba, arrivarono al confine della Terra delle Cascate. Il rumore assordante dell’acqua riempiva l’aria di quel posto e una brezza leggera si diffondeva trasportata dal vento. Nayha aveva notato che il fiume che stavano seguendo si andava allargando ad ogni passo, ma non ne poteva mai immaginare il perché. Il corso d’acqua, ormai largo più di venti braccia, si interrompeva bruscamente con un precipizio. I due ragazzi scesero da cavallo e si avvicinarono cautamente. Lo spettacolo era meraviglioso. Il fiume cadeva in una cascata profondissima. Il rumore diveniva sempre più assordante ad ogni passo. Dalla cascata, l’acqua, sbatteva con violenza sulle rocce formando una grande schiuma biancastra che gettava i suoi schizzi sulle pietre circostanti e subito dopo ricadeva in un grandissimo lago circondato da una vegetazione fittissima e di un verde accecante. Lungo tutto il suo diametro, a intervalli regolari, moltissimi altri fiumi univano le proprie acque alle sue cadendo da cascate più basse o addirittura molto più alte di quella dove erano i due ragazzi. In mezzo al lago, posate su dei grandi massi, c’erano delle sirene che cantavano e si dilettavano nella fresca giornata primaverile. Le loro code squamose si posavano elegantemente sulla superficie della roccia e i loro capelli lisci e lunghi e di tutti i colori possibili, si agitavano liberi al vento. Sulle sponde fangose numerosi animali andavano ad abbeverarsi e tra gli alberi i primati saltavano felici.
Terim aveva ragione, non c’erano parole per descrivere quello spettacolo. 
«Allora, che ne pensi?» chiese il ragazzo a un tratto.
«E’ magnifico!» rispose Nayha rimanendo a bocca aperta.
«Già. E così per tutto il territorio. Questa è la Terra delle Cascate.» disse Terim solenne. Nayha non riusciva a credere che potesse esistere un posto del genere, nemmeno ora che lo aveva sotto gli occhi.
«Adesso però, dobbiamo andare alla Sede Centrale della Magia. Magari più tardi ti faccio fare un giro» disse Terim lasciando le briglie del proprio stallone che iniziò a correre felice. Anche lo stallone di Nayha voleva essere lasciato libero e la ragazza lo accontentò guardandolo da lontano mentre si allontanava al galoppo.
«Dove dobbiamo andare?» chiese la ragazza.
«La Sede si trova proprio al centro di questo grande lago che prende il nome di Dropintel, che significa goccia, cioè la forma che ha il lago stesso. Dobbiamo scendere e camminare fino a quando non troveremo un ponte che ci condurrà al cancello della Sede. Meno male che siamo dal lato più corto» spiegò scherzoso Terim iniziando a cercare un varco poco pericoloso per scendere dalla cascata. Dopo un po’, si voltò per dire a Nayha che aveva trovato il posto dove scendere, ma non appena voltò completamente la testa, si accorse che Nayha era scomparsa e pochi secondi dopo sentì un tonfo provenire da sotto. Sentì il sangue raggelarsi nelle vene. Non aveva il coraggio di guardare di sotto. Subito si diresse verso il varco che aveva trovato e iniziò a scendere velocemente tra i sassi scivolosi rischiando di cadere più volte. Quando finalmente arrivò, si fermò di botto, ancora con il fiatone e una rabbia cieca si impadronì di lui.
«Si può sapere cosa diavolo ti è passato per la testa?!» chiese infuriato a Nayha che stava lentamente uscendo dall’acqua.
«Di cosa?» chiese lei indifferente strizzandosi i lunghi capelli rossi.
«Di cosa?! Nayha ti rendi conto di quello che hai fatto? E se fossi andata a finire sulle rocce? L’hai considerato questo prima di gettarti di sotto? Potevi morire! Hai fatto una grandissima stupidaggine!» strillò Terim non tenendo a bada la rabbia.
«Ma io …» provò a dire la ragazza confusa.
«Mi hai fatto prendere un grandissimo spavento!» disse Terim con più calma interrompendola.
«Mi dispiace, non volevo» disse Nayha abbassando lo sguardo, colpevole.
Terim si passò una mano sul volto sospirando.
«Stai bene?» chiese ormai del tutto calmo. Nayha annuì lentamente.
«Bene, andiamo» disse il ragazzo iniziando a camminare. Nayha sospirò e lo seguì.
La vegetazione cresceva folta e rigogliosa tutta intorno a loro. Diversi fiori coloravano con le loro sfumature il terreno sottostante e ai piedi degli alberi crescevano strani funghi con delle macchie sui cappelli. Le sirene erano scappate, ma quando passarono accanto alle rocce dove erano poco prima, Nayha vide le loro code sbucare dall’acqua cristallina.
Il profumo che c’era nell’aria era travolgente. Era un misto di tante essenze emanate dai fiori, dalle piante e anche dall’acqua. Un profumo fresco e inebriante. Camminarono per mezza giornata l’uno davanti all’atra senza proferir parola. Ognuno dei due era chiuso nei propri pensieri. Finalmente appena dopo mezzo giorno, quando il sole era più alto nel cielo, arrivarono a metà del grande lago. Dalla riva si incurvava un ponte lunghissimo. Era completamente di vetro, tanto trasparente, che sembrava di camminare sospesi a mezz’aria. Ogni tre, quattro braccia, proprio sul bordo, salivano delle colonne a spirale che terminavano con un capitello decorato con fregi di fiori e foglie. Iniziarono a camminare un po’ titubanti. Sotto i loro piedi, pesci dai colori brillanti e dalle forme più stravaganti, volteggiavano nell’acqua in branchi più o meno numerosi e nonostante il lago fosse profondissimo, le sue acque erano talmente limpide che si riusciva a vedere al loro interno per diverse braccia. A Nayha parve addirittura di intravedere una delle sirene che aveva notato quando erano arrivati. Prima che potesse accertarsene però, quella si inabissò e non si videro più nemmeno i suoi contorni. A un certo punto il ponte si allargò in un grandissimo spiazzale rotondo, dal diametro di più di duecento braccia e finalmente videro anche il palazzo della Sede Centrale della Magia. Per arrivarci si doveva salire una scalinata, dai gradini anch’essi trasparenti come il ponte e il palazzo, che girava tutta intorno all’edificio e saliva fino a portare ai piedi di venti colonne decorate nello stesso stile di quelle che erano sul ponte e, naturalmente, anch’esse in vetro. Dai capitelli di quest’ultime, scendevano dei grossi tronchi di piante rampicanti sempre in vetro, ma intagliate in modo talmente perfetto da sembrare veri, solo che trasparenti. Il porticato era costituito da volte a crociera decorate con segni elfici e disegni floreali. Solamente negli angoli dove poi scendevano nelle colonne, erano situate delle piccole statue di draghi con le fauci spalancate. Il tetto era costituito da una cupola anch’essa sempre in vetrata, che rendeva più immenso e spettacolare l’intero edificio. Proprio al centro della cupola, era posizionata una statua enorme di un drago con le ali spiegate con una fiammata che gli usciva dalla bocca, ma a rendere ancora più incredibile il tutto, era il fatto che le fiamme erano vere e guizzanti di vita. La stessa statua era posta ai quattro angoli esterni del palazzo. Il portone era completamente d’argento con due teste di drago intagliate in ogni anta e ai lati di quest’ultime, sul muro, due bocche di drago erano usate come fiaccole, infatti, da quest’ultime fuoriusciva del fuoco che serviva a riscaldare e a rischiarare l’ambiente. Ma la cosa sorprendente era che nonostante l’intero edificio fosse di vetro limpidissimo, non si riusciva a vedere minimamente l’interno, ma sembrava che sulle pareti scorresse l’acqua del fiume sottostante.
Nayha e Terim rimasero sbalorditi e non riuscivano a credere che tutto ciò che stessero vedendo fosse reale. Quel luogo era pieno di magia, ma una magia pura che emanava una strana sensazione di benessere a chiunque vi entrava. Ai piedi della grande scala, furono accolti da un giovane dai ricci capelli castano chiaro e gli occhi azzurri come il cielo primaverile. Aveva delle strane orecchie a punta e proprio da questo particolare i due ragazzi capirono che si trattava di un elfo, uno degli esseri più antichi e sapienti di tutto il Mondo di Agarath. Non pensavano ce ne fossero ancora vivi, ma in quel luogo magico non esisteva l’impossibile.
«Buongiorno» disse l’elfo sorridendo «il mio nome è Lezen».
Indossava un’armatura bianca con un lungo mantello, anch’esso candido. Alla cintola vi era attaccata una grande spada dalla custodia d’argento con sopra incise alcune lettere e simboli elfici.
«Siate così gentili da seguirmi, prego» disse voltandosi e camminando verso l’entrata del palazzo; i ragazzi si guardarono scettici, ma poi decisero di seguirlo. 
Non appena si avvicinarono al grande portone d’argento, questo si aprì e così lo attraversarono in silenzio, ma continuando a guardarsi intorno sbalorditi. S’immisero così in una grandissima sala circolare, dalle pareti e il pavimento di marmo candidissimo, quasi abbagliante e al centro esatto della sala, si ripeteva la stessa effige che c’era sulla cupola esterna: il grande drago con le ali aperte che, a quanto pareva, era lo stemma dei maghi di quel luogo. Da quella stanza si poteva accedere a tutte la altre stanze del palazzo; infatti a intervalli irregolari, si aprivano delle porte, di marmo nero lucente, che portavano in stanze o corridoi. Ai lati di ogni porta vi era la statua di un drago coricato, con sguardo fiero e con la coda attorcigliata su se stessa a formare delle volute. Al centro della grande sala, poco dietro la statua, c’era un’enorme scala di cristallo che saliva per più di quattro piani. Il soffitto era costituito da vetrate grazie alle quali penetrava una luce accecante, nonostante costituisse il pavimento del piano superiore. Volteggiante per aria invece, poco scostato dal soffitto, proprio sopra la raffigurazione del drago, c’era un enorme lampadario costituito da almeno un centinaio di candele dorate che illuminavano la sala a giorno durante le ore notturne.
«Siate così gentili da attendere qui grazie» disse Lezen salendo la grande scala.
«Che posto meraviglioso» disse Nayha senza parole. Terim riuscì solamente ad annuire. Quel posto trasudava magia da ogni millimetro cubo. Era incantevole e incantatore allo stesso tempo. Dopo alcuni minuti ecco scendere dai gradini di cristallo Karan. Indossava una lunga veste bianca con un grande drago disegnato su tutta la superficie.
«Ragazzi, finalmente siete arrivati. È successa una catastrofe. Seguitemi» disse il mago con sguardo stanco e spento. Nayha e Terim si guardarono e poi iniziarono a salire la scala.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Dark_Side of the Moon