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Autore: SuperEllen    19/03/2008    3 recensioni
Pesanti spoiler sul finale di Harry Potter e i Doni della Morte
La storia vede come protagonista la New Generation, in particolar modo Albus, ma anche il vecchio trio protagonista avrà il suo ruolo. Ci saranno personaggi menzionati dalla Rowling ed altri di mia invenzione, che popoleranno tutti insieme la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Inoltre nuovi pericoli sono in agguato. Un potentissimo nemico si è risvegliato dall'incantesimo che lo aveva tenuto assopito per 300 anni, ed ora minaccia la sicurezza dei nostri maghetti. Verrà sconfitto questo nuovo nemico, nonostante i suoi più oscuri segreti?
Genere: Generale, Commedia, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Il trio protagonista, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Per cominciare

Per cominciare, mi getto in ginocchio ai vostri piedi implorando di perdonarmi per l’abissale ritardo nella pubblicazione di questo capitolo. Il fatto è che un giorno, di punto in bianco, ho deciso di mettermi a leggere il manga di Naruto, e da allora non sono più riuscita neanche a pensare a fanfiction che non fossero su Naruto, trascurando un po’ troppo tutte le altre. Qualche giorno fa, però, mi sono costretta a rispettare un rigoroso piano di aggiornamenti, che prevedeva che io non scrivessi più nemmeno una riga su nessun altro argomento prima di aver pubblicato il capitolo 6 di questa fic. Così mi sono costretta a scrivere anche se ero senza ispirazione, e in quattro giorni è venuto fuori questo capitolo, aggiungerei con la fatica di un parto. Premetto che il capitolo non è granché, ma è di transizione ed è importante per come si evolveranno le cose.

Dopo aver parlato, nel capitolo precedente, solo di ciò che accadeva fuori da Hogwarts… Stavolta ho voluto fare un capitolo intero sui nostri due simpatici quartetti di studenti. È incentrato principalmente sui due Potter, sui loro problemi e sui loro pensieri. Spero vi piaccia.

Inoltre ringrazio chi legge e commenta la fic, mi fate davvero felice!

 

Capitolo 6

Eroi e Malandrini

 

Quel venerdì mattina, a colazione, James era di pessimo umore. Se ne stava a mangiare tutto solo, ignorando i suoi amici.

«Vi giuro che se continua così lo faccio fuori!» esclamò Bob sbuffando.

Non fu necessario dire a chi si riferiva, perché gli sguardi di Fred e Silvester caddero automaticamente sul soggetto dell’affermazione.

«E io ti do una mano!» lo appoggiò Fred.

Silvester lanciò un’occhiataccia ad entrambi i suoi amici, ma poi sospirò rassegnato. Anche lui preferiva di gran lunga il solito vecchio James, e quel Potter irascibile e depresso gli dava semplicemente sui nervi.

«Dovremmo fare qualcosa per farlo tornare in sé.» disse saggiamente Weasley «Magari potremmo provare con quegli scherzi che gli piace tanto fare, così gli torna il buon umore.» propose poi.

«No, niente da fare.» Bob si affrettò a bocciare la proposta «Ci ho già provato io stamattina mettendo la schiuma da barba nelle scarpe dei nostri compagni di stanza. Non ha nemmeno sorriso, neanche quando i nostri compagni mi hanno incollato al muro per i capelli.» spiegò demoralizzato accarezzandosi il retro della testa, che aveva faticato molto a staccare dal muro.

«No, no, così non basta. Ci vuole qualcosa di più grande, di clamoroso!» esclamò Fred sventolando le braccia con enfasi.

«Del tipo?» chiese curioso Silvester, dando un morso ad una salsiccia.

«A mali estremi, estremi rimedi.» disse serio il giovane Jordan, per poi fare cenno agli altri due di farsi più vicini «Non possiamo gestire la situazione da soli. Per questo dobbiamo chiedere consiglio al nostro mentore.» aggiunse a voce molto bassa, in modo che gli altri potessero a mala pena sentirlo.

Bob ghignò strofinandosi le mani tra loro, come era solito fare ogni volta che pregustava una situazione molto “interessante”.

«Sì, hai colto nel segno. È proprio quello che ci vuole!» esclamò deciso.

«Perfetto! Allora durante la pausa pranzo si scrive allo zio George!» annunciò Weasley risoluto.

 

Quella mattina, Rose e Vernon erano di buon umore. Erano passati due giorni da quando Albus e Scorpius avevano accettato la tregua proposta da James, e tutto andava liscio.

«Forse ti sbagliavi sul fratello di Al. Magari era davvero in buona fede!» esclamò Vernon, mentre i due prendevano posto vicini.

«Non è possibile. Sono certa che ci sia sotto qualcosa, e prima o poi scoprirò di che si tratta!» rispose indispettita Rose.

In quei due giorni aveva pensato parecchio al cugino e al suo strano comportamento. In un primo momento si era detta profondamente convinta che James stesse tramando qualcosa, ma poi si era dovuta ricredere. L’atteggiamento del Potter primogenito era quello di chi è forzato a fare qualcosa contro la propria volontà, ciò voleva dire che era costretto a mantenere quella promessa che, Rose ne era più che certa, non avrebbe mai fatto di sua spontanea volontà. Nonostante avesse capito come stavano le cose, la giovane Weasley non voleva dirlo apertamente, perché avrebbe significato ammettere che inizialmente si era sbagliata, e la sua testardaggine glielo impediva. Sotto quel punto di vista, era tutta quel testone di suo padre.

«Andiamo, lo sai anche tu che ho ragione io! Anche Scorpius la pensa come me. Solo tu e Al siete paranoici!» ridacchiò Dursley, facendo sfuggire un sorriso alla sua amica.

Forse “paranoici” non era proprio la parola più adatta per descrivere Albus e Rose. “Prudenti” era di certo un termine più calzante, visto che quei due erano cresciuti a contatto con James. Tutto sommato la ragazzina non si mostrò infastidita dalla scelta lessicale del suo compagno.

«Che abbiamo in prima ora?» cambiò totalmente argomento Rose.

«Ehi, stai cercando di nuovo di sviare!» si lamentò Vernon.

I due si fissarono per un attimo, poi scoppiarono a ridere. Sembrava stesse cominciando a nascere una buona complicità tra di loro.

Mangiarono insieme, solo loro due. Quel giorno, infatti, Victoire e le sue amiche non avevano preso posto accanto a loro, cosa che in quei primi giorni di scuola era successa di rado. Quando fu il momento della posta, entrambi ricevettero una sorpresa. La ragazza vide atterrare davanti a sé Leo, il minuscolo e ormai anziano gufo del padre, che trasportava un pacco grande almeno il doppio di lui. Al suo interno si trovava una scatola di cioccolatini e una lettera di Hugo, che a quanto pareva cominciava a sentire la mancanza della sorella.

«Tutto sommato mio fratello è adorabile. Dovrei cominciare a dedicargli un po’ più d’attenzione…» commentò a voce alta, sorridendo.

Vernon però non diede segno di averla sentita. Era paralizzato dallo stupore, occhi negli occhi con uno stupendo volatile gigantesco color crema, che se ne stava appollaiato sul bordo del tavolo. Il gufo studiò il ragazzino, come ad accertarsi che fosse veramente lui la persona che il suo padrone gli aveva descritto. Poi, quando si sentì soddisfatto, stese la zampa a cui era legata la missiva. Titubante, Dursley si decise ad allungare un braccio verso la lettera, e pian piano la slegò.

 

Caro Vernon,

sono felice di sapere che a Hogwarts ti diverti. Però tieni sempre presente che ti trovi a scuola, quindi cerca di impegnarti nello studio! I nonni sono fieri di te, e la nonna continua a ripetere che un giorno sarai un grande campione di Quidditch proprio come lei. Penso che prima o poi dovrai dirle quello che hai scritto anche a me riguardo alle tue “non proprio brillanti” performance di volo, tanto per farle capire che le scope non fanno per te. Il nonno invece è contentissimo di sapere che sei a Grifondoro proprio come lui. La mamma sarebbe fiera di te, il suo piccolo maghetto!

Qui a casa le cose vanno bene, anche se senza di te mi annoio. Non ci crederai, ma già mi manca la tua confusione! Così, per rimediare all’eccessiva tranquillità, ho preso un cane. O meglio, un Meteocane. L’ho preso a Diagon Alley, cambia colore a seconda delle condizioni atmosferiche, non vedo l’ora di fartelo vedere. Si chiama Sonny, e sono sicuro che ti piacerà. Ma come puoi notare, il cane non è l’unico acquisto che ho fatto a Diagon Alley. Quella meraviglia che ti ha portato la lettera si chiama Ciambellone, ed è nostro. Un gufo di classe, all’inizio forse è un po’ diffidente, ma sono certo che farete amicizia.

Ora devo salutarti. Mi raccomando, divertiti ma studia! E fammi conoscere presto i tuoi nuovi amici, sono curioso di vedere soprattutto quella Rose di cui hai parlato tanto bene!

A presto

Papà

 

L’ultima frase fece avvampare Vernon, che istintivamente strinse a sé la lettera come a volerla nascondere. Rose notò il gesto.

«Qualcosa non va?» chiese, per poi mettersi in bocca uno dei cioccolatini che aveva ricevuto.

«No, no, è tutto ok!» si affrettò a rispondere lui.

«Questo gufo mi piace!» esclamò inaspettatamente la Weasley, inclinando la testa da un lato per avere una migliore visione del maestoso animale.

«Sì, è bellissimo.» le diede ragione Vernon «Si chiama…» ricontrollò la lettera in cerca dell’informazione che voleva «Si chiama Ciambellone.»

Rose arricciò il naso pensierosa, poi gettò un’occhiata al gufetto che sonnecchiava esausto sulla sua spalla.

«Non ho mai visto niente con un nome meno appropriato. È addirittura peggio di questo qui!» esclamò perplessa, indicando poi la palletta di piume che apparteneva a suo padre.

«Sì, hai ragione.» anche Vernon era pensieroso «Ma in fondo è raro che mio padre pensi a qualcosa che non sia il cibo. Anzi, Ciambellone è quasi normale, ma pensa che se fosse stato per lui io mi sarei chiamato Prosciutto!»

Rose scoppiò a ridere, seguita poco dopo dall’amico.

 

Al tavolo di Serpeverde, anche Scorpius ricevette posta.

«Ci sono novità da casa tua?» domandò Albus allontanando dalla bocca un bicchiere di succo di zucca.

«Niente di speciale. Mio padre ha cercato di nuovo di uccidere l’elfo domestico e mia madre è furiosa.» rispose Malfoy con un’alzata di spalle, mentre ripiegava la lettera dei genitori.

Potter ridacchiò.

«A tuo padre non piacciono gli elfi domestici?» chiese Albus.

«No, a mio padre non piace quello di elfo domestico. E in effetti lui non piace neanche a me. Quando verrai a casa mia capirai perché…» spiegò Scorpius.

I due Serpeverde del primo anno erano rilassati. James non li aveva infastiditi nemmeno una volta negli ultimi due giorni, e la cosa rappresentava un record. Tuttavia Albus, che conosceva bene il fratello, continuava a non abbassare mai la guardia. Anche se, tutto sommato, se lo sentiva che stavolta l’altro Potter se ne sarebbe stato buono sul serio.

 

All’ora di pranzo, Victoire e le sue amiche uscirono dalla serra numero cinque dirette verso la Sala Grande. La Caposcuola, però, fu fermata dalla voce gentile ma decisa del professor Paciock.

«Voi andate avanti, io vi raggiungo.» disse la Weasley alle amiche, che non se lo fecero dire due volte e partirono a passo spedito verso il castello.

«Che cosa c’è, professore?» domandò la ragazza quando lei e l’insegnante furono gli ultimi rimasti nella zona delle serre.

«Volevo solo chiederti se sai cosa è successo a tuo cugino James. Da un paio di giorni non sento nessuno lamentarsi di lui, e in più il suo umore è particolarmente nero. Harry Potter è un vecchio amico, e gli ho promesso di tenere d’occhio i suoi figli…» spiegò un preoccupato Neville.

Victoire sospirò. E così, anche il direttore di Grifondoro aveva notato quell’improvviso cambiamento nel Potter primogenito. In effetti, si disse la ragazza, lui doveva essere il primo ad accorgersene, in quanto referente per tutti i guai combinati dal ragazzo.

«Credo sia successo qualcosa dopo la Strillettera dell’altro giorno.» spiegò il suo punto di vista la ragazza «Anche se ancora non sono riuscita a capire di preciso “cosa”.»

«Dici che c’entra la Strillettera?» chiese scettico il professore «Mi sembra strano, considerando che non ha fatto una piega nemmeno quando due anni fa sua madre è venuta fino a Hogwarts per prenderlo a schiaffi!» poi sorrise mentalmente ricordando la furia di Ginny quel giorno, che aveva terrorizzato tutta la sala comune di Grifondoro, e fatto soffocare dalle risate Teddy.

Victoire sorrise vagamente al ricordo di quell’episodio, poi scosse la testa facendo segno di no.

«Quella volta però si era solo comportato male con tutta la scuola. Stavolta invece è diverso. C’è di mezzo Al, e Jamie è sempre stato molto suscettibile per questioni che riguardano il fratello. Ha reagito male alla Strillettera, anche se ancora non riesco a decifrare pienamente la situazione.» esaminò saggiamente la giovane Grifondoro.

Il professore non sembrava ancora pienamente convinto, tuttavia annuì e congedò la sua alunna, che si affrettò a raggiungere le amiche per il pranzo.

 

Quel pranzo per i Malandrini fu sorprendentemente rapido. Bob e Fred si ingozzarono in maniera a dir poco imbarazzante, per terminare il pasto il più in fretta possibile. Silvester invece mantenne la sua solita compostezza, ma così facendo ottenne solo di essere trascinato via da tavola che il suo piatto era ancora quasi pieno. James non fece minimamente caso agli altri tre, e rimase per conto suo a sbuffare, borbottare e giocherellare col cibo. Non diede segno di essersi accorto di nulla di ciò che stava accadendo intorno a lui, nemmeno quando i suoi amici si alzarono ed uscirono di corsa dalla Sala Grande senza di lui.

«Pensate che se ne sia accorto che ce ne siamo andati?» domandò improvvisamente Bob, mentre insieme agli altri due percorreva un corridoio dietro ad un arazzo che rappresentava una scorciatoia per la Torre dei Grifondoro.

«Ne dubito. Ultimamente è talmente astratto dalla realtà che, se non ci fossimo noi a trascinarlo da una parte all’altra, probabilmente non andrebbe nemmeno a lezione!» rispose un preoccupato Silvester.

«Ieri sera, se non ci fossi stato io, avrebbe continuato a camminare per ore senza rendersi conto che aveva già raggiunto un muro!» disse il giovane Norton scuotendo la testa.

«Guardate il lato positivo: tutto questo finirà presto!» esclamò Fred per tirarli su, mentre il terzetto sbucava nel corridoio del settimo piano.

Raggiunta la Signora Grassa, Silvester recitò la parola d’ordine e fece strada agli altri due fino al dormitorio che divideva con Fred e altri tre ragazzi. A parte loro tre, in quel momento nella stanza non c’era nessuno. Gli altri compagni del quarto anno, evidentemente, erano ancora a tavola.

Weasley frugò nel proprio baule alla ricerca di qualcosa. Quando, quasi dieci minuti dopo, ebbe svuotato completamente il suo bagaglio, dovette arrendersi all’evidenza che l’oggetto delle sue ricerche non era presente.

«Fred, hai preso tu il mio kit di emergenza Weasley?» domandò asciugandosi il sudore dalla fronte con una manica.

«Sì, ce l’ho io!» rispose un sorridente Fred.

Silvester ringhiò, guardandosi intorno con rabbia. Tutte le sue cose, solitamente riposte con cura in perfetto ordine, erano in quel momento disseminate sul pavimento.

«Potevi dirlo prima di farmi mettere sottosopra la stanza!» rimproverò il ragazzo dai capelli rossi.

«Ehi, amico, tu non me l’hai chiesto!» esclamò il giovane Jordan con il tono più innocente che gli riusciva, rovinando però l’effetto con un ghigno ampiamente divertito.

Bob scoppiò a ridere quando il sempre controllato Silvester saltò addosso a Fred facendolo schiantare sul letto di quest’ultimo. Per un attimo fu tentato di unirsi alla lotta dei suoi amici, ma poi ci ripensò. Assunse improvvisamente un’espressione seria, ricordandosi che non erano lì per giocare. Si schiarì rumorosamente la gola, attirando l’attenzione degli altri due.

«Ragazzi, per favore! Non siamo qui per un incontro di wrestling! Dobbiamo aiutare James!» esclamò con decisione.

I due che si trovavano sul letto si immobilizzarono di colpo e annuirono. Silvester arrossì imbarazzato: lui, sempre così serio e controllato, si era fatto riprendere da quel ciclone ambulante di Bob Norton. Era una cosa che non si sarebbe dovuta ripetere mai più! Cercando di ricomporsi, si spostò da sopra a Fred lasciandolo libero di alzarsi.

«Dai, prendi il kit. Adesso abbiamo da fare, ci penserò più tardi a picchiarti per aver frugato tra le mie cose senza il mio permesso.» disse risoluto.

Fred sorrise allegramente e saltò giù dal letto per aprire il proprio baule. Sopra ad una massa informe di vestiti appallottolati, giaceva l’oggetto delle loro ricerche. Si trattava di un cofanetto in legno molto semplice, con incise sopra in lettere dorate le parole “Weasley Emergency Kit”. Un enorme lucchetto senza serratura chiudeva il contenitore.

«S.O.S. Weasley!» pronunciò Fred posando la bacchetta magica sul lucchetto, che immediatamente di aprì.

I tre amici si accomodarono a gambe incrociate sul letto del ragazzo di colore, posizionando il cofanetto al centro. Quell’oggetto era un regalo che George aveva fatto al nipote l’anno prima, per incoraggiarlo ad un atteggiamento più “Malandrino”. Ne esisteva solo un altro uguale a quello, e lo possedeva lo stesso George. Quel kit era il mezzo più rapido in possesso dei Malandrini per mettersi in contatto con il loro mentore.

Silvester estrasse dal cofanetto un foglio di pergamena più sottile e leggero del normale, una penna verde dalla punta un po’ smussata e una boccetta d’inchiostro trasparente. Per circa un quarto d’ora i tre ragazzi ragionarono e scrissero. Quando ebbero terminato, Bob prese una manciata di polverina argentata da un barattolo all’interno del cofanetto, e la gettò sulla lettera. Le parole scritte con l’inchiostro trasparente, che sembravano essere state tracciate con l’acqua, brillarono e divennero visibili. Silvester si schiarì per bene la gola.

«Caro zio George,

abbiamo bisogno del tuo aiuto! Da quando Albus è stato smistato a Serpeverde, James non è più lo stesso. È sempre scorbutico e musone. Senza contare che, da quando ha ricevuto una Strillettera della madre, si è costretto l’abbiamo costretto a stipulare una tregua con il fratello, e da allora è diventato una specie di ameba. Non solo non fa scherzi a nessuno, ma nemmeno ride quando ne facciamo noi! Siamo preoccupati da morire, non sappiamo proprio cosa fare per riavere il vecchio James.

Inoltre dobbiamo trovare una soluzione entro domani. Domani mattina, infatti, ci sono i provini per il Quidditch. In queste condizioni, James non sarà mai ammesso in squadra, e se non supera quel provino temiamo di dovercelo tenere in questo stato per tutto l’anno!

Qui rischiamo di impazzire. Per favore, aiutaci a trovare una soluzione!

Con affetto,

i tuoi Malandrini» lesse il ragazzo ad alta voce.

«Direi che vada bene.» commentò Fred pensieroso.

«Sì, lo penso anche io.» gli diede ragione Silvester.

«Non so…» disse invece Bob «Forse nei saluti finali, dove c’è scritto “con affetto”, dovremmo aggiungere “e disperazione”, per sottolineare l’urgenza di risolvere la questione.» analizzò.

«Sì, è quello che penso anche io!» esclamò Jordan.

Silvester si affrettò allora a correggere. Ora la conclusione della lettera recitava

 

Con affetto e disperazione,

i tuoi Malandrini

 

Uno alla volta firmarono la lettera, poi annuirono contemporaneamente, segno che questa volta era tutto perfetto. Fred soffiò sul foglio, disperdendo la polverina argentata e rendendo le scritte nuovamente invisibili. Silvester piegò la pergamena in quattro, poi la infilò in una fessura nel cofanetto, vedendola sparire con un rumore di risucchio. Soddisfatti, i tre richiusero il cofanetto col lucchetto e lo misero a posto, poi si diressero verso la porta.

«Bene, entro sera avremo la risposta.» annunciò Weasley.

«Se tutto va bene, finalmente Jamie tornerà come prima!» Fred era particolarmente felice.

«A proposito di Jamie…» si intromise Bob «Credo che dovremmo andare a riprenderlo in Sala Grande, perché dubito che si sia alzato da solo dal tavolo dei Grifondoro!»

I tre scoppiarono a ridere, poi cominciarono a correre, facendo a gara per chi arrivava primo al piano terra.

 

Per i ragazzi del primo anno, il venerdì le lezioni terminavano prima rispetto agli altri giorni. Alle quattro in punto, Serpeverde e Grifondoro lasciarono l’aula di Difesa Contro le Arti Oscure dopo due ore particolarmente noiose.

«Non capisco perché debba dare tanto peso alla storia dei Maghi Oscuri del secolo scorso. Insomma, ormai è roba passata, no?» disse Scorpius sbadigliando.

«Sono d’accordo. Piuttosto vorrei cominciare a imparare qualche magia difensiva!» gli diede ragione Albus.

«Non siete altro che due zucconi superficiali! È molto importante conoscere ciò che la comunità magica ha dovuto affrontare in passato, per essere pronti ad affrontare ogni genere di avversità in futuro.» spiegò Rose, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

«Sarà pure come dici tu, però mi sembra inutile che ci racconti tutta la storia di Voldemort.» commentò il cugino, mentre il quartetto cominciava ad avviarsi verso la capanna di Hagrid.

«Concordo. Anche l’ultimo degli idioti sa come sono andate le cose!» gli diede ragione l’altro Serpeverde.

«Puoi dirlo forte! Perfino mio padre che è Babbano non fa altro che decantare le lodi dell’eroe che ha salvato il mondo magico.» si intromise Vernon «E a proposito… Al, hai visto come ti guardava il prof ogni volta che nominava Voldemort?» aggiunse poi ammiccando verso il ragazzo dagli occhi verdi.

«Già, vorrei tanto sapere perché continuava a fissarmi…» borbottò Potter imbarazzato.

«Magari ti ha preso in simpatia!» ipotizzò la Weasley «O forse gli sembri il tipo adatto per essere il successore di Voldemort!» aggiunse ridacchiando.

Albus rabbrividì a quel pensiero, ma poi si limitò ad alzare le spalle come a dire “Chissà!”. A quella reazione, Dursley e Malfoy si fissarono con due identiche espressioni pietrificate. Non lo sapevano? Quei due erano i figli dei tre eroi del mondo magico, e non lo sapevano? No, non era possibile. Li stavano di certo prendendo in giro, era ovvio. Tutti quanti sapevano che era stato Harry Potter, con l’aiuto di Ronald Weasley e di Hermione Granger, a salvare il mondo da Lord Voldemort. Era semplicemente impossibile che Albus e Rose fossero all’oscuro di tutto.

I due cugini notarono le espressioni sconvolte degli altri due, e non poterono evitare di scambiarsi un’occhiata perplessa. Stava forse succedendo qualcosa a loro insaputa?

«Potrei sapere perché fate quelle facce?» chiese Albus decisamente perplesso.

«Già, ci state forse nascondendo qualcosa?» domandò anche Rose.

Scorpius e Vernon si lanciarono un’altra occhiata che diceva tutto.

«Voi… Non lo sapete?» riuscì a pronunciare Vernon.

«Voi davvero non lo sapete?» marcò di più Scorpius.

I due cugini si guardarono ancora perplessi.

«No!» risposero in coro, sperando di sentirsi finalmente dire che cosa c’era di così sconvolgente.

Dursley si fermò di colpo, quindi anche gli altri lo imitarono e smisero di camminare. Guardò negli occhi il figlio di Harry Potter.

«Oh, andiamo! Almeno tu Al, tu semplicemente non puoi non saperlo!» il suo tono era più che sconvolto, era quasi folle.

«Non lo so! Non so di che diavolo state parlando, va bene?!» il tono in cui Albus rispose era esasperato, tanto che si ritrovò ad alzare la voce senza neanche accorgersene.

«Al, stai calmo…» cercò di farlo stare buono sua cugina, ma con pochi risultati.

«NO!» urlò lui in risposta «VOGLIO SAPERE CHE COS’È CHE TUTTI SANNO E NOI NO!» sbraitò, terrorizzando gli abitanti di un paio di quadri che si trovavano nel corridoio in cui si erano fermati.

«Al…» tentò di nuovo Rose.

«DITEMELO! DITEMELO!» gridò a ripetizione Potter, con tutta l’intenzione di non smettere finché non gli avessero detto ciò che voleva sentire.

A quel punto, Scorpius non ce la faceva più.

«È STATO TUO PADRE A UCCIDERE VOLDEMORT!!» urlò a pieni polmoni, per sovrastare le lamentele dell’amico.

A quelle parole, Albus si pietrificò. Anche Rose rimase visibilmente sconvolta, ma cercò di mantenere ugualmente un certo contegno.

«S-stai… Stai scherzando?» balbettò Potter.

No, non era possibile. Insomma, suo padre era solo un comunissimo Auror, come poteva aver ucciso il più grande Mago Oscuro di tutti i tempi? Cioè, forse non era proprio un comunissimo Auror, era il Capo degli Auror, il più giovane che avesse mai ricoperto quel ruolo. Ma quello non significava niente, non poteva significare che suo padre aveva sconfitto Voldemort.

«No, è la verità. È stato Harry Potter a salvare il mondo. Ovviamente con un po’ d’aiuto, l’aiuto dei suoi genitori.» disse tranquillamente Vernon, indicando Rose.

La ragazza impallidì. Una cosa era suo zio, che tutto sommato era un Auror grandioso, ma addirittura i suoi genitori? No, così era veramente troppo! I suoi genitori non erano affatto tipi che si svegliavano una mattina e salvavano il mondo.

Nella testa di suo cugino, invece, tutto quadrava. Una volta sua nonna gli aveva detto che per diventare Auror servono dei risultati strabilianti negli esami M.A.G.O., eppure né suo padre né i suoi zii avevano mai sostenuto i M.A.G.O.. Anzi, suo padre aveva anche dei G.U.F.O. piuttosto mediocri. Quando sua nonna gli aveva detto quelle cose, lui si era chiesto più volte perché allora fossero Auror, ma non aveva saputo rispondersi. Ora invece ne era in grado. Avevano ucciso Lord Voldemort, nessuno si meritava più di loro di essere Auror. Eppure non lo avevano detto ai loro figli. Tutto il mondo magico lo sapeva, tutti li consideravano degli eroi, e loro avevano tenuto i propri figli all’oscuro di tutto.

Tutti quei pensieri, quei ragionamenti, furono semplicemente troppo per Albus. Sentì una rabbia indescrivibile invaderlo. Era furioso perché non gli era stata detta una cosa così importante. Ce l’aveva a morte col padre.

«Perché tutti lo sapevano tranne me?!?» ringhiò, poi prese a correre.

Gli altri tre si guardarono per un attimo, preoccupati, poi ad un cenno di Rose si diedero anche loro alla corsa, cercando di raggiungerlo. Il giovane Potter corse più forte che poteva. A metà del parco vide gli altri avvicinarsi, e ormai con le lacrime agli occhi accelerò ancora di più il passo.

Stremato e piangente, finalmente raggiunse la capanna di Hagrid e bussò. Mentre compiva quell’azione, venne raggiunto da Scorpius, che era il più rapido tra i suoi inseguitori. Dopo una brevissima attesa, il Mezzogigante aprì la porta, e nel suo campo visivo apparvero anche Rose e Vernon che, ansimanti, avevano finalmente raggiunto i loro amici. Il guardiacaccia fissò uno ad uno i quattro studenti del primo anno, non riuscendo a capire cosa potesse essere successo. Non sapendo cosa dire, si fece da parte e fece cenno ai ragazzi di entrare. Magari davanti ad una tazza di tè e a qualche bel biscotto gli avrebbero raccontato cos’era accaduto.

All’interno dell’abitazione, Hagrid prese posto intorno al tavolo e invitò i suoi ospiti a fare lo stesso. Albus si sistemò immediatamente su una delle grosse sedie, facendosi piccolo piccolo come a voler passare inosservato. Mise le braccia incrociate sul tavolo e vi affondò la faccia, per nascondere le lacrime, e rimase a singhiozzare in silenzio. Rose si sedette tra il cugino e il padrone di casa, rossa in viso per lo sforzo che aveva fatto, sistemandosi i capelli che si erano scombinati nella corsa. Dall’altro lato di Potter prese posto Scorpius, che sembrava non aver avuto nessun problema a correre come un pazzo per mezza scuola. Stava con un gomito puntato sul tavolo e la testa appoggiata sulla mano, e guardava l’altro Serpeverde con apprensione. Accanto a lui c’era Vernon, che faticava a respirare e stava leggermente piegato in avanti, tenendosi la milza dolorante. Nel complesso, non sembravano un gruppo di studenti del primo anno che, al termine della loro prima settimana di scuola, andavano a prendere il tè da un amico. Anzi, a dire il vero sembrava che avessero appena finito di combattere una battaglia particolarmente faticosa.

«Rosie, che cosa ci è successo a Al? Non sarà mica ancora James che ci fa i dispetti, vero?» chiese Hagrid, vedendo che nessuno proferiva parola.

La ragazzina si limitò a negare con un cenno del capo, tuttavia non disse nulla.

«James non c’entra, stavolta è innocente.» rispose per lei Malfoy «È solo arrabbiato.»

Infastidito da quella constatazione, l’oggetto della conversazione alzò la testa e si voltò verso il suo amico. Lacrime scendevano ancora dai suoi occhi socchiusi per la rabbia.

«Solo arrabbiato? Io direi furioso, offeso, indignato, oltraggiato! E lo saresti anche tu al mio posto!» esclamò a voce forse un po’ troppo alta.

«Calmati, Al!» cercò di tranquillizzarlo la Weasley, accarezzandogli la schiena con una mano in un gesto armonioso e rilassante, tuttavia non ebbe successo, perché il cugino la scostò bruscamente.

A quel punto Hagrid non sapeva più che cosa doveva pensare. Non aveva mai visto il giovane Potter in quelle condizioni. In effetti non aveva mai visto nessuno con una simile reazione. L’unico comportamento che riprendeva abbastanza quello di Albus era stato assunto da Harry la prima volta che era stato condotto a Grimmauld Place, stando a ciò che gli aveva raccontato Hermione non più di un paio d’anni prima. Immaginando che “simile reazione” potesse essere dovuta a “simile causa”, si affrettò ad entrare nello specifico.

«Al, vuoi parlare di cosa è successo?» chiese il guardiacaccia, cercando di rendere il suo vocione il più umano possibile.

Il ragazzo singhiozzò ancora un po’, poi decise di darsi un contegno. Si asciugò le lacrime, quindi puntò lo sguardo in quello di Hagrid.

«Tu lo sapevi, vero?» disse con voce debole «Lo sapevi che è stato mio padre ad uccidere Voldemort?»

Il Mezzogigante rabbrividì nel sentir pronunciare quel nome. Dopo la morte del Signore Oscuro, la comunità magica aveva ricominciato a pronunciare il suo nome. Vedere il cadavere di quel mostro e sapere che era finita per sempre aveva reso tutti sicuri di sé, al punto di non insegnare ai propri figli a temere quel nome. Tra tutti i giovani maghi che frequentavano Hogwarts in quel momento, probabilmente non ce n’era neanche uno che chiamava Voldemort “Colui-che-non-deve-essere-nominato”. Però, coloro che avevano vissuto entrambi i periodi di dominazione di Voldemort non si sentivano ancora perfettamente a proprio agio nel sentire quel nome.

Tuttavia non fu il nome del Signore Oscuro a sconvolgere maggiormente Hagrid, bensì il contesto nel quale era stato usato. Nel dover rispondere a quella domanda, si sentì in imbarazzo quasi quanto Harry il giorno in cui un undicenne Teddy gli aveva chiesto da dove venivano i bambini. Senza dire una parola si limitò ad annuire. A pensarci bene, era logico che lo sapesse: lui c’era in quel momento! Era lì a far festa per la vittoria, e a piangere per i caduti. Ma in effetti quei ragazzi non potevano saperlo.

«Perché nessuno ci ha detto niente?» domandò improvvisamente Rose, con un tono che sapeva più di curiosità che di rimprovero.

Albus puntò lo sguardo sul pavimento, ma rimase comunque in ascolto, concentrato al massimo.

«Sono stati Harry e Hermione a chiedermelo. Sono venuti qui quando Ginny ha scoperto di aspettare James, e mi hanno detto che per il bene di tutti voi Potter e Weasley non dovevo dirvi nulla di quello che è successo con Voldemort. Dicevano “Abbiamo parlato col resto della famiglia, e vogliamo che tutti i nostri figli crescano senza saperlo. Non vogliamo che ci vengano fuori prepotenti o che si credono meglio degli altri”, e io ci ho detto che avevano ragione. È stato difficile non dire niente finché tutti non lo scoprivano da soli. Quando James l’ha scoperto ha cominciato a vantarsi, e ha continuato fino a quando Ginny è venuta a Hogwarts a prenderlo a schiaffi. Era proprio questo che i vostri genitori volevano evitare.» spiegò Hagrid.

La Weasley si morse un labbro, riflettendo. Da quel che aveva capito, a nessuno dei suoi cugini era stato detto niente riguardo alla fine di Voldemort, perché tutti in famiglia avrebbero dovuto scoprirlo da soli, proprio come avevano appena fatto lei e Albus. In effetti, immaginando l’atteggiamento strafottente di James, non poté biasimare la madre e lo zio per aver cercato di impedire che tutti loro diventassero così, e tutto sommato ne era felice.

«Io non sono come James!» esclamò Potter con rabbia, attirando su di sé l’attenzione di tutti i presenti «Io non sono come lui, a me potevano dirlo!» cercò di scattare in piedi, ma qualcosa lo trattenne.

Rose aveva afferrato il cugino abbracciandolo stretto, in modo da immobilizzargli le braccia lungo il corpo e impedirgli di alzarsi e fare altre scenate.

«Al, ti prego, smettila!» esclamò la ragazza con tono quasi disperato.

Inaspettatamente funzionò, perché il ragazzo si calmò e decise di chiudere lì la questione. Non avrebbe più fatto altre melodrammatiche scenate.

Le successive due passarono all’insegna delle risate, bevendo tè e chiacchierando un po’ di tutto. Vernon e Scorpius, ignari delle scarse capacità culinarie di Hagrid, assaggiarono dei biscotti, pentendosene poco dopo e ripromettendosi di non provarci mai più. I quattro ragazzi raccontarono come era andata la loro prima settimana di scuola, ed in cambio Hagrid raccontò alcuni aneddoti che riguardavano i loro genitori ai tempi in cui frequentavano Hogwarts. Raccontò perfino di quando aveva incontrato Dudley Dursley e gli aveva fatto spuntare una simpatica coda da maiale. Su quel fatto ci risero per diversi minuti senza riuscire a smettere, e Vernon si ripromise di chiedere al padre come mai non gli avesse mai detto che il suo primo contatto con la magia era stato così divertente.

Verso le sei e mezza, quando Hagrid salutò i suoi ospiti e li accompagnò alla porta raccomandandosi di tornare a trovarlo, Albus era di nuovo allegro come sempre. Aveva capito che se quella situazione gli creava disagio, allora doveva parlarne con il padre e non urlare contro i suoi amici.

«Certo che Hagrid ne sa di cose sulle nostre famiglie!» commentò allegramente Rose mentre attraversavano il parco verso il castello.

«Puoi dirlo! Conosce perfino mio padre che è Babbano!» le diede immediatamente ragione Vernon.

«Io non ci trovo niente di così interessante…» buttò lì Scorpius, che camminava con le braccia incrociate e un’espressione stizzita.

«Lo dici solo perché ha descritto tuo padre come uno stupido bulletto.» lo rimproverò Potter, ottenendo in risposta solo uno sbuffo che fece scoppiare tutti a ridere.

 

«James, mangia!» ordinò Bob, che stava perdendo la pazienza.

«A che scopo?» chiese lui in risposta, sollevando sul suo migliore amico uno sguardo vacuo.

Norton sospirò. La domanda era assolutamente inutile, ma per lo meno James aveva detto qualcosa. era da quando aveva annunciato la tregua che non sentiva la sua voce.

«Perché se continui così finirai in infermeria, dove sarai costretto a mandare giù delle medicine disgustose per mantenerti in vita!» cercò di spaventarlo l’amico.

Potter non si fece intimorire, si limitò a scrollare le spalle.

«E cosa cambia?» domandò demoralizzato.

No, quello decisamente non era James. Massaggiandosi la fronte, Bob guardò i posti vuoti davanti a lui e al suo amico. Dov’erano Fred e Silvester? Perché non erano ancora arrivati? Eppure l’ultima lezione del quarto anno era terminata da un bel po’, e tutti i compagni dei due erano già a tavola per la cena. Sperando che arrivassero presto, si decise a cercare una risposta alla domanda senza senso del compagno.

«Cambia che non potrai più fare scherzi, non potrai giocare a Quidditch, non…» ma non terminò, perché venne interrotto.

«Non sono nella squadra di Quidditch.» constatò James, sprigionando negatività da tutti i pori.

«Non ancora!» esclamò una voce allegra molto familiare.

Bob alzò la testa, ringraziando con lo sguardo Silvester per il provvidenziale intervento. Weasley prese posto davanti a James, mentre Fred si sedeva di fronte a Norton.

«Esattamente! I provini sono domani, e io e te entreremo in squadra, cascasse il mondo!» disse Jordan con ottimismo e determinazione.

«E come fate ad esserne così sicuri?» chiese scettico Potter.

«Chiamalo… presagio.» e con quelle parole, Silvester ammiccò verso Bob.

Il ragazzo capì al volo cosa voleva dire: avevano un piano! Ecco il motivo per cui ci avevano messo tanto a scendere: erano andati a controllare se George aveva risposto alla loro lettera! E, a giudicare dall’atteggiamento positivo, la risposta era sì. Erano stati ancora una volta salvati dal loro mentore.

«”Presagio”?» domandò dubbioso James «Io direi più “supposizione”…»

«Chiamalo come ti pare ma adesso mangia!» la pazienza di Bob era al limite, tanto che prese su con la forchetta un’abbondante dose di carne dal piatto dell’amico e gliela infilò in bocca a forza.

 

«Pensi che ad Al sia passata l’arrabbiatura?» chiese Vernon a Rose, mentre i due sedevano vicini su un morbido divano nella sala comune di Grifondoro.

«No.» rispose lei semplicemente.

«E pensi che ce l’abbia con me e Scorpius perché gli abbiamo detto la verità?» domandò ancora, preoccupato.

Stavolta la ragazza si prese un attimo di tempo per pensare prima di riprendere la parola.

«No.» disse ancora una volta «Se lo conosco bene, e sono certa di conoscerlo più che bene, adesso vorrà solo parlare col padre e mettere in chiaro le cose.»

Il ragazzo annuì, sollevato. Temeva che ciò che era accaduto quel pomeriggio potesse rovinare il legame che si stava creando tra i quattro ragazzi del primo anno.

«Rosie…» chiamò gentilmente una voce.

Sia la Weasley che il suo amico si voltarono nella direzione da cui proveniva. Victoire era lì, stranamente senza amiche al seguito. L’espressione sul suo volto era seria. I due più giovani la salutarono calorosamente, ma poi si fecero immediatamente seri notando il viso irrigidito della Caposcuola.

«Qualcosa non va?» chiese allora la Weasley minore.

«James. Sai che ha? Il professor Paciock è preoccupato.» disse solo Victoire.

Rose alzò le spalle, perplessa.

«Non ne ho idea.» rispose.

In effetti in un certo senso sapeva che cosa aveva il cugino, ma non voleva dirlo. Tutto sommato provava pena per James, un po’ le dispiaceva vederlo in quelle condizioni, ed era certa che se il professor Paciock avesse saputo che era in quello stato perché non poteva fare dispetti al fratellino… Beh, sicuramente si sarebbe beccato un’ulteriore sgridata, che avrebbe peggiorato ancora il suo umore. Per questo la ragazza negò di essere a conoscenza dei fatti.

«Guarda là.» Victoire provò un’indagine differente, indicando con un cenno del capo tre dei quattro Malandrini in un angolo appartato della stanza, chini su qualcosa «Che staranno combinando Silves e gli altri due? Ci scommetto qualunque cosa che ha a che fare con Jamie!»

Rose osservò per un po’ quei tre. Sembrava stessero leggendo da una pergamena. In più parlottavano tra loro, ma il chiasso di tutti i Grifondoro impediva di sentire le loro voci. Tutto ciò che si poteva notare, da quella distanza, era un rapidissimo movimento di labbra.

«Solo una parola, Vic: guai!» sentenziò la ragazza del primo anno.

Sì, sembrava proprio che la situazione lasciasse presagire grossi guai.

 

Dopo aver messo a letto James, i Malandrini si erano riuniti in un angolino appartato della sala comune. Quello, infatti, era l’unico luogo in cui Silvester e Fred avrebbero potuto mostrare a Bob la lettera di George, e dove avrebbero potuto elaborare un piano perfetto senza rischiare di essere spiati.

«Quindi secondo voi dovremmo agire durante i provini?» chiese conferma Bob, dopo aver ascoltato l’idea di Fred.

«Per forza, è l’unico modo!» ribadì Fred.

«Prima però, ovviamente, dobbiamo parlare col Capitano, metterla al corrente della situazione, altrimenti c’è il rischio che scarti James prima che cominci a fare sul serio!» fece saggiamente notare Silvester.

«A quello ci penso io! Lo sanno tutti che Sandra ha un debole per me, la convincerò in un attimo!» si vantò Jordan.

«La ragazza più bella e più in gamba del quinto anno non può avere un debole per te!» cercò di smontarlo Norton «Comunque se vuoi prenderti quel compito fa pure. Io mi occuperò dell’aggressione verbale, e Silvester mi farà da supporto.»

Weasley annuì.

«Allora siamo d’accordo. Appuntamento a domani mattina per attuare il piano “Riprendiamoci James”. Ora è meglio se andiamo a dormire.» concluse Silvester.

Tutti annuirono convinti, poi si diressero verso i dormitori. Avevano bisogno di molte ore di sonno, perché il giorno seguente li attendeva una complicata operazione strategica.

 

Per oggi, questo è tutto. Spero di non aver reso la situazione troppo melodrammatica, visto che in alcuni punti è stata questa l’impressione che ho avuto rileggendo. Comunque tranquilli, perché questa non è una fic deprimente, e quindi cercherò di evitare che i contenuti diventino troppo “pesanti” da leggere.

Vi do una piccola anticipazione, dicendo che i prossimi due capitoli saranno all’insegna di scherzi e punizioni. Spero di avervi incentivati a continuare a seguire la fic…

Per quanto riguarda l’aggiornamento, non so quando avverrà. Il fatto è che mi sono creata un piano d’aggiornamento per tenere sotto controllo l’ordine in cui inserirò capitoli nelle mie fic, però non so quanto ci metterò a scrivere ogni capitolo, quindi non posso dire con esattezza tra quanto tempo arriverà il turno del capitolo 7 di questa fic. Vi chiedo solo di avere un po’ di pazienza, io ce la metterò tutta! ^^

Mi raccomando, recensite in tanti! Fa sempre piacere sentire un parere sul proprio lavoro…

Alla prossima!! ^^

SuperEllen

  
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