CAPITOLO QUARTO
“When
the days are cold and the card all fold and the saints we see are all
made of gold...”
Nemmeno
le parole di una delle sue canzoni preferite riusciva ad alleviare la
strana sensazione che provava ormai da quasi una settimana. Era come
un martello che non le lasciava in pace il petto, picchiava a
più
non posso e faceva rimbombare il suo rumore tetro nelle orecchie.
Era
distesa sul prato: l'erba le accarezzava la pelle, il vento le
soffiava sul viso e sentiva il profumo frizzante di alcuni fiori
sistemati nei vasi vicino la vecchia altalena.
Era
sola, come sempre da un po'. Louis aveva trovato compagnia, ovvero
tre ragazzi e qualche loro amico e stava molto spesso con loro.
Uscivano, andavano al pub e alla pista di pattinaggio insieme. Lei li
aveva incontrati per poco, il tempo di un saluto veloce; aveva
conosciuto Niall -un irlandese biondissimo e gentile-. Harry -che
aveva una strana pettinatura e le fossette simili alle sue- e Zayn
-un ragazzo simpatico e con un ciuffo che riusciva a superare
incredibilmente quello di suo fratello-. Erano tutti amici d'infanzia
di Liam, si erano conosciuti all'asilo, come le aveva raccontato
Louis, e non si erano più separati. Il più
casinista e quello con
cui andava più d'accordo il fratello era Harry, che vedeva
spesso
vicino al cancelletto d'ingresso. Liam scherzava spesso con Zayn e
Niall, invece, era il collant che teneva unito il gruppo.
Era
assurdo come in una settimana Louis si fosse ambientato così
bene,
ma lei sapeva che era merito del suo carattere aperto e di quei tre
ragazzi che ti facevano sorridere con un solo sguardo.
Lei
era davvero felice per le nuove conoscenze di suo fratello, ma questo
faceva in modo che lei rimanesse sola. Non che non avesse provato a
fare amicizia con qualcuno, ma le uniche ragazze che aveva visto
erano una sgualdrina dal nome Madlyn e una troppo timida perfino per
lei che dopo aver detto il suo nome -Rose- si era defilata
inventandosi una scusa assurda e diventando color pomodoro.
Aveva
provato anche a parlare un po' con gli amici di suo fratello, ma
Louis -geloso fino al midollo della sua
“sorellina”- li aveva
allontanati da lei e l'aveva guardata severamente prima di uscire
dalla porta.
Quindi
fra suo fratello che era latitante e suo padre, Tom, che ormai aveva
deciso di fare voto di silenzio, si sentiva più sola che mai.
L'unico
cosa che la faceva sorridere era il rapporto che si stava creando con
Liam, perché erano amici. Lei non arrossiva più e
aveva anche
iniziato a scherzare con lui, più di prima, e si sentiva
tranquilla.
Non nervosa. Era quasi come “un secondo fratello”
per lei, per il
rapporto che si stava creando e per come lui la trattava. La salutava
sempre, le chiedeva come stava, si scambiavano battute ma parlavano
anche di cose serie, ed era molto interessante fermarsi ad ascoltare
i suoi pensieri.
Tutto
questo in una sola settimana, come se fossero passati mesi.
Lei
sorrideva ogni volta che lo vedeva arrivare e anche lui, felice di
rivederla.
Solo
che poi andava via con tutti i loro amici e lei era sola in quella
casa vuota.
Suo
padre Tom, oltre al mutismo in cui si era chiuso, andava e veniva.
Non faceva parola del luogo in cui passava ore e ore al giorno, ma
ogni volta tornava più stanco di prima. Era anche dimagrito
ripensando ai pochi ricordi che aveva da piccola, sembrava
più
emaciato, come rovinato dal tempo che stava scavando il suo viso
secondo dopo secondo.
Lei,
animata da buone intenzioni, aveva tentato una volta di iniziare un
discorso, ma poi una stretta aveva iniziato a premere nel suo stomaco
e non era riuscita a resistere: era corsa via e si era rifugiata
nella sua stanza, il suo porto sicuro.
Julie
si destò dai suoi pensieri e notò che il cielo
aveva assunto una
strana sfumatura violacea. Controllò il suo Casio e vide che
erano
le otto. Era stata fuori per quasi tre ore, almeno quella giornata
era passata velocemente.
Visto
che Louis era fuori e che suo padre rimaneva a cena da Clare
-fortunatamente le aveva lasciato un biglietto sul frigo dove
l'avvisava-, lei voleva ordinare una pizza.
Andò
in salone, chiamò due volte il fratello ma era
già uscito. Con una
smorfia di delusione digitò il numero di una pizzeria
italiana
vicino dal telefono fisso e ordinò la sua romana con funghi.
Dato
che era sabato e che di solito trasmettevano film decenti decise
anche di vederne uno.
Sarebbe
stato piacevole e le ricordava alcune serate passate con le sue
amiche a casa sua, con l'unica differenza che lei era sola.
Finalmente
dopo un'ora la pizza fumante era sulle sue gambe, la coca-cola sul
tavolino e stava guardando il quarto film di Harry Potter, che le
piaceva da morire.
La
mozzarella era così filante che prima di poter staccare un
morso
doveva allontanare la fetta di un chilometro, ma oltre questo niente
stava rovinando la sua cena. Era molto rilassata, quasi sommersa dai
cuscini. Indossava una vecchia maglietta degli Smiths che era
appartenuta a Louis, aveva lasciato che i capelli sciolti e un po'
ribelli le ricoprissero le spalle, creando una specie di coperta. I
piedi nudi e dalla pelle chiara erano posizionati sul tavolino,
insieme al telecomando e una rivista che stava leggendo per ingannare
il tempo mentre aspettava il ragazzo delle consegne.
Era
una serata davvero perfetta, senza problemi.
“Julie!”
urlò Louis alle sue spalle, facendole rovesciare il
bicchiere di
coca-cola sulla maglietta e le ultime fette di pizza sul tappeto.
La
ragazza si girò furiosa, il fumo che le usciva dalle
orecchie e i
pugni serrati. “Come ti è saltato in mente di
urlare in questo
modo alle mie spalle?” sibilò. Si potevano quasi
notare delle
fiamme ardere nei suoi occhi.
Louis
rise alla vista del disastro che era in quel momento sua sorella: la
maglietta che le arrivava fino a metà coscia -che giurava
fosse
stata sua- completamente zuppa, lo sguardo da assassina e i capelli
sciolti che la facevano sembrare un leone.
“Sei
molto attraente in questo momento!” disse fra una risata e
l'altra,
mentre la rabbia di Julie stava toccando livelli cosmici.
“Vaffanculo!”
rispose lei, prima di dirigersi in cucina per prendere il necessario
per pulirsi.
Non
voleva prenderlo a schiaffi soltanto perché poi sarebbero
stati ore
a litigare e si sarebbe persa il fim -che era arrivato ad una delle
sue scene preferite, ovvero il Ballo del Ceppo.
Arrivò
sbattendo i piedi come un soldato, prese un rotolo di scottex, lo
smacchiatore, un sacchetto di plastica e una pezza umida, senza
alzare gli occhi e prendendo respiri lunghi per tentare di calmarsi.
Tornò
in salone, dove Louis si era spaparanzato sul divano e beveva un po'
della sua Coca-Cola mentre mangiava una delle fettine guardando
Hermione che lanciava contro Ron degli uccellini, come lei avrebbe
voluto fare con suo fratello.
La
rabbia ricominciò a montare, sentiva i capelli quasi
muoversi e una
strana forza che la sollevava come quando Goku doveva trasformarsi.
“Posa
immediatamente la mia pizza.” disse con
un tono minaccioso.
Louis
la guardò innocente, come se non stesse ingurgitando il suo
pasto
dopo averle quasi fatto venire un infarto, e posò lentamente
l'oggetto della discordia sul piatto. “Okay.”
alzò le mani per
fare vedere che non aveva cattive intenzioni.
“Alzati,
torna da dove sei venuto e nessuno si farà male.”
lo minacciò,
puntandolo con lo smacchiatore. Sarebbe stata l'arma della sua
vendetta.
Perché
diavolo era tornato a casa a quell'ora e in quel modo? Adesso
desiderava che se ne fosse stato fuori con i suoi amichetti per altre
quattro ore, invece di farla spaventare in quel modo e prendendo il
suo posto nel divano.
Era
assurdo come un ragazzo così grande fosse tanto stupido.
Non
vedeva l'ora che se andasse di nuovo e l'indomani non gli avrebbe
nemmeno preparato i pancake, li avrebbe mangiati tutti lei.
Una
vendetta perfetta.
Con
gli occhi iniettati di sangue e con una smorfia diabolica che la
faceva sembrare sospetta, Julie stava quasi per mettersi a saltellare
stile Bugs Banny, quando sentì una voce che la fece
immobilizzare.
“Quando
smetterai di torturare questa povera ragazza?” disse Liam,
spuntando da dietro la porta insieme ai suoi tre amici.
Julie
spalancò la bocca stupefatta e poi boccheggiò in
cerca di qualcosa
da dire per sollevare la situazione. Sembrava il frutto
dell'accoppiamento fra una zitella maniaca delle pulizie e un
barbone, era quasi nuda e i suoi capelli facevano letteralmente
schifo. Credeva anche di puzzare di funghi.
Louis
si girò e rispose a Liam, ma lei era ancora sotto shock per
poter
tentare di formulare un pensiero compiuto.
Aveva
fatto una delle figure più schifose di tutta la sua vita ed
era
ancora colpa di suo fratello. Non avrebbe cucinato per lui per il
resto della sua esistenza e gli avrebbe sostituito il balsamo alle
fragole con una crema depilatoria, questo era deciso.
Notò
una figura muoversi verso di lei... Liam si avvicinava sorridendo...
Sicuramente avevano visto tutta la scena.
Avrebbe dovuto
accorgersi di loro, ma era troppo presa dal cretino di suo fratello
per poter anche minimamente immaginare di non essere sola con lui.
Chissà cosa avrebbero pensato di lei adesso!
Julie
stava quasi per correre nella sua stanza, aprire il portatile e
controllare i voli di sola andata per Honululu, quando Liam le tolse
di mano lo smacchiatore e le diede un bacio sulla guancia.
“Che
ne dici se puliamo questo macello? Noi avevamo intenzione di dare una
festa!” le disse ancora più sorridente.
Lei
si fece trascinare da quelle labbra e lasciò la smorfia di
tristezza
per aprirsi in uno splendido sorriso:
ancora
una volta Liam aveva sistemato le cose. Era come un lampo di luce,
una certezza. Poteva succederti di tutto, ma lui era sempre
lì per
aiutarti a sistemare le cose con il suo bel sorriso e i suoi occhi in
cui sprofondavi ogni volta, dove ti perdevi e vagavi in cerca di
segreti, di luoghi da scoprire.
Julie
salutò anche gli altri ragazzi, che le diedero tutti un
bacio sulla
guancia e che presero guanti e scottex per aiutarli, mentre il
fratello borbottava sul divano con le mani conserte.
Aveva
abbandonato l'idea di trasferirsi alle Hawaii, la rabbia era andata
via quando aveva incrociato gli occhi di quel ragazzo.
Gli
ingredienti per una festa non facile da dimenticare erano pochi:
bella musica, tanta gente e tanti alcolici. Louis lo sapeva bene
perché a casa sua era il re delle feste. Gli piaceva avere
intorno
il caos, la musica che gli rimbombava nel petto e divertirsi. Dava
del suo meglio, sistemava tutto alla perfezioni e faceva anche il DJ.
Nel liceo di Julie ancora si parlava di una festa che aveva dato a
quindici anni nella seminterrato del suo amico Arthur. Gli piaceva
ballare, scatenarsi, ridere e stare con i suoi amici. Forse era la
cosa che gli mancava di più da quando era partito, ma ne
aveva
trovato di nuovi e gli sembrava di aver creato un nuovo gruppo.
Così,
per festeggiare le quasi due settimane dal suo arrivo e inaugurare
casa di suo padre, aveva deciso di fare un party proprio quella sera
e di invitare tutti i ragazzi del vicinato, compresi gli amici che
aveva Liam. Non che li conoscesse tutti, era ovvio, ma quello era un
modo perfetto per incontrare nuova gente e farsi conoscere da loro.
Tom non sapeva della festa, ma Liam gli aveva detto che sarebbe
rimasto a casa di sua nonna fino a tardi e quella sera sarebbero
stati liberi. Un'ottima occasione. Si erano divisi i compiti e
avevano comprato tutto ciò che serviva, mentre lui aveva
pensato
personalmente alla musica. Avevano sistemato casa anche con l'aiuto
di Julie, che lui avrebbe preferito non partecipasse alla festa e che
ancora gli teneva il broncio.
In
quel momento erano tutti lì e sentiva il frastuono
scorrergli nelle
vene e vibrargli nelle orecchie.
Era
felice, non smetteva di sorridere.
Sembrava
che tutto andasse bene, gli invitati ballavano, parlavano e si
servivano nei tavoli pieni di cose da mangiare -Niall docet- e di
bevande.
Ma
nella confusione che poco a poco lo stava risucchiando Louis non si
accorse di una cosa: mancava qualcuno sulla pista.
Julie
era nella sua camera, completamente nel panico e seduta sul letto.
Voleva
scendere giù, ma un'improvvisa paura aveva preso il
controllo del
suo corpo e adesso non riusciva a muoversi. Era come se due forze
contrastanti si stessero combattendo dentro di lei: la paura e la
voglia di scendere. Sentiva la musica che faceva tremare un po' la
sveglia sul suo comodino, il frastuono che la gente faceva parlando e
si sentiva nervosa, più di quanto lo fosse stata.
Louis
non le aveva mai permesso di partecipare ad una sua festa: prima era
troppo piccola, poi era sua sorella e non voleva che nessuno si
avvicinasse a lei -aveva già detto che era geloso...?- per
cui non
avrebbe saputo come comportarsi. Magari si sarebbe resa ridicola,
nessuno avrebbe ballato con lei e sarebbe rimasta seduta con in mano
un bicchiere stracolmo di birra che non avrebbe bevuto.
Non
sapeva nemmeno che mettersi: doveva vestirsi elegante oppure mettere
qualcosa di più semplice? L'armadio le sembrava pieno di
vestiti
insulsi che avrebbe voluto buttare.
Ma
voleva anche scendere, divertirsi e lasciarsi andare... Come vedeva
nei film, nei libri che leggeva. Partecipare ad una vera festa,
sentire un po' l'età che aveva, non sprecare così
quel momento
perché erano gli anni migliori e lei continuava a vivere
come se
aspettasse il momento giusto. Che non arrivava mai. Non poteva mica
andare ad una festa del genere a sessantanni.
Era
quello il problema: una parte di lei diceva che tanto ci sarebbe
stata un'altra occasione, mentre l'altra parte le implorava di
scendere e di divertirsi come se fosse l'ultima.
Julie
sbuffò afflitta e si distese, gli occhi chiusi e le mani
spalancate.
Era
certa che sarebbe stata la solita codarda e che non sarebbe
più
uscita.
Era
sempre così.
“Jake
che ne pensi di... Oh.” una vocina un po' stridula insieme ad
una
testa bionda ossigenata avevano fatto capolino dalla porta.
La
ragazza si alzò di scatto dal letto e si morse l'interno di
una
guancia. “Ehm, ciao Madlyn.”
Sì,
era proprio lei, la sgualdrina del vicinato che Louis non aveva fatto
a meno di invitare. Indossava un abito rosso che la fasciava come un
salame, dei tacchi alti più alti di lei e un trucco
così pesante
che a stento riusciva a vedere il colore dei suoi occhi.
“Tesoro!”
si rivolse a Julie, lasciando la mano di un ragazzo moro e alto a cui
-sicuramente- stava facendo fare il giro delle stanze in cerca di una
libera per giocare a bocce con lui. Si avvicinò e con due
falcate,
soltanto grazie al tacco chilometrico, arrivò alla riccia e
l'abbracciò schiacciandole la faccia contro le sue tette
strizzate e
facendole sentire il suo profumo dolcissimo.
“Sciostofocanto.”
sussurrò Julie, che sentiva la mente annebbiarsi per la
stretta
troppo forte.
“Oh,
scusami tesoro!” ridacchiò la ragazza mettendosi
una mano davanti
le labbra. “Io, ehm, io e Jake stavamo cercando una stanza
per...
ehm.” e le fece l'occhiolino. Julie fece un gesto d'intesa
come per
farle capire che aveva capito e che l'idea non le faceva venire i
brividi.
“Allora
potete andare nella prossima stanza, è quella di mio
fratello. Sarà
libera per tutta la serata.” disse, prima di passarsi una
mano fra
i capelli e sentendo il piacere della vendetta scorrerle nelle vene.
L'imbarazzo
era palese.
“Ottimo
tesoro.” le strizzò di nuovo l'occhio.
“Sentito Jake? Aspettami
lì, arrivo in un attimo!” aggiunse con una voce
più sensuale e
bassa.
Il
ragazzo, senza nemmeno salutare, si defilò.
“E
tu? Non scendi, tesoro?” le chiese improvvisamente, mentre
sistemava la maschera di trucco guardandosi nella piccola specchiera
di Julie. Prese il rossetto fucsia acceso che teneva nella borsetta e
diede un'altra passata, visto che evidentemente non ne aveva
abbastanza.
Julie
si trovò in difficoltà, non sapendo che dire.
“Io, beh, ecco...”
tentò, agitando un po' le mani nervosa. Doveva dirle che
sarebbe
rimasta in camera o che stava scendendo? Tanto non era importante, si
sarebbe chiusa nell'altra stanza con Jake e sarebbe stata occupata
per tutta la serata.
“Io
sto scendendo giù, sì.” concluse
sorridendo.
Madlyn
si girò e la guardò come se la stesse
scannerizzando. “Scendi
vestita così?” chiese, alzando il sopracciglio.
Giusto.
La
ragazza, dopo essersi tolta maglietta degli Smiths e averla messa in
lavatrice, aveva indossato un completo formato da un paio di
pantaloncini di jeans logori e un maglioncino di cotone che aveva
visto tempi migliori.
“Io,
ehm, sì.” fece spallucce, “Non sapevo
che altro mettermi...”
confessò, in parte era vero dopotutto!
La
bionda la fissò esterrefatta, dilatando gli occhi
-finalmente la
riccia capì che erano verdi- e spalancando la bocca.
“Tu non
uscirai da qui vestita in quel modo!” quasi urlò
come se avesse
visto un fantasma. “Ci penserò io!”
batté le mani eccitata.
Julie
non sapeva se saltarle al collo per la felicità oppure se
mettersi a
piangere.
“No...
Non ti preoccupare... Io...” tentò di dissuaderla:
l'avrebbe
trasformata in una Barbie come lei.
“Non
voglio sentire storie!” trillò, mentre si
avvicinava all'armadio
di Julie. “Ho sempre desiderato fare una cosa
simile!”
“E
Jake?” era l'ultimo tentativo.
Si
ritrovò a pregare tutti i santi purché quella
ragazza uscisse dalla
sua camera. Sarebbe anche stata disposta ad affrontare una meteorite.
Madlyn
si avvicinò con l'aria di una che la sapeva lunga
“Vedi Julie,
tesoro... Jake aveva i piedi piccoli... E sai quello che si dice
delle persone che hanno i piedi piccoli...”
Julie
spalancò la bocca.
Era
finita in stanza con una psicopatica ninfomane che le avrebbe rifatto
il trucco.
Il
destino le stava giocando brutti scherzi.
Solo
trenta minuti dopo Julie era pronta e in tiro.
Indossava
un vestito che un'amica le aveva prestato e che aveva messo
nell'armadio, che non aveva preso in considerazione precedentemente
perché le sembrava troppo elegante. Era nero, stretto -ma
non come
quello di Madlyn- e senza spalline, con una piccola scollatura a
cuore, le lasciava metà schiena scoperta e le arrivava a
metà
coscia. Era molto semplice e anche quasi comodo. Stava anche
indossando un paio di tacchi, l'unico che aveva, sempre nero e con un
tacco non troppo alto. Madlyn le aveva fatto indossare una collana
che le arrivava un po' sotto il seno e un paio di orecchini. L'aveva
anche truccata e sotto le preghiere di Julie non l'aveva trasformata
in un clown, anzi era un trucco naturale che le metteva in risalto
gli occhi e le labbra, tinte di un rosa pesca.
I
capelli ribelli e ricci le ricadevano sempre sulle schiena, liberi
senza alcun fermaglio che riuscisse a tenerli fermi. Le onde si
muovevano come delle molle ad ogni suo movimento e creavano un
contrasto con la pelle chiara.
Dopo
un ultimo sguardo allo specchio, la ragazza decise che non era tanto
male. Certo, non si riconosceva in quella mise molto più
“provocante” rispetto ai suoi soliti vestiti, ma
due pensieri le
stavano infondendo coraggio: il primo, che le sussurrava all'orecchio
che in fondo variare per una sera non era male, sentirsi per una
volta bene con se stessi era anche meglio; il secondo, di cui un po'
si vergognava, aveva come protagonista Liam e si chiedeva se il
ragazzo avesse apprezzato il cambiamento o se l'avrebbe trovata
ridicola.
“Sei
perfetta tesoro!” le disse Madlyn mentre cercava invano di
dare una
forma ai ricci, “Ho fatto un ottimo lavoro!” e
batté ancora le
mani.
Julie
-non potendo fare a meno di notare che la bionda l'avesse chiamata
tesoro almeno mille volte in una sola serata- si
rese conto di
aver sbagliato un'altra volta sul conto di una persona sconosciuta e
di aver pensato male di lei, essendosi soffermata soltanto sul suo
aspetto. Era vero, mai giudicare un libro dalla copertina. Per quanto
i capelli di quella ragazza fossero ossigenati e per quando il suo
vestito fosse corto e stretto, non era male e l'aveva aiutata senza
nemmeno conoscerla. Era stata gentile e le aveva anche risollevato un
po' l'autostima. Le aveva dato un sacco di consigli utili su come
comportarsi se un ragazzo avesse allungato le mani e Julie le era
infinitamente grata.
“Grazie
mille Madlyn, davvero.” le disse, osservandosi incredula allo
specchio, “Ti devo un favore, sei stata bravissima.”
La
bionda si avvicinò e l'abbracciò.
Quanto
potevano confondere le apparenze?
Le
scale non erano mai state così ripide, era come se stesse
scendendo
l'Everest. Un passo alla volta, si ripeteva nella
mente, ti
prego non cadere.
Madlyn
era andata via, era scesa aggraziata e saltellante in cerca di una
nuova preda, dimenticando Jake. La riccia, invece, si sentiva un
manico di scopa e desiderava tornare indietro e cambiarsi le scarpe.
I piedi non le avevano mai fatto così male.
Arrivata
all'ultimo scalino senza rompersi nemmeno un osso, poté
notare
l'enorme quantità di gente che popolava il salone e che per
la
confusione si era dovuta riversare anche fuori. I ragazzi avevano
fatto un ottimo lavoro: vi erano tavoli pieni di roba da mangiare e
di birra, luci psicadeliche che rendevano magica l'atmosfera e una
postazione da Dj enorme dietro la quale si poteva scorgere Louis,
intento a mixare i brani.
I
ragazzi e le ragazze invitati che la riccia non aveva mai visto si
stavano scatenando davanti Dj Louis, alcune coppie si lasciavano
andare in balli molto sensuali, mentre altri saltellavano e agitavano
la mani. Dei gruppi minori erano seduti sui divanetti -che erano
più
che altro occupati da coppie che pomiciavano- oppure sgranocchiavano
salatini parlando davanti al buffet.
Julie
sentiva l'adrenalina che prendeva il sopravvento e, non riuscendo a
riconoscere nessuno fra la folla, decise senza nemmeno pensarci, di
buttarsi nella mischia e iniziare a ballare. Le luci erano soffuse ed
era sicura che nessuno l'avrebbe riconosciuta.
Se
qualcuno di sospetto l'avesse avvicinata si sarebbe beccato un bel
calcio come le aveva insegnato Madlyn.
Liam
era appena tornato dalla cucina con due sacchetti pieni di ghiaccio
che aveva riversato in ciotole e in cui poi aveva messo le birre
ghiacciate.
La
festa stava andando molto bene, tutto filava liscio e Louis stava
facendo un gran lavoro.
Il
ragazzo aveva riconosciuto un bel po' di suoi amici, tutti molto
contenti di essere venuti, ed era stato anche con loro, ma poi aveva
dovuto occuparsi delle patatine e dei salatini che finivano ad una
velocità incredibile. In quel momento, però, si
era dato il cambio
con Niall e adesso toccava a lui pensare ai rifornimenti. Finalmente
si sarebbe potuto scatenare anche lui. Prese una birra e si
buttò
nella mischia, tentando di farsi spazio per poter passare ed arrivare
al centro. Un po' di ragazze lo avevano invitato a ballare, ma lui no
ne aveva avuto voglia stranamente e adesso stava guardando fra la
folla fingendo di cercare Zayn, ma con la voglia di trovare Julie.
Non immaginava che sarebbe scesa: teneva ancora il broncio a suo
fratello e poi sentiva che quello non era proprio il luogo dove lei
potesse sentirsi a suo agio. Era troppo incasinato, troppa musica che
ti picchiava nel cuore e troppi alcolici. La immaginava nella sua
stanza, da sola, con un libro fra le mani.
Gli
venne quasi la voglia di andare verso le scale per cercarla nella sua
stanza, quando una chioma bruna e riccia catturò la sua
attenzione.
La
ragazza stava ballando saltellando quasi al centro della pista;
indossava un abito nero che le lasciava scoperta metà
schiena e che
era un po' corto, un paio di tacchi che mettevano in risaltò
le sue
gambe e i capelli che ondeggiavano a tempo di beat.
Era
Julie, che non era nella sua stanza, ma a scatenarsi in pista.
Liam
spalancò la bocca e il suo mento quasi toccò
terra.
Quel
vestito le stava benissimo.
Doveva
ammettere che non era male come ragazza nemmeno la mattina presto
appena sveglia, ma quella sera era diversa.
Un
gruppo di ragazzi accanto si era avvicinato e la stava indicando. Si
misero in cerchio attorno a lei, iniziarono a ballarle vicino. La
riccia tentava di divincolarsi, di uscire dal cerchio, ma loro non
glielo permettevano.
Successe
tutto in pochi secondi: Liam, preso da un attacco di rabbia e
gelosia, si ritrovò davanti al gruppetto,
allontanò due ragazzi che
guardò malissimo e che indietreggiarono, prese il polso di
Julie e
la trascinò verso di lui, mettendole un braccio intorno alla
vita e
liberandola da quella trappola.
Un
minuto dopo erano ancora molto vicini, con i fiati che si annullavano
uno con l'altro, il braccio di lui che la stringeva protettivo e la
mano di lei poggiata sulla sua spalla.