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Autore: dontletmeboo    13/09/2013    61 recensioni
Pregherei gentilmente di NON copiare questa storia, come già sta succedendo.
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“69 Days in Love -  Come far innamorare una celebrità in 69 giorni”
Ma se Julie prendesse troppo sul serio questo articolo?
Se al suo lavoro si mischiassero per sbaglio anche dei sentimenti?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter Twenty-five
Goodnight.

 

 
 

«Chi era al telefono?»
Appena riaprii la porta della camera di Harry saltai in aria. «Mio dio che infarto» mi misi una mano sul petto, sentendo il cuore cominciare a battere più veloce del normale.
Rimisi il cellulare nella tasca e, «chi stavi chiamando?» ripeté, infilandosi un paio di All Star basse trovate nell’armadio di fronte al letto.
Sollevai un sopracciglio «e i tuoi bellissimi stivaletti?» chiesi, ridendo e lasciando perdere la domanda che mi aveva fatto.
Aspettò un attimo prima di rispondere. «Primo, non provare ad offendere i miei stivaletti» precisò «secondo, i miei vecchi vestiti si trovano qui ad Holmes Chapel» pensai avesse finito, ma «e terzo, non hai risposto alla mia domanda» sorrise, prendendo l’asciugamano che c’era sul letto e strofinandosi i capelli bagnati.
Alzai le spalle, arrossendo leggermente, «nessuno.»
«Mi hai detto tu che dovevi fare una telefonata» rise.
«Giusto» annuii «ero al telefono con Ally, problemi tra ragazze» inventai al momento, sospirando.
Ero sicura che non avrebbe fatto altre domande. Di solito i ragazzi quando sentono la frase ‘cose tra ragazze’ smettono di intromettersi e cominciano a parlare di calcio e roba simile, no?
«Oddio che cosa bella. Forza, racconta.»
Ok, no.
Spalancai leggermente la bocca appena si lanciò sul letto a pancia in su, appoggiandosi poi sui gomiti.
Scossi la testa, incredula, «si, certo. Staremo qui tutta notte a fare un pigiama party e a raccontarci di quanto sia bello avere un ragazzo. Mangeremo otto vaschette di gelato, ci metteremo lo smalto sulle unghie, possibilmente rosa, e ovviamente guarderemo film d’amore piangendo come disperati.»
Scherzai, scoppiando poi a ridere.
Lui non rise, e poco dopo notai la sua espressione leggermente sconvolta. Ci avrei scommesso oro che avrebbe iniziato a cambiare argomento dopo tutto quello che gli avevo detto.
I ragazzi non volevano saperne di queste cose.
«Tu sei pazza» decretò dopo qualche attimo di silenzio.
Rimase a fissarmi e a scuotere la testa.
Annuii, «noi ragazze siamo fatte così» scrollai le spalle, sorridendogli.
«Vuoi organizzare un pigiama party senza fare una lotta con i cuscini?»
Tornai seria.
Per poco non si sarebbe messo a piangere, me lo sentivo. «Sei serio?»
Diciamo che cominciava a spaventarmi.
Harry annuì.
«Harry» mi guardai intorno imbarazzata, abbassando poi lo sguardo.
«Si?»
Dovevo cercare un modo per porgli quella domanda. «Sei sicuro di non avere qualche problema?»
Rise, alzandosi dal letto.
«Ti stavo prendendo per il culo,» prese il suo cellulare dal comodino, staccandolo dal carica batterie, «muoviamoci che sarà già pronta la cena.»
Non feci in tempo per dire nient’altro che mi afferrò la mano e mi trascinò fuori dalla stanza, facendo strisciare i miei piedi scalzi sulla moquette.
All’inizio feci per obbiettare, «lasciami» risi.
Ma in realtà sperai con tutto il cuore che continuasse a stringere la mia mano.

 

 
 
Finii di mangiare la bistecca che avevo nel piatto, spostando poi il tovagliolo dalle mie gambe al tavolo.
«Julie, i tuoi vestiti non si sono asciugati» mi disse la madre di Harry, risedendosi al tavolo e versandosi un bicchiere di vino «per domani però saranno pronti.»
Annuii, «grazie mille» dissi «e grazie anche a te, Gemma, per avermi prestato qualcosa da mettermi.» La ragazza mora seduta davanti a me mi sorrise gentilmente, «tranquilla, siamo state fortunate ad avere le stesse taglie.»
Feci per rispondere, quando «tranne per il reggiseno» s’intromise Harry.
Mi girai verso di lui con la bocca semi aperta e gli occhi spalancati; sentii le guance arrossarsi e mi grattai la testa imbarazzata, inscenando poi una risata fin troppo isterica.
«Sta scherzando» sbuffai, scuotendo la testa.
Il patrigno di Harry soffocò una risata con un colpo di tosse e tutta la famiglia si ritrovò a ridere.
«Harry quanto sei stronzo» rise Gemma, scuotendo la testa.
Intanto la madre di Harry si alzò e cominciò a prendere in mano i piatti sporchi, diretta alla cucina. «Aspetti, le do una mano» mi alzai a mia volta, afferrando il mio piatto e le posate.
«Julie, non c’è bisogno, sei un’ospite» rise.
Io scossi la testa, «si figuri» la seguii in cucina «e poi volevo uscire da quella situazione imbarazzante» risi, indicando con un cenno della testa Harry e il tavolo in salotto.
Lei annuì, ponendo i piatti nel lavandino e cominciando a strofinarli con una spugnetta bagnata; rimasi un attimo in silenzio, a guardarla.
«La ringrazio ancora dell’ospitalità signora» dissi, arrossendo leggermente e abbassando lo sguardo, «Harry non mi aveva detto dove saremmo andati» tentai di giustificarmi, nel caso fossi indesiderata.
Lei si voltò verso di me, asciugandosi le mani con uno straccio, «ti prego, chiamami Anne» mi corresse, «e stai tranquilla, puoi rimanere quanto vuoi.»
Le sorrisi sinceramente, ringraziandola.
«Sono felice che Harry abbia trovato qualcuno» disse, poi.
Aggrottai la fronte, «no» iniziai, cominciando a ridere «io ed Harry siamo amici» chiarii.
Anne annuì, aggiungendo un «certo» con un non so che di ironico.
Rise, «sei la prima amica che porta a casa, allora.»
Per un attimo non riuscii a capire. «Nel senso che tutte le altre ragazze che vengono qui le presenta come sue ragazze?» feci un sorriso tirato.
Era ovvio.
Uno come lui avrebbe potuto avere tutte le ragazze di questo mondo.
E non solo per la fama, per la ricchezza. Semplicemente perché era uno dei ragazzi più belli che avessi mai visto.
Ma che cazzo stavo pensando?
Diedi la colpa ai due bicchieri di vino bevuti a tavola.
«No» rise Anne, riscuotendomi dai miei pensieri, «in realtà sei la prima ragazza che porta a casa quelle poche volte che viene.»
Si voltò di nuovo, ponendo nella credenza i piatti ancora non del tutto asciutti.
Non risposi.
Rimasi a fissarla leggermente sorpresa da quello che mi aveva appena detto. «E’ sempre stato un ragazzo timido in fatto di ragazze,» spiegò «da quando io e suo padre ci siamo separati» abbassò poi lo sguardo.
Annuii, ancora una volta senza dare una risposta.
«Per questo all’inizio mi è sembrato strano vederti qui,» rise.
Ci fu un momento di silenzio, una pausa. «Ti chiedo un favore Julie» tornò seria e cominciai a chiedermi cosa mi stesse per dire.
Feci un cenno con la testa, in attesa che continuasse.
«Ti conosco da poco, ma so che Harry pensa che sei una bravissima ragazza. Per questo lo penso anche io» cominciò, «ti chiedo solo di non farlo soffrire.»

Mi fissò negli occhi.
Nel suo sguardo notai ansia. Ansia per un figlio che vedeva poco, che era sempre in giro per il mondo e che gli mancava terribilmente. E l’ultima cosa che avrebbe voluto era veder star male il suo bambino.
Annuii, sentendo gli occhi pizzicare leggermente, «non lo farò, lo prometto.»
Il suo sguardo serio fu sostituito da un sorriso che gli fece illuminare anche gli occhi.
«E ricorda che puoi venire quando vuoi, sarai sempre la benvenuta Julie» mi disse, facendo qualche passo verso di me e abbracciandomi.
Rimasi immobile in un primo momento, leggermente scombussolata, con le braccia tese lungo i fianchi.
Solo poco dopo la strinsi a me. E chiusi gli occhi.
Chiusi gli occhi per impedire alle lacrime di scendere.
Non solo con quello che stavo facendo avrei fatto star male Harry. Avrei fatto soffrire Niall, Zayn, Liam e Louis.
Avrei infranto la promessa che avevo appena fatto ad Anne.
Quella donna che mi aveva accolto in casa senza conoscermi, che in ogni caso mi riteneva una bravissima ragazza.
La stessa donna che mi aveva fatto vedere cosa significasse tenere al proprio figlio e volere per lui il meglio.
Cose che io non avevo mai provato di persona.
Quella donna che in quel momento mi stava abbracciando forte, facendomi ricordare quanto fosse bello avere una famiglia. Avere una madre.
Avrei deluso tutti.
Tutti.
Perché, in fondo, io so fare solo questo. So deludere le persone che più amo, l’ho sempre fatto e sempre lo farò. Forse sono fatta così.
Sono fatta sbagliata.

 
  
Harry. 

«Allora, ti piace?» sentii dire.
Alzai lo sguardo dal tovagliolo con cui stavo giocando. «Mh?» guardai Gemma, confuso.
Lei rise, «Julie» precisò poi «ti piace?»
Sputai l’acqua che avevo appena bevuto, facendo ridere Robin. «No» mi affrettai a dire, «è una mia amica.»
«Certo, un’amica» annuì, alzandosi dalla sedia e buttandosi sul divano accendendo la tele.
Scossi la testa, ridendo, «non contraddirmi perché posso essere pericoloso, lo sai» tentai di tornare serio.
«Pericoloso come un mazzo di margherite» scoppiò a ridere.
Non feci in tempo a protestare che le voci di mia madre e di Julie uscirono dalla cucina, tornando nella sala da pranzo.
«Harry, Julie è una ragazza fantastica» disse lei, sorridendomi e strizzandomi leggermente l’occhio destro, mentre cingeva le spalle di Julie.
Risi, leggermente imbarazzato e aggiungendo un «già.»
Notai anche le guance di Julie diventare di un rosa leggermente più scuro del normale.
«Julie, ti va di passare la serata a guardare vecchi album di fotografie in cui Harry è ridicolo?» se ne uscì ad un certo punto Gemma.
Spalancai gli occhi, e prima che Julie potesse annuire «credo invece che andremo a dormire presto, dopo il viaggi che abbiamo fatto siamo stanchi.»
Tutti scoppiarono a ridere.
«Harry ha ragione» annuì Julie, «però domani posso vedere tutte le fotografie che vuoi» aggiunse poi.
Gemma sorrise, «ti presterei anche un pigiama ma ne ho solo uno» si giustificò.
Julie non sembrò preoccuparsene e la ringraziò comunque.
Sbuffai, mimando un «andiamo.»
Lei fece per seguirmi; per un attimo fui tentato di afferrarle ancora la mano, ma mi bloccai, infilando questa nella tasca posteriore dei jeans che portavo.
Non volevo essere sfacciato dopo quello che mi aveva detto il giorno prima a casa mia.
«E comunque ero un bambino bellissimo» aggiunsi mentre salivamo le scale.
Julie rise, tenendosi al corrimano e scuotendo leggermente la testa, «senza dubbio» aggiunse poi, ironica.
Aprii la porta della camera, togliendomi le scarpe e lanciandole con un calcio sotto il letto, per poi buttarmi a pancia in giù sul letto.
«Potrei addormentarmi da un momento all’altro» aggiunsi.
Lei si sedette sul bordo del letto, con le mani sulle ginocchia, mentre si guardava intorno.
Mi sedetti anche io, con le gambe incrociate. «Tutto ok?» le chiesi, vedendola pensierosa.
Si voltò a guardarmi e annuì.
«Non essere così musona» scherzai, tirandole un piccolo calcio sulla coscia.
Soffocò una risata, rimanendo però immobile.
«Fai come se fossi a casa tua, mi sembri tesa» scherzai.
Julie si limitò a scuotere la testa, con lo sguardo fisso davanti a sé e un sorriso smorto sulle labbra.
Sbuffai, e quella volta, dopo essermi inginocchiato sul materasso, con entrambe le mani la spinsi giù dal letto facendola cadere sul pavimento.
«Porca puttana» imprecò.
Mi affacciai al bordo del letto e le sorrisi, vedendola sdraiata per terra con i capelli tutti sparsi.
«Styles preparati ad essere ucciso» sputò, nascondendo un sorriso, mentre si massaggiava la spalla con una mano.
«Ecco la Julie che mi piace.»
Solo poco dopo mi resi conto di quello che avevo appena detto. Insomma, l’avevo fatto solo come modo di dire.
Non per altro.
Forse.

 
  
Julie. 
 
«Vieni fuori di lì» urlai, tenendo il cuscino davanti alla faccia, pronta ad attaccarlo.
«No, se esco da sotto il letto mi prendi a cuscinate» piagnucolò.
Tossii nascondendo una risata, «perché dovrei?»
Ci pensò un attimo «prometti che mi lasci in pace?» chiese.
«Certo che si» mentii.
Strisciò per terra, uscendo prima dalla testa, per poi rimettersi in piedi e spolverarsi i vestiti.
Non fece in tempo ad alzare lo sguardo, il cuscino che tenevo in mano fu sbattuto sulla sua faccia e lui cadde sul letto.
Scoppiai a ridere, piegandomi in avanti e tenendomi la pancia, asciugandomi poi gli occhi che avevano cominciato a lacrimare.
«Me lo meritavo» si massaggiò il naso e si allungò verso il comodino.
Annuii, buttandomi sul letto a mia volta.
«Ora dormiamo» feci, chiudendo gli occhi nonostante la luce ancora accesa.
«Non ti metti il pigiama?»
Riaprii gli occhi, per poi incenerirlo con lo sguardo. «Qualcuno non mi ha dato il tempo di portare qualche vestito» sbuffai.
Harry rise, alzando in aria un paio di pantaloni della tuta e una maglietta da basket.
«Abbiamo questi.»
Mi diedi una sberla in fronte, «Harry, sai contare?» sbuffai, «siamo in due e c’è solo un pigiama.»
Non ebbi il tempo di capire la sua idea che «quale pezzo vuoi?» rise «pantaloni o maglietta?»
 
«Chiudi gli occhi» lo ammonii immediatamente.
Harry rise, obbedendo.
Corsi dal letto al bagno, tenendo la maglietta in giù con le mani e questa arrivò poco sotto il sedere. Mi buttai sul letto, coprendomi poi con il lenzuolo e «fatto» dissi infine.
Mi voltai verso di lui.
Non aveva ancora aperto gli occhi, era sdraiato a pancia in su sul letto a due piazze, le braccia portate dietro la testa. Osservai i suoi tatuaggi; da quelli sulle braccia, alle due rondini sul petto.
Era bellissimo.
I capelli che cadevano sul cuscino e un piccolo sorriso accennato sulle labbra rosse.
«Ti metti il rossetto?» me ne uscii.
Lui rise, senza dare una risposta e tenendo ancora gli occhi chiusi. Anche se quegli occhi avrei tanto voluto vederli, e scontrarmi con quel verde che a seconda della luce cambiava leggermente.
Scossi la testa, avvampando appena mi resi conto dei miei pensieri.
Stavo letteralmente impazzendo. Esatto.
«Spengo la luce?» chiese ad un tratto.
Chiusi gli occhi e non risposi, voltandomi da un lato e cercando una posizione abbastanza comoda.
La luce si spense.
Buio totale. Anche le persiane non facevano intravedere nessuna luce.
«Anne è una donna fantastica» dissi, all’improvviso, senza una ragione valida.
Un attimo di silenzio. Non mi voltai, ma lo sentii sospirare e sorridere, «lo so. La vedo così poche volte» disse, lasciando in sospeso la frase.
Mi morsi il labbro inferiore, «ti capisco.»
Almeno lui la vedeva.
Erano anni che non incontravo mia madre, da quando era andata in Italia.
In tutto quel tempo mi ero completamente convinta di non aver bisogno di nessuno per farcela da sola, ma era veramente così?
Quella sera, parlando con Anne, nonostante fossi arrivata in casa loro all’improvviso e da poche ore, mi ero sentita veramente a casa.
In una vera famiglia.
Allora non era vero che non avevo bisogno di nessuno.
Tirai su con il naso appena una lacrima mi rigò la guancia, bagnando il cuscino.
Avevo trovato qualcuno che davvero mi voleva bene, e come sempre avrei rovinato tutto per il mio lavoro.
«Julie?» mi sentii chiamare.
Tossii, «mh?» non volevo parlare. Non volevo fargli capire che stavo piangendo.
«Stai piangendo?»
Ecco.
«Certo che no» sbuffai, ma la voce mi uscì strana, sottile, strozzata.
Mi sentii sfiorare una spalla, «che cos’hai?»
Mi voltai verso di lui, e nonostante fosse buio sentivo il suo sguardo fisso su di me.
Per un attimo non risposi, feci silenzio, poi «prima» tirai su con il naso un’altra volta, asciugandomi le guance «tua mamma mi ha fatto sentire a casa, mi ha abbracciata e» scoppiai in lacrime «ho capito quanto è fantastica la tua famiglia.»
Che cosa mi stava succedendo?
Da quando piangevo davanti a qualcuno?
Non feci in tempo a dire nient’altro che Harry mi abbracciò, «anche tu hai una famiglia» sussurrò «ci siamo io, Niall e gli altri ragazzi. Capito?»
Il mio cuore perse un battito.
Poi annuii, riappoggiando la testa sul cuscino e lasciandomi abbracciare. Ispirai il suo profumo, smettendo di piangere ma rimanendo con il magone e una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
Si era appena definito la mia famiglia.
Ma le famiglie si colpivano alle spalle? Si tradivano?
Glielo dovevo dire. Dovevo fargli sapere chi realmente ero, cosa stavo facendo e che molto probabilmente non sarei riuscita a fermare quell’articolo prima che andasse in stampa.
Presi un respiro profondo.
No, non potevo mentirgli ancora. Non dopo tutto quello che stava facendo per me.
«Harry?» lo chiamai appena, dopo qualche minuto.
«Mh?» con ancora un braccio attorno alle mie spalle si stava per addormentare.
Adesso o mai più Julie.
O mai più.
Ce la potevo fare, eppure qualcosa mi bloccava. E, «buonanotte.»

 
 
  
 
 

  
 
 




And loong after you're goone gonee gonee...

Mi scuso per il ritardo, ma sono stata incasinata e ci si è aggiunta pure la scuola e i compiti .-.
Ce l’ho fatta.
E anche il venticinquesimo capitolo è scritto.
Dio..siamo già al venticinque?
Mi spiace pensare che tra poco la storia sarà finita :c
 
Diciamo che i rapporti tra Harry e Julie stanno sempre migliorando.
Vorrei dire una cosa..
So che ormai in molti potrebbero non leggere più la storia perché in fondo il continuo è SCONTATO.
In una recensione che mi hanno fatto, a cui do pienamente ragione, mi hanno detto che ora il seguito si può già intuire..
So che è così, ma non ci posso fare nulla. Non posso far morire Julie o chissà cosa ahah..quindi boh. In ogni caso spero continuerete a leggere fino alla fine, perché siete fantastiche.
 
Ok, mi dileguo.

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Un bacio, Simo.
   
 
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