«Me lo farò incidere
sulla lapide» ironizzò lei porgendogli la mano ancora integra affinché ci si
aggrappasse per tirarsi in piedi.
Avere la sua mano preferita fuori uso la faceva sentire debole ed impedita:
avrebbe tanto voluto essere ambidestra come sua
sorella ma purtroppo adesso doveva muovere il meno possibile la destra e se ne
sarebbe dovuta fare una ragione.
«Ti ha morsa?» Sembrò piuttosto un'affermazione o uno "stai bene" che
una vera e propria domanda retorica.
«Quell'affare mi ha aggredita e voleva fare delle mie unghie uno spuntino. Il
machete mi è scivolato dalle mani quando mi ha atterrata e così, mentre tentavo
di recuperare la pistola dalla fondina, mi ha morsa al polso.» Riassunse mentre
lo vide alzarsi in piedi e scrollarsi di dosso la bava della bestia con
disgusto. «Ma non è del polso che mi preoccupo» ringhiò tentando di domare
quella sua incazzatura che iniziava a salirle fino al cervello. «Guarda qua!» E
si passò la mano sinistra sulla guancia del medesimo lato del volto. «Io con questa
ci lavoro!» Si lamentò alludendo ai suoi metodi poco corretti di ottenere
qualcosa dagli altri, specialmente dal genere maschile. «E se rimarranno le
cicatrici, considerati morto!» Questo ultimo messaggio era dedicato a Michael,
seduto con la schiena contro il tronco di un albero probabilmente secolare.
Certo che il tipo era davvero scosso.
«Sarà meglio riportarlo a casa» suggerì Dean giocherellando con la testa dalle
sembianze canine per terra, facendola rotolare sotto la suola della scarpa,
proprio come se fosse stato un pallone. Tutto questo prima di dare fuoco anche
a quella bestia. E di fatto fu quello che fecero.
Lungo il sentiero che li riportava all'Impala, Gwen si strappò una manica della
maglia per farne delle bende improvvisate da avvolgere attorno al polso, mentre
per la sua amata faccia rivolgeva solo lamenti e preghiere. Michael li seguì
senza dire una parola, lottando con molta probabilità contro la sua coscienza.
O forse era ancora una volta spaventato dalle minacce della bionda. Qualsiasi
fosse stato il motivo del suo silenzio, ai cacciatori andava più che bene.
Gli spiegarono l'importanza di un altro genere di silenzio, quello che avrebbe
dovuto mantenere con tutti riguardo la faccenda dei mostri reali e dei
cacciatori che se ne sbarazzavano e l'uomo annuì, trattenendo a fatica le
lacrime prima di scendere dall'auto una volta arrivati davanti alla sua
villetta. Mormorò un grazie al di là del finestrino, colpevole, ma entrambi i
ragazzi alzarono le spalle e gli sorrisero. Sì, anche Gwen lo salutò in quel
modo nonostante tutto: la fuga, le lagne, la faccia sfregiata.
Dalla finestra una forte luce fece contrasto con le ombre dei corpi al suo
interno, mostrando a Dean e a Gwen il lieto fine di Michael. Sempre che quello
potesse essere considerato tale. Era vivo, se lo sarebbe fatto bastare come
finale.
«Torniamo al motel» mormorò la ragazza, distrutta, appoggiando le testa sul
sedile e chiudendo gli occhi.
Dean e Gwen tornarono ben presto al motel, stanchi morti e doloranti ovunque.
L'unica cosa che i loro occhi riuscivano a vedere in quel momento, era l'unico
letto al centro della stanza, quello sul quale avevano dormito per un'intera
settimana.
«Ecco perché il canontra ha
ammazzato quei poveri idioti» rifletté ad alta voce, mentre si sfilava il
giaccone e lo abbandonava su una sedia. «Voleva proteggere suo figlio.»
«Molto nobile» ironizzò Gwen, sedendosi al tavolo nell'angolo della camera,
tirando fuori il suo personale kit d'emergenza dal borsone.
«Già, peccato che fossero entrambi degli orribili mostri», le si avvicinò, le
prese la mano ferita e si inumidì le labbra. «Lascia, faccio io.»
Si sedette accanto a lei e si servì di un po' d'acqua ossigenata, dell'ovatta e
una benda elastica. Disinfettò il morso al polso che adesso aveva smesso di
sanguinare.
«Grazie» mormorò Gwen.
«Non c'è di ché» rispose Dean, senza guardarla, concentrato su ciò che stava
facendo.
Aveva come l'impressione che lo sguardo della ragazza fosse come un riflettore
puntato su di lui. Sì, sapeva perfettamente che Gwen lo stava osservando e
anche un po' ostinatamente. Tuttavia preferì non ricambiare quel contatto
visivo, continuando a tamponare la ferita con l'ovatta.
«Allora...» fece all'improvviso lei, dopo una lunga pausa di silenzio. «A
quest'ora in altre circostante staremmo già facendo sesso.»
Dean le lanciò un'occhiata breve, ma restò in silenzio. Era piuttosto sicuro
che Gwen non avesse ancora finito. E infatti...
«Suppongo che per stavolta vorrai passare» continuò, sorridendo beffarda.
«Ah sì?»
«Mhmh», Gwen annuì.
«E cosa te lo fa pensare?» domandò Dean, fasciandole il polso. «Ecco fatto.»
«Mh, vediamo... il tuo comportamento, l'evitare costantemente il mio sguardo e
l'immagine di un bel visino d'angelo impressa nelle tue retine.»
Dean scosse la testa, sorridendo divertito. Anche Gwen sorrise. Probabilmente
perché sapeva di aver ragione.
Loro due non avevano mai seguito un caso insieme senza poi finire nudi e
appiccicati l'un l'altro sotto le lenzuola.
«Non è per te. E non è nemmeno per Jo. Solo...» sospirò, alzando appena le
spalle. «Non lo so.»
Gwen lo guardò a lungo, come a volerlo studiare per bene. Poi annuì e sussurrò
un ''capisco''. Dean dubitava che lei potesse capirne qualcosa, francamente.
Era una strana sensazione quella che provava, una sensazione alla quale non
riusciva a dare un senso o un nome. Nonostante questo però non disse nulla
riguardo quell'argomento, anzi, scelse di cambiarlo.
«Sarà meglio riposare qualche ora prima di partire.»
Fino ad allora non aveva mai studiato Dean nè aveva mai provato a farlo e
questo semplicemente perchè non le era mai capitato di volersi interessare di
qualcun altro se non di sé stessa. E poi quel ragazzaccio che le stava
attualmente fasciando il polso di solito non aveva bisogno di interpretazioni,
non per lei. Più che un libro aperto per Gwen Dean era come una scritta su un
muro pubblico, un graffito che tutti avrebbero potuto vedere ma che nessuno
riusciva a leggere. Ecco perchè si chiedeva così spesso come fosse possibile
una cosa del genere, com'è che lei riuscisse a capirlo senza il minimo sforzo
mentre per altri era più che un'estenuante impresa che poi finivano
inevitabilmente per abbondare a mezza strada, ritenendo scarabocchio ciò che in
realtà era solo una diversa forma d'arte. Poi con il passare del tempo,
apprendendone le abitudini, arrivò alla conclusione che vigeva ancora nella sua
testa, salda. Erano uguali. Certo, non nel senso più stretto del termine ma,
per quanto riguardava quel loro modo di fare diretto ed insopportabile, lo
erano.
Per questo troncò il discorso e decise di volarci sopra con noncuranza, perchè
era questo il trattamento che avrebbe voluto ricevere lei se fosse stato nei
suoi panni.
«Sarà meglio riposare qualche ora prima di partire.»
Ed era vero, questa volta anche lei si sarebbe dovuta includere in quel bel
quadretto fatto di potenziali incubi e mal di schiena post-dormita su un
materasso senza più una molla ad ammortizzare. Anche perchè non se la sentiva
più di rimanere in piedi, per nessun motivo: i casi come quelli la stancavano
più del dovuto.
«Sarà meglio darsi una mossa, allora» lo spronò assicurandosi che la fascia
fosse ben stretta attorno al suo polso. Era certamente meglio di qualsiasi
altro scempio che avrebbe potuto fare lei con il solo ausilio della mano sinistra,
in ogni caso. «Per quanto ne so, Bobby potrebbe chiamarti da un momento
all'altro per chiederti di andare dall'altra parte del Paese e dare una mano a
qualche cacciatore ritieni insopportabile quanto me» disse sarcastica alzandosi
e riponendo il kit nel suo borsone, prontamente abbandonato ai piedi del letto.
Atmosfera recuperata. L'ironia riusciva a salvarla da un sacco di situazioni
scomode, tanto da diventare una delle sue armi preferite.
«Se vuoi fare una doccia, sai dov'è il bagno.» Ma comunque ne indicò la porta
con un cenno della testa, sedendosi poi sul letto per potersi togliere le
scarpe ancora sporche di terriccio umido e sangue di canontra. Meglio quel nome
di un ammasso di lettere prese a caso. «Prometto di non spiarti dal buco della
serratura.»
«Non c'è nessun buco della serratura su quella porta, Gwen» fece
intelligentemente la sua osservazione il ragazzo, adesso con un leggero
sorrisetto sulla labbra.
«Infatti è per questo non lo farò» sorrise ancora più ampiamente lei senza peli
sulla lingua come da copione, appoggiandosi alla spalliera del letto.
La notte passò velocemente, o almeno questa fu l'impressione di Dean. Era così
stanco che dormire fino al sorgere del sole gli era sembrato chiudere gli occhi
per qualche minuto. Prepararono i bagagli, controllarono di non aver
dimenticato nulla all'interno di quella stanza, poi chiusero la porta alle loro
spalle e restituirono la chiave alla proprietaria del motel.
Dean si trascinò fino all'Impala, un borsone sulla spalle e l'altro tenuto ben stretto
dalla mano sinistra. Aprì il portabagagli e si guardò attorno: era meglio
accertarsi che non ci fosse gente in giro prima di aprire lo scompartimento
segreto. Sistemò le armi insieme alle altre, chiuse il sottofondo, abbandonò il
secondo borsone nel portabagagli e poi chiuse anche quello.
Di solito Dean e Gwen non si salutavano mai senza prima aver fatto sesso. Era
una situazione un po' strana e imbarazzante, in un certo senso. Già,
imbarazzante. Due persone normali avrebbero provato imbarazzo dopo essere state
a letto insieme, magari. Per loro invece era il contrario.
Si voltò verso di lei, la schiena contro il parabrezza. Le rivolse un sorriso e
si schiarì la gola.
«Allora...» fece la ragazza, facendo un passo in avanti, le mani affondate
nelle tasche dei jeans stretti.
Dean arricciò le labbra e spostò lo sguardo altrove per un momento.
«Questo dovrebbe essere un addio.»
«Dovrebbe» ricalcò quella parola con ironia, il cacciatore. «Ma non lo è. Ci
rivedremo ancora.»
«Mh», Gwen sorrise.
A Dean sembrò di intravedere una strana luce nei suoi occhi, sembrava quasi
speranza. Magari non le dava poi così tanto fastidio la sua presenza.
«Mi mancherai» aggiunse, il ragazzo, abbozzando un sorriso.
Gwen lo guardò a lungo. Poi sorrise anche lei, abbassando lo sguardo.
«Cos'è? Ti è così difficile ammettere che sarà così anche per te?» domandò
retorico Dean, con un tono divertito.
«No» rispose Gwen, scrollando le spalle. «Mi mancherai anche tu. Non sei poi
così male, dopotutto.»
Dean si inumidì le labbra e annuì alle sue parole, pienamente d'accordo con
lei.
«Esattamente» affermò con convinzione, ricevendo in risposta una spinta
affettuosa da parte di lei.
Ridacchiarono. Il silenzio calò all'improvviso quando un camion andò a
parcheggiarsi proprio accanto all'Impala, interrompendoli.
«'Sta lontana dai guai, okay?» fece dopo una breve pausa. «Ciao Gwen.»
Si allontanò verso la portiera sinistra dell'auto, ma proprio quando fece per
aprirla Gwen attirò di nuovo la sua attenzione con un ''aspetta''. Gli si
avvicinò e, senza preavviso, gli afferrò la faccia con le mani e lo baciò, e
non esattamente nel modo più casto e puro che si possa immaginare. Dean
ricambiò senza pensarci due volte, ovviamente. Ma quando si allontanarono la
guardò stupito e sorpreso.
«Perché?» chiese, accigliato.
«Non me ne vado mai a mani vuote, Dean. Dovresti saperlo» rispose Gwen, facendo
un enorme sorriso. «Ci vediamo in giro, stronzetto!»
Gli voltò le spalle e si avviò verso l'altra parte della strada, pronta a
mettersi a bordo della sua auto, come Dean del resto.
«Ci vediamo in giro» mormorò Dean, sorridendo tra sé e sé.