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Autore: Laylath    15/09/2013    3 recensioni
Nel 1916, ad un anno dalla caduta del regime militare del comandante supremo King Bradley, un nuovo sistema di governo si afferma ad Amestris. Una democrazia che non può accettare figure scomode.
Una decisione presa durante una notte autunnale, in una cella, è l'inizio di dieci giorni in cui la storia viene decisa da sei singole persone.
Genere: Azione, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Team Mustang
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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Capitolo 15. Scontro finale.

 

Giorno 10.

 
Ore 19.00.
 
“Hanno preso quella maledetta torre, sì o no?” chiese Mustang con esasperazione
“Sì, signore! – rispose Fury, sistemandosi meglio l’auricolare con cui si teneva in comunicazione con il sottotenente – Ma Havoc ha detto che hanno perso almeno cinque uomini tra i tiratori scelti… la resistenza è stata peggio del previsto”
“Lui sta bene?”
“Pare di sì, almeno… dalla voce non mi sembrava ferito. Un minuto di tempo e inizia la copertura”
“Molto bene. Preparatevi all’assalto!”
La situazione non era facile e non poteva negare di esserselo aspettato. Il primo impatto con le forze a protezione del governo era stato più duro del previsto: erano giovani e impauriti, ma con quel tipo di paura che ti fa attaccare più che fuggire. Purtroppo quella foga rendeva difficile ai suoi soldati, provati fisicamente dalla prigionia, di reggere un assalto così pesante. La presa della torre aveva richiesto più tempo e sacrifici del previsto, nonostante a terra fossero rimasti anche soldati nemici.
Devo arrivare a quella maledetta piazza… in queste vie e con tutti questi soldati non posso scatenare l’alchimia.
Mustang era assieme ai suoi uomini, o meglio, Falman, Breda e Fury circondavano lui ed il tenente.
Sulle prime l’alchimista aveva protestato, ma poi aveva accettato quella protezione: non potevano permettersi di rendere Riza un facile bersaglio. La donna era troppo provata per poter avere i riflessi pronti che la caratterizzavano: si vedeva che non era per niente in grado di reggere la situazione.
“Tenente, dovresti andare nelle retrovie e…” ripeté per la decima volta
“Il mio posto è qui, signore!” disse la donna con ostinazione, il volto segnato dalla fatica
“Signora, forse dovrebbe seguire il consiglio del colonnello”
“No, sergente… attento alla tua destra piuttosto”
“Sì!”
“Mi dispiace dirlo, ma questa situazione fa più danno che altro – commentò Breda, allontanando con un colpo di fucile un soldato che si era avvicinato troppo – E’ un classico, se vedono un gruppo piccolo gli piombano addosso… o ci separiamo o facciamo qualcosa!”
Mustang annuì, capendo che il sottotenente aveva perfettamente ragione.
“Fury l’auricolare che mi hai dato è attivo?”
“Eh? Si, colonnello, perché?”
“Tu e Falman andate nella traversa a sinistra: da quella parte lo sfondamento mi pare quasi completo”
“Cosa? – si sorprese Falman – Ma signore, noi non possiamo lasciarla…”
“Ci penserà Breda a coprirci – scosse il capo Roy – e ho bisogno che voi siate lì ad aggiornarmi della situazione: niente assalti personali, restate in copertura… devo essere aggiornato in tempo reale”
Fury e Falman si scambiarono un’occhiata perplessa
“E’ un ordine, ragazzi” ricordò loro Mustang
E così facendo un rapido saluto militare, i due soldati si staccarono da loro e corsero verso la posizione che gli era stata ordinata. Era stato un ordine necessario, anche se il colonnello rimpianse di averli allontanati da sé: avrebbe voluto averli accanto per poterli proteggere, ma in quel momento, senza poter usare l’alchimia, era più rischioso farli stare vicino alla sua persona.
“Non si preoccupi, tenente – disse nel frattempo Breda, mettendo una mano sulla spalla di Riza – andrà tutto bene. Non gli accadrà nulla di male”
Riza annuì, ma dentro di sé sentiva un’inevitabile tensione: vedere Fury, per la prima volta, in mezzo a un tale caos le metteva più ansia di quanto si fosse mai aspettata. Era qualcosa di molto diverso rispetto alle loro solite missioni… questa era una vera e propria guerra con decine e decine di soldati che combattevano. Sapeva che il sergente era stato in trincea durante la loro separazione forzata a causa di Bradley, ma vederlo avanzare tra i nemici di persona era una cosa molto peggiore.
“Non è solo, c’è Falman con lui – ribadì il colonnello – e poi il piccolo ha un fegato non indifferente. Ti ho suggerito decine di volte di permettergli di spiccare il volo”
“Sono sicura che il sergente Fury e il maresciallo Falman se la caveranno egre…”
Fu un attimo e il braccio della donna si alzò fulmineo in direzione del colonnello. Il proiettile partì, passando a una decina di centimetri da Mustang e andando ad impattare contro un soldato che stava a cinque metri da loro, pronto ad aggredirli. Lo sguardo della donna rimase fermo e impassibile, mentre il nemico cadeva a terra senza emettere suono.
“Faccia attenzione, colonnello – disse Riza – non dia le spalle al nemico. Breda, tu controlla a sinistra, io penso al lato destro”
“Come desidera, signora… ma al primo accenno di cedimento…”
“Stai tranquillo che non metterò a repentaglio la vita del colonnello per una stupida ostinazione”
“Ottimo… ed intanto questi pivelli iniziano a farci largo. Havoc e i tiratori scelti hanno sicuramente iniziato a fare fuoco, signore!”
“Molto bene! – Mustang si girò verso le sue truppe: si vedeva che quel primo scontro le aveva indebolite, ma si intuiva perfettamente che erano pronte a scattare per la scarica di adrenalina che avrebbe dato il suo comando. Quindi alzò la voce ed esclamò – Per il drago d’argento! Per Amestris! Prendiamo quella dannata piazza! Adesso!!”
Fu come uno squillo di tromba, come se la crepa di una diga cedesse e l’acqua si riversasse violenta al di fuori di essa. Uomini prigionieri da settimane tornarono soldati aggressivi e potenti: l’onda travolse la resistenza delle truppe cittadine con una violenza inaudita. Non furono più sparate pallottole, ci fu solamente un violentissimo impatto corpo a corpo.
Mustang fece cenno a Riza e a Breda di farsi immediatamente da parte: si appiattirono contro un muro per lasciar passare quella fiumana di persone che spingevano in avanti e altre che cercavano di bloccarli.
Stanno dando tutto in quest’azione di sfondamento – pensò il colonnello, mettendo un braccio davanti al tenente per proteggerla ulteriormente – Una volta in piazza saranno stravolti. Dovrò fare tutto il possibile per spronarli!
Quando videro che la spinta verso la piazza era terminata, i tre si portarono avanti, riuscendo a passare in mezzo a tutte quelle persone.
“Uomini di Amestris! – gridava Mustang – Ottimo assalto! Ma ora ricompattatevi: la strada per la piazza è aperta! Ripeto: ricompattatevi… devono trovarci come fronte unito!”
La scintilla di follia apparsa sui soldati si spense immediatamente, come se la voce del colonnello avesse premuto un interruttore. La disciplina di anni ed anni fece il suo effetto e gli uomini furono lesti ad eseguire quell’ordine. Le truppe del governo approfittarono di quel momento per indietreggiare con velocità nella piazza.
“Che hanno in mente?” chiese Mustang
“Indietreggiano con troppa fretta – commentò Breda – stanno certamente facendo spazio a qualcosa di grosso”
Mustang lanciò uno sguardo dietro di lui: insieme a Breda e il tenente si trovava a circa una decina di metri dall’inizio della piazza, mentre dietro le sue truppe si disponevano ordinatamente, pronte a una nuova azione. Si era creato un preoccupante vuoto tra loro e i nemici… quasi tutta la piazza.
Si fece un improvviso silenzio.
Tutti sentivano che stava per succedere qualcosa di grosso.
“Eh no! – esclamò Breda, con un broncio offeso – Questa non dovevano farmela!”
Riza dilatò gli occhi
“Ma quello è un carro armato!”
“Ah sì… tu eri priva di sensi, tenente. – ricordò Mustang – Ma per salvarci tra le altre cose è entrato in scena anche un carro armato”
“E’ lo stesso che ho usato io stamattina – protestò il sottotenente – Questa è vera e propria maleducazione! Sono irrimediabilmente offeso, signore”
“Beh, anche tu a lasciarlo in mezzo alla piazza… – sorrise sarcasticamente il colonnello – Guarda come avanza bene”
“Signore! – esclamò un soldato dietro di loro, con tono preoccupato – Che cosa dobbiamo fare?”
Il carro armato procedeva verso la loro parte con aria minacciosa: dietro di lui le truppe governative lanciavano grida di incoraggiamento, come se fossero sicuri di avere la vittoria in pugno
“Poverini, quasi quasi mi dispiace per loro” sorrise Mustang
Batté le mani e poi si piegò per poggiale con forza sul terreno. Stimolata dall’alchimia la pavimentazione della piazza iniziò a muoversi violentemente verso il carro armato: fu come se il terreno avesse preso vita e in pochi secondi il mezzo venne imprigionato da lastre di cemento e marmo che provvidero a storpiare il cannone.
“Possibile che tutti si dimentichino che oltre all’alchimia del fuoco so usare anche quella normale?” chiese con un sorriso rammaricato il colonnello.
“Stia tranquillo che d’ora in poi se lo ricorderanno” sorrise Breda
“Bel colpo colonnello” esclamò Havoc nell’auricolare
“E ora… secondo e definitivo attacco! Amestris!”
E l’esercito iniziò ad avanzare.
 
Nel giro di pochi minuti la piazza fu palcoscenico del feroce ultimo scontro tra le forze ribelli e quelle governative: ormai tutti gli uomini di entrambe le fazioni erano su quel grande rettangolo di spazio libero in mezzo alla città. I combattimenti corpo a corpo, con fucili e baionette, proseguivano senza sosta con uomini relativamente freschi che si scontravano con altri animati da una profonda determinazione. Quasi al centro della piazza stava una sorta di curioso monumento: un carro armato sollevato dal terreno da diverse lastre di cemento e pavimentazione; pendeva curiosamente verso sinistra, stabilizzato da quei sostegni ed il cannone era piegato a metà e racchiuso in una strana protezione di malta solidificata.
Mustang, Breda e il tenente stavano in disparte rispetto alla ressa, proprio vicino a quel carro armato: il resto dei soldati aveva paura ad avvicinarsi a quell’ammasso di metallo che pareva dover crollare. Solo il colonnello era sicuro della sua stabilità e si era messo in quella sorta di rifugio.
Riza sembrava reggere abbastanza bene: sembrava che anche lei avesse una buona carica di adrenalina dentro di sé. Aveva sparato diverse volte e tutti i suoi colpi erano andati a segno: più che altro erano le gambe che ogni tanto cedevano, ma Breda era sempre pronto a sostenerla.
Anche il sottotenente rosso se la cavava discretamente: sapeva come proteggere sia il colonnello che il tenente e ora che si trovavano in una posizione relativamente coperta, era più rilassato, sebbene vigile e attento.
Mustang alzò lo sguardo alla torre da dove provenivano numerosi spari e sorrise: Havoc e la sua squadra di tiratori scelti stava facendo davvero un ottimo lavoro di copertura. Aveva visto almeno una ventina di avversari cadere per colpi arrivati dall’alto.
Sì, è solo questione di poco, ma direi che è fatta. Stanno cedendo perché non si aspettavano che resistessimo così tanto… ancora poco, forza! Forza!
Il suo sguardo corse infine al lato sinistro della piazza: l’unica cosa che lo preoccupava era che non riusciva più a rimettersi in contatto con Fury. La parte razionale di lui gli diceva che era molto probabile che, in mezzo a quel caos, la piccola radio fosse caduta o avesse subito qualche colpo. Eppure aveva un’insistente fitta di timore che proprio non voleva lasciarlo.
“Signore?” chiese Riza, guardandolo con curiosità.
“Niente, tenente… pensavo solo che siamo quasi pronti per l’attacco finale”
No, Riza era l’ultima persona a cui dire una cosa del genere: non poteva preoccuparla proprio in quei momenti fatidici.
E poi – si cercò di convincere, scrollando le spalle – non è solo, ma con Falman.
 
Proprio in quel momento Fury e Falman si trovavano nel bel mezzo della battaglia.
Da quando l’esercito era entrato nella piazza ed era iniziato l’ultimo scontro si era persa qualsiasi cognizione di squadra: era il caos più totale.
Fury era abbastanza disorientato: il tipo di guerra a cui si era abituato era quella della trincea, fatta di corse lungo i corridoi di terra e nemici sotto forma di bombe e granate da evitare. Lo scontro corpo a corpo, con le baionette, era qualcosa che non aveva ancora avuto occasione di sperimentare… e non avrebbe mai voluto farlo.
Infatti era proprio in questa tipologia di battaglia che il suo corpo mingherlino e piccolo mostrava tutti i suoi limiti. In un corpo a corpo c’era bisogno di un fisico forte come quello di Havoc e Breda per poter opporre adeguata resistenza: la sua bassa statura e il suo peso leggero erano un vero ostacolo.
Fino a quel momento era stato costretto a tre scontri e tutte e tre le volte era bastato il primo impatto a mandarlo a terra. Era una reazione abbastanza inusuale che lasciava perplessi gli avversari: loro si aspettavano che il nemico indietreggiasse, non che cascasse seduto come una pera. Ma era per questo motivo che il sergente, pur vedendosela brutta, era sempre riuscito a salvarsi: il momento di sbandamento bastava perché qualche soldato suo alleato arrivasse ad impegnare l’avversario.
Ovviamente la radiolina si era rotta al primo scontro.
E a questo si aggiungeva il fatto che la ressa l'aveva separato da Falman.
Aveva visto il lavoro fatto dal colonnello con quel carro armato e intuiva che piano piano la lotta stava volgendo a loro favore: bastava guardare il lento ma inesorabile avanzare dei suoi alleati nella superficie della piazza.
Però sentiva l’impellente necessità di trovare i suoi compagni: l’unica cosa che sapeva di loro era che Havoc stava sopra la torre… un posto troppo lontano da raggiungere.
Se doveva essere sincero si sentiva un po’ come quando da bambino si era perso alla fiera del paese.
Solo che qui al posto di gente sorridente c’erano soldati che combattevano con ferocia.
“Maresciallo?” iniziò a chiamare, cercando di farsi strada in quella confusione e evitando più che poteva eventuali scontri. Se gli capitava aiutava i suoi compagni, tanto li riconosceva per le divise maggiormente logore e rovinate, ma il suo scopo era ricongiungersi agli altri.
Fu per questo motivo che non vide il soldato che puntò la baionetta contro di lui e procedette all’affondo.
Il colpo, considerata la sua bassa statura, l’avrebbe dovuto colpire appena sotto il cuore…
Ma come si girò all’ultimo, avvertito da quell’istinto tipico di chi è stato in guerra, vide solo la divisa blu di un soldato messo di schiena che si inzuppava rapidamente di sangue.
Gli occhi neri del sergente si dilatarono d’orrore come vide che l’uomo che gli aveva fatto da scudo aveva i capelli bicolore.
“Maresciallo!!” esclamò disperato, mentre Falman cadeva all’indietro. Riuscì in qualche modo a sostenerlo, mettendo tutto l’impegno possibile del suo esile corpo.
“Fury… - ansimò Falman, portandosi una mano alla ferita e serrando gli occhi per il dolore – stai bene?”
“Signore – singhiozzò il ragazzo, inginocchiandosi e sostenendogli il busto – è stata tutta colpa mia!”
“Vai nelle retrovie, Fury…”
Le retrovie? Come posso pensare di lasciarla qui…?
Fury si guardò attorno con disperazione, vedendo che, miracolosamente, nessun avversario sembrava intenzionato ad avvicinarsi a loro per dare il colpo di grazia al maresciallo.
“Per favore – chiamò – aiutatemi! Dobbiamo portarlo via!”
“Sergente – disse Falman con un colpo di tosse – vai, è un ordine”
“Signore… signore! – pianse Fury – Il colonnello ci ha detto che dobbiamo sopravvivere… non possiamo… non può adesso… ce l’abbiamo quasi fatta!”
Proprio in quel momento alcuni soldati si avvicinarono a loro, riconoscendoli come uomini della squadra del colonnello. Sollevarono in fretta Falman e aiutarono ad alzarsi Fury.
“Alle retrovie, presto!” disse uno di loro
Fury, iniziò a seguirli, come intontito… i rumori della battaglia sembrarono sparire nella sua mente. Sentiva solo un forte ronzio nella testa, come una fastidiosa interferenza delle sue radio.
Per favore… per favore… non Falman!
Non si accorse nemmeno dell’urlo vittorioso
“Retrocedono definitivamente! Abbiamo la vittoria in pugno!”
 
Dal modo in cui le forze governative retrocedevano, Mustang capì che avevano davvero vinto: la piazza era ormai in mano ad una sola fazione e i nemici rimasti si stavano affrettando verso il palazzo governativo, anche se una notevole parte di loro stava facendo cadere le armi in segno di resa.
Non potevano farcela contro uomini d’esperienza…
Alcuni gradi alti si accostarono a lui, facendogli rapidi rapporti: la piazza era definitivamente in mano a loro, i morti erano relativamente pochi ed il palazzo del governo sarebbe stato preso nell’arco di venti minuti da alcuni gruppi specializzati in simili raid.
“Perfetto! – annuì Mustang – Voglio che il palazzo venga ripulito dai soldati: che tutti gli uomini del governo vengano portati illesi nella sala principale. Voglio scambiare quattro chiacchiere con loro”
“Agli ordini, signore!” si mise sull’attenti il generale di brigata che gli aveva riferito gli ultimi rapporti.
“Non era un soldato che parlava a un colonnello – commentò Breda come l’uomo si fu allontanato – quello stava già parlando al Comandate Supremo”
Mustang sorrise compiaciuto
“Bene, adesso prepariamoci ad andare a fare quattro chiacchiere con i nostri amici. Un bel faccia a faccia tra loro e me… e la mia squadra. Sentito Havoc? Organizza i tuoi uomini e poi raggiungimi”
“Arrivo, signore!”
“Avvisi anche il sergente e il maresciallo, allora” fece notare Riza
“Oh… ecco con loro ho qualche difficoltà di contatto, ma sono sicuro che…”
“Signore! – lo chiamò un soldato, arrivando di corsa – Uno degli uomini della sua squadra è stato ferito!”
A quelle parole Mustang si irrigidì, il viso che sbiancava. Riza si appoggiò pesantemente a Breda e il sottotenente stesso dovette mantenere il proprio autocontrollo.
“Come!? E’ grave!? Dove si trova? Portami immediatamente da lui!!” ordinò Mustang
Il soldato indietreggiò davanti a quella sfuriata.
“Mi segua, signore…” balbettò
Il colonnello e gli altri lo seguirono a grandi passi
No… non potete farmi questo… io vi ho ordinato DI NON MORIRE!
 
Quella fasciatura improvvisata faceva davvero impressione a Fury.
Nonostante il sangue avesse smesso di uscire era così sporca di rosso che il sergente temeva che il maresciallo fosse praticamente dissanguato. Il soldato che aveva provveduto a curarlo, un veterano di diverse battaglie, l’aveva rassicurato dicendogli che il taglio non aveva leso organi vitali: era un punto del corpo dove non c’erano bersagli utili.
Perché lui è molto più alto di me – aveva capito Fury mentre scuoteva il capo con disperazione – Quel colpo mi avrebbe preso al cuore e lui mi ha fatto da scudo.
Dopo che erano arrivati nelle retrovie, per fasciare il maresciallo avevano utilizzato la sua stessa camicia. Com’era pallida la pelle di quell’uomo, com’era magro…
Dovendosi occupare anche di altri feriti, il soldato che aveva curato il maresciallo si era poi allontanato, lasciando Fury ad occuparsi dell’uomo privo di sensi. Il sergente l’aveva coperto con la sua giacca e anche con la propria e ora stava lì a tenergli la mano. Se non fosse stato per la smorfia di dolore sul viso, sembrava quasi che il maresciallo dormisse appoggiato a quel muro grigio.
“Per favore… - mormorava Fury – abbiamo promesso al colonnello di non morire… Non ora, signore! Non ora che ce l’abbiamo fatta…”
Tirò su col naso, mentre nuove lacrime gli uscivano dagli occhi
“Maresciallo… la prego… lei ha ancora così tante cose meravigliose da raccontarmi! Mi ha promesso di parlarmi dei draghi… si ricorda? Mi ha detto che… che mi avrebbe raccontato tante storie su di loro…”
Pensando a quell’uomo così gentile e riservato che, tante volte, gli aveva raccontato decine di storie, proprio come ad un bambino, a Fury si strinse il cuore. Non doveva essere proprio lui a trovarsi in quelle condizioni.
“Falman! Fury!” esclamarono delle voci e subito il sergente ed il maresciallo furono circondati dal resto della squadra.
“Falman! – esclamò Mustang tastando la fronte all’uomo privo di sensi – Avanti Falman! Svegliati!”
“E’ stata tutta colpa mia!” singhiozzò Fury
“Oh no, soldatino… non è così” mormorò Riza, abbracciandolo
“Sì invece! – pianse il giovane – Mi… mi ha fatto da scudo… Ha perso tantissimo sangue!”
“Calmo nanetto – disse Havoc – che hanno detto? Ha organi danneggiati?”
“No… però…!”
“Ecco! – esclamò Mustang, interrompendolo – Dai Falman, riprenditi, così! Sapevo che non saresti venuto meno al mio ordine!”
Con un lamento Falman aprì gli occhi, trovandosi davanti tutta la squadra.
“Oh, maresciallo!” mormorò Fury aggrappandosi a lui e singhiozzando
“Fury? – sussurrò – Stai bene?”
“Sta bene – sorrise Mustang – Era solo molto spaventato per la tua ferita, Falman”
“La battaglia…”
“Vinta, soldato… abbiamo vinto… ce l’abbiamo fatta!” annunciò Mustang con un sorriso stanco
“Mi congratulo con lei, signore…” riuscì a sorridere Falman
“Ce la fai ad alzarti? – chiese Havoc – Appoggiati a me, ti portiamo da un’altra parte…”
“Signore! – arrivò un soldato – Il palazzo ha ceduto e i membri del governo deposto sono stati radunati nella sala grande, come da disposizioni!”
Mustang annuì distrattamente.
Avrebbe voluto seguire Falman in ospedale e accertarsi che fosse curato come si conveniva, ma non poteva rimandare quel momento cruciale.
Ma perché!? Dovevano essere presenti tutti loro!
“Signore, - chiese per l’appunto Breda – vada pure… noi resteremo qui con Falman”
“Andare dove?” chiese il maresciallo, mentre si rimetteva in piedi sostenuto pesantemente da Havoc
“Dovevamo andare tutti a scambiare quattro chiacchiere con quei maledetti… - spiegò il sottotenente – ma considerate le tue condizioni…”
“Andiamo” disse Falman con determinazione
Mustang si girò verso il suo uomo con sguardo sorpreso, ma poi scosse il capo
“Maresciallo hai perso molto sangue e…”
“Signore – mormorò l’uomo – ci hanno già impedito di vincere tutti insieme al precedente colpo di stato… ma questa volta… in quella che è la sua vera vittoria… dobbiamo essere tutti al suo fianco. Sono certo che… - si bloccò per una smorfia di dolore e si portò la mano al fianco – il sottotenente Havoc mi può aiutare a camminare”
Nessuno degli altri obiettò.
Le parole di Falman rispecchiavano la verità: la volta precedente avevano vinto, ma erano tutti in luoghi differenti e questo aveva levato qualcosa di fondamentale alla loro soddisfazione. Per quanto avessero collaborato tutti quanti, persino Havoc allora bloccato nella sedia a rotelle, era mancato l’orgoglio dell’essere tutti uniti a poter dire che ce l’avevano fatta.
Questa volta è la mia vera vittoria, ha ragione… loro hanno il diritto di essere al mio fianco. Ed è mio desiderio che ci siano.
“Havoc, Fury – ordinò – aiutate Falman a camminare. Breda, tenente, voi dietro di me. Andiamo a prenderci la nostra personalissima vittoria”
E con passo lento, ma deciso, si avviarono verso il lato della piazza.
Oltre quel palco dove stava ancora il cumulo di detriti della forca
In quel palazzo dal cui balcone pendeva la bandiera porpora.
Erano le otto di sera.

 
  
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