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Autore: Chexemille    15/09/2013    1 recensioni
La vita della giovane Bridgit cambia improvvisamente quando il giorno del suo 16° compleanno comincia a fare strani sogni.
Ogni sera è sempre lo stesso, tanto che inizia a convincersi che più che un sogni siano vere e proprie visioni.
Una voce continua a ripeterle di stare in guardia mentre due occhi rossi la osservano minacciosi nell'oscurità.
Incomincia per lei la ricerca della sua vera identità scoprendo così di appartenere ad un mondo diverso a quello in cui è stata allevata.
Sarà costretta a scappare continuamente per mettersi in salvo e durante la sua fuga incontrerà nuovi e validi alleati.
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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UN AMARO ADDIO

POV BRIDGIT
 
 
-Non potete portarcela via è nostra figlia- provò a obbiettare colui che fino a qualche ora prima avevo creduto mio padre.

-Hanno ragione loro- risposi io scendendo lentamente le scale.
Mi sentivo ancora debole ma poco alla volta le forze stavano ritornando
-ho quasi ucciso la mamma ti rendi conto. Non ho potuto trattenermi e se resto potrei riuscirci, io…-
dissi prima di bloccarmi. Non trovavo le parole per spiegare come mi sentissi.
Era come se dentro di me convivessero due persone. C’era Bridgit, la figlia devota e ubbidiente,
che soffriva immensamente all’idea di lasciare tutto quanto avesse rappresentato un
caposaldo nella sua giovane esistenza: La sua casa, due genitori amorevoli e la sicurezza
che avevano sempre rappresentato per lei, ma che allo stesso tempo riconosceva
di non avere altra scelta se non voleva fare loro del male. 
E poi c’era Kyra, la neo vampira assetata di sangue, che smaniava alla prospettiva di
abbandonare quel mondo microscopico in cui aveva sempre vissuto.
Desiderosa di scoprire tutto quello che c’era la fuori, di allargare i suoi orizzonti. 
Avvertii un brivido lungo la schiena. Un misto di paura e aspettativa.  
Paura, perché al di fuori di quella casa c’erano i nostri nemici,
coloro che più di quindici anni prima avevano tentato di ucciderci, aspettativa,
perché sentivo che da qualche parte esisteva qualcosa per cui valesse la pena lottare e se necessario anche morire.
Non sapevo da dove mi venissero quei pensieri, finora non mi ero mai considerata un’idealista, al contrario,
mi sarei definita piuttosto una fatalista, rassegnata a vivere un’esistenza piatta e apatica.
Mai avrei immaginato che un giorno sarei diventata una vampira e che avrei dovuto sfuggire a nemici decisi a uccidermi.                                                 Appena raggiunsi il pian terreno Val mi abbracciò rassicurante.        
“Andrà tutto bene sorellina, non permetterò che nessuno ti faccia del male, te lo giuro!”
disse con aria solenne.
Non aveva mosso le labbra eppure io avevo sentito chiaramente le sue parole.

-Ma come…- provai a chiedere, non ero ancora abituata a comunicare telepaticamente,
avrei tanto voluto saperlo fare anch’io pensai.

“Se ti piace tanto sarà la prima cosa che ti insegnerò” mi disse ancora passando il braccio intorno alle mie spalle.
Un gesto così semplice che però servì ad infondermi sicurezza e fiducia nel futuro.

-Non che mi piaccia fare sempre il guastafeste, ma non credete che sia arrivato il momento che
l’uccellino lasci il nido e cominci a volare verso… che so io verdi pascoli.
No, quelli andrebbero bene per una pecora, allora…-
 Peter stava ancora cercando
un esempio più appropriato rovinando quel momento col suo solito tatto da giocatore di hockey,
quando Val lo interruppe alzando la mano.

-Non è necessario che ti affanni, hai reso comunque il concetto, e sì, hai ragione.
Prima ce ne andiamo e meglio sarà per tutti-
dichiarò poi rivolto all’uomo che mi aveva fatto da padre.
Di mia madre non c’erano tracce, dai loro discorsi però avevo capito che Peter aveva provveduto a
sistemare i miei guai, quindi doveva essere in camera sua a riposare. Pensai che avrei potuto evitarmi difficili addii.
Ero legata a Paul, non poteva essere diversamente. Mi aveva allevata e amata, mi aveva anche mentito certo,
ma solo perché credeva che fosse meglio per me. Virginia però era tutt’altra questione.
In quegli anni avevo condiviso quasi ogni attimo della mia vita con lei.
Il nostro si poteva quasi definire un rapporto simbiotico.
Dipendevo da lei in tutto e ora non sapevo se sarei riuscita a lasciarla.
Provavo una forte stretta la petto, come se i polmoni si rifiutassero di dilatarsi per prendere aria.             
Il pensiero di non rivederla più mi toglieva il fiato.                                                         
Senza neppure accorgermene cominciai a piangere. Calde lacrime rigavano il mio viso
senza che io potessi fare niente per fermarle. Il pianto pian piano si trasformò in una vera e
propria crisi isterica. Val cercò di calmarmi,
ma come mi spiegarono più tardi era troppo legato a me per reagire in maniera efficace.
I miei sentimenti stavano cominciando a condizionare anche lui.
Fu Peter a salvare di nuovo la situazione,
la cosa stava diventando una costante e se devo essere onesta a volte mi dava proprio sui nervi.
Mi afferrò per le spalle scuotendomi forte.
Temetti che la testa si staccasse dal collo tanto fu l’energia con cui mi riscosse dalla mia isteria.
Un ringhio sovrumano uscì dalle mie labbra prima che reagissi istintivamente afferrandogli
i polsi e costringendolo a mollare la presa. Non immaginavo di essere più forte di lui, 
ma doveva essere così perché sentii le ossa  sgretolarsi sotto la mia stretta e un urlo rabbioso lacerare l’aria.
Peter mi guadò dritto negli occhi era un misto di stupore e rabbia.  Val accorse dall’amico, valutando l’entità del danno.

-È tutto ok amico, respira profondamente e concentrati, vedrai passerà presto- disse guardandomi accigliato.

-Mi ha frantumato i polsi!- gli fece notare. Sembrava sconvolto, come se non capisse.

-Si lo so- rispose Val.

-Ma come ha fatto?- chiese tornando a guardarsi le mani che gli  pendevano  in grembo flosce.

-Kyra va in cucina, c’è una fiasca con del sangue, portamela immediatamente- mi ordinò Val senza mai allontanarsi dall’amico. 
Sembrava veramente in ansia, realizzai guardandoli furtiva mentre scomparivo in cucina.  
Tornai in un lampo portando l’oggetto richiesto, era rimasto circa mezzo litro di sangue, speravo che fosse sufficiente.

-Lasciateci soli- ordinò ancora Val. 
Io e Paul ci affrettammo a uscire. Ci rifugiammo nello studio, appena entrai avvertii una strana sensazione.
Ero entrata tante di quelle volte la dentro quando l’uomo che un tempo chiamavo papà vi si rinchiudeva a lavorare,
ma ora mi sentivo a disagio. Avrei voluto dire qualcosa, provai a parlare, però richiusi subito la bocca non trovando le parole.
Era tutto talmente assurdo, c’erano tante domande che avrei voluto fargli, ma ormai non avevano più importanza.
Le sole persone che potevano davvero aiutarmi erano nella stanza accanto, e dopo ciò che avevo fatto mi ero
certamente giocata l’appoggio di uno dei due ci avrei scommesso la testa. 
Mi sentivo osservata, sbirciai dietro di me e scoprii di non sbagliare.
Paul mi stava osservando, il suo sguardo era talmente triste e colpevole che non resistetti più.
Corsi da lui e mi buttai tra le sue braccia.
Lui mi accolse senza alcun timore, lo sguardo spaventato di qualche ora prima non c’era più.

-Mi dispiace tanto tesoro! Avremmo voluto dirtelo tante di quelle volte…
ma avevamo paura di perderti-
mi sussurrò prima di liberarmi dall’abbraccio.

-Non fa niente- rispondo. Non avrei saputo immaginare cosa avrei fatto se mi avessero
raccontato la verità prima che Val mi ritrovasse.
Più ci pensavo e più mi convincevo che fosse stato un bene per me che abbiano taciuto.
Non riuscivo proprio ad avercela con loro, ero certa che non avrei potuto avere genitori migliori di Paul e Virginia e glielo dissi.
Lui si commosse e cominciammo a piangere tutti e due, ci abbracciammo di nuovo restando
così finche Val non ci venne a chiamare.

-È ora!- sussurrò -Kyra dobbiamo metterci in viaggio- insistette vedendo che nessuno dei due accennava a lasciare l’altro.
Alla fine feci come diceva e lo seguii fuori dalla stanza. Peter stava di nuovo bene ma continuava a guardarmi in cagnesco,
mi aspetto che mi saltasse al collo alla prima occasione.

-Non per così poco!- rispose Peter e io capisco che per tutto il tempo sapeva cosa pensassi.
Lo detestavo anche per questo, aveva l’insopportabile abitudine di leggermi la mente e questo mi metteva davvero a disagio. 
Mi chiesi se un giorno sarei  riuscita ad avere dei pensieri che fossero tutti miei.
Quanto avrei voluto rendergli la pariglia, chissà cosa frullava in quel cervello, pensai.

-Tranquilla un giorno ci riuscirai!- rispose lui, ma non capii a cosa si riferisse,
se alla possibilità di leggere i suoi pensieri o quella di nascondergli i miei.                                                                                      
All’improvviso Peter si alzò dal divano e mi venne incontro. Aveva una strana espressione,
allora pensai che volesse farmela pagare per l’incidente di prima.
Lui continuava  ad avanzare sembra quasi una scena a rallentatore,
avevo tutto il tempo di ripensare alle cose importanti della mia vita che poi si riducevano a una sola: I miei genitori.  
Malgrado le sue parole e la calma che traspariva da ogni suo movimento quel tipo mi inquietava.
Era a meno di due metri da me e pensai: “Ok, ci siamo”.  Inaspettatamente lui si piegò davanti a me,
posando le mani sul ginocchio sollevato mentre l’altro toccava terra e chinò la testa.

-In nome dell’amicizia che mi lega a tuo fratello ti assicuro tutta il mio sostegno,
ti chiedo solo una cosa in cambio, la prossima volta che sentirai il bisogno di farmi a pezzi,
potresti tenerlo presente?-
mi chiese sollevando la testa, con un luccichio divertito nello sguardo.

Quel vampiro mi spiazzava, aveva l’assurda capacità di fare sempre l’opposto di quello che mi aspettavo,
sembrava divertirsi molto a vedere il dubbio sul mio viso. Non sapevo se prenderlo sul serio o no.
Mi voltai verso Val in cerca di un segno che mi aiutasse a decifrare quel comportamento,
lui annuì sereno come per dire: “Ti puoi fidare”.

-Ci proverò, ma solo perché ci fa comodo avere un medico in famiglia!- risposi ironica.

-Ora mi offendi, io sono molto di più di semplice dottore, sono guaritore.
Loro giocano a fare Dio, io sono un Dio!-
replicò tirandosi in piedi in tutta la sua maestosa persona.

-Come ho fatto a non capirlo?- finsi di chiedere contagiata dal suo buonumore. 
Per quanto mi stesse sulle scatole dovevo ammettere che era proprio un bel tipo.
Sembrava uno di quei classici modelli da copertina, alto circa un metro e novanta, biondo, occhi castani bello in modo fastidioso.
Aveva sempre il sorriso pronto, come se la vita fosse una giostra continua per lui, in pratica il sogno di ogni ragazza.
Ma poi c’era l’altro lato di Peter, quello che perdeva la calma se provocato e allora i suoi occhi diventavano di un rosso luminoso,
le zanne affioravano dalle sue labbra trasformandolo in una macchina da morte, l’incubo di qualsiasi essere vivente.  
Peter era giusto l’opposto di Val, non solo esteriormente ma anche caratterialmente.
Mi domandavo come avessero fatto a legare tanto quei due.
Mio fratello era un po’ più basso di Peter, aveva i capelli neri e gli occhi blu proprio come me.
Era più muscoloso rispetto all’amico, sempre serio come se non ci fosse tempo nella sua vita per il divertimento, bello e tormentato.  
Peter stava fissando fuori dalla finestra, era quasi l’alba, ormai eravamo bloccati lì fino al tramonto
pensai ricordando la mia allergia al sole. 
-Ci toccherà ritardare la partenza- dissi ai due –tra poco il sole sorgerà.

-Non è necessario, raccogli le tue cose e saluta, partiamo tra poco.
Voglio mettere quanta più distanza tra noi e i nostri inseguitori.
Sono sicuro che non ci metteranno molto a rintracciarci-
mi informò avvicinandosi a Peter e mormorandogli
qualcosa che nonostante l’udito fino non riuscii a sentire, l’altro annuì e uscì fuori.

-Credevo che il sole fosse letale per voi- intervenne Paul poco convinto.

-È davvero così per alcuni, ma noi siamo diversi- disse Val.

-Non Bridgit, quando era piccola ha provato ad uscire ed è quasi morta-  raccontò l’uomo
ricordando quel giorno come fosse adesso. La figlia aveva visto una lepre fuori dalla sua finestra,
era uscita per acciuffarla e qualche attimo sotto ai cocenti raggi estivi l’avevano fatta urlare
come se le avessero dato fuoco gettandole benzina addosso.

-Finchè non avviene la transizione siamo deboli e quasi tutto può ucciderci,
ma adesso lei è immune al sole, non corre alcun rischio.
Pensi che la metterei in pericolo altrimenti?-
domandò, sembrava infastidito dall’atteggiamento protettivo di mio padre.  
Mezzora dopo avevo raccolto quello che reputavo indispensabile e scesi di sotto.
Erano riuniti tutti in salone, c’era anche la mamma che ora stava benissimo constatai con sollievo. 
Avrei voluto dire tante cose, ma riuscii a dire solo tre parole: Vi voglio bene!”- dopo di che Val mi prese per le spalle portandomi via.       

*ANGOLO AUTRICI*   
Vi è piaciuto il capitolo?
Secondo voi dovre andranno?

Che vi pare del del rapportro che si è creato tra Peter e Kyra?
Secondo voi, dove andranno ci saranno altri come loro?
RECENSITE, aspettiamo impazienti il vostro parere.
UN BACIO
EL e DONNA

 
  
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