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Autore: callistas    16/09/2013    6 recensioni
Ciao!
Eccomi tornata come promesso a postare il primo capitolo di una nuova storia con gli immancabili Draco e Hermione.
Draco è il titolare di Hermione, la quale lavora presso di lui come centralinista. Grazie a una piccola diatriba con la fidanzata di Draco - leggete e saprete fin dal primo capitolo chi è - per Hermione inizia un calvario senza fine, fatto di dispetti e punizioni immeritate.
Spero vogliate darmi ancora l'occasione di sapere cosa ne pensate.
Vi aspetto numerosi!
Un bacio,
callistas
P.S.: La magia non c'è.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
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02 - Come stanno le cose Ragazzi vi chiedo scusa.
L’altra volta Internet, questa che mi sono dimenticata… mi sa che se vado avanti così, dovrò tappezzare casa di post-it per ricordarmi cosa devo fare…

Comunque sia, scusatemi, davvero.


Innanzitutto, vorrei ringraziare le tre ardimentose che hanno commentato il prologo:

justSay,
hermione59,
kasumi_89

Grazie per aver lasciato traccia della vostra lettura.
Naturalmente un ulteriore grazie va anche ai Lettori delle Ombre, ovvero quelli che leggono in silenzio e, spero, apprezzino ugualmente.

Direi che piuttosto che sentirmi – leggermi – blaterare, preferiate leggere il prossimo capitolo.
Vi accontento.

Ci vediamo in fondo,
callistas.









Mancavano cinque minuti a mezzogiorno. Solamente cinque minuti e poi avrebbe potuto andare al bar e ingozzarsi con un bel panino e una coca cola.
La sua mente aveva già proiettato tutto un film nella sua testa, dove lei si dirigeva con sicurezza al bancone del bar con il barista che la salutava come sempre e, alla fine, l’agognata ordinazione.


Tre minuti ancora e tutto quel ben di dio sarebbe finito nel suo stomaco, che assomigliava più a un’isola ecologica dell’umido senza fondo.

Controllò la posta un’ultima volta, un gesto che le costò ben tre secondi!, fondamentali per far trascorrere il tempo più velocemente. Appallottolò un post-it con un messaggio vecchio già recapitato e lo cestinò.

Un minuto…

Con lo sguardo vagò sulla scrivania e nell’atrio per controllare che fosse tutto a posto. Felice di poter uscire a mangiare qual…

DRIN DRIN – DRIN DRIN – DRIN DRIN – DRIN DRIN

Quante parolacce può tirare una ragazza, all’apparenza mite e gentile, in un frangente di due secondi?
Hermione Granger aveva perso il conto a ottocentoventisette.
Si sedette pesantemente sulla sua sedia e, prima di rispondere, cercò di modulare il suo tono di voce, per non risultare aggressiva per quella telefonata dell’ultimo minuto.
Quando poi vide che era l’interno di Pansy avvertì la fame passarle del tutto.

“Pronto?” – chiese con il tono di voce di chi sta parlando con l’ennesimo creditore.
“Grenfer?”

Hermione chiuse gli occhi. Non solo il suo peggior incubo si era presentato alle nove e mezzo di quel mattino, non solo il suo peggior incubo era dotato di una maleducazione fuori da ogni limite, non solo il suo peggior incubo le aveva rivolto la parola, offendendola tra l’altro, ma adesso la chiamava per chissà quale astrusa ragione che capitava, guarda caso, con estrema urgenza all’ora di pranzo!
Dire che era una iena, era dire niente.

“Granger…” – precisò Hermione, conscia che non sarebbe stata ascoltata. – “… mi dica signorina Parkinson.” – disse Hermione, trattenendosi con delle catene invisibili.
“Oh, sì, beh… quello che è…”
Hermione aprì sdegnata la bocca ma ringraziando il cielo non proferì parola.
“Voglio…”
Neanche “vorrei”, pensò Hermione, seccata per quella continua dimostrazione di maleducazione.
“… che mi porti…”
…che mi portassi, ignorante!, pensò la centralinista sempre più stizzita.
“… il catalogo che è sul tavolo all’ingresso. È urgente.”
“Sì, signorina Par…”
Click.
Hermione chiuse gli occhi e iniziò a respirare pesantemente.
Si umettò le labbra così tante volte che era certa di aver consumato il primo strato di pelle. Odiava la maleducazione in qualsiasi sua forma, anche quella dove le persone chiudevano la comunicazione senza lasciar finire l’altro di parlare.
Rimise apposto la cornetta e giunse le mani in preghiera. Quando aprì gli occhi, questi erano decisamente spiritati e chiunque fosse passato in quel momento avrebbe giurato che Hermione Granger fosse posseduta dal diavolo in persona.
“Gliela porto immediatamente signorina Merdinson.” – bofonchiò Hermione.




Mezzogiorno e cinque.
Forse poteva ancora farcela.

Si diresse con passo celere all’ingresso, per quanto i tacchi glielo permettessero, prese il catalogo incriminato – quando vide che era una rivista di quelle che i clienti leggevano in attesa di essere ricevuti, pregò che la Parkinson cadesse dalle scale e si rompesse la testa – e lo portò in ufficio da Pansy. Prese l’ascensore, pregando tutti gli dei che conosceva di fare in modo che non le capitasse altro.

Sorridente come non mai per non aver subito incidenti di percorso vari, Hermione si fiondò a grandi falcate, diversamente dalle sue colleghe che facevano passi piccoli e contenuti, come se stessero per dirigersi all’altare per sposarsi e arrivò davanti all’ufficio della vacca.
Su due gambe…

TOC TOC

“Avanti!” – tuonò una voce seccata.
Evidentemente Hermione doveva averla disturbata sul più bello. Si complimentò con se stessa per l’ottimo tempismo. Una piccola vendetta personale che le migliorò lo stato d’animo.
“Signorina Parkinson, le ho portato il suo…”
Oltre a bloccarsi imbarazzata, rischiando di cadere a terra per la brusca fermata, Hermione aspirò una quantità d’aria tale che somigliò al risucchio dell’aspirapolvere quando viene acceso. Si schiaffò davanti agli occhi la rivista, ma la scena che l’aveva accolta al suo ingresso venne marchiata a fuoco nella sua mente.
In ufficio di Pansy c’era niente popò di meno che il presidente, Draco Malfoy, impegnato in affari con la sua fidanzata.
“Cosa vuoi?” – sbottò Pansy, mentre cercava di darsi un finto contegno.
A Draco non piacevano gli esibizionisti.
Così come non gli piaceva essere beccato in certi atteggiamenti dai dipendenti. Che diavolo ci faceva Hermione nell’ufficio di Pansy?
“Ho portato la rivista che mi aveva chiesto, signorina…” – disse Hermione per evitare di dar a intendere che avesse disturbato apposta.
Vediamo che mi rispondi, stronzetta!, pensò Hermione, gongolante.
Pansy la guardò sdegnata.
“Cos’avrei fatto io, scusa?!?”
In un nano secondo Hermione sgranò gli occhi e sentì le guance accaldarsi, segno che si stavano arrossando.
Ma per la rabbia.
“Mi ha chiamata due minuti fa, chiedendomi la rivista che si…”
“Io non ti ho chiesto niente! Perché avrei dovuto fare una cosa simile?”
Infastidita non solo per essere stata interrotta mentre stava parlando, ma per l’ingiusta magra figura che stava facendo di fronte al suo titolare, Hermione preferì masticarsi la lingua come se fosse un chewing-gum, per evitare di scadere nel triviale.
Diplomaticamente sorrise e, anche se ingiusto, si scusò.
“In tal caso… scusate l’interruzione. Buon appetito.” – disse Hermione, uscendo dalla porta.
Prima di uscire, lasciò la rivista sul tavolino all’ingresso.
“Te ne vai di già? È questo l’attaccamento che hai per il tuo lavoro?” – chiese Pansy, ottenendo una specie di benevolo assenso da parte di Draco.

E Hermione non ci vide più.
Poteva sopportare la sua maleducazione, che la trattasse come una schiava al tempo degli egizi solo perché stava al centralino, che la interrompesse mentre stava parlando o mille altre cose ancora… ma non che la si facesse passare per una che non teneva al proprio lavoro, solo perché non saltava le pause pranzo.
Era pienamente consapevole che ciò che stava per fare avrebbe decretato l’inizio di una serie di vendette – o di un suicidio professionale per la presenza di Draco Malfoy – ma in quel momento la frase di Pansy era stata l’equivalente del drappo rosso per il toro.
Armandosi di tutta la pazienza che il Signore le aveva dato – evidentemente ben poca perché nella distribuzione se ne stava in ultima fila – si girò e diede il ben servito alla signorina Merdinson.
Draco e Pansy sollevarono entrambi un sopracciglio per quell’atteggiamento battagliero assunto dalla portinaia.

“Il mio attaccamento al lavoro va dalle otto del mattino fino alle dodici e dalle quattordici alle diciotto. Durante tale orario mi può chiedere anche il mondo e io provvederò ad accontentarla…”
Pansy la guardò sbigottita.
“… ma senza il giusto apporto di vitamine e proteine non posso fare un granché. Quindi, per evitare di non poter soddisfare le sue richieste…” – alludere allo stato in cui aveva beccato Pansy e il suo datore di lavoro fu istintivo – “… è meglio che vada a mettere qualcosa sotto i denti. Di nuovo, buon appetito.” – disse Hermione, uscendo dalla porta.
Si diresse velocemente verso l’ascensore per non correre il rischio di tornare in quella stanza e metterle le mani addosso. Non era pienamente soddisfatta della sua risposta – infatti, appena messo piede fuori dalla porta le vennero alla mente altre frasi di maggiore effetto –, ma almeno una piccola soddisfazione se l’era presa.
Ovviamente, ora, ne avrebbe pagato le conseguenze.




In ufficio una stralunata Pansy e un decisamente sconcertato Draco stavano riavvolgendo il nastro della memoria per accertarsi di aver sentito bene.
In verità, l’uomo era diviso in due: una parte voleva richiamare Hermione per quella risposta che aveva contenuto una chiara allusione a come si era fatto beccare con Pansy, dall’altra, invece, avrebbe voluto lasciar perdere.
Hermione Granger era forse l’unica impiegata che ancora doveva ricevere un richiamo verbale o scritto. Si era sempre comportata correttamente e non gli aveva mai dato particolari problemi e mai, in due anni, aveva disturbato le persone per delle sciocchezze.
Certo, lui per primo era conscio che Pansy, certe volte, poteva risultare antipatica e che avesse pure lei qualche difetto ma in quel momento Draco non era obiettivo, perché era innamorato di lei e a breve si sarebbero sposati quindi prendere le parti della sua futura moglie fu una scelta istintiva.

“Ma… hai sentito come mi ha parlato?” – si lagnò Pansy con il suo futuro marito.
“Tranquilla… oggi pomeriggio metterò le cose in chiaro.” – disse Draco.

C’era rimasto veramente male per quella risposta.
Quando aveva assunto Hermione Granger, aveva avuto l’impressione che fosse una ragazza a modo e volenterosa. Di certo non una che rispondeva a tono.
Ma Pansy non era soddisfatta. Voleva che Draco la punisse come giusto che fosse per essersi rivolta in quel modo così irrispettoso alla futura compagna di Draco Malfoy.




“Ehi là, vecchietta! Come mai così tardi?”

Il filmino che si era fatta nella testa dove lei entrava raggiante a fare la sua ordinazione finì nel cesso. Si accomodò al bancone del bar e fulminò Ron, il proprietario, con lo sguardo.
“Ohi, ohi… la principessa sul pisello?” – scherzò il rosso, riferendosi a Pansy Parkinson che lui conosceva solo tramite i racconti di Hermione o da qualche articolo di gossip sulle riviste.
Con uno straccio dava un’asciugata al bancone.
La ragazza non si espresse verbalmente. La sua aura parlava già di per sé.
“Se la beccassi in un vicolo cieco, giuro che l’unica persona che uscirebbe sarei io!” – fu la minaccia di Hermione.
“Che boccuccia di rose…” – ironizzò Ron.
“Sta zitto e fammi due panini!” – ringhiò la ragazza, mentre trattava la sua borsetta con la delicatezza di Mike Tyson con l’avversario.
“Come?” – chiese il barista, ormai abituato a quelle esplosioni di rabbia.
“Fai tu!” – tuonò lei, cercando di sbollire la rabbia.

Mezz’ora più tardi, Hermione si stava ingozzando con i panini e Ron la osservava stupito per quanto un corpicino così esile mangiasse come un bue in arretrato di una settimana.
“Calma che ti strozzi…”
Hermione lo guardò e si rese conto di star mangiando come un animale. Iniziò a masticare lentamente e a riprendere la via della mitezza. Ingoiò l’ultimo boccone del primo panino e si pulì la bocca.
“Scusami…” – disse lei mortificata per come l’aveva trattato.
“Tranquilla…” – disse lui, mettendole davanti la bottiglietta d’acqua.
Era abituato a ben peggio…
Hermione la prese e bevve qualche sorso.
“Mi dici adesso cos’è successo in ufficio?”
“Niente, lascia stare…”
Ma Ron non demorse.
“Dai, sputa il rospo.”
E Hermione, evidentemente, non vedeva l’ora di raccontargli tutto.
“Ma niente… a mezzogiorno mi chiama la Stronza e mi chiede una rivista. Io gliela porto, ma era impegnata con il direttore, nonché suo fidanzato secolare. Quando sono entrata, avrei voluto vomitare, visto che mancava poco che li beccassi nudi sul divanetto.”
Ron annuì interessato.
“Quando sono entrata, mi ha quasi sotterrata di parole perché l’avevo disturbata così, ho fatto presente che il giornale me l’aveva chiesto lei e sai che mi ha risposto?” – chiese Hermione con un sorriso sarcastico.
“Cosa?”
“Io? Ma io non ti ho chiesto niente!” – disse Hermione, imitando alla perfezione la voce sdegnata di Pansy.
“Bella stronza.” – commentò Ron.
“Oh beh… per quello che me ne frega.” – disse Hermione, facendo le spallucce. – “Il punto è che adesso come minimo avrà chiesto al suo fidanzatino di intervenire. Sta a vedere che oggi mi chiamerà nel suo ufficio per farmi il pelo!” – disse lei, che sapeva come funzionavano quel genere di cose.
“Ma dai… io non credo che sia così bastardo.” – fece Ron, pensoso. – “Insomma… l’avrà visto pure lui come ti ha trattata, no?”
“Se stuzzicato con le giuste parole, lo saresti anche tu. Comunque domani ti faccio il resoconto, tranquillo.”
“Ok, ma adesso mangia con calma.” – disse il ragazzo con dolcezza.
Era l’unico che aveva il potere di calmare i suoi bollenti spiriti.




Mancava un quarto d’ora alle due e Hermione era in bagno a lavarsi i denti, abitudine alla quale era molto affezionata. Uscì dal bagno e salutò il suo amico.
“Ciao, ci vediamo domani!”
“Devo mettere la pedana per gli invalidi?” – scherzò lui.
“Ha ha…” – rise lei, ironicamente. – “…bravo, scherza… poi ci penso io a te. Ciao ciao!”
“Ciao Hermione!”
La ragazza raggiunse la sua auto, vi salì sopra e tornò al lavoro.




Non era per niente tranquilla e, comunque, come avrebbe potuto esserlo?
Aveva risposto alla fidanzata del capo ed era un torto che non si poteva tollerare.

Erano le quindici e quaranta del pomeriggio e Hermione era arci-mega-stra sicura che se non l’aveva chiamata alle due sarebbe salita da lui a fine giornata, il che la portò a rilassarsi e lavorare come al suo solito.
O a provarci, almeno.
Ricevette poche chiamate quel pomeriggio che le diedero il tempo di sistemare vecchie pratiche in sospeso e registrare con ordine le chiamate ricevute.
Draco su quel punto era molto severo: ogni chiamata in entrata e uscita andava registrata con l’ora, il nome di chi chiamava, il motivo e a chi andava passata. Chiedeva un registro ordinato, motivo per il quale Hermione scriveva di getto le chiamate su un block notes e a fine giornata, o quando aveva un buco libero, le riportava con ordine sul registro. Man mano che le ricopiava, le spuntava e poi cestinava il foglio vecchio. Alzò gli occhi sul computer e sgranò gli occhi quando vide l’ora.

Giuda traditore!, pensò la ragazza con sgomento. Dieci alle sei?!?! A posto sono!
Scrisse le ultime due chiamate e poi mise il registro in un cassetto chiuso a chiave.

DRIN DRIN – DRIN DRIN

Per un soffio non saltò sulla sedia.
Quando vide che era una chiamata esterna si rilassò impercettibilmente.
“Malfoy Home buon giorno, sono Hermione. Posso aiutarla? No, sono spiacente: Samantha ha avuto il pomeriggio libero oggi, ma la troverà sicuramente domani. Certo… buona sera.”
Hermione agganciò la cornetta e di nuovo si rimise a pensare a ciò che era accaduto quel mattino e più ci pensava, più non riusciva a trovare una ragione per la quale il direttore potesse richiamarla.
Era dalla parte della ragione: si era solo difesa da un’accusa falsa. Certo era ben cosciente del fatto che rispondere male alla fidanzata del capo era da ritenersi pari a un suicidio professionale.
Ricevette un’altra chiamata.
Da un interno che avrebbe preferito non vedere mai sul display del proprio telefono.

Interno 100: il direzionale.

“Pronto?”
“Hermione, può venire nel mio ufficio?”
“Sì, subito signor Malfoy.” – Hermione riagganciò la comunicazione e aspettò le diciotto per deviare il telefono alla modalità notte.
Quando i minuti dell’orologio del pc scattarono da “59” a “00”, decretando la fine di quella giornata lavorativa – sperò non del suo lavoro lì – Hermione raccattò le sue cose e si diresse in direzione.




Qualche secondo prima di entrare, Hermione chiuse gli occhi e prese un paio di respiri.
Aveva avuto modo di parlare con il signor Malfoy solo in poche occasioni: la prima, quando aveva fatto il colloquio per capire se poteva fare al caso suo e poi nelle sporadiche occorrenze dove dipendente e titolare si scambiavano qualche parola di pura cortesia, per sapere come si trovava al lavoro o se avesse bisogno di qualcosa di particolare.
In quei momenti, il signor Malfoy si era dimostrato molto cortese, cosa che aveva subito conquistato il rispetto di Hermione. Il titolare era una persona a modo e molti lì dentro ne parlavano solo bene.
Perciò le dispiacque parecchio sapere di essere lì dentro per una ramanzina immeritata.
Bussò ed entrò.

“Si accomodi, prego.” – disse Draco, indicandole una sedia.
“Grazie.” – disse Hermione, sedendosi.
Era nervosa.
“Hermione…” – iniziò lui, mentre la donna già pregustava una bella punizione. – “… ho qui sottomano il suo curriculum.”
Ok. Era confusa.
Che c’entrava il suo curriculum, adesso?
“Dal suo sguardo deduco che non capisca il motivo per il quale ho tirato in ballo il suo percorso di studi.” – la anticipò Draco.
“In effetti…” – disse Hermione.
“Mi hanno molto colpito le sue esperienze professionali in ambito amministrativo.”
“Lieta.” – rispose Hermione, pacatamente.
Poi Draco chiuse la cartelletta che conteneva tutte le informazioni che riguardavano Hermione e la fece cadere sul tavolo, in un modo che fece venire la pelle d’oca a Hermione.
Era stupido pensarlo, soprattutto in un momento critico come quello, ma il gesto di Draco le aveva ricordato uno dei tanti film che guardava alla tv, dove il direttore dell’azienda, dopo aver compiuto quello stesso gesto, annunciava il licenziamento del povero malcapitato.
Sperò di non trovarsi in quella situazione…
“Sarebbe un vero peccato se non potesse dar loro un’opportunità per venire a galla. Così come sarebbe un vero peccato dover finire a lavorare in magazzino, non trova?”
E per Hermione fu tutto chiaro.

Tutto il rispetto che aveva provato per lui sparì nel cestino della carta straccia che Malfoy teneva sotto la scrivania. Dunque era quella la fine che le si prospettava se litigava con la Parkinson? Rischiare che lo studio di una vita e le sue precedenti esperienze lavorative andassero a puttane solo perché una persona non riusciva a risolvere i propri problemi da sola?
Non che avesse mire su Draco Malfoy, ma se fosse stata lei la sua fidanzata e una dipendente avesse palesato insofferenza nei suoi confronti, non avrebbe mai chiesto l’aiuto del proprio ragazzo per sistemare le cose ma le avrebbe affrontate a faccia aperta.

Era anche delusa.
Aveva pensato che il signor Malfoy non fosse una persona simile – certo, la loro conoscenza era limitata a quelle poche volte che si incontravano per strada dove lui le aveva sempre fatto una bella impressione – e che fosse una persona corretta.

Ma uno dei difetti – o pregi, a seconda della prospettiva – di Hermione era che più gli altri la minacciavano, più lei sentiva la necessità di far capire loro che non avevano a che fare con una ragazza che temeva di rompersi le unghie o di finire, come preannunciato, in un magazzino.
Scosse leggermente il capo, frustrata per quella situazione e quando rialzò lo sguardo su Draco, questo rimase alquanto stupito dallo stesso sguardo di sfida che aveva letto nei suoi occhi solo quel mattino.

“Sa signor Malfoy…” – iniziò lei, con uno strano tono di voce.
Che palesemente non piacque per niente al direttore.
“… non è mia abitudine discutere le decisioni di un superiore.”
“Un comportamento davvero ragguardevole.” – notò lui.
“Quindi di certo non obietterei né mi opporrei alla sua decisione di volermi sistemare in magazzino. Il personale è molto cortese…” – disse lei, sfidandolo.
E per Draco fu tutto chiaro.


Era vero.
Le rare volte in cui Hermione era dovuta scendere in magazzino per parlare con Roger, il responsabile, era sempre stata trattata molto bene perché in quell’azienda, così come in molte altre, regnava nei vari settori una sorta di codice d’onore: rispetta e sarai rispettato.
Una specie di undicesimo comandamento…

Per Hermione era un istinto naturale portare rispetto alle persone, ma solo se la cortesia era ricambiata.
Le esperienze amministrative di cui Draco parlava, facevano riferimento alle sue precedenti mansioni, soprattutto nella ditta di trasporti di famiglia, dove aveva imparato fin da piccola che il lavoro di tutti andava rispettato, soprattutto quello dei camionisti che effettuavano le consegne. Era un duro lavoro, il loro, ed era ingiusto e irrispettoso deriderlo, credendo che fosse più leggero, solo perché erano sempre in giro per le consegne.
Dietro il lavoro di un camionista c’è tutto un mondo fatto di stanchezza per i viaggi lunghi che a volte ricoprivano l’intero paese, fatto di lontananza dalla famiglia, di compleanni in ritardo o addirittura persi, ma anche di cameratismo e solidarietà con gli altri colleghi.
Così, le volte in cui scendeva in magazzino, lei vedeva solo i suoi vecchi amici ed era naturale trattarli come tali e far capire loro che almeno lei apprezzava i loro sforzi e la loro tipologia di lavoro.

“Il lavoro potrebbe essere pesante, per una ragazza come lei.” – disse Draco, studiando con più attenzione quella sua collaboratrice.


Quando Draco aveva assunto Hermione, credeva che avrebbe avuto a che fare con la solita impiegata, che faceva il solito orario di ufficio e che se ne andava alla solita ora.
Certo, niente di tutto questo cambiava con Hermione, ma era il modo in cui la ragazza organizzava il lavoro che gli aveva dato da pensare, nei vari momenti in cui poteva permettersi di non pensare agli introiti aziendali.
Si faceva portare un caffè e si metteva a fare una carrellata di tutti i suoi dipendenti, cercando di capire come fare per andare loro incontro ma senza risultare troppo morbido. E ogni tanto pensava anche a Hermione al suo modo di lavorare.

Le aveva dato il tempo necessario per prendere confidenza con il lavoro e con il computer e una volta accaduto, l’aveva ritenuta un buon acquisto.
Quando all’inizio passava ancora dall’ingresso principale, Hermione lo salutava con un sorriso e gli metteva in una cartellina, debitamente in ordine alfabetico, tutti i messaggi arrivati indirizzati a lui, le mail e i fax, rispondendo con efficienza alle sue domande.
In un paio di occasioni si era fatto portare dalla donna stessa il registro delle chiamate, riuscendo finalmente a decifrare la scrittura. Si era fatto spiegare come potesse scrivere così ordinatamente quando il centralino era nell’ora di punta ed era rimasto piacevolmente sorpreso nell’apprendere che prima trascriveva di getto le chiamate su un block-notes per poi riportarle con ordine sul registro.
Quello era stato il suo primo complimento.

E ora doveva invece darle una vera e propria punizione.


“Perché? Come sono io?”
Con una rapida occhiata, Draco la inquadrò.
“Vestiti eleganti ma non volgari, trucco non esageratamente marcato, unghie ben curate… proseguo?”
“No, ha visto bene. Amo vestirmi in modo adeguato alle mie mansioni.” – disse lei con un sorriso e Draco lesse tranquillamente tra le righe: “Se vuoi sbattermi in magazzino, fa pure. Mi adatterò.”
“Mi fa piacere saperlo… quindi non le dispiacerà fare tirocinio in magazzino. Sa… così imparerà a fare le bolle di trasporto e a relazionarsi con quei ritardatari dei nostri fornitori.” – disse lui, con finto moto di solidarietà.
“Affatto. Mi fa piacere poter avere a che fare con i vari settori di un’azienda… imparerò qualcosa di nuovo. Bene, signor Malfoy, se non c’è altro io andrei.”
“Non c’è altro. Ci vediamo lunedì.” – disse Draco, leggermente risentito per non aver fatto presa su quella ragazza. – “Ah, signorina Granger?” – la chiamò, all’ultimo.
“Sì?” – chiese Hermione, girandosi.
“A giocare con il fuoco, si rischia di bruciarsi.” – fu il verdetto finale.
Hermione arricciò le labbra, divertita.
“La ringrazio per la sua sollecitudine, ma non si preoccupi: sopporto il dolore molto bene.” – e, dopo aver lasciato l’ufficio con l’ultima parola, se ne tornò a casa, pronta per dare dimostrazione di quello che sapeva fare una ragazza di campagna.









Una volta arrivata a casa, Hermione prese la sua Lilly e la portò fuori per fare la solita passeggiata serale.
La cagnetta, felice di poter stare con la sua padrona, zampettava allegra vicino a lei, mentre Hermione si tratteneva a stento dal ridere per non fare la figura della schizzoide con le persone che le passavano accanto. La portò in un campo vicino a casa e la lasciò libera di scorrazzare e fare i suoi bisogni.

Un’ora più tardi, le due tornarono a casa per cenare con tranquillità.
“Sai, Lilly?” – disse Hermione, ottenendo una momentanea attenzione da parte del cane, che poi tornò ai suoi croccantini. – “Da lunedì la mamma farà un nuovo lavoro! E quell’emerito cazzone dovrà mordersi la lingua cento volte.” – disse con soddisfazione.
Guardò per un po’ la tv dal suo comodo lettone e poi andò a dormire.









Calli-corner:

Allora, qui non succede niente di così eclatante, ma iniziamo ad avere una visione un po’ globale di come sarà la vita di Hermione all’interno della Malfoy Home.
Mi dispiace se i primi capitoli potranno risultare “paccosi”, ma vi prego di non fermarvi qui e di darmi l’occasione di mostrarvi come sono fatti questi due.

Hermione.
Hermione qui potrebbe sembrare quasi una Mary-Sue del lavoro, ma in realtà è solo una dipendente come potrebbe esserlo chiunque di noi: si applica sul lavoro con dedizione e costanza e non ha problemi, come lei stessa ha detto, a girare per i settori di un’azienda.

Draco.
Draco ha le chiappe sui cuscini imbottiti di bambagia.
Lascio a voi l’immaginazione, a quando dovrà sedersi su un cactus… non posso dire altro, ma so che siete intelligenti e, unendo questo al mio profondo senso di bastardaggine, so che trarrete le giuste conclusioni.


Dunque…
… questa volta non vi lascio lo spoiler. Il prossimo capitolo è di passaggio e non è molto interessante – brava callistas, bella pubblicità che ti fai! – ma mi rifarò dai prossimi.


Un bacione,
callistas.
  
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