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Autore: Nymeria90    16/09/2013    3 recensioni
– Di che cosa hai paura, Shepard?-
Fissò il cielo sopra di lui e all’improvviso le stelle parvero spegnersi, oscurate da un’ombra scura, enorme, dalla forma vagamente umana.
L’ombra nel cielo guardò giù, verso di lui, dentro di lui, si sentì invadere da un’oscurità che gli ghiacciò l’anima.
Chiuse gli occhi e quando li riaprì, un istante dopo, non c’era più nulla.
- Di cosa ho paura mi chiedi?- sussurrò con voce roca mentre qualcosa dentro di sé si contorceva, implorandogli di tacere, perché solo così avrebbe potuto dimenticare. Non lo ascoltò: – C’è un’unica cosa che mi fa paura: l’eternità.-
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashley Williams, Comandante Shepard Uomo, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Alexander Andrej Shepard'
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Cittadella, 2186

 
Ashley si appoggiò al bancone, rivolgendo un sorriso cordiale alla donna della reception.
- Buongiorno, tenente, è qui per il controllo?-
Ash annuì – Oggi dovrebbe essere l’ultimo, grazie al cielo, la dottoressa Michel dovrà trovarsi un’altra cavia per i suoi intrugli.-
La donna ridacchiò – Non lo dica troppo forte o ci farà scappare tutti i pazienti. – digitò qualcosa sul computer e annuì – Bene, si accomodi pure nella sua vecchia stanza. La dottoressa arriverà con un leggero ritardo, è stata chiamata per un’emergenza, giù ai moli.-
- Non si preoccupi.- la rassicurò – Non ho impegni.-
Le rivolse un breve cenno di saluto e attraversò l’ingresso lasciando vagare lo sguardo sulle persone che affollavano l’ospedale. La sua attenzione fu attirata da una figura familiare, seduta accanto alla vetrata che dominava il Presidium; per tutto il tempo che era stata ricoverata l’aveva sempre visto lì, immerso nella luce artificiale della Cittadella, come se cercasse un calore che quella luce fasulla non poteva dargli.
I loro occhi s’incontrarono, e per un istante Ashley si sentì inghiottire da quei globi neri, senza pupille e senza fondo. Gli rivolse un breve cenno di saluto, a disagio, e lui ricambiò, composto e garbato.
Ashley attraversò le due porte che la separavano dal reparto in cui era stata ricoverata ed entrò nella sua vecchia stanza, avvicinandosi all’enorme vetrata che dominava il lago.
Si appoggiò al vetro, riflettendo sugli eventi recenti. Non sapeva come sentirsi riguardo la nomina a Spettro, era un riconoscimento inaspettato e gradito, ma non riusciva a togliersi dalla mente l’idea che Udina stesse cercando disperatamente un modo per dare all’umanità un po’ di rilievo.
“Te lo meriti” le aveva detto Shepard e lei era d’accordo. Aveva lottato con le unghie e con i denti per diventare ciò che era adesso, per dimostrare di essere degna dell’uniforme che portava, degna di rappresentare l’umanità, ma ora le sembrava di aver ottenuto il riconoscimento più grande per i motivi sbagliati.
Scacciò quei pensieri e lasciò la mente libera di vagare lungo percorsi tortuosi e sconosciuti, che non portavano da nessuna parte.
Pensò a Sarah che aveva appena perso suo marito, a sua madre e alle sue sorelle fuggite dalla Terra per puro caso, a Shepard e alla Normandy che voleva disperatamente raggiungere, all’assassino seduto nell’atrio, così composto, così elegante. Si chiese se Shepard non gli avesse raccontato balle riguardo alla sua professione. Le sembrava troppo puro per essere quello che diceva di essere.
Non udì i rumori che provenivano dall’esterno, il tintinnio dei vetri infranti, i sospiri delle pistole silenziate o i gorgoglii di medici e pazienti che annegavano nel loro stesso sangue, le gole tagliate.  
Quando la porta si aprì, si voltò con un sorriso, pronta ad accogliere la dottoressa Michel. Il sorriso le si congelò sulle labbra, quando scorse un soldato in armatura, un fucile in mano e il volto coperto da un casco. Non fece in tempo a muovere un muscolo o a formulare un pensiero che l’uomo le puntò l’arma contro.
Due mani sorsero da dietro, afferrarono la canna, strappando con violenza l’arma dalle mani del suo proprietario, il fucile roteò nell’aria prima che un’ombra apparisse alle spalle del soldato, avvolgendo le lunghe braccia attorno al suo collo; una mano si posò sulla sommità del cranio, l’altra lo strinse alla base del collo, poi, con un gesto secco, tirò.
Il soldato stramazzò in terra senza un lamento.
Ashley rimase immobile, gli occhi fissi sulla figura che si stagliava in controluce, esile e sinuosa; nel tremulo bagliore delle luci artificiali intravide un profilo aggraziato, ma alieno. Era un Drell, con la pelle verde, una sottile cresta che scendeva ai lati del cranio e gli occhi neri, quegli stessi occhi che aveva incrociato al suo arrivo.
Thane Krios raccolse il fucile e glielo lanciò, senza dire una parola.
Ashley lo afferrò al volo e prese posto su un lato della porta, mentre il Drell si posizionava di fronte a lei.
Dal corridoio giunsero voci ovattate - Quanti ne vedi?- gli domandò senza perdere tempo in formalità.
- Cinque davanti alla sala operatoria e uno vicino al distributore di bevande.-
Ash annuì, concentrata – Ce ne sono altri due davanti alla porta del reparto e uno sta uscendo adesso dal laboratorio.-
- Quante munizioni hai?- domandò Krios senza perdere di vista i soldati nemici.
Ashley controllò rapidamente il fucile – Un caricatore intero.-
- Io ho tre colpi.- replicò Krios, alzando impercettibilmente la pistola.
- Vedi dei civili?-
- Solo cadaveri.- l’espressione del Drell rimase impassibile, ma il gelo nella sua voce le fece venire i brividi.
- Bene.- tolse la sicura al fucile – Nessuna pietà.-
Si slanciarono fuori insieme, muovendosi all’unisono, rapidi e letali.
Ash puntò dritta verso il gruppo più numeroso e, prima che anche uno potesse reagire, aprì il fuoco. La raffica ravvicinata frantumò le armature e i proiettili dilaniarono tutto quello che c’era sotto.
Quando fu certa che nessuno si sarebbe rialzato si voltò, per aiutare il Drell, ma scoprì che non era necessario; erano soli, in mezzo ai cadaveri.
Mentre Krios raccoglieva le munizioni, Ashley esaminò gli uomini che aveva abbattuto e non la sorprese scoprire che si trattava di soldati di Cerberus.
Chi altro avrebbe potuto attaccare un ospedale, trucidando medici e pazienti?
Ashley sentì il sapore della bile sulle labbra mentre davanti ai suoi occhi sfilavano immagini che l’avrebbero tormentata per il resto della sua vita.
La manovra di Cerberus era stata così perfetta che quasi nessuno, umano o alieno, era riuscito a fuggire. Dopo aver trucidato chiunque si trovasse nei corridoi erano entrati nelle camere, sfondando le porte, massacrando i malati che dormivano nei loro letti, sgozzando le infermiere e i medici.
Il sangue di umani e alieni si mescolava l’un l’altro, sgocciolando dai letti intrisi di sangue, avvolgendosi attorno ai cadaveri riversi in terra, gli arti scomposti, i volti sfigurati.
- È stato compiuto un massacro e nemmeno me ne sono accorta.- sibilò, disgustata da se stessa e dall’orrore che la circondava.
La porta del reparto scivolò di lato svelando un soldato di Cerberus che, superata la sorpresa, puntò la pistola su Krios e aprì il fuoco, tanto rapido da non lasciarle il tempo di reagire.
Il Drell ruotò di lato e, prima ancora che il proiettile si conficcasse nel muro alle sue spalle, alzò la pistola, abbattendo il soldato con un singolo colpo alla testa.
Ashley fissò il Drell con occhi sgranati – Accidenti che riflessi.- commentò, senza riuscire a nascondere l’ammirazione.
Krios le fece cenno di alzarsi – Muoviamoci, presto ne arriveranno altri.- chinò leggermente il capo di lato e aggiunse, con gentilezza – Non biasimare te stessa. Il loro attacco è stato fulmineo, impossibile da prevedere. Le camere sono insonorizzate, per questo non hai sentito niente, come tutti gli altri.-
Ashley lo ringraziò con un leggero cenno del capo, non aveva bisogno di chiedergli come lui fosse riuscito a sfuggire a Cerberus; all’improvviso tutto quello che Shepard le aveva raccontato sul Drell le parve plausibile.
Raccolse il fucile e lo raggiunse – Non capisco … perché hanno attaccato l’ospedale? Perché l’SSC non è ancora arrivata?-
Krios si strinse nelle spalle - Dubito che abbiano attaccato solo l’ospedale: Cerberus sta cercando d’impossessarsi della Cittadella.-
Aveva senso. Fin troppo senso. Senza la Cittadella la galassia sarebbe stata vulnerabile come non mai. Cerberus aveva puntato dritto al vertice, nella speranza che, eliminati i leader della galassia, qualsiasi resistenza crollasse. - I Consiglieri!- esclamò – Cerberus tenterà di assassinarli.-
- Probabile.- concordò Krios – Senza una guida la galassia sprofonderà nel caos e se la Cittadella cade …- lasciò la frase in sospeso, non c’era bisogno di aggiungere altro.
In una galassia in fiamme la Cittadella era l’ultimo porto sicuro. Ogni giorno arrivavano centinaia, migliaia, di rifugiati in fuga dai Razziatori … rabbrividì, senza osare immaginare cosa stava accadendo loro.
Il destino era crudele: quelle persone erano sfuggite ai Razziatori solo per finire nelle fauci di Cerberus.
- Perché hai perso tempo ad aiutarmi?- domandò, seguendo il Drell nell’ascensore.
Le porte si chiusero e una musichetta rilassante riempì la cabina, trasformando in grottesca quella che era una situazione drammatica.
Krios fissò il soffitto con aria accigliata, turbato quanto lei da quel sottofondo musicale a dir poco inquietante – Ho promesso a Shepard che ti avrei protetto.-
Ashley tamburellò le dita sul fucile, a disagio – Perché?-
Il Drell le rivolse un pallido sorriso – Shepard ha fatto molto per me, più di chiunque altro. Vegliare sulla persona che ama mi sembrava giusto oltre che doveroso.-
- Oh …- Ashley abbassò lo sguardo, sentendosi arrossire. Le sarebbe piaciuto credere a quelle parole, ma non era sicura di meritare una seconda occasione.
L’ascensore rallentò la sua corsa, Ashley si riscosse e imbracciò il fucile, puntandolo verso le porte – Immagino che tu mi abbia salvato la vita. - sussurrò – Ti ringrazio.-
Le porte si spalancarono ed entrambi scattarono fuori, testa bassa e armi spianate. Non c’era nessuno.
In lontananza si udivano rumori di lotta, spari, grida, esplosioni: la Cittadella era sotto assedio.
Ashley ricordò l’ultima volta che l’aveva vista in quello stato, durante l’attacco di Saren e della Sovereign. All’epoca avevano creduto di vincere la guerra, non sapevano che era appena iniziata.
- Devo trovare il Consiglio.- annunciò.
- Non li troverai senza l’aiuto dell’SSC.- replicò il Drell.
Ash scosse il capo – Per quel che ne sappiamo possono essere tutti morti. Il Consiglio è la mia priorità. So dove cercarli.-
Udina aveva fatto installare costosissimi congegni di sicurezza nel suo ufficio, lo aveva sentito vantarsi più volte che l’accesso era a prova di Geth. Tutte stronzate, ovviamente, come la maggior parte delle affermazioni di Udina. Non esistevano congegni elettronici che potevano resistere ad un’IA e Ash sapeva per esperienza che l’Uomo Misterioso amava circondarsi di Intelligenze Artificiali. Ma conosceva abbastanza bene Udina da sapere che, anche in un momento drammatico come quello, avrebbe fatto sfoggio di tutta la sua arroganza, convincendo gli altri Consiglieri che il suo ufficio era il luogo più sicuro della Cittadella.
- Io andrò all’SSC.- annunciò il Drell – Bisogna riorganizzare le difese e mandare un SOS. Cercherò di contattare le flotte del Consiglio, o la Normandy.-
Ashley annuì, era un buon piano, anche se non le piaceva l’idea di separasi dal Drell, era un ottimo combattente e sicuramente le sarebbe stato utile.
Gli tese la mano – Buona fortuna, Krios.-
Il Drell la strinse con vigore – Pregherò Amonkira affinché guidi i tuoi passi.-
Le rivolse un breve cenno del capo e sparì, confondendosi nell’ombra degli edifici.
Ecco qualcuno che non vorrei come nemico.
Di nuovo sola controllò nervosamente il fucile, continuando a ripetersi che era stata in situazione ben peggiori: su Eden Prime ad esempio, o su Virmire.
Entrambe le volte, però, Shepard era arrivato a salvarla. Inaspettatamente, questa volta, si ritrovò a pregare che non arrivasse: voleva essere lei, una volta tanto, l’eroina della situazione.
Accese il factotum, controllando le planimetrie: si trovava all’ingresso dell’ospedale, per raggiungere le ambasciate non doveva fare altro che attraversare il Presidium e raggiungere l’ascensore che partiva dalla zona commerciale.
Impugnò saldamente il fucile e corse allo scoperto; si fermò quasi subito, confusa, per un attimo le sembrò di essersi sbagliata: quello non era il Presidium.
Dov’erano le aiuole colorate, traboccanti di fiori? O i negozi pieni di luci e colori? Dov’era la folla di persone che, ridendo e chiacchierando, osservava le vetrine per poi sedersi al tavolino di un bar per bere o mangiare qualcosa?
Oltre il fumo acre che si levava dalle aiuole bruciate, intravide i crateri scavati dalle bombe, le vetrine in frantumi, i tavolini e le sedie spezzati e contorti; il tutto sovrastato dal puzzo della carne carbonizzata mescolato all’odore pungente degli esplosivi.
Da qualche parte, davanti a lei, si levò un lungo, straziante lamento; Ashley si guardò intorno, pietrificata, cercando la fonte di quel pianto disperato che le faceva drizzare i capelli; ma ovunque guardasse non vedeva altro che fumo e cadaveri e macerie …
E poi la scorse: una ragazzina Asari, dimostrava dieci anni o poco più, inginocchiata in terra, e stringeva al petto qualcosa.
– Papà, papà!-
Ashley si avvicinò circospetta, non avrebbe dovuto fermarsi, perdere tempo … ma come si poteva pensare di perdere tempo ad aiutare una bambina in lacrime in mezza a tutta quella devastazione?
Quando fu abbastanza vicina si rese conto che la cosa che stringeva era il capo reclinato di un Turian crivellato di colpi. Giaceva in terra, gli arti scomposti, immerso in una pozza blu che diventava sempre più ampia, il capo stretto contro il petto di una bambina in singhiozzi.
Ashley deglutì, inghiottendo le lacrime che le avevano appannato la vista – Non puoi rimanere qui.- sussurrò.
La bambina sobbalzò, strinse più forte il padre e si voltò. La sorpresa si tramutò in paura e la paura in odio. Un odio così violento, così sbagliato su quel volto da bambina, da farle fare una passo indietro.
- Stai lontana da me, umana!- sibilò la bambina, lasciando il fianco del padre e indietreggiando rapidamente.
“Umana”; non aveva mai sentito così tanto odio in una sola parola e, per la prima volta, si vergognò di esserlo. Non erano stati i Razziatori ad attaccare la Cittadella, non i Batarian o i Krogan, nemmeno i Racni: erano stati gli Umani.
- Non voglio farti del male.- mormorò, allungando una mano tremante.
La bambina scosse il capo, disgustata, e corse via.
Quello che accadde dopo non riuscì ad impedirlo. Dal fumo uscirono uomini in armatura, corazze bianche e gialle, armi in pugni, volti nascosti dai caschi. La piccola Asari finì dritta in mezzo a loro e, prima che Ash potesse anche solo rendersi conto di quello che stava succedendo, un soldato alzò la pistola e premette il grilletto. Freddo, duro, senz’anima: un’esecuzione perfetta.
Ashley si rifugiò dietro un muretto, infilandosi un pugno in bocca per impedirsi di urlare, mentre il terrore, gelido terrore, le paralizzava le membra, impedendole di muoversi, persino di respirare.
Non era più un soldato o uno Spettro, forse non lo era mai stata, era solo una ragazza catapultata dentro un incubo dal quale non sembrava esserci risveglio. Che stupida era stata a voler fare la guerra, a credere in un umanità che non esisteva e forse non era mai esistita. Sciocca ragazzina, convinta che dipingere la Gioconda, e scrivere l’Otello, e costruire la Tour Eiffel, e progettare navette spaziali, e raggiungere la luna, rendesse gli uomini superiori alle bestie.
Non osò immaginare cosa stesse facendo Cerberus per le vie della Cittadella, nelle case, nelle scuole …
I passi si avvicinavano, prudenti, e lei se ne stava lì, rannicchiata dietro a un muretto, tremante come una bambina, le guance fradice di lacrime, il petto in affanno, il fucile abbandonato nelle mani inermi. Eppure una parte di lei le urlava di alzarsi e combattere, di uccidere quegli uomini e liberare la galassia dalla loro crudeltà. Non aveva potuto salvare quella bambina Asari, ma poteva salvarne dieci, venti, cento altre se solo avesse ritrovato il coraggio di fare il proprio dovere; ma era proprio quello il punto: il coraggio l’aveva perduto.
Risentì la voce di suo padre, perentoria, nelle orecchie:
“Lascia che la paura t’invada, lascia che ti travolga, ma concedile solo cinque secondi. Non uno di più.”
Ashley appoggiò la testa contro il muretto, stringendosi il fucile al petto.
Chiuse gli occhi, mentre i passi si facevano sempre più vicini.
Uno.
L’odio sul viso della bambina, il corpo dilaniato del padre, la consapevolezza di essere responsabile … e la certezza di non essere all’altezza, di non poter salvare nessuno, di certo non quella bambina.
Due.
Come su Eden Prime quando la sua squadra era stata trucidata, quando aveva perso tutti salvando solo se stessa.
Tre.
E Virmire dove un amico era morto per lei, dove non aveva avuto il coraggio di dire “È compito mio.”
Quattro.
Horizon e i coloni rapiti. Horizon e i Collettori. Horizon e Shepard.
Cinque.
Ashley aprì gli occhi, percependo distintamente ogni respiro, il tintinnio delle corazze, il gelido metallo sotto le sue dita; il fucile guizzò nelle sue mani, fece scorrere il carrello espellendo la clip termica surriscaldata, si alzò, sporgendosi oltre il muretto, prese accuratamente la mira: uno, due, tre, quattro, cinque … esplose cinque colpi, per cinque soldati. Andarono tutti a segno.
Rimase in piedi, da sola in mezzo a quella desolazione, attraversò il campo di battaglia a grandi passi, si chinò sul corpo scomposto della bambina, la raccolse, chiedendole disperatamente perdono. Perdono per quella sua razza che non portava altro che morte.
Raggiunse il corpo inanimato del Turian e la depose al suo fianco, lì dove era il suo posto.
- Mi dispiace.- mormorò, prima di allontanarsi per raggiungere l’ascensore.

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Quando fu alle ambasciate scoprì che le sue previsioni si erano rivelate corrette, Udina si era barricato nel suo ufficio e, dopo aver aggirato le difese sfruttando il suo nuovo grado di Spettro, scoprì che con lui c’erano anche i Consiglieri Turian e Asari. Del Salarian nessuna traccia.
- Williams, come ha fatto ad entrare? Cosa sta succedendo?- sbottò Udina, pallido come un cencio.
Ashley si affrettò a chiudersi la porta alle spalle – Sono uno Spettro, Udina, l’ha dimenticato? Il suo ufficio non è poi così impenetrabile se basta uno Spettro per aprire le porte.- sibilò, caustica.
Udina divenne paonazzo – Siete i nostri agenti scelti! Di chi altro dovrei fidarmi?-
Ash armeggiò col factotum, introducendosi nel sistema di sorveglianza – Di nessuno, per esempio. O ha forse dimenticato Saren? È fortunato che l’Uomo Misterioso non abbia trovato modo o tempo di corrompere uno di noi.-
Il Turian e l’Asari si scambiarono un’occhiata preoccupata mentre Udina scattava verso di lei come una molla – L’Uomo Misterioso? C’è lui dietro questo attacco?-
Aveva sempre pensato che Udina fosse un idiota, ma non così grande – No, stavo giusto facendo un esempio. Certo che si tratta di Cerberus, imbecille!- voltò le spalle ad un indignatissimo Udina e si rivolse al resto del Consiglio – Dov’è il Consigliere Salarian?-
Sparatus allargò le braccia – Se non erro doveva incontrarsi con l’Esecutore, ma non abbiamo nessuna notizia.-
Ashley si passò una mano sulla fronte – Dovrà cavarsela da solo. Dobbiamo raggiungere un punto di evacuazione, il più vicino è quello sul tetto del Presidium. Se prendiamo uno degli ascensori dovremmo arrivarci in pochi minuti, poi prenderemo la navetta e cercheremo di raggiungere ciò che resta della flotta.- i Consiglieri la guardavano come allievi in attesa di istruzioni, suo malgrado non poté non sentirsi compiaciuta – Domande?-
- Io credo che dovremmo restare qui, in attesa dei rinforzi!- sbottò Udina, armeggiando col factotum, probabilmente nel vano tentativo di contattare l’SSC – Non possiamo certo buttarci in mezzo alle sparatorie!-
- Sono io i rinforzi!- si trattenne dal chiamarlo imbecille un’altra volta, era pur sempre l’umano più potente della galassia – Questo ufficio è un colabrodo, mi stupisce che Cerberus non sia già arrivato. Muoviamoci.-
Si avvicinò alla porta e, dopo aver studiato attentamente le immagini delle telecamere, l’aprì.
- Via libera.- annunciò, dopo aver ispezionato il corridoio deserto – Seguitemi.-
Il Turian e l’Asari le furono subito dietro e, dopo una lieve esitazione, anche Udina si decise a seguirli; stavano attraversando l’atrio quando due drappelli armati si riversarono fuori dall’ascensore.
- State giù!- urlò, spingendo la Consigliera Asari dietro un bancone mentre le pallottole s’impiantavano nel muro alle loro spalle. Con la coda dell’occhio scorse Sparatus e Udina acquattati poco lontano, incolumi.
I secondi che seguirono furono di caos assoluto, con Ashley costretta a difendere la posizione dall’assalto violento dei soldati di Cerberus, in netta superiorità numerica.
Riuscì ad abbatterne una decina prima che le munizioni finissero, ne rimanevano altrettanti.
- Williams!- urlò l’Asari, terrorizzata, indicando la granata che era appena atterrata ai suoi piedi. D’istinto Ashley la raccolse, rispedendola al mittente.
Fece una piccola strage.
Ma erano ancora in quattro e lei era a secco.
Si guardò intorno e scorse una pistola a pochi metri da lei, completamente allo scoperto, ma doveva rischiare.
Affidandosi unicamente alla protezione dei suoi scudi scattò verso l’arma, sentendo un familiare brivido lungo la schiena quando gli scudi assorbirono i colpi che altrimenti l’avrebbero uccisa. Agguantò la pistola e si tuffò dietro un pannello pubblicitario.
Controllò la potenza residua dei suoi scudi: meno del 15%. Non poteva più affidarsi a loro. I prossimi proiettili avrebbero penetrato direttamente la carne.
Si sporse di scatto premendo il grilletto con foga e riuscì ad abbattere tre soldati. Ne rimaneva solo uno, ed era scomparso.
Nella calma irreale che scese sull’atrio, Ashley girò su se stessa, talmente tesa da dimenticarsi di respirare.
Con la coda dell’occhio vide Sparatus fare capolino da dietro il riparo ma, con un gesto perentorio, gli intimò di restare al coperto: non era ancora finita.
Poi, all’improvviso, scorse un lieve incrinatura nell’aria a pochi metri da lei, un’onda che non avrebbe dovuto esserci; senza riflettere si gettò a terra, sparando contro l’aria. Sentì qualcosa di affilato morderle il fianco, e al suo gemito se ne sovrappose un altro quando i colpi andarono a segno. Tremolando il soldato di Cerberus fece la sua ricomparsa.
Era una biotica, agile e scattante, con una lunga lama in pugno. Riuscì ad evitare il suo affondo ma non il lancio biotico che la colpì in pieno petto, scaraventandola contro la vetrata. Ashley si rialzò con un gemito roco, facendo fuoco ripetutamente, mentre la biotica si slanciava verso di lei, respingendo i proiettili con gli scudi.
Per un attimo le parve di rivivere Marte, quando il robot di Cerberus si era buttato su di lei, insensibile ai proiettili.
La lama calò, ma riuscì a deviare il colpo parandolo con la pistola. Si aggrappò al braccio della donna, impedendole di usare i suoi poteri: un’esplosione biotica avrebbe colpito entrambe.
Tentò di alzare la pistola, ma l’altra le colpì il braccio con durezza, deviando il colpo; ben presto si ritrovarono ingaggiate in un vero e proprio corpo a corpo, dove ognuna tentava di sopraffare l’altra, con i pugni o le armi, senza riuscirci.
Per due volte Ash fece fuoco con la pistola, entrambe le volte colpì solo l’aria, infine, quando la biotica tentò di scansarla per poter usare i suoi poteri, intravide un varco nella difesa della donna, le premette la pistola sulla visiera e tirò il grilletto.
Nulla, non accadde nulla: la pistola era scarica.
Ruggendo di rabbia, scaraventò l’arma ormai inutile in faccia alla donna, si aggrappò al suo braccio, e, dopo una lotta serrata, riuscì a strapparle la spada; ruotò su se stessa, falciando in orizzontale, la lama lampeggiò nella luce intermittente dei neon. Infine venne il sangue: eruttò dalla gola della biotica, schizzandola in viso, Ashley si ritrasse mentre la donna crollava sul pavimento, le gambe scosse dagli ultimi spasmi.
Ashley gettò l’arma in terra, reprimendo un conato: aveva ucciso molte volte ma mai … mai con così tanta foga.
Si asciugò il sangue dal viso con gesti frenetici, spasmodici, mentre i Consiglieri uscivano dai loro nascondigli, visibilmente turbati.
Gli occhi di Udina erano fissi sulla donna riversa in terra, in una pozza di sangue, sembrava terrorizzato. Ashley immaginò che non l’avesse creduta capace di tanto.
- Andiamo.- ordinò, indicando l’ascensore.
Questa volta nessuno osò contraddirla.
Agguantò una pistola e seguì i Consiglieri dentro al cubicolo, pregando di non dover uccidere nessun altro. Non in quel modo.
Quando l’ascensore si mosse vide Udina trafficare con il factotum – Che cosa sta facendo?-
- Cerco di contattare Bailey!- sbottò Udina, furente – Cosa diavolo stanno facendo quelli dell’SSC? Li farò licenziare tutti.-
- Magari sono morti.- constatò, con voce piatta. – Spenga quel dannato factotum, Cerberus potrebbe rintracciarci.-
Udina sbuffò ma obbedì.
C’era qualcosa di strano nel suo comportamento …
Un rumore sordo sopra di loro la distrasse: qualcuno era appena saltato sull’ascensore.
- Tiratori!- urlò, sparando alla cieca verso il soffitto.
L’ascensore si fermò con uno scossone e subito le porte si spalancarono – Fuori di qui!- urlò spingendo i Consiglieri all’esterno.
Si richiuse la porta alle spalle e corse verso la navetta ma subito si bloccò: la loro via di fuga era in fiamme.
E adesso che faccio?
Era completamente a corto di idee – Torniamo all’ascensore, presto!-
Ma quando si voltò scoprì che c’era qualcuno a sbarrarle la strada: Shepard.
S’immobilizzò, completamente frastornata.
Udina le fu subito alle spalle insinuando, con voce melliflua, che Shepard fosse dalla parte di Cerberus.
Perché, altrimenti, avrebbe bloccato loro la fuga?
E, contro ogni logica, gli credette.
L’adrenalina, la paura, la rabbia, la disperazione, che non avevano fatto altro che accumularsi in quelle spasmodiche ore, la spinsero ad puntare la pistola contro l’unico uomo che aveva mai amato. E lui fece lo stesso.
- Shepard, cosa sta succedendo?- urlò, la voce incrinata dal panico.
Ecco, stava accadendo di nuovo, solo che adesso non aveva cinque secondi da regalare alla paura.
S’impose di stare calma, d’ignorare Garrus e James al fianco di Shepard, di rimanere concentrata su di lui, cercando di decifrare la sua espressione, quel viso duro che le era familiare ed estraneo allo stesso tempo.
- Andiamo, Ash, dovresti conoscermi.-
Davvero? Non conosceva più nemmeno se stessa, come poteva conoscere lui?
- Conoscevo Shepard, è vero, ma prima di Cerberus. Adesso non so con chi ho a che fare.-
Si tornava sempre lì, al punto di partenza: Cerberus. Prima su Horizon, poi su Marte e adesso sulla Cittadella, Cerberus si ergeva come un muro tra di loro.
Cerberus che, oggi come allora, li portava a scontrarsi con violenza sempre maggiore.
Shepard abbassò la pistola, cogliendola di sorpresa – Non c’è tempo per trattare, siete stati tutti ingannati. C’è Udina dietro questo attacco.-
Il mondo attorno a lei sembrò distorcersi e, mentre le voci di Udina, Shepard e degli altri Consiglieri rimbombavano lontane, ovattate e incomprensibili, lei non riusciva a vedere altro che gli occhi sbarrati di una bambina morta odiando l’umanità.
Shepard o Udina? Chi dei due era responsabile di quell’atroce massacro?
La voce melliflua di Udina le giunse chiara alle orecchie - … ora disattivo la serratura.-
In quel momento ebbe la sua risposta.
- Sento che me ne pentirò.- sussurrò, ma, in cuor suo, sapeva che non sarebbe successo. Non avrebbe preso quella decisione, altrimenti.
Si voltò, dando le spalle a Shepard e puntò l’arma su Udina.
- Via da quel terminale.- intimò.
Udina la ignorò e quando la Consigliera Asari tentò di fermarlo la gettò in terra, estraendo una pistola.
Sulle labbra risentì il sapore del sangue dell’agente di Cerberus, la rivide contorcersi in terra cercando di fermare l’emorragia … il suo dito esitò sul grilletto mentre l’idea di compiere un altro assassinio la paralizzava; fu solo un istante, un battito di ciglia, la paura passò, la mano smise di tremare e sparò.
Udina crollò in terra senza un lamento, colpito dritto al cuore, Ashley si avvicinò lentamente, fissando quell’uomo che l’aveva trasformata in assassina.
Non soldato, non Spettro, semplice macellaia. Forse lo era sempre stata, forse non c’era mai stata alcuna differenza, ma sapeva che adesso, dopo quel giorno, guardarsi allo specchio sarebbe stato incredibilmente difficile, quasi impossibile.
I singhiozzi di una bambina Asari avrebbero tormentato le sue notti per sempre e i gorgoglii di una biotica umana l’avrebbero perseguitata fino alla fine dei suoi giorni - Figlio di puttana.- sibilò, fissando con odio quell’uomo a cui aveva dato la sua fedeltà.
Sentì qualcosa sfiorare la sua mano e, quando alzò lo sguardo, vide Shepard accanto a lei, che la guardava con occhi tristi, come se conoscesse perfettamente il vuoto che le si era creato dentro.
Avevano riposto entrambi la loro fiducia in uomini sbagliati e, per colpa loro, avevano rischiato di uccidere la persona sbagliata.
Ashley sospirò, distogliendo lo sguardo: aveva fatto la scelta giusta eppure, neanche questa volta, riusciva ad esserne fiera.
  
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