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Autore: Book boy    17/09/2013    1 recensioni
Pierre, un cavaliere in viaggio attraverso la Francia per raggiungere la Terra Santa è costretto a barricarsi in un'abbazia cristiana per sfuggire a orde di non-morti, riportati in vita da una misteriosa peste. Una guerra contro il male che costringerà Pierre ad usare tutte le sue forze per non cedere alla follia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Parte 2: la peste della follia
 
Pierre era sdraiato sul pavimento. Guardava il soffitto soprappensiero. Rifletteva nuovamente su ciò che doveva fare. Non faceva altro, pensava a come uscire da lì. Nient’altro. Era terrorizzato da quei mostri, aveva addirittura coperto la finestra della sua stanza con un telo pur di non vederli, nemmeno da lontano. Paura, non pensava ad altro. La paura di morire, di trasformarsi in un demone. Trasformarsi in un mostro. Ripensava poi a quel ragazzo. A quel giovane frate che aveva salvato da quel cadavere. Gli aveva salvato la vita, ma non era più lo stesso. Non riusciva più a fare nulla, stava sotto le coperte, sul suo pagliericcio con gli occhi sbarrati e di notte non riusciva quasi mai a dormire, se non per poche ore, svegliandosi subito dopo urlando e grondando sudore. La follia lo aveva colto. Forse era proprio questo. Quelle creature erano il seme della follia, una punizione mandata sulla Terra da Dio per punire gli uomini peccatori e trasformandoli in folli senza altro pensiero che per la morte e la paura. Forse anche Pierre era già divenuto uno di loro. Oppure Satana aveva già trionfato e, dopo aver sconfitto le orde di angeli a difesa di Cristo aveva vinto la sua guerra che proseguiva da secoli. Ma non era possibile, non poteva succedere davvero. Satana era potente. Dio era onnipotente. Non poteva avergli permesso di vincere. Non poteva… ormai non sapeva più cosa pensare. Si alzò con calma e fece qualche passo verso la porta, forse per uscire. Ma poi, come se ci avesse ripensato, si lasciò cadere sulla sedia lì di fianco e iniziò a pensare di nuovo a tutto ciò che aveva intorno: i frati; il monastero; la chiesa, all’interno della quale ora non si poteva più accedere; le poche galline che ancora beccavano le briciole di pane che i frati davano a loro, nel tentativo di ingrassarle un po’ e poterle poi mangiarle, arrostendole su uno spiedo. Il cibo scarseggiava, in breve tempo sarebbe finito completamente. Le riserve nello scantinato della chiesa stavano finendo. Tra pochi giorni, all’interno dell’abbazia, vi sarebbe stata la fame. Doveva trovare una soluzione, un modo per salvarsi, un modo per uscire da quel monastero e raggiungere un luogo più sicuro. Ma come? Come fare per spostare 400 frati?! Era un’operazione quasi impossibile. Ma lui doveva riuscirci. Non ne poteva più di starsene lì senza far niente a rimuginare sulle cose superate, doveva reagire. Doveva far capire al suo nemico che non si era ancora arreso. Doveva vincere la follia. Si alzò di scatto, e senza un motivo preciso, spalancò la porta e uscì. Percorse la strada che lo condusse al chiostro, andò sul prato e si fermò appena prima del pozzo. Sentì i ringhi e i versi che i non-morti stavano facendo oltre le mura. Erano agghiaccianti. Chiuse gli occhi. Si fece una promessa. Non avrebbe ceduto alla follia. Non sarebbe caduto, avrebbe lottato fino alla fine pur di resistere. Sarebbe morto pur di cedere a quest’ultima. Riaprì gli occhi. Avrebbe vinto.
Si diresse con passo spedito verso la biblioteca, dove sperava di incontrare Andrè. Spalancò la porta, entrò ma non vi era nessuno. Uscì e si diresse verso lo scriptorium, dove, soprattutto in quegli ultimi giorni, i frati trascrivevano i vecchissimi tomi di latino e greco antico. Entrò e trovò Andrè e altri quattro frati, chinati su pergamene e tomi, per ricamare le varie lettere. Vedendolo fra’ Andrè gli si avvicinò e gli chiese –Sta succedendo qualcosa per caso?-
-No padre, ma dobbiamo andarcene, andarcene via da questo luogo. È troppo pericoloso rimanere qui ancora per molto. Dobbiamo andarcene, ora!- Il frate lo guardò interdetto, senza saper cosa rispondere a cotanta grinta e convinzione. Perciò optò per la calma –Stai calmo, figliolo, so che questo periodo dev'essere molto frustrante per te, ma ciò non significa che serva abbandonare questo posto per essere al sicuro, anzi è qui il luogo in cui dobbiamo…-
-Ma lei non capisce?! Siamo in pericolo! Solo barricandoci in un castello o in una fortezza riusciremmo a sopravvivere! Dobbiamo andarcene- Appena disse quelle parole, come se fosse già stato scritto in precedenza, si sentirono dei colpi battere sulla porta dall’interno della chiesa. Avevano superato le barricate. Erano dentro. In pochi attimi si sentì il tipico rumore del legno che si spezza e, Pierre, guardando fuori, nel chiostro, notò che i morti stavano penetrando all’interno del cortile. Subito corse verso la sua stanza e, appena entrato, prese al volo la sua spada. Si precipitò di nuovo fuori e vide che le creature erano dentro e stavano attaccando i frati che, indifesi, cercavano di sfuggire a quelle bestie malefiche. Erano troppi, non potevano resistere. L’unica via per la salvezza era la fuga. Entrò nello scriptorium e notò che i frati al suo interno si erano armati con assi e bastoni, pronti a dar battaglia per difendere il luogo in cui avevano abitato fino a poco prima –Dobbiamo andarcene!- Gridò Pierre fuori di sé. A volte la testardaggine degli uomini di chiesa superava qualsiasi immaginazione –No!- Rispose risoluto uno dei frati più anziani –Dobbiamo rimanere qui e sconfiggere quei mostri!- Frate Andrè, armato di bastone non sapeva cosa fare, sembrava nel panico. Così fu Pierre a prendere una decisione per lui. Lo afferrò per un braccio e, tirandolo, lo condusse su per le scale di pietra, verso i dormitori. Spalancò la porta della prima stanza, si gettò all’interno e la richiuse alle sue spalle. Fece qualche passo in direzione del letto del giovane frate, di cui non sapeva nemmeno il nome, ma cui si era infinitamente affezionato –Ehi, ehi ragazzino, guardami- Gli prese il viso fra le mani e lo costrinse a guardarlo in faccia –Sono Pierre, il cavaliere, dobbiamo andarcene, dobbiamo andare- Lui lo guardava ad occhi sgranati, senza capire ciò che stesse succedendo. Era davvero impazzito? Pierre non lo sapeva, ma lo avrebbe comunque portato con sé, qualsiasi cosa fosse successa. Frate Andrè lo riportò alla realtà gridando –Stanno salendo, li sento arrivare!-
-Spranga quella dannata porta!- Andrè colse subito il tono di voce autoritario dell’armigero perciò, senza farselo ripetere due volte, prese una sedia e la mise davanti alla porta, incastrando così la maniglia. Pierre continuò a parare al ragazzo –Come ti chiami? Io sono Pierre, e tu?- Il ragazzo lo guardava a bocca aperta, come se fosse stato una visione e non una persona vera in carne ed ossa –Combatti la follia, tu puoi vincerla. Guardami negli occhi e dimmi come ti chiami- S’iniziarono a sentire i colpi alla porta, mentre i mostri volevano sfondarla. Andrè sembrava terrorizzato ma, nonostante tutto, ancora lucido. Pierre girò lo sguardo osservando per qualche secondo la porta e proprio in quel momento sentì la flebile voce del fraticello annunciare -…Paul. Il mio nome è Paul.- Il cavaliere rimase esterrefatto, si voltò verso il ragazzo e di scatto lo abbracciò. Poi lo aiutò ad alzarsi dal letto e, mentre i cadaveri stavano già iniziando a sfondare, fece cenno ad Andrè di stargli dietro, mentre correva verso la porta comunicante con il campanile. Aprì la porticina, e corsero sulla lingua di pietra che fungeva da ponticello, raggiunsero il campanile e iniziarono la discesa della scala a chiocciola che portava al terreno. Sentirono le urla e le grida dei frati sventrati che tentavano fino all’ultimo di resistere. Andrè si sentiva un traditore nei loro confronti, ma non sarebbe servito a niente rimanere dentro l’Abbazia. Sarebbe morto comunque. Scesero ancora pochi gradini e finalmente furono a terra. Ora però sorgeva un altro problema, il più duro da risolvere. Si trovavano all’interno della chiesa. Pierre estrasse la spada e disse –Statemi vicini, non esponetevi e se quei demoni si dovessero avvicinare troppo voi scappate. Io li terrò a bada. Preparatevi.- E senza dare il tempo agli altri due di ribeccare qualcosa aprì la porta. Il luogo era buio, ma si poteva benissimo notare che all’interno vi erano due o tre due quei cosi. Pierre si fece avanti, alle spalle di uno di loro e, senza preavviso gli recise il capo con un fendente micidiale. Gli altri due lo guardarono e iniziarono ad avvicinarsi a lui. Pierre affondò la lama all’altezza del petto di quello più vicino, ma quando dovette estrarla, non ce la fece. Tirò con tutto le sue forze, maledicendo le spade e quegli esseri immondi. Perché ogni volta la lama si bloccava? Perché?! Quella era carne marcia! Invece niente, non veniva fuori. Forse era ancora la follia. Forse lo metteva alla prova ogni volta. Non sapeva più cosa pensare. Il problema era che l’altro non-morto si stava avvicinando. Provò a tirare ancora ma la spada non si mosse di un millimetro. Il cadavere era ormai a un metro da lui quando… improvvisamente un’asse di legno gli si spezzò sulla testa e cadde a terra come un sacco di patate. Dietro di lui comparve fra’ Andrè. Pierre lo ringraziò con calore e poi, facendosi forza con la gamba e tirando con tutta la forza che aveva, aiutato anche dal frate, estrasse l’arma. Pierre allora disse –Dobbiamo andare alle stalle, sono appena qui di fianco, abbiamo due cavalli da tiro giusto?-
-Sì, ma non ci porteranno molto lontano e poi sono lenti!-
-L’importante è che siano più veloci di queste creature, ora muoviamoci- Corsero nuovamente verso il cortile interno, dove decine di cadaveri ambulanti stavano sbranando le carni dei frati. Uno di loro però combatteva strenuamente, utilizzando come oggetto contundente un bastone per le scampagnate in collina. Loro lo chiamarono a gran voce e, quando li vide, li seguì correndo. Oltrepassarono la porta delle stelle, inseguiti da moltissimi morti viventi. Chiusero il portone e corsero vero i due giovani cavalli da tiro. Paul li slegò e subito montarono a bordo. Andrè con il frate anziano, che si chiamava Richard, mentre Paul avrebbe cavalcato con Pierre, che spalancò i due portoni che davano verso l’esterno. Sembrava libero da quel lato. Montarono tutti a cavallo nel momento stesso in cui le porte cedevano e i non-morti entravano nelle stalle. Iniziarono a galoppare via, allontanandosi da quel posto ormai caduto nelle loro mani. Ce l’avevano fatta. Erano fuggiti.
Cavalcarono per molte miglia prima di fermarsi e guardarsi indietro. Ormai il monastero era un puntino nero e lontano. Non incontrarono molti non-morti sulla strada, probabilmente perché stavano galoppando fra i campi, in aperta campagna, lontano da tutto e da tutti. Quando si fermarono per riposarsi e ristorare un po’ era ormai il tramonto. Nella fretta di scappare non avevano nemmeno portato con loro un po’ di cibo, ma si accontentarono di qualche ghianda e dell’acqua di un ruscello che scorreva lì vicino. Paul era molto taciturno. Andrè rifletteva, ripensando al tempo passato e a quello che si era lasciato alle spalle fuggendo da luogo in cui aveva sempre vissuto. Mentre l’altro frate, Richard era forse troppo anziano per ripensare ai tempi andati, di fatti aveva circa sessantacinque anni, era vecchio e un po’ malandato, ma ancora in gamba e sapeva cavarsela piuttosto bene contro quelle bestie. Mentre stavano tutti seduti, dopo aver legato i cavalli, per la prima volta dopo svariate ore, avvistarono una di quelle creature. Era vicina, a non più di cinquanta metri, sbucata fuori da un cespuglio. Pierre balzò in piedi e prese dal fodero, che aveva appoggiato a terra, la spada. Si mise in guardia e si preparò al combattimento. La belva gli andò subito incontro, gettandosi letteralmente su di lui. Il cavaliere d’istinto scartò di lato e, con un fendente ben piazzato, colpì il suo antagonista all’altezza del collo. La lama non si conficcò nella carne marcia, ma il colpo fu talmente forte che lui cadde a terra. Subito Pierre gli fu addosso e, dopo essersi inginocchiato su di lui, alzò la spada sopra alla testa, si preparò a colpire e, con un poderoso affondo, gli perforò il cranio, spaccando in due la calotta cranica. Il mostro ringhiò per un’ultima volta, prima di accasciarsi definitivamente a terra. Stranamente, questa volta, l’estrazione della lama non richiese un grande forza, ma si sfilò quasi subito, come se il taglio dell’affondo fosse stato pressoché perfetto. Pulì l’arma con un panno che aveva tenuto all’interno di un sacchetto legato alla cintura della casacca che indossava. Purtroppo aveva lasciato al monastero sia i parastichi, che la corazza che l’elmo. Quella notte si diedero degli orari di guardia. Avrebbe iniziato Andrè. Ma quella notte la passarono insonne. Erano troppo sconvolti dalla giornata per dormire, troppo distrutti internamente per reagire alla cosa soltanto chiudendo gli occhi e viaggiando nel mondo dei sogni. E poi avevano paura. Anche se si trovavano in un luogo isolato, dove il primo villaggio era distante ancora parecchie miglia, erano comunque in un luogo aperto, senza quattro muri introno a loro e un tetto a proteggerli, come all’interno dell’abbazia. Non erano più in un posto sicuro. Anche se il monastero non era molto sicuro, visto la fine che aveva fatto. Era capitolato anche lui, anche se resistendo qualche giorno in più rispetto agli altri insediamenti umani, aveva perito davanti all’avanzata dei mostri. La follia si annidava nell’aria. Tutto ciò ch era lì intorno era folle, dagli alberi all’erba, dai cespugli alle bacche velenose sopra di essi. Era un ambiente ostile. Come tutto il mondo d’altronde. Ovunque si trovassero non erano al sicuro dagli attacchi della follia. O forse un luogo sicuro c’era? La roccaforte del padre di Pierre.
Quando al mattino il cavaliere parlò con gli altri superstiti del suo intento di viaggiare verso nord, dirigendosi al castello della sua famiglia, tutti furono inizialmente contrari. Il primo problema era la strada. Vi avrebbero impiegato svariati giorni per raggiungere la loro meta. Poi sarebbe stato pericolosissimo. Sarebbero dovuti passare attraverso vari villaggi e incontrare svariate città, con il rischio di essere individuati da quelle bestie. Ed ultimo, ma non meno importante, le provviste. Dovevano assolutamente trovare qualcosa da mangiare che potessero portarsi dietro, oltre a trovare una scorta d’acqua per dissetarsi. Il loro primo obbiettivo comunque sarebbe stato quello di raggiungere il vicino avamposto di Jenuì. Non era lontano, forse un’ora a cavallo. preferirono quel luogo, poiché era abbastanza isolato e gli unici abitanti erano quattro o cinque pastori che andavano lì a far pascolare le loro pecore. Se gli fosse andata davvero bene, avrebbero trovato un montone o un animale da portare con loro. Ma comunque avrebbero sicuramente trovato della ricotta e del formaggio. In oltre vi era anche una grande cisterna per l’acqua piovana da cui si dissetavano i pecorari quando andavano lì. Se avessero trovato delle borracce, anche il problema dell’acqua, sarebbe stato risolto. Partirono quando il sole era già alto nel cielo. Cavalcarono per un po’, ma poi furono costretti a fermarsi per lasciar riposare i cavalli. Erano cavalli da tiro, non da corsa o da guerra. Non erano in grado di correre velocemente e con dei pesi eccessivi come due uomini sulle spalle. Smontarono e proseguirono a piedi, tenendo in mano le briglie del cavallo. Un altro problema da risolvere era quello di trovare due selle da poter mettere sulla schiena agli animali. Questi ultimi avevano soltanto un cuscinetto a mo’ di sella e le briglie al morso. Pierre sperava di trovare anche delle selle per riposare le proprie cosce ormai martoriate dal continuo cavalcare. Proseguendo rifletté nuovamente sulla follia. Non pensava ad altro. Era ormai entrato nel vastissimo mondo della follia. Era quello il suo nemico. Era la follia. Non doveva cedere. Non doveva impazzire. Non poteva permetterselo. Arrivarono ai piedi di una collinetta coperta di arbusti e lì avvistarono altre creature a diverse centinaia di metri di distanza, mentre Andrè iniziò a dire –Bene, oltre quella collina vi è l’avamposto. Non so proprio cosa aspettarmi però- Pierre annuì e, senza farselo ripetere due volte, iniziò a tirare il cavallo per la breve salita. Arrivato in cima, si aprì a sé uno spettacolo magnifico e terribile al tempo stesso: l’avamposto era vuoto. Da una parte la cosa lo sollevò, d'altronde significava che non vi erano cadaveri viventi, ma dall’altra voleva dire che tutti gli abitanti erano morti o forse semplicemente erano fuggiti. Sperò che si trattasse della seconda ipotesi. Iniziò la discesa con cautela, ma, appena prima di addentrarsi tra le poche costruzioni presenti, rimontò a bordo del destriero sentendosi più al sicuro. L’animale fece qualche passo, mentre Pierre estraeva dal fodero la sua arma. Esortò il cavallo a proseguire, ma appena poté vedere cosa c’era all’interno di una delle costruzioni, un conato di vomito lo costrinse a smontare in fretta e rigettare tutto ciò che aveva in corpo. All’interno dell’edificio, che si rivelò il magazzino dove si conservavano le merci, vi era il cadavere di una donna sventrata, da cui uscivano gli organi e le budella. Queste ultime, sparse sul pavimento, grondavano sangue e puzzavano in una maniera terribile. Tutti i muri poi erano imbrattati con i vari liquidi interni. Era davvero uno spettacolo orribile, che avrebbe fatto accapponare la pelle anche al più duro degli insensibili. Anche quella era una prova. Anche quello un ostacolo da superare. La follia stava intervenendo di nuovo per ostacolare Pierre. Non doveva cedere.
Ma se invece fosse stato il contrario? Si chiese il cavaliere. E se fosse stato lui stesso a convincersi che la follia lo volesse trarre in inganno con delle “finte” e delle “montature”, così che non noti le vere manifestazioni di quest’ultima? Se fosse stato davvero così come avrebbe fatto a capire quali fossero le manifestazioni vere e quali no? Sarebbe stato capace di individuarle? Scosse la testa con forza, ricacciando indietro quel pensiero. Non poteva essere così. Era impossibile. Chiuse gli occhi e proseguì oltre, tirando il cavallo per le briglie, mentre sopra di esso vi era ancora Paul che, tenendosi forte al dorso dell’animale, si guardava intorno con occhi sgrananti dall’orrore. Pierre guardò oltre un basso muretto e notò altri mostri lontani e non se ne preoccupò. Andrè nel frattempo aveva trovato alcune ceste di mele, sicuramente abbandonate lì da un mercante fuggito via. Proseguendo ancora oltre poté notare con piacere che altri mercanti avevano abbandonato dell’altra merce. Vide alcune ceste colme di pesci e altre ancora con pezzi di pane e di carne, probabilmente lepre. Pierre osservò anche all’interno degli altri tre edifici ma, per sua fortuna, non vi erano altri cadaveri, se non quello di un cane circondato da un nugolo di mosche. Il tanfo, però, era ugualmente insopportabile. Paul a un tratto urlò impaurito e Pierre, dopo essersi voltato di scatto, vide che un non-morto si stava avvicinando al cavallo. Impugnando saldamente la spada, fendette l’aria e recise la testa al cadavere. Questa cadde ai suoi piedi rotolando vorticosamente. L’armigero la guardò mentre un altro conato gli saliva su per la gola. Velocemente ordinò ad Andrè di prendere le cassette di mele e tutto il cibo che riusciva a trovare e di portarlo vicino ai cavalli. Lui nel frattempo si aggirò nuovamente lì intorno per tentare di trovare una cosa che sarebbe stata infinitamente utile: un carretto. Superò una casa e non trovò nulla, andò oltre il muretto ma niente, fino a che… aprì la porta del magazzino e trovò un piccolo carretto appena oltre il cadavere sventrato. Tenendo una mano sulla bocca nell’estremo e inutile tentativo di coprire il fetore davvero insopportabile e infinitamente nauseabondo, prese il carretto e lo portò fuori. Vedendolo Richard esultò alzando le braccia al cielo e ringraziando il signore. Caricarono la cesta di mele, quella dei pesci e del pane, infine presero un’altra cesta in cui misero tutte le ghiande che si erano portati dietro dal bosco. Infine caricarono anche un piccolo barilotto d’acqua. Il carretto era piccolo ma abbastanza capiente. Lo legarono al cavallo, collegandolo con le briglie del morso, non avendo trovato delle selle. Rimontarono a cavallo, tutti e quattro e ripartirono per fare ancora qualche miglio prima che fosse ritornato di nuovo buio.
Si accamparono in una radura in mezzo agli alberi. Non vi erano bestie nei paraggi e questo confortò tutti ma, allo stesso tempo, tutti temevano che sarebbero potuti uscire all’improvviso dalla boscaglia. Pierre era tranquillo, anche se, comunque, si trovavano all’esterno. L’indomani sarebbero partiti e avrebbero raggiunto un castello, dove, se tutto fosse andato secondo i loro piani, avrebbero potuto chiedere asilo. Il problema era uno soltanto: vi erano ancora dei vivi in quel castello? Lui non lo sapeva. L’avrebbero scoperto domattina. Poi si coricò, chiuse gli occhi e, stremato, si addormentò all’istante.
All’alba Andrè fu il primo ad alzarsi, controllò che non vi fosse nessuno e svegliò gli altri. Si alzarono, mangiarono qualcosa e si rimisero subito a cavallo, per coprire la distanza maggiore che avessero potuto durante la giornata, per raggiungere il castello di Schievall. Cavalcarono per lunghe ore, passando da campi coltivati ancora da poco, a villaggi disabitati o pieni di cadaveri. Attraversarono a guado un fiume e arrivarono in vista della rocca quando ormai mezzodì era alle porte. Ci avevano messo poco, molto meno di quanto Pierre si fosse mai aspettato.
Si avvicinarono con molta cautela. Al passo. Arrivarono nei pressi delle porte, chiuse. Sui bastioni non vi era anima viva. Pierre urlò –C’è nessuno? Non siamo morti! Siamo sopravvissuti all’attacco dei mostri! Ehi!- Per qualche interminabile secondo non si sentì più nulla. Infine però qualcuno rispose, era un armigero che si era appena affacciato fra un merlo e l’altro –Ehi, chi siete?-
-Siamo vivi!- Urlò Pierre –Fateci entrare, vi prego! Vi chiediamo soltanto asilo per sfuggire a quei demoni di Satana!- Il soldato li scrutò e chiese, vedendo l’equipaggiamento da battaglia di Pierre –Siete un cavaliere?-
-Sì, stavo partendo per la crociata quando tutto è iniziato. Ve ne prego, non vi chiediamo altro che un po’ di ristoro. Per favore!- Il soldato li scrutò ancora per qualche secondo, poi sparì dietro al merlo. Subito dopo i grandi portoni di legno furono spalancati e Pierre, seguito da tutti i frati,entrò. Furono accolti da un piccolo gruppetto di armigeri che li tenne d’occhio mentre si avvicinava il capitano di questi ultimi –Voi, come vi chiamate- Disse rivolgendosi a Pierre –Io sono Pierre, loro sono Andrè…-
-Non ho chiesto come si chiamano loro, sono uomini di chiesa, per me sono solo “padre”- Andrè sembrò risentito da questo modo di fare e lo denotò –Scusatemi, ma non mi sembra il caso più opportuno per insultarci!-
-Qui vi ho fatto entrare io e decido io. Che ci facevate là fuori, da dove venite?-
-Il monastero in cui c’eravamo barricati…- Spiegò il cavaliere –Dove vivevamo con molti altri frati, è stato attaccato. Abbiamo tentato di fermare quei cadaveri ma non ci siamo riusciti, siamo stati costretti a fuggire per salvare la pelle. Non potevamo fare nulla. Così il nostro intento è di raggiungere il castello di mio padre, a nord ma non possiamo arrivarci così facilmente come sembra, è molto distante da qui. Quindi vi chiediamo asilo per una notte e un po’ di ristoro, per riposare e riprenderci dalla lunga marcia che abbiamo già compiuto.- Il capitano lo guardò con sguardo intimidatorio ma infine rispose –D’accordo, a un patto, però. Vene andrete all’alba, non un’ora di più. Ci sono già troppi abitanti in questa fortezza, non possiamo ospitarne altri. Volente o nolente, saremmo costretti ad allontanarvi a forza se non vorreste andarvene.- Nel frattempo i quattro scesero da cavallo e il capitano avvicinò le labbra all’orecchio di Pierre, sussurrando –Oppure saremo costretti a uccidervi…- Poi voltò i tacchi e si allontanò sparendo oltre una porta all’interno di una torre.
Si poteva notare subito che, più che un castello, quello era un forte, infatti era molto piccolo, con qualche casupola qua e là e alcuni edifici di pietra, fra cui una caserma per i soldati. All’interno vi erano moltissimi profughi e sopravvissuti accorsi lì dalle campagne, appena la peste era iniziata. Pierre notò che vi erano molte donne e bambini, oltre che uomini e anziani. Tutti i frati andarono nella piccola cappella a pregare mentre Pierre, aiutato da un garzone lì presente, portò i cavalli alle stalle, dove avrebbero mangiato un po’ di fieno. Poi si diresse verso la caserma, entrò e trovò alcuni uomini sdraiati sui pagliericci a dormire. Sicuramente erano gli uomini di sentinella durante  notte. Verso il tramonto, circa, avrebbero dovuto prendere servizio. Pierre vide un forziere di legno, lo aprì e vi appoggiò all’interno la spada, poi si slacciò i parastinchi e li mise dentro, vicino alla lama. Infine lo richiuse e si sdraiò su un pagliericcio. Era stanco, ma almeno ora era al sicuro.
Mai si sarebbe sbagliato tanto.
Dormendo sognò di un grande prato verde, dove vi erano decine e decine di non-morti appena usciti dalle loro tombe. Questi ultimi si avvicinavano rapidi, molto più rapidi di quelli veri. Erano orribili e terribilmente spaventosi.
Pierre si risvegliò di soprassalto urlando. Si guardò intorno e notò che i soldati addormentati non vi erano più. Sentì un urlo. Era Paul a urlare.
Pierre si alzò di soprassalto, senza pensarci due volte. Accorse verso il forziere dove aveva lasciato la sua arma, l’aprì e… era tutto sparito, anche i suoi due parastinchi di metallo. Allora, incurante del pericolo che avrebbe potuto correre, uscì fuori e vide la follia incarnata.
Gli armigeri, guidati dal capitano, avevano impiccato Andrè e Richard su un patibolo di legno, e stavano alzando anche Paul per impiccarlo a sua volta. Quest’ultimo urlava e si dimenava, nell’inutile tentativo di liberarsi dai suoi carnefici –Paul! Lasciatelo mostri!- Pierre corse verso l’impalcatura di legno da cui pendevano i corpi senza vita dei due frati, ma fu fermato da un colpo di scudo vibrato da un armigero, che lo intontì e lo fece vacillare all’indietro, inciampando sulla corteccia di un albero e cadendo di schiena. Il bruciore al petto e al viso era insopportabile, dal naso colava un rivolo di sangue. Alzò la testa, guardando di fronte a sé. Paul aveva già il cappio al collo, il capitano lo stava reggendo fra le braccia, aveva una forza superiore al normale. Quest’ultimo si voltò vero il cavaliere a terra e gli disse –Benissimo! Vi stavo aspettando cavaliere errante della Francia del nord! Questo è il mio castello! Voi morirete, l’ho già detto! Vi volevate venire qua per aprire le porte a quei cosi vero? Voi siete quei mostri, non è così?! Be, perché se non è così allora dovreste provarmelo e c’è solo un modo per saperlo.- All’improvviso lasciò la presa su Paul e questo cadde nel vuoto d’aria appena sotto di lui, fino a che si sentì lo schioccò della corda tesa e la frattura dell’esile collo del ragazzo che, nonostante la ferita mortale si muoveva ancora tentando di liberarsi richiamando l’ultimo flebile attaccamento alla vita terrena. Pierre osservò la scena allibito, mentre una lacrima gli detergeva la guancia sporca di polvere, disegnando un sentiero roseo in quel mare di polvere. Stropicciò gli occhi alcune volte quasi per ricacciare indietro quell’orrenda vista. Poi, con tutta la forza che aveva in corpo, si tirò su e si avventò contro al guerriero che lo aveva colpito al viso. Iniziò a colpirlo con i pugni al viso, con i denti digrignati e un’espressione mostruosa sul viso che fino a pochi giorni prima era il viso di un giovane uomo che si apprestava ad andare in guerra, fra l’eccitazione e la felicità di quel momento. Continuò a colpire il suo assalitore finché la sua faccia non divenne una maschera di sangue vermiglio e il naso quasi spappolato. Le nocche si erano sbucciate e bruciavano come non mai. Un armigero lo attaccò alle spalle armato di lancia, che gli conficcò nella spalla. Pierre gridò tutto il suo dolore e, per un improvviso cedimento delle forze cadde inginocchio. Digrignando i denti, tenendo duro in una maniera sovrumana, riuscì ad alzarsi, si staccò la lancia dalla spalla, si voltò e, con il troncone della punta che gli era rimasto in mano, trafisse in un occhio l’altro avversario.  Altri due gli furono addosso in un baleno, entrambi armati di spada e scudo: uno lo trafisse al petto, l’altro alla coscia. Lui urlò come un dannato mentre il capitano gli arrivò alle spalle con in mano un pugnale. Premette la lama di quest’ultimo sulla sua gola, poi gli disse –Sai, è la fine del tuo viaggio… Ora ne inizierà un altro.- Un sibilo. Nient’altro, a parte sangue che schizza in ogni dove. Pierre cadde a terra. L’ultima cosa che vide fu il sole che sembrava ormai sbiadito, chiuse gli occhi, mentre pensava: Questa è la vera follia. Non i morti, non i mostri. Niente di tutto ciò che aveva creduto potesse essere tale lo era per davvero. La follia era dentro l’uomo. La follia era l’uomo…
  
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