Disclaimer: 'Questi
personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Stephenie Meyer; questa
storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro'.
Prologo
PovBella
Nell’ingresso dell’enorme palazzo si sente
solo il rumore frenetico dei miei tacchi.
Sono in ritardo per le lezioni di ripetizione ai figli di Mr.Cartier, sono
sacrifici faccio da qualche mese a questa parte e che devo fare fino a quando
non prenderò la laurea.
Non mi lamento, Mr.Cartier è uno degli uomini più ricchi di tutta New York e
per la buona istruzione dei figli è disposto a pagare qualunque cifra, e quella
che mi offre, per ora mi basta, se poi uniamo il mio stipendio a quello di
Rosalie, mia sorella, stiamo davvero bene per il momento.
Io e Rosalie siamo gemelle, in vent’anni di vita non ci siamo mai separate,
nonostante tutto ciò che è successo, noi continuiamo ad essere unite.
Tre sono cose importanti nella mia vita:
La famiglia, gli amici e i miei figli.
Loro sono diventati la mia ragione di vita, il motivo per alzarsi la mattina
con un sorriso pur sapendo che non sarà una giornata facile, sarai sempre più
stressata, il buonumore andrà a farsi benedire, e arrivi al punto in cui decidi
di mollare, ma quando torni a casa vedendo chi c’è ad aspettarti, ti dai della
stupida e capisci che ne vale la pena.
Arrivo davanti la porta,trovo Miss
Kingston, la colf di casa Cartier, leggermente arrabbiata. Se non fosse
impossibile, direi che sta per scoppiare.
« Signorina Swan è in ritardo! Mr.
Cartier l’assunta perché è la migliore che ha trovato, ma non significa che
debba approfittarsene! » ripeto, è leggermente
arrabbiata.
E’ davvero insopportabile, sembra quasi la signorina Rottermaier, solo che
quest’ultima oltre a non esistere, mi sta anche più simpatica.
« Miss Kingston, mi dispiace tanto ma mia sorella stava male, non potevo
lasciarla sola senza accertami che stesse bene. La prego di scusami. Se si
presentano eventuali problemi, spiegherò la situazione ai signori.» Non potevo
di certo dirle che aspettavo Mrs. Coffer, la nostra vicina di casa, per
lasciarle i miei bambini. Sono qui per lavorare, non per avere compassione.
Di solito la gente quando scopre che, io ragazza ventenne, sono madre di sue
splendidi gemelli, si dispiace per me e prega affinché io abbia un futuro
migliore.
« Va bene Miss Swan, che sia l’ultima
volta o avvertirò i signori. Magari, può avvisare che farà ritardo, il numero
c’è l’ha no? Adesso vada dai bambini, cosi prima si inizia e prima si finisce!
» cosi dicendo gira i tacchi, sempre se tali si possono definire quelli che
sembrano avere solo 3 cm, e se ne va.
Raggiungo subito i “bambini” che hanno, precisamente, dodici anni la bambina, Melanie,
e quindici anni il ragazzo, Alan, e comincio ad aiutarli.
Spiego la trigonometria al grande più volte, aiuto la piccola in scienze e
storia, e poi aiuto ancora il grande sempre in trigonometria e poi geografia.
Per quanto il lavoro mi faccia guadagnare abbastanza per vivere, è anche
stressante ripetere all’infinito degli argomenti, affinché entri nelle menti
bacate di questi ragazzi, soprattutto nella testa di Alan.
Dopo aver finito di dare ripetizioni,
prendo subito le mie cose e vado via.
Non voglio stare in quella casa più del dovuto, soprattutto se c’è Miss
Kingston! La sopporto ben poco quella donna.
Posteggio l’auto nel vialetto della nostra
piccola casa, scendo e, passando per il giardinetto, vado dalla nostra vicina,
Mrs.Coffer, che si occupa dei bambini quando io e Rose non ci siamo.
Suono il campanello due volte e viene
subito ad aprire.
« Oh Isabella, hai finito con il lavoro
per oggi? » mi chiede mentre mi fa accomodare in casa sua.
Mrs.Coffer è una donna vedova, ha solo una figlia che studia all’estero, per
questo è felice di occuparsi dei miei piccoli, cosi si sente meno sola.
« Si Mrs.Coffer, per fortuna! Piuttosto, i miei piccoli le hanno dato fastidio?
» chiedo, mentre prendo Renèe dalla carrozzina, che sbatte i piedini tutta
felice.
« Isabella tesoro, mi dici che fastidio potrebbero mai dare due bambini di tre mesi? Non preoccuparti
inutilmente tesoro. Vieni con me in cucina, devo darti una cosa. » rimetto
Renèe nella carrozzina, e controllo il mio piccolino che dorme sereno.
Mrs. Coffer ha sempre questi modi così gentile e premurosi nei nostri confronti
e anche quelli dei piccoli. Forse è perché sa la nostra situazione generale,
forse è perché anche lei, come noi, si è affezionata, non lo so. Ma mi fa sentire
bene, mi fa sentire come se avessi di nuovo una mamma.
« Li ho sfornati da poco. Oggi arriva mia figlia, ne volevo preparare alcuni
per lei, ma ne ho fatti troppi. » mi dice appena entro in cucina, consegnandomi
due contenitori con dei dolcetti invitanti all’interno.
« La ringrazio, magari domani passiamo a conoscere sua figlia. Ora sarà meglio
che vada, Rosalie tornerà da un momento all’altro. »
Mrs.Coffer mi aiuta a portare i bambini a casa e ci salutiamo con la promessa
di cenare tutte insieme domani sera.
Appena metto piede in casa, la prima cosa
che faccio è allattare i bambini.
Ogni volta mi emoziono come la prima volta, vedere che queste piccole creature
dipendono da me, mi provoca qualcosa di indescrivibile.
Si dice che è da qui che nasce il legame profondo tra una madre e il suo
bambino, un legame che cresce e si solidifica andando avanti.
Per me e mia sorella è stato cosi, avevamo
un legame davvero speciale con nostra madre, noi tre ci capivamo solo
guardandoci. Mamma per noi era tutto.
Ricordo ogni piccola cosa di ciò che
faceva, come corrugava la fronte sapendo che le nascondevamo i nostri piccoli
casini, o quando ci raccontava qualche aneddoto di quand’era ragazza e si
mordeva il labbro imbarazzata, o le piccole abitudini che avevamo fin da
bambine.
Le piaceva pettinarci i capelli prima di metterci a letto, diceva che era una
cosa tutta nostra e che noi, un giorno, avremmo potuto condividerla con le nostre figlie.
Questa piccola cosa ci ha accompagnato per anni, fino ai nostri sedicianni
precisamente.
Poi il cancro c’è l’ha portata via, e d’allora io e Rose abbiamo perso
quell’abitudine.
Ritorno alla realtà sentendo il “paperotto”, come ama chiamarlo Rosalie,
piangere.E’ affamato il mio tesoro.
« Ehi piccolo, fa piano. » sussurro al mio ometto. Se Renèe è buona e
tranquilla quando mangia, EJ è un ingordo; si attacca al seno timoroso che io
mi dimentichi di farlo mangiare, e con la sua boccuccia riesce a provocarmi leggere fitte.
Sento la porta di casa aprirsi, segno che la mia sorellina è tornata a casa.
Infatti dopo pochi secondi, eccola fare il suo ingresso in salotto; ha il
fiatone, sembra che abbia corso.
« Ti allenavi per la maratona? » le dico, mentre faccio fare il ruttino ad EJ.
« Ah? Ehm... no, no volevo solo tornare a casa presto, mi mancavano il mio
paperotto e la mia coniglietta. »
« Oh bene, se proprio ti mancavano, resti tu un po’ con loro qui, mentre io
chiamo la pizzeria. Ti va bene la pizza per stasera? » non faccio in tempo a
dire o fare altro, che ha già tra le braccia Renèe, ed ora reclama anche EJ.
« Rose non sballottarli, hanno appena finito di mangiare. » alza gli occhi al
cielo esasperata.
« Fosse la prima volta che li tengo! » mi
urla dietro mentre vado in cucina a prendere il telefono.
« Ma io lo dico per te, mica per loro. » le urlo di rimando, ridendo.
Ordiniamo due pizze, una normale con le olive e l’altra con la salsiccia , e
quando il fattorino c’è le porta, ci spaparanziamo sul divano, parlando del più
e del meno.
« Allora, com’è andata a casa Cartier? I bambini hanno imparato l’alfabeto
oggi, o gli hai insegnato le tabelline? » Rose ovviamente, sa della situazione
a casa Cartier, di come i signori siano pignoli sull’istruzione dei loro figli
e del fatto che, tutti in quella casa, chiamano i ragazzi bambini.
« Ma smettila scema! Non credere che per quei ragazzi sia facile, gli rendono
la vita impossibile. E comunque gli ho aiutati in scienze, storia, geografia e
ho ripetuto all’infinito trigonometria! »
« Fammi indovinare… il cervello di Alan si è fatto un giro alle Hawaii. »
sorride, prendendomi in giro.
« Non ne voglio parlare. Un giorno di questi gli apro la testa in due e gli infilo
il libro dentro! »
« Tu piuttosto, qualche nuovo pettegolezzo
hai sentito da quelle vecchie bisbetiche? Ian Somehralder è arrivato in città
con una nuova fiamma? » Rosalie fa la
commessa in un negozio di abbigliamento abbastanza conosciuto. Le proprietarie
sono due comare, se si vuole sapere qualcosa su qualcuno, basta rivolgersi a
loro. Diranno vita, morte e miracoli della persona interessata.
« Nessuna nuova fiamma per Ian, lo adoro
con Nina! E comunque nulla di nuovo. Erano solo affascinate da un uomo che è
entrato oggi nel negozio. » dice, sforzandosi di sorridere.
Non sta bene. So che non sta bene e la colpa è solo mia. Ha dovuto lasciare di
nuovo papà, i nuovi amici, quella che lei considerava una seconda famiglia, e
il ragazzo che ama. Tutto per non lasciarmi sola. Le devo molto, e so che non
sarà mai abbastanza per tutto ciò che lei ha fatto e continuerà a fare per me.
« Ok, io me ne vado a letto. Sperando che i due monelli non si sveglino questa
notte. Ah, dì alle vecchie, che sono un po’ troppo avanti con l’età per trovare
un uomo. » le dico, mentre ci alziamo entrambe per portare le carrozzine nella
mia stanza.
« ‘Notte sorellina. » le dico, dandole un bacio sulla guancia e correre nella
mia stanza.
« Sogni d’oro mammina! » urla lei dalla sua stanza.
Chiudo la porta, pensando ancora agli
sguardi tristi di Rose. Vorrei poter fare qualcosa per lei…ma cosa?
Controllo i bambini un’ultima volta e poi mi corico a letto, lasciando che le
braccia di morfeo mi avvolgano.
Sento
qualcuno scuotermi, ma ho troppo sonno per aprire anche solo un occhio.
« Bella! Bella svegliati, devo dirti una cosa! »
Sento una voce famigliare chiamarmi, ma
non ho voglia di togliere la testa da sotto al cuscino.
« Bella! »
« mmm no, papà non vado a scuola oggi. » sono stata io a parlare? Boh, starò
sognando.
« Papà?! Ho la voce di un uomo? Sono diventata un transessuale! »
« Si si, transessuale… »
« L’hai
voluto tu. »
Non sento più nulla per qualche secondo, fin quando non sento un dolore alla
coscia.
« Ahia! Rose mi hai fatto male con il picchietto!? Ma sei pazza? » urlo,
sedendomi di colpo sul letto massaggiandomi la parte lesa, e guardando in malo
modo mia sorella e la sua arma.
« Non urlare se non vuoi che i tuoi figli si sveglino nel cuore della notte. »
mi dice con una calma innaturale.
« Oh certo! E tu, perché hai svegliato me, nel cuore della notte? » ma tu
guarda un po’ che devo sopportare.
« Questa sera, quando mi hai chiesto del lavoro e delle vecchie, e io ti ho
parlato di quel ragazzo, non ti ho detto tutto. » dice abbassando lo sguardo
sulle sue mani, poggiandosi alla tastiera del letto.
« Rose, sul serio, non possiamo parlarne doman- » ma prima che possa finire di
parlare, le mi interrompe. E’ solo un sussurro, ma lo sento bene.
« Era Emmett. » E’ solo un sussurro, ma lo sento bene. Due semplici parole hanno il potere
di farmi congelare il sangue nelle vene. Sapevo che prima o poi sarebbe
successo, ma non pensavo cosi presto.
Salve a tutti!
Questo è il primo capitolo della storia,
anche se è leggermente corto u_u”
Posterò una volta a settimana, o almeno ci
proverò! Sono strapiena di impegni e anche la scuola mi porta via molto tempo.
Se qualcuno nota dei parallelismi con un'altra storia, sappiate che quella storia
è mia.
Il mio vecchio account lo cancellerò tra
pochissimo, (per alcuni problemi che non sto qui a spiegarvi), quindi sappiate
che NON E’PLAGIO, assolutamente! E’ solo una rivisitazione della mia
fanfiction.
Tornando alla storia, beh per ora non ho
molto da dirvi, ogni cosa si scoprirà pian piano :P
Vi invito a fare un salto su “Shariel Lowely”( <== Clicca) la mia pagina
facebook.
Qui potrete trovare spoiler, immagini e/o qualunque cosa voi vogliate sapere
sulle storie da me scritte.
Alla prossima =)