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Autore: Kastel    18/09/2013    3 recensioni
Ovvero, il percorso di Akashi e Kuroko che faranno insieme, tra insegnamenti vecchi e scoperte nuove.
Perché non è solo il passato, quello che conta.
E che spirito, si poteva osservare! Non solo così vanitoso da abbellirsi di kimoni di primissima qualità, ma anche così sottilmente furbo nel comprendere che basta l'etichetta per poter dimostrare la propria potenza! Così dannatamente attaccato ai giovani da rendere le vite di due di loro un mezzo inferno!
Né Akashi né Kuroko potevano comprendere, prima del loro incontro che è il punto di partenza di questa storia, quanti e quali danni avessero fatto due donne troppo simili nell'essere state cresciute come portatrici di una tradizione ferrea.

[Coppia: AkaKuro]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Seijuro Akashi, Tetsuya Kuroko, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Ora i vecchi non si limitano a chiedere rispetto, hanno appreso il metodo per dominare abilmente i giovani adulandoli e comprimendoli astutamente.
Yukio Mishima, Lezioni spirituali per giovani samurai, dal capitolo Il rispetto per gli anziani

 

 

Lasciò scorrere l'indice tra i vari volumi della fornita libreria del padre, accompagnando quel movimento con gli occhi, sempre vigili e attenti. Spostò più volte la manica dello haori nel tentativo di non farsi intralciare durante la sua ricerca, trovando solo in quel momento scomoda la sua abitudine di indossare il kimono come abito da casa. E, finalmente, la sua mano si chiuse sul libro di piccole dimensioni che tanto stava cercando.
Nel silenzio della grande e antica casa si poteva udire solo i passi di Seijūrō, i piedi coperti dai tabi per non soffrire troppo il freddo di una stagione non ancora particolarmente calda. Vagava per i corridoi indeciso se andare nella propria stanza o nel irori, anche se poi alla fine decise per la sala da tè. Uscì sull'engawa lasciando scorrere lo shoji, rabbrividendo un poco per il freddo pungente di quella serata. Si strinse maggiormente allo haori cercando di non tremare eccessivamente, camminando per il corridoio che affiancava dal giardino, in penombra a causa della luce fioca delle lampade esterne. Infine raggiunse la sala da tè, chiudendo il fusuma e accendendo una candela per poter leggere.
Non era una stanza particolarmente utilizzata e si poteva notare dal fatto che il riscaldamento non era acceso, eppure nonostante la indubbia comodità che avrebbe avuto nella sua stanza gli sembrava più solenne leggere quel libro in quel luogo.
Solo quello aveva ereditato dalla madre (oltre all'indubbia bellezza): un amore particolare per quella stanza non troppo grande. Il padre, invece, all'opposto odiava quella sala proprio perché sembrava una specie di cella, frutto di una tradizione millenaria. E proprio per questo era anche l'unico posto dove Seijūrō poteva stare tranquillo e meditare. Quindi poteva concedersi la lettura del capitolo che tanto gli ronzava in testa.
Per un normale studente giapponese il testo che si presentò davanti al ragazzo sarebbe sembrato solo una accozzaglia di errori ortografici. Bifolchi, avrebbe pensato Akashi, poiché dimostravano l'ignoranza loro e dei genitori. Come si poteva non insegnare alle nuove generazioni una cosa così importante come l'ortografia classica? Evidentemente non avevano letto bene il libro che teneva in mano, soprattutto il paragrafo dedicato al rispetto agli anziani. Perché avrebbero compreso l'importanza di non lasciar cadere in disuso le tradizioni e le conoscenze passate. Che onore poteva esserci solo nel futuro? Nessuno.
Si mise seduto sui talloni, così come richiedeva la giusta lettura di un saggio come “Lezioni spirituali per giovani samurai”, cercando il giusto equilibrio sul tatami. Sfogliò i vari capitoli finché non trovò quello che gli interessava maggiormente.
Purtroppo, leggeva, mi accorgo dolorosamente che dal dopoguerra è scomparso in Giappone non solo il pudore femminile ma persino quello maschile. Non posso limitarmi a lamentare questa tendenza del mondo moderno. Perché io stesso, a mia insaputa, sono influenzato dall'epoca in cui vivo e sto gradualmente perdendo il mio pudore maschile. Me ne accorsi quando mia moglie partorì per la prima volta ed io rimasi nella clinica in ansiosa attesa; e quando finalmente il bambino venne alla luce, mi precipitai ad un telefono pubblico per comunicare a mio padre la nascita del suo primo nipote, ma dimenticai ripetutamente d'inserire la moneta da dieci yen e non riuscii a comunicare. Quando infine mi ricordai della moneta e potei parlare con lui, fui stupito dalla sua voce imprevedibilmente aspra. Non sembrava affatto felice della notizia. In seguito ne compresi il motivo: mio padre è un uomo nato nell'era Meiji, e ha un pudore d'altri tempi. Si vergognava persino del fatto che suo figlio fosse andato in clinica ad attendere che la moglie partorisse. Un figlio che aveva raggiunto il massimo della spudoratezza telefonandogli con voce emozionata dalla clinica. Un uomo giapponese, quando la moglie partorisce, dovrebbe celare i suoi sentimenti, uscire con gli amici o comunque fingere indifferenza. E questo, ritengo, non per un senso di disprezzo verso la donna, bensì per il timore e il trepido rispetto verso un dominio prettamente femminile, ed anche per un atteggiamento di sfida mascherante una certa timidezza virile.
Ed era questo, pensava Akashi, che Kuroko faceva. Non mostrare troppo i suoi sentimenti ma, al contrario, lasciarli in una dimensione di virilità, qualcosa che solo poche persone potevano comprendere a dovere.
Sorrise un poco accorgendosi che le sue sensazioni, ancora una volta, non avevano sbagliato. Anche se...
Sei così convinto che valga la pena stargli dietro?
Chiuse gli occhi insieme al libro, sospirando.
Secondo te no?
È interessante, te lo concedo, ma se non si dimostrerà utile cosa può interessarci del fatto che è stato cresciuto nella maniera corretta? Non dimenticarti, Seijūrō, che un vero uomo non guarda ai propri sentimenti ma ai propri obiettivi. Non lasciarti trasportare troppo.
Lo so. Non ho scordato nulla.
Il suono della porta che scorreva piano interruppe ogni suo pensiero. Aprì gli occhi trovandosi davanti il viso stanco del padre.
“Cosa fai qui?”
“Volevo solo rileggere un libro. Arrivo subito, Padre.”
Si alzò in piedi, raggiungendo il genitore e soffiando sopra la fiamma della candela.
Solo lui, però, vide la sua stessa ombra, nel tremore della sua scomparsa, sorridere soddisfatta.

 

 

 

Le buone maniere non presuppongono tuttavia ubbidienza all'altrui volontà. Sebbene l'etichetta sia per un uomo una premessa essenziale, cui deve assolutamente assoggettarsi, si è diffusa ai giorni nostri la strana credenza che un atteggiamento sincero e spontaneo possa giungere più direttamente all'animo di chi ci ascolta. Soprattutto colui che è ambizioso è invece tenuto a rispettare l'etichetta, più di chiunque altro; se lo farà, potrà persino esibirsi danzando nudo mentre beve il sake, essendosi ormai conquistata la fiducia d'interlocutore che giudicherà la sua danza come un atto estremamente spontaneo e rassicurante. Questa tattica non funzionerebbe affatto se egli fosse solito comportarsi con sregolatezza. È per questo che esiste un'etichetta, capace di mantenere la dignità dell'uomo, ed è solo lasciando trasparire da essa la naturalezza, l'immediata spontaneità della natura umana, che si accresce il proprio potere sul prossimo.
Nel medesimo istante, in un altro quartiere di quella grande capitale che è Tōkyō, Kuroko stava sfogliando lo stesso libro che aveva fatto compagnia ad Akashi in quelle ore di solitudine alla ricerca della medesima comprensione. Edizioni identiche, come se chi avesse comprato i due libri fosse stata la stessa persona. O, forse, solo la medesima tipologia di donna.
Stava seduto sulla poltrona accanto all'unico letto in stile occidentale del piccolo appartamento dove abitava con i suoi genitori e sua nonna paterna, Noriko Kuroko. In silenzio, per non svegliare la donna che riposava tranquilla, si riabituò a quel tipo di scrittura che aveva parzialmente dimenticato, in modo da poter rileggere il paragrafo di suo interesse.
Alzò lo sguardo su Noriko quando la sentì gemere, segno che si stava risvegliando. Ricordava ancora quando il padre aveva scelto di dare alla madre un letto in stile occidentale: poco importava se lo aveva fatto per la sua salute e per la sua comodità, le urla per “l'aver osato, ancora una volta, che il vergognoso occidente entrasse nella loro casa” non erano mancate. Nonostante ciò, l'anziana signora si era arresa quando aveva compreso di non aver alcun alleato. O meglio, di non avercelo in quella specifica battaglia.
“Tetsuya...”
Il ragazzo abbassò il libro per concentrarsi sulla voce tremula di lei.
“Sono qui.”
Come sempre, avrebbe voluto dirle, come ogni giorno da quattordici anni. Si limitò solo ad osservarla ed ascoltare quello che gli avrebbe detto.
“Tetsuya... ascoltami...”
Il ragazzo chiuse gli occhi, sospirando silenziosamente. Anche se quello che lei voleva narrare gli era già noto non poteva scappare via. Il rispetto che provava per lei glielo impediva.
“La famiglia Kuroko esiste fin dall'alba della creazione del teatro Nō. Ha vissuto di pari passo con questa nobile arte. I nostri spettacoli... Ah, Tetsuya, se tu avessi potuto vederne anche uno solo recitato da tuo nonno capiresti cosa voglio dire. Siamo sempre stati gloriosi. I nostri gesti, il nostro modo di respirare, di interpretare il ruolo affibbiatoci sono sempre stati fonte di ammirazione per chiunque ci osservasse. Quanti allievi abbiamo avuto! Quanta gloria! Siamo sempre stati amati e venerati come dei! E poco importa se ci hanno definito retrogradi e nazionalisti, se ci hanno disprezzato per il nostro amore per il Nō. Noi abbiamo sempre alzato la testa e recitato per chiunque volesse vederci, anche per quegli sciocchi plebei o stranieri che non possono comprendere fino in fondo. Devi sentirti fiero di essere un membro della nostra famiglia, Tetsuya, perché noi siamo degli artisti.
Ah, nipote mio... se solo tuo padre non avesse rifiutato di prendere le redini della compagnia... Pfuì, accettare di lavorare come scribacchino per uno sciocco uomo invece che portare avanti la nostra gloriosa tradizione... Ma cosa posso farci, tuo nonno è sempre stato troppo buono. Ha permesso che il nostro buon nome diventasse polvere, che noi stessi iniziammo a rappresentare solo un passato oramai scomodo. E io, da sciocca, ho permesso che tutto ciò diventasse realtà... Tetsuya, ricordati, sii un uomo deciso e con la spina dorsale. Non essere come quegli sciocchi che ti hanno preceduto. Tu sei la mia gioia, ciò che può ridare la speranza alla nostro meraviglioso nome.
Tetsuya... mi raccomando, non deludere le aspettative di tua nonna. Ricordati cosa ti ho insegnato e sii fiero del nome che porti.
Hai capito, nipote mio?”
Se solo la donna non fosse stata così concentrata su di sé avrebbe potuto notare lo sguardo triste di Tetsuya, che fissava la copertina del libro che teneva in grembo. Invece il ragazzo fece un breve sorriso e annuì, fissandola gentilmente.
“Ho capito.”
E, ancora una volta, pensò che avrebbe voluto bruciare quel dannato libro che tanto gli aveva insegnato.
Almeno, forse, avrebbe avuto il coraggio di rifiutarsi di essere il burattino di quella donna.

 

 

 


Note.
È un dispiacere dovervi informare del fatto di non abituarvi troppo ad aggiornamenti così rapidi. Il fatto è che questo capitolo lo avevo in mente da un po', quindi scriverlo è stato semplice. E comunque ho un po' di ricerca da fare prima del prossimo, quindi...
Allora. Queste note sono esplicative per ogni termine giapponese che ho usato, in modo da farvi comprendere cosa avete appena letto. Iniziamo.

Il kimono e le sue vari parti.
Il kimono è l'abito tradizionale giapponese. Anche se originariamente veniva utilizzato per indicare ogni tipo di abito adesso si usa solo per l'abito lungo tradizionale. Viene usato da ambo i sessi e ad ogni età. Il kimono maschile è più semplice di quello femminile e formato solo cinque parti. Per comodità vi illustrerò solo le parti o gli accessori che ho nominato.
Haori: soprabito che rende il kimono più formale. Lungo fino all'anca o alla coscia, ha sopra un'immagine che rappresenta o uno spaccato di vita quotidiana o un paesaggio tipico.
Tabi: sono dei calzini con separazione infradito da usare con i sandali.
Se siete interessati a tutte le parti e a loro utilizzo potete guardare su Wikipedia o sul portale Sul Giappone, da cui ho tratto le informazioni.

 

La casa tradizionale giapponese.
La casa tradizionale giapponese è molto semplice e a stretto contatto con l'ambiente. Rappresenta l'anima di chi la abita ed è modellata per adattarsi alle stagioni grazie alle varie parti che la compongono.
Irori: è la fonte del riscaldamento della casa, anche se io l'ho più immaginata come una stanza che è il centro della casa. Purtroppo non mi è chiaro se sia una stanza o solo il riscaldamento e mi scuso già per questa imprecisione.
Engawa: corridoio con un tetto spoviente che collega esterno e interno. In inverno può diventare un'estensione della casa, in estate diventa una parte del giardino. Questo è permesso grazie agli shoji, che sono delle porte scorrevoli in legno e carta. Filtrano la luce.
Fusuma: porta scorrevole di carta.
Tatami: sono le stuole di stoffa che coprono il pavimento. Sono anche l'unità di misura tipica giapponese.
Sala da tè: Piccola (dalle dimensioni di una capanna) e situata all'interno del giardino, qui viene svolta la cerimonia del tè.
Esiste anche una parte dove si trova l'altare shintoista domestico, ma lo inserirò in un prossimo capitolo.
Tutte queste informazioni le ho prese dal sito Architettura & Viaggi.

 

Nomi giapponesi.
L'unico nome giapponese presente in questo capitolo è quello della nonna di Kuroko.
Noriko (scritto con i caratteri 法子) significa “Norma, legge” (Nori, ) insieme al carattere Ko () che significa bambina.
Preso da MIST Fansub, un forum che ho trovato online facendo ricerca.


Con queste note anche questo capitolo finisce qui. Grazie per la lettura e al prossimo. 

   
 
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