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Autore: Rurouni_Star    18/09/2013    2 recensioni
[HGSB] Nothing stays lost forever. The same holds true for some people.
[HGSB] Niente è perso per sempre. Lo stesso vale per alcune persone. Leggermente AU
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Draco Malfoy, Hermione Granger, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Hermione Granger/ Sirius Black
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto, Dopo la II guerra magica/Pace
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* Ehilà! La fanfiction che vi propongo è una che personalmente ho apprezzato tantissimo, non ho mai letto fic a pairing Sirius/Hermione prima di un paio di sere fa - a voler ben vedere non immaginavo nemmeno che esistesse come coppia - e questa mi ha veramente conquistata quindi ho chiesto all'autrice originale di poterla tradurre.
E' un po' triste nei primi capitoli ma va riprendendosi, vale davvero la pena buttarci un occhio ;) anche lo stile è un po' diverso tra i capitoli "tristi" e il resto, per cui non scoraggiatevi! Inoltre è una ff completa, quindi avrete tutti e 22 i capitoli nel tempo più breve possibile!
Spero che vi piacerà quanto è piaciuta a me!
~La vostra umile traduttrice

P.S. ovviamente nè io nè Rurouni Star possediamo alcun tipo di diritto su Harry Potter e compagnia bella... ma ci è concesso di sognare ;)
P.P.S. non starò ad ammorbarvi per le recensioni perchè, in fin dei conti, non è un lavoro mio, però anche solo un paio per sapere se volete il secondo capitolo mi farebbero comodo se qualcuno ha la voglia di lasciarle. Peace



Prologo.
 
 
Era vuota.
 
Inizialmente, pensava che fosse accaduto in quella notte. Una semplice assenza di pensiero,  un’assenza d’interesse. Ma poi capì che era successo molto, molto tempo prima.
 
Quando era arrivata la fine.
 
Oh, ovviamente avevano vinto. Voldemort non aveva speranze di farcela fin da prima d’iniziare a riprendersi – troppe persone erano consapevoli ora, troppe persone pronte a lottare, e stavolta avevano esperienza e allenamento.
 
No, non era stata la fine del mondo magico. La vita era continuata per tutti quelli che non erano là, che non avevano visto il tempo fermarsi. Ma per lei era ancora quel giorno e stava ancora guardando mentre cercavano di riprendersi disperatamente, cercando di non pensare ai corpi pallidi e scomposti che giacevano a terra di fronte a loro mentre capivano…
 
… che avevano vinto.
 
Hermione era ancora lì quando era sceso un silenzio stupefatto.
 
Niente urla di vittoria, niente grida di “Voldemort è morto!”, nessuno che saltellava, si abbracciava o piangeva i morti.
 
Solo… silenzio.

Era ancora lì quella notte, quando avevano realizzato di aver perso. Il tempo si era fermato non appena aveva visto i suoi due migliori amici che la fissavano senza vita. Perché lei non poteva ancora comprenderlo.

Diciassette anni.

Che cos’era? Un numero. Non aveva alcuna importanza.

Hermione bevve un sorso della sua cioccolata calda, fissando fuori dalla finestra mentre ascoltava la pioggia cadere e i tuoni fragorosi e il vento che soffiava così delicato. E nonostante cercasse di inebriarsi di quella visione, delle tempeste che un tempo aveva amato così tanto, non. Stava. Funzionando.

Con un sospiro, abbassò la tazza e si strofinò gli occhi. C’erano dei cerchi neri lì, ne era certa, perché certe volte, a notte fonda, fissava le loro facce ed era certa che se l’avesse fatto abbastanza a lungo, di sicuro loro avrebbero sbattuto le palpebre e le avrebbero chiesto perché lo stesse facendo.

Era in momenti come quello, in cui si sentiva così incredibilmente svuotata, che pensava a cosa le mancasse. Non era la magia. Non la magia per cui aveva perso ogni interesse, o la bacchetta che aveva nascosto in soffitta, o il libro di canti latini che era finito lì quando si era resa conto di non riuscire a costringersi a leggere abbastanza a lungo da imparare qualcosa. Non era nemmeno Hogwarts, dio, Hogwarts, il posto che le sembrava di vedere ovunque, superimposto sulla realtà mentre loro ridevano e scherzavano e si facevano i dispetti mentre parlavano di quanto fosse stata terribile la lezione di pozioni che avevano appena avuto.

La donna sospirò e si alzò dal suo posto alla finestra, quello che aveva costruito apposta per poter guardar fuori, e decise, quasi per capriccio, di scoprirlo.
 
Scoprire cosa le mancasse.

Salì le scale lentamente, spostando i capelli da davanti agli occhi – i capelli che non si era degnata di tagliare per anni, capelli che avevano lentamente perso la loro definizione, che si erano allisciati ed erano cambiati e si erano messi a posto mentre lei non l’aveva fatto – e si fermò sotto la porta della soffitta, allungando la mano per afferrare la maniglia e chiedendosi se questa stupida idea avrebbe veramente portato a qualcosa oltre che a dirle dove diavolo fossero finite le chiavi della macchina che non trovava da una settimana.

Hermione tirò delicatamente, con cautela per evitare che la scala la colpisse alla testa, l’altra mano che d’istinto era salita ad afferrare la scala tirandola giù piano piano. Poteva vedere la polvere ora, fluttuava giù con la scala, fine come la nebbia in una notte fredda, e la colpì il fatto che avrebbe potuto tenere la bacchetta, se non altro per tenere pulita la casa, perché sarebbe stato carino.

E mentre saliva, ricordava…

Stava salendo la scala fino all’aula di divinazione, tossendo quando l’incenso le aveva invaso i sensi e la luce si era fatta fioca. Stava guardando male la professoressa con gli occhiali per farle sapere chiaro e tondo che non era qui per lei.

“Harry”, aveva chiamato piano. “Silente vuole vederti.”

La Cooman aveva storto il naso mentre il ragazzo con quegli incredibili occhi verdi si era mosso per seguirla, ed Hermione l’aveva ignorata apposta. Le labbra di Harry si erano increspate mentre cercava di trattenersi dal ridere, ed avevano iniziato a scendere le scale.

Stanotte… qualcuno morirà.”

Le labbra di Hermione si erano ridotte ad una linea sottile e aveva sbattuto la porta dell’aula con un sonoro slam.

Era morta anche lei quella notte? Non riusciva a ricordarselo. Era stato più tardi, quando avevano tirato fuori quella lista di nomi. Hermione era rimasta lì, con lo sguardo fisso, persa nella sua mente. Non ne aveva sentito nemmeno uno.

Aveva allungato la mano ora, per spazzolare via la polvere da un vecchio baule malconcio.

Non avevano protestato, quando se n’era andata. Quando aveva ignorato tutte le borse di studio e i complimenti e i posti al ministero. Silente aveva semplicemente sorriso, un sorriso vuoto, niente più di uno sforzo, per lei, e le aveva posato una mano sulla spalla dicendole qualcosa di vagamente confortante. Se lo ricordava, questo. Silente poteva vedere attraverso tutti i tuoi pensieri e i tuoi strati e lasciarti scoperto, nudo, per questo se lo ricordava.

Aprì il baule, non era chiuso a chiave. Non si era mai degnata di farlo.

La copertura si aprì con un cigolio e vide che dentro non c’era polvere. No, non poteva essercene, la magia era ancora lì anche se lei non c’era. Le pagine dei suoi libri di scuola, ancora perfette, ancora immacolate; la sua bacchetta, esattamente come il giorno che l’aveva comprata.

Agitare e colpire, agitare e colpire – oh guardate, Miss Granger c’è riuscita!

Un piccolo sorriso triste le sfuggì dalle labbra.

Che cos’era? L’infastidiva, ora, cos’aveva detto Silente?

Le sue dita si chiusero attorno all’impugnatura della bacchetta e il modo in cui si adattava ancora perfettamente alla sua mano era allo stesso tempo confortante e spaventoso, come se per tutto questo tempo avesse semplicemente aspettato, certa che sarebbe tornata.

Che cos’era?

Agitare e colpire. Sì, quello poteva ancora farlo.

Ma cosa aveva… sì!

E se ci provava, poteva ancora vedere, poteva ricordare com’era la lavagna e le equazioni e gli incantesimi e il numero delle pagine…

“Hai fatto abbastanza. Vai e vivi.”

Ma i suoi occhi avevano incontrato quelli di lui e lei era morta dentro.

“Mi… mi manca qualcosa…” sussurrò a se stessa.

Il libro era aperto ed era su quell’esatta pagina – pagina 264, precisamente, del libro di incantesimi del quarto anno. Alla fine, li aveva tenuti tutti, in caso… in caso…

In caso avessi voluto studiare, giusto? In caso la smania m’avesse presa di nuovo. Come ha fatto.

Ma era solo un esperimento, un capriccio, un ultimo debole respiro prima di abbandonare la speranza, perché qualcosa dentro di lei aveva quest’irritante tendenza, un’inclinazione naturale. Non era del tutto certa da dove l’avesse presa.

Magari da Harry.

Si sistemerà tutto Hermione, vedrai, e quando avremo vinto, andremo tutti a festeggiare nel negozio di Fred e George e tireranno fuori quei fuochi d’artificio a cui stanno lavorando…” la sua mente si era persa a quel punto e lei era andata nel panico, ma aveva comunque raccolto pezzetti qua e là “…burro birra… è da un po’ che Ron vuole… whisky incendiario… faremo…”

Ah, sì. L’incantesimo.

Lo stava ancora fissando.

Mihi requiendum…

Aveva un vuoto dopo quello. Che cosa stava cercando?

Qualcosa di cui ho bisogno…

La sua mente era all’opera per ricordare le coniugazioni. Desiderium… mihi requienda desiderium…

La sua presa sulla bacchetta si fece ancora più forte, realizzando che non aveva idea di cosa stesse facendo. E se avesse fatto qualcosa di strano? E se non si fosse ricordata l’ultima parola e avesse finito col procurarsi qualcosa di pericoloso… o di già morto…

Ma un momento più tardi realizzò che non importava.

Quindi alzò la bacchetta e la tirò indietro, portandola giù e dicendo in quello che era appena un sussurro, “Mihi requienda desiderium…”

La magia le scorse attraverso e la sentì, quella luminosità vuota che ti dà i brividi e ti rende giovane di nuovo… la magia per cui aveva lentamente perso interesse…

E…

Si fermò.

Le scintille svanirono.

E fu buio di nuovo.

“Stupida magia,” esclamò Hermione, rigettando la bacchetta nel baule e girando sui tacchi per tornare dabasso. Ovviamente non aveva funzionato. Perchè avrebbe dovuto? La magia non lasciava spazio al vago, richiedeva sempre che si nominasse ciò che si voleva, dire stupidamente “qualcosa di cui ho bisogno” non avrebbe portato a nulla!

Rabbia e autocommiserazione crescevano dentro di lei mentre si avvicinava al tavolo e buttava la tazza di cioccolata per terra. Sentì uno strano senso di soddisfazione nel vederla frantumarsi, il liquido caldo si riversava all’esterno, lasciano scie di calore e vapore dove passava.

Avrebbe lasciato una macchia, lo sapeva. Ma si poteva lavare facilmente e lei non avrebbe mai saputo che era successo proprio come tutto le altre cose che si erano succedute negli ultimi diciassette anni.

Ma si stava calmando, guardando la sua bevanda che si espandeva pigramente sul linoleum, facendosi strada verso il tappeto. Poiché detestava il disordine, è quello che era, quello che sarebbe sempre stata, Hermione si chinò con mano tremante per raccogliere i frammenti della tazza e trasalì tagliandosi su con un bordo. Un piccolo rivolo di sangue iniziò a formarsi, trasformandosi poi in una perlina ed infine in una goccia che andò a mischiarsi alla cioccolata. Sospirò e prese uno straccio, ignorando il suo dito per il momento.

La cioccolata venne via, come sapeva che avrebbe fatto. Un po’ d’acqua e sapone ed era sparita di nuovo, l’unica prova che ci fosse mai stata erano uno straccio sporco e un pollice insanguinato.

“Quindi la magia non può rimettere tutto a posto,” mormorò tra sè e sè, portandosi la mano al petto. “Nessuno diceva che potesse” ma lei l’aveva sempre pensato. Sempre, prima d’allora, aveva avuto questa sensazione che la magia fosse… beh… magica. Non solo un semplice strumento o un’arte, ma una panacea, un rimedio miracoloso. Ora, però, si sentiva come se stesse offendendo un vecchio amico, uno che non se lo meritava.

Era inginocchiata a terra ora, rotta e non ancora in via di guarigione, nonostante la magia. Ma non era mai stata la magia, era sempre stata lei.

La bacchetta era ancora in soffitta, avrebbe potuto portarla giù, guardare i libri, perdersi un po’ nei ricordi, forse. “Magari dovrei-”

Un colpo alla porta d’ingresso la fece alzare. Hermione deglutì.

Che cosa ho fatto, ho fatto un casino, sapevo che non avrei dovuto-

Ma non fu seguito da altro, solo i tuoni e la pioggia.

Deglutì, pensando che sarebbe stato saggio andare a prendere la bacchetta, ma sapeva che non l’avrebbe fatto. Non poteva dare le spalle alla porta, per nulla al mondo.

Quindi, pensando di essere almeno un po’ ragionevole, si mosse silenziosamente verso di essa, la testa che rimbombava a ritmo con la pioggia. Probabilmente era solo un cane randagio o qualcosa del genere, niente di cui avere paura…

Hermione aveva raggiunto la porta ora e doveva fermarsi. Si morse nervosamente il labbro inferiore. Di certo questa era solo una coincidenza-

Prima di potersi fermare, forzò la sua mano ad andare alla maniglia e a tirare.

La porta si aprì facilmente verso l’interno.

E il respire di Hermione le si mozzò in gola mentre fissava, pietrificata. Perchè…

Quail altri significati ci sono? Desiderium, qualcosa che desidero, di cui ho bisogno, qualcosa che vorrei…

Qualcosa di cui rimpiango la perdita.

“È impossibile,” sussurrò con voce roca. “Tu sei impossibile!”

Ma la figura bagnata e priva di sensi di Sirius Black non rispose.
  
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