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Autore: controcorrente    18/09/2013    1 recensioni
Soledad ed Ester. Due sorelle divise. Due vite separate da dieci anni di distanza, improvvisamente riunite per il capriccio della prima. Due donne profondamente diverse. Una provata da 3 grossi sacrifici, l'altra cresciuta con l'ansia del futuro. La loro riunione porterà a delle conseguenze impreviste che mai avrebbero pensato potessero accadere: L'ambientazione è storica ma spero che vi piaccia, indicativamente tra 700 ed 800.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Periodo regency/Inghilterra, L'Ottocento
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Benvenuti a questo nuovo capitolo. Ringrazio tutti coloro che hanno letto sinora e spero che la storia continui a piacere. Buona lettura.

 

XXXVIII

 

 

Cedric osservava vacuo la propria immagine, senza riuscire a riconoscersi.

Quel giovane uomo, con l'aria da condannato di fronte al plotone d'esecuzione non poteva essere lui. "Buon Dio, come ho potuto ridurmi a questo punto! Nemmeno quando ero apprendista nella segheria dei Winfort ero così! " si ritrovò a pensare.

-Siete vestito ottimamente, caro figlio-commentò la vedova, guardandolo con orgoglio- ogni giorno che passa, mi ricordate vostro padre.-

Il giovane Gillford le lanciò un'occhiata stizzita, non gradendo affatto il complimento. Non gli interessava affatto sembrare un adone. Lui voleva semplicemente andarsene in America, lontano da quella gabbia di regole, imposizioni che lo faceva sembrare sempre di più un orrendo damerino impomatato.

-Mi auguro che vi comporterete bene-commentò lei, osservandolo.

Nemmeno allora il figlio rispose. Era stato nuovamente trascinato a casa dello zio ed aveva saputo della lieta novella...per la precisione, della scampagnata inglese presso una dama che non aveva mai conosciuto. Malgrado questo viaggetto comportasse il tutt'altro sgradito allontanamento dal collegio, era comunque seccato.

Aveva saputo che avrebbe accompagnato la vedova Mc Stone e, per proprietà transitiva, ritrovare nuovamente quell'irritante ragazzina che questa ospitava. -La vedova Mc Stone è una gentildonna d'indiscussa generosità. Ha preso con sé la sua sorellastra non appena ha saputo delle miserevoli condizioni in cui la sua matrigna si trovava. Ora ne è tutrice e pare avere molto a cuore la sua sorte, non badando in faccia a nessuno. - disse, prima di sorridere- Ha anche predisposto una dote degna di una principessa, molto più sostanziosa della precedente.-

Cedric grugnì infastidito.

Odiava quel lato veniale in sua madre...ma non poteva comunque biasimarla. Avendo dovuto in passato far fronte alle ristrettezze che la morte di suo padre aveva trascinato con sé, era più che comprensibile la sua smania di far di conto. Tuttora continuava a vigilare sulle finanze domestiche, con gran dispiacere dello zio che mal sopportava la sua invadenza. Margareth, comunque, agiva anche nel suo interesse. Mai per avidità. Se sembrava tanto attaccata alle spese, la colpa era solo della vita di stenti che avevano fatto.

-Non guardatemi in questo modo- fece lei, accorgendosi del suo sguardo- io non voglio che voi siate forzato a fare alcunché...vi chiedo solo di considerare i pro e i contro di tutto questo, prima di fare la vostra decisione. Ogni scelta comporta delle conseguenze, non dimenticatelo mai.-

Lui non disse una parola. Non avrebbe mai mancato di rispetto a sua madre. In qualche modo, crescendo, si era sentito responsabile per la sua sorte, anche perché aveva visto con i propri occhi la fatica con cui si era accanita con la sorte per garantire loro tutto il sostentamento possibile. Margareth era una donna di polso e conosceva meglio di chiunque altro questa amara lezione. -Vorrei davvero- fece, prendendogli il polso- che comprendeste che non voglio negarvi la felicità che potrebbe scaturire da un matrimonio d'amore...come è accaduto a me e vostro padre. Penso sempre a voi, in ogni istante del giorno...e noto con dispiacere che né Ann, né voi, figlio mio, vi siete degnati di guardare questa terra, la stessa che ha visto i vostri genitori nascere. Vi auguro con tutto il cuore di avere un'unione serena...ma come potrebbe accadere, se voi continuate a rimanere rintanati nei ricordi?-

 

 

Queste parole accompagnarono il giovane americano per tutto il viaggio. La carrozza scorreva avanti, lasciando dietro di sé le case e gli edifici londinesi.

-Voi pensate che farò una buona figura?- domandò Ann, rigirandosi nervosamente il ventaglio tra le mani- Mi hanno istruito sull'etichetta ma, finora, non ho avuto molte occasioni di sfoggiare quanto imparato...mi promettete di correggermi, nel caso in cui...-

-Sorella mia- disse questi, prendendole uno dei palmi guantati- vi seguirò come un'ombra e voi sarete la più nobile di tutte le dame. Vi divertirete a giocare a cricket e farete molte piacevoli conversazioni.-

Lei rise nervosamente.

-Non ci credo.-continuò, scuotendo la testa.

-Certo che dovrete crederci. Sarete radiosa e avrete molte amiche...ed io sarò gelosissimo perché mia sorella parla meno con me.-concluse, con un tono melodrammatico che scatenò l'ilarità della giovane. Cedric la guardò, non potendo fare a meno di provare tenerezza. Ogni giorno che passava, diventava sempre più bella e non si sarebbe stupito se la sua previsione si fosse avverata. L'unica cosa che lo angosciava erano i problemi dati dalle loro origini che, malgrado non pesassero a nessuno dei due, erano comunque un fattore da non sottovalutare. Bhé, se c'è qualche scocciatore, lo sistemerò io, a suon di pugni. concluse, sorridendo deliziato dall'idea.

Ignara di queste riflessioni, Ann Gillford guardava quegli angoli di Londra che, fino a quel momento, le erano noti solo per sentito dire. I suoi occhi castani seguivano con interesse tutto il susseguirsi dei contorni urbani, dai giardini agli edifici in solida muratura. Sperò di non scontentare la madre, anche perché non aveva idea di chi fosse la giovane che avrebbe sposato suo fratello.

Si augurò che fosse una persona simpatica e piacevole, con cui poter trascorrere il tempo. -Fratello-disse improvvisamente- cosa è successo, quando siete sparito dal collegio?-

L'americano si rabbuiò.

-Niente di particolare. Ho partecipato ad un incontro di boxe clandestino e, come sempre, ho vinto. Non hanno però accettato la mia superiorità e, dopo la vittoria, mi hanno tramortito, lasciandomi dove mi trovavo...e sono stato soccorso da Lady Mc Stone.-rispose sinteticamente.

La sorella sgranò gli occhi.

-E'lei la giovane che sposerete?-domandò.

Cedric rise. -No, vuole impormi la sua sorellastra però.-ribatté.

Ann non commentò.

L'atteggiamento altalenante di suo fratello era assai bizzarro. Non aveva mostrato un grande entusiasmo per questa imposizione e si chiese se tale rimostranza fosse dovuta all'ennesimo ordine, oppure all'antipatia verso la fidanzata. Chissà com'è si disse, mentre le ultime case lasciavano il posto alla campagna. Suo fratello non aveva molta stima delle inglesi. Li trovava leziosi, immorali e gretti come le peggiori mezzane di un bordello, con la differenza che erano pure ipocriti. In cuor suo, sperò di non fargli fare una pessima figura, dal momento che non era molto convinta delle sue capacità. -Credete che la conoscerò?-chiese con titubanza.

-Chi?-domandò l'americano, prima di sospirare esasperato- Non temere. Ci sarà.-

Ann sgranò gli occhi, disorientata dalla rassegnazione di Cedric. Non sapeva come confortarlo, dal momento che tutto lasciava intendere che quella fantomatica fidanzata fosse assai spiacevole. Le faceva male sapere che tutte le responsabilità della sicurezza della loro famiglia dipendessero da lui. La madre aveva espresso tutto il suo appoggio per quell'unione, vedendone gli evidenti vantaggi economici.

Anche lei ne avrebbe beneficiato, grazie alla solidità del posto che il fratello avrebbe conquistato una volta terminati gli studi, eppure si chiese se tutto questo valesse davvero un simile sacrificio. Ricordava i disagi sofferti quando vivevano in America e comprendeva le preoccupazioni materne, ma non del tutto. Per sfuggire alla miseria, Margareth aveva finito per imporre una soluzione conforme alle convenzioni ed aveva finito con il rinnegare in parte il suo passato. Lei si era sposata per amore ed aveva vissuto miseramente. Loro, i suoi figli, avrebbero vissuto con decoro un matrimonio senza sentimenti...e questo, non poteva proprio perdonarglielo.

-Che avete?-chiese la voce del suo compagno di viaggio, facendola sussultare.

Ann lo guardò spaurita, con quegli occhi grandi e immensi.

-Nulla, fratello.-mentì.

Cedric la osservò incerto. Detestava i momenti in cui si chiudeva nei suoi attimi di mutismo. Lo facevano sentire impotente e debole, una sensazione che odiava cordialmente. Con un gesto stizzito si tolse i guanti, maledicendo quell'usanza snob e fastidiosa. Vedendolo così buio, Ann decise di non dire più una parola. Era meglio così, o almeno era il quel modo che la pensava.

-Siamo arrivati-disse infine, facendo cadere dalle nuvole la ragazza. Non si aspettava che il viaggio fosse terminato tanto velocemente...ma non se ne dispiacque. Rimanere accanto ad un Cedric di pessimo umore era qualcosa di assai fastidioso.

 

 

 

Ester sgranò gli occhi.

L'edificio dove si trovavano era di età georgiana, dai colori caldi e piacevoli. Intorno era disposto un giardino all'italiana, decorato da statue e cimeli di vario tipo. Provengono dall'Italia. Il marito della padrona di casa è appassionato di questo Paese le aveva detto, con la sua consueta pacatezza e lei era arrossita, come spesso le succedeva quando gli slanci affettuosi di Soledad la raggiungevano in modo del tutto inaspettato. Trotterellò per qualche metro, percorrendo incuriosita i giardini della dimora.

L'aria profumava di fiori e, sia pure in modo assai impacciato, si ripromise di ritrarre quel luogo nella maniera più fedele possibile.

Occhieggiava con curiosità le varie sculture, da sotto l'ombrellino che le serviva per attenuare i raggi del sole. Un lieve sorrise le decorava il volto, pensando ai futuri disegni che avrebbe fatto nel corso di quella visita.

-A cosa state pensando?-domandò la ragazzina accanto a lei.

Ester sussultò.

-Perdonatemi, Miss Pertignac.-disse dispiaciuta- Non volevo ignorarvi di proposito.-

Viola le rivolse un sorriso di accondiscendenza. -Non ne avete ragione. Capita anche a me di avere la testa tra le nuvole e di non curarmi troppo di ciò che ho attorno. Malgrado le persone guardino con fastidio questa mia tendenza, non posso fare diversamente.-rispose, alzando piano le spalle.

-Avete portato il violoncello?-domandò la bionda.

L'altra annuì, con un cenno della testa.  -Difficilmente potrei separarmene.-rispose, con leggero impaccio.

Ester non commentò.

-Vi confesso che vorrei potervi fare un ritratto, un giorno-ammise, sentendosi una sciocca.

Viola si fermò un momento.

L'abito color lavanda le accarezzava morbido i fianchi slanciandola leggermente. Gli occhi scuri si piegarono in una smorfia, come se dovesse pensarci un momento. -Ne siete convinta?-domandò, non molto sicura di questo tipo di reazione.

Ester annuì.

-Non vedo dove sia il problema.-rispose, sorridendole.

Camminarono per qualche tempo. Le piante le circondavano, in un morbido abbraccio verde. Poco distante, in una posizione defilata, c'era una casa dai tratti gotici, grigia e scura. Ester la occhieggiava con curiosità, chiedendovi chi vi abitasse dentro. -Voi sapete chi sia la persona che abita in quella splendida dimora?-chiese.

Viola scosse il capo.

Non aveva risposta ma doveva ammettere che quell'ignoranza la lasciava stranamente insoddisfatta.

 

 

 

 

Mrs. Chambers possedeva quella palazzina in stile georgiano, fin dai tempi del suo bisnonno che comprò la dimora nella speranza di alleviare la melanconia della sua sposa.

Un edificio antico e piacevolmente antiquato, dove erano contenuti diversi quadri di Watteu.

-Lady Mc Stone- disse questa, accogliendo le tre presenti con un sorriso.

L'interessata si avvicinò.

-Vi ringrazio per l'invito.-fece- Temevo che i vostri impegni vi avrebbero impedito di accettare una nostra visita. L'umidità di Londra è assai fastidiosa, in questo periodo ed ho pensato che una piccola permanenza in campagna potesse...-

-Naturalmente-disse l'altra, senza mutare espressione- per quanto possa essere impegnata, la mia casa sarà sempre aperta a voi.-

Soledad inclinò la testa.

-Posso sapere chi sono le gentili fanciulle che vedo?-chiese, con un garbo che fece sciogliere le ginocchia a Ester.

-Naturalmente-rispose la dama spagnola- loro sono la signorina Ester Flore Escobar e la sua amica, Miss Viola Pertignac.-

Entrambe fecero un inchino. Viola indugiò leggermente nell'eseguirlo e, nervosa, osservò la padrona di casa. -E'un immenso piacere conoscervi. Ho fatto predisporre delle stanze per voi ma mi duole informarvi che dovrete condividere la camera. Ho infatti altri ospiti oltre a voi.- rispose, lanciando un'occhiata a Lady Mc Stone. Questa le rivolse un sorriso arcaico che non piacque a Ester...e quando questa le indicò gentilmente di andare in giardino per poter beneficiare della fioritura delle rose nel retro della casa, l'animo della signorina Escobar venne colto da un brutto presentimento. Cosa aveva intenzione di fare sua sorella?

Ugualmente obbedì.

-Mi dispiace dover ricorrere a simili stratagemmi, Mrs. Chambers ma vorrei preservare la signorina Escobar dalle delusioni. Ne ha avute a sufficienza e non si merita di vedersi il sangue avvelenato.-rispose, perdendo improvvisamente il sorriso, non appena rimasero sole.

La dama annuì.

-Naturalmente- disse- che ne pensate di venire a prendere un té nella veranda? Vi tirerà su di morale, senza contare che avrete modo di ristorarvi un po'. Non voglio più vedervi preda dello sconforto, come sei anni fa. Vi confesso che, allora, ho seriamente temuto per la vostra vita.-

Soledad strinse le labbra. -Non mi piace rivangare quei ricordi- rispose- la vita è già sufficientemente amara per consentirmi il lusso d'indulgerci troppo. Accetto con piacere il vostro invito.-

Mrs. Chambers annuì e, con garbo la condusse nel salottino del piano superiore. -Devo ammettere che le vostre protette sono assai graziose.-commentò.

-Ester è la mia sorellastra, mentre Viola è figlia di una carissima amica di mio marito...in verità, mia cara, sono venuta per lei.-disse Lady Mc Stone, chinando pudicamente il capo.

La padrona di casa si fermò.

Una ruga d'espressione si formò sulla fronte, come una lieve increspatura...poi riprese ad avanzare, conducendo la sua ospite nella stanza che aveva scelto. Un luogo defilato, lontano da occhi e orecchie indiscrete. -Sapevo che me lo avreste chiesto.- fece lei seria.

-Come lo avete saputo?-domandò a sua volta la dama spagnola.

Mrs. Chambers sospirò. -Il vostro legame con vostro marito è una risposta più che sufficiente, non credete? In ogni caso, ho trovato molte difficoltà a introdurre la questione con la signora. Non pare assolutamente ben disposta.-commentò, con un filo di dispiacere.

Soledad scosse il capo. -L'orgoglio è un difetto che può essere assai ingiusto...ma non la biasimo. Ha riavuto suo marito ma è stata comunque una sconfitta agli occhi del Ton.- ammise, senza alcuna traccia di comprensione.

-Avrei agito anche io in questo modo, soprattutto se fossi stata nei panni di Mrs. Price. All'epoca dei fatti, stava tentando di avere un figlio e questo stress è stato assai fastidioso.- ribatté Mrs. Chambers.

-E' vero-convenne Soledad- ma ora ha due eredi maschi. E'in una posizione oltremodo sicura. Non ci sarebbero rischi di disperdere il patrimonio. Le richieste della mia amica non sono neppure tanto invadenti. Credo che l'orgoglio di Mrs. Price farà un'altra vittima. Madeleine non pare intenzionata a rivedere suo marito e ad avere dei vantaggi per sé stessa. Chiede soltanto che la figlia abbia una dote minima per potersi sistemare.-

-Ne deduco che voi parteggiate per la cantante, dico bene?-celiò la padrona di casa.

Soledad socchiuse gli occhi.

-Errare humanum, perseverare diabolicum est -rispose, citando un proverbio- La sua reputazione come moglie, dopo la fuga del marito, era già compromessa. Poteva trovare un modo per evitare questi imbarazzanti inconvenienti, uscendone con stile e dignità. Ma non lo ha fatto...anche se non credo che ne possa mai essere capace. Non potendo avere il marito come desiderava, ha fatto del suo meglio per aumentare la presa sul suo matrimonio.-

Mrs. Chambers rise. Lady Mc Stone era capace di esprimere giudizi taglienti e vagamente arroganti ma pregni di una schiettezza che era assai poco usata nel suo ambiente. -Per ottenere qualcosa- disse questa- ho deciso di chiedere ufficialmente un incontro con la vecchia Jane, nella speranza che possa far cedere la nuora.-

Soledad annuì. -Ve ne sono immensamente riconoscente, mia buona amica.- disse.

 

 

 

 

 

 

Ester si guardò attorno, con emozione.

-Sono così felice, Viola!-esclamò, con un sorriso ampio e largo.

I fiori e le minuscole fontane di pietra ornavano tutto.

-Perché?-domandò questa.

La signorina Escobar rise, con quella voce limpida e cristallina che la contraddistingueva. -Era molto tempo che non uscivo e questa è la prima volta che mi trovo in campagna. Non vedo l'ora di poter disegnare tutto quello che vedo, di fare i miei bozzetti e provare ad sperimentare l'acquarello. Siete certa che mia sorella apprezzerà?-disse, guardando la mora con uno sguardo curioso e facendola sorridere di conseguenza.

-Sono convinta che tutto quello che farete la renderebbe felice-commentò la violoncellista- davvero non vi siete accorta che stravede per voi?-

Ester si fermò.

Certo che lo aveva notato. Era impossibile non vederlo...ma non sapeva come affrontare tutto questo. -Ne siete convinta?-chiese.

Viola rimase sorpresa. -Cosa vi blocca?-domandò lei, non riuscendo a comprendere le sue ragioni. L'altra non rispose, limitandosi a scrutare il cielo. -Sapete come sono nata?-domandò, attirando nuovamente l'attenzione della bionda.

Ester scosse il capo.

-Sono la figlia naturale di Madame Pertignac-rispose questa, senza mutare d'espressione- Mio padre si invaghì di mia madre e della sua splendida voce, abbandonando sua moglie per qualche tempo. Poi ritornò da quest'ultima, quando questa lo ricattò di privarlo di ogni avere e mia madre lo informò che stava per avere un figlio.- Mosse qualche passo, giocherellando con la stoffa dei guanti. -Onestamente, non so come sia...ma mi piacerebbe vederlo, almeno una volta. Mia madre però ne soffrirebbe e lei ha fatto tanto per me. So che il mio isolamento è colpa della sua leggerezza...ma, in fondo, non mi ha mai lasciato sola. Le devo almeno questo, non credete?-

La bionda non disse niente, non sapendo come rispondere. Non aveva mai avuto un vero rapporto con sua madre. Renée si era sposata giovanissima ed aveva dimostrato fin da subito una scarsissima attitudine per i bambini. Era stata Soledad a prenderla con sé anche allora, occupandosi di lei in ogni momento.

-Cosa ne pensate di andare uno di questi giorni a giocare fuori a cricket?-propose, come per allontanarsi di dosso simili pensieri.

Viola annuì, sinceramente curiosa di poter sperimentare quell'attività. Non aveva mai fatto un simile sport in uno spazio tanto aperto, anche perché non era mai uscita dai confini della propria villa, se non in occasioni particolari, come il suo compleanno. In quei momenti, passeggiava insieme alla madre nei giardini di Kensington, godendo della bellezza della vegetazione ma non le era mai capitato di dedicarsi a simili passatempi. -Non ci ho mai giocato-confessò, calando leggermente gli occhi.

Ester scosse il capo. -Non è difficile- rispose, prima di avvicinarsi in modo circospetto- a patto di evitare le finestre!-

Viola sgranò gli occhi...prima di scoppiare in una risata cristallina, non appena comprese la ragione di quella frase.

 

 

 

Suor Lucia camminava perplessa lungo i grandi viali londinesi, non senza sentirsi a disagio. Non era bello che una monaca passeggiasse da sola per quelle strade tanto trafficate, soprattutto in una città piena di eretici come Londra. In cuor suo, non avrebbe mai voluto obbedire alla richiesta di Lady Mc Stone e si chiese cosa le avesse impedito di rifiutarsi in maniera tanto sciocca.

A quel pensiero si fermò un momento, per poi riprendere la passeggiata a passo più spedito. In cuor suo, sapeva cosa l'avesse spinta ad accettare quella richiesta.

 

Guardava apatica i propri bagagli, alla ricerca delle cose di cui aveva ancora bisogno.

La stanza era illuminata da quel caldo sole mattutino, come spesso succedeva a Siviglia. Istintivamente, si chiese cosa la trattenesse ancora in quel luogo. Forse era la consapevolezza che presto avrebbe lasciato per sempre quella dimora, perdendo il suo nome ed abbracciando i voti. Non avrebbe saputo dirlo. Aveva tenuto duro per tutta la settimana, quando aveva deciso di salutare tutti coloro che le avevano voluto bene...tranne due persone.

Una di queste era seduta sul suo letto, con una posa rigida e seria.

-Pilar, andrai davvero così lontano?-domandò la bambina, fissandola con i suoi grandi occhi verdi.

La maggiore alzò la testa, sentendosi male alla vista di quelle iridi. Le sarebbe piaciuto averle simili. Erano quelle degli Escobar, che suo padre Don Ignatio possedeva. Invece aveva ereditato gli occhi della nonna Donna Rossignol, color nocciola e privi di luce. -Sì, Soledad-rispose- ma ti prometto che ti scriverò tutti i mesi, tempo permettendo.-

La piccola non disse niente...e quel silenzio fece scattare qualcosa nella maggiore.

La sorellina era diversa dalle bambine.

Schiva e paurosa, non alzava mai la voce, tanto che spesso e volentieri la sua presenza passava inosservata. -Anche Blanca aveva detto che mi avrebbe scritto ma non lo ha fatto. E'nella sua nuova casa da diversi mesi ma non mi ha scritto mai...-fece la bambina mesta-prometti che lo farai almeno tu?-

Pilar rimase zitta un momento...per poi annuire, con gli occhi lucidi. Avrebbe mantenuto la promessa, facendo in modo da farle avere una lettera ogni settimana, convinta che avrebbe vissuto il resto dei suoi giorni nel convento vicino a Cordoba...ma questa convinzione venne bruscamente smentita da suo padre che, all'ultimo momento, aveva deciso per un convento nella Normandia. Questa notizia la lasciò devastata, tanto da farle quasi dimenticare il rispetto per il suo genitore. Dopo averlo salutato sbrigativamente, uscì nel corridoio.

Percorse alcuni metri, prima di fermarsi per l'ultima volta.

-Spero che siate soddisfatta-disse, con tono greve.

Lei rimase muta, con gli occhi persi nel vuoto e questa assenza di reazione spinse Pilar a proseguire. -Voi sapevate che era mia intenzione prendere i voti...sapevate a cosa ho rinunciato...-continuò severa.

-Figlia mia...-provò a dire questa.

-Non chiamatemi così! - la freddò la primogenita, con voce piena di gelo- Voi non siete più degna di questo titolo. Ho accettato la monacazione solo per restituire la serenità a mio padre. Ho fatto tutto questo perché desidero il bene di mia sorella Soledad, che avrà il peso delle vostre colpe...ma so che tutto questo non sarà sufficiente.-

Gli occhi di Donna Honor si spalancarono.

-Voi sapevate che amavo Pedro-continuò la giovane- ma ci sono delle scelte che necessitano dei sacrifici...ed io ho scelto gli Escobar, pensando unicamente al loro bene. Non come voi.- Mosse qualche passo, superandola. -Da questo momento, voi siete solo la moglie di Don Escobar ai miei occhi.- concluse, proseguendo per la sua strada, accompagnata dal silenzio assordante che proveniva dal corpo di quella donna.

 

Un velo di malinconia attraversò il viso di Suor Lucia. Nemmeno l'accettazione del velo che lei non aveva mai amato completamente, come invece aveva fatto credere, era bastata. Fu in quel momento, mentre era assorta in simili pensieri, che vide la chiesa cattolica nei pressi del quartiere irlandese. Fuori da essa, se ne stava una donna vecchia e grassa.

-Siete giunta infine-fece questa- Prego, il parroco vi sta aspettando.-

La suora obbedì, entrando dentro l'edificio e venne subito accolta dal religioso. -Padre Paul, dico bene?-domandò lei, con un filo d'incertezza. Il sacerdote annuì. -In persona-rispose-Voi siete Suor Lucia?-

La monaca rispose affermativamente. -Ho saputo che  avete notizie di Don Miguel-mormorò, con fare sommesso- vengo per conto di una terza persona che desidera mantenere l'anonimato.-

-Capisco-rispose il prete, increspando la fronte -mi segua nel chiostro per favore.-

Uscirono dall'ambiente della minuscola chiesa ed entrarono nell'angusto spazio aperto dell'interno dell'edificio. Un luogo brullo e spoglio, dove non cresceva nemmeno un filo d'erba. Una minuscola madonna, vagamente abbozzata, era l'unico decoro di quel posto. -Don Miguel al momento non si trova a Londra.-le comunicò il sacerdote.

Suor Lucia rimase immobile.

-Ne siete certo?-domandò.

Padre Paul sospirò. -E'partito alcuni mesi fa per l'Australia, per convertire le anime degli indigeni di quella terra di miscredenti.-rispose- Pareva avere una certa fretta e, onestamente, non so nemmeno se tornerà.  Sarebbe assai scomodo per lui.-

-Capisco-disse la monaca affranta.

-No, disse, temo che non possiate farlo-rispose questi, con un sorriso pieno d'imbarazzo.

Pilar alzò la testa.

-Parlate per enigmi-continuò- ditemi tutto con chiarezza.-

Nell'aria risuonava un silenzio carico e pesante, come le nubi gonfie di pioggia. Il religioso pareva come vergognarsi delle sue stesse parole, lasciando sgomenta la monaca, del tutto all'oscuro delle cause del suo turbamento. -Temo che Don Miguel non farà ritorno in Inghilterra, anche perché molte sono le ombre sulla sua condotta...ma immagino che, con un simile commercio, difficilmente si potesse fare in altra maniera.-commentò, storcendo la bocca in una smorfia piena di disgusto.

Pilar lo guardava senza capire.

-A cosa alludete, in nome del cielo?-domandò, non riuscendo più a frenarsi.

Il religioso sospirò, come preso da uno strano pensiero che non desiderava condividere con quella monaca. -Riferite alla persona che cercate che non deve più venire a farmi simili richieste. Io non mi immischio in questo genere di affari e non voglio entrarci.- fece, dandole le spalle- Credetemi, meno sapete di tutto questo e meglio sarà per voi, anche se sono sorpreso che vi abbiano tenuto nell'ignoranza.-

Poi mosse nuovamente i propri passi e, senza aggiungere altro, tornò nei propri alloggi, lasciando la suora sempre più confusa.

 

 

 

 

Oceane guardò la lettera, con esitazione.

A lungo aveva tentennato, incerta se aprire o meno quella busta. Proveniva dalla Francia...ed un brivido scese lungo la schiena. Mille pensieri si affastellarono nella sua mente. Cosa volevano ancora? Perché dovevano accanirsi sulla sua vita? Non avevano già provocato dei danni, minando ogni sua sicurezza e sogno? Una mano calò impietosa sulla sua fronte, come se tentasse disperatamente di frenare l'angoscia. Il passato sembrava voler tornare a bussare alla sua porta.

-Tutto bene?-domandò una voce bassa.

L'istitutrice si girò.

Rashid era alle sue spalle e la fissava con aria indecifrabile. -Oh, scusatemi-fece- stavo pensando e non mi ero accorta di non essere sola.-

L'indiano non si mosse. -Se volete aprire quella lettera-disse, alludendo alla busta che la francese teneva tra le mani- vi conviene andare nello studiolo della signora. Dovrebbe esserci un coltello da carta sulla scrivania. E'solita tenerli lì.-

Oceane annuì e, ringraziatolo frettolosamente, si incamminò verso la stanza che gli aveva indicato.

 

 

Era una cameretta di medio piccole dimensioni, dai colori pastello ed un arredo vagamente orientaleggiante. Gli occhi della francese si spalancarono, preda dello stupore. Tende pesanti offuscavano leggermente i timidi raggi di sole. Incerta, fissò quel posto. Alle pareti erano affissi dei quadri di Watteu ed alcuni disegni a carboncino. Un sorriso nacque spontaneo nel viso della francese. Lady Mc Stone aveva dimostrato un grande interesse per l'arte, in ogni sua forma. Riconobbe alcuni bozzetti della signorina Escobar ed un filo di tenerezza scese nel cuore di Mademoiselle Treville, mentre prendeva il coltello da carta.

Per quanto potesse sembrare strano, nella sua lunga esperienza nell'insegnamento, non aveva mai conosciuto una tale profondità di sentimenti albergare nel cuore di una dama. Per molto tempo si era convinta che fosse una naturale conseguenza della forma, vedere famiglie fredde, fondate sulla gretta trattativa, quasi mercantile, che matrimoni di conseguenza avevano generato, con il freddo raziocinio di un'immaginaria catena di montaggio. Incerta socchiuse gli occhi, come per scacciare una spiacevole sensazione...e fu allora che accadde.

Vide un bozzetto, malamente nascosto dietro agli altri, come abbandonato.

L'occhio della francese si assottigliò e, certa di non essere vista, prese quel pezzo di carta. Erano tre persone, una donna e due uomini, per quello che poteva vedere.

Oceane inclinò il capo e, senza pensarci troppo, staccò il foglio.

La donna aveva un'espressione fintamente arrabbiata e guardava i due che, con espressione serena e vagamente strafottente, ridacchiavano. Tutto il disegno trasudava una cura che rasentava la perfezione.

Questa non è la mano della signorina Escobar concluse infine la donna, non riuscendo a notare alcuna somiglianza tra il disegno e lo stile della sua allieva, che aveva imparato a riconoscere. Girò il foglio e, in un angolo, dalla forma assai più grossolana, faceva capolino il calco di un semicerchio. L'istitutrice provò a guardarlo meglio ma il bussare sommesso di Rashid la convinse ritornare con i piedi per terra. Si guardò attorno ma, non riuscendo a trovare il punto dove se ne stava attaccato il disegno, decise di metterselo in tasca.

-Perdonatemi- disse questa, spalancando la porta.

Rashid non commentò. -Vedo che avete trovato il coltello-disse apatico.

Oceane annuì.

-Ora non devo fare altro che aprire la lettera.-mormorò, con fare frettoloso. Lesta aggirò l'indiano, pronta a raggiungere la propria camera.

-Signorina Treville- disse di nuovo l'indiano, facendola bloccare di scatto.

-Assicuratevi di riportare tutto alla padrona. Non ama che si prendano le cose senza il suo permesso.-disse, fissandola dritta negli occhi.

-Sicuro!-esclamò la francese, accellerando il passo. Nel farlo, comunque, ebbe la sgradevole sensazione che quel foglio in tasca fosse diventato improvvisamente scottante...senza che riuscisse a capire perché.

 

Questo aggiornamento è improvviso, lo so. Il fatto è che ho dato un esame oggi e sono ormai vicina alla laurea della specialistica. Volevo assolutamente pubblicare qualcosa, visto che mi sento di buon umore. Intanto, diciamo che le cose stanno prendendo una certa direzione e, vi avviso, alcune cose cominceranno a prendere delle direzioni forse poco piacevoli. Al momento giusto, credo, si capiranno meglio i sentimenti di Soledad ed il suo animo.

Pilar ha una certa immagine della sorella e della propria famiglia...e vi informo che ci saranno dei passaggi in cui la odierete. Ester e Viola intanto si godono un po' di quiete, con questa scampagnata. I problemi non mancheranno...ma vedremo come si metteranno le cose. Victoria per ora è in visita fuori dalla dimora del fratello defunto, insieme alla sua famiglia...ecco perché non ci sono. Attenzione, con l'andar della storia ci saranno delle pieghe molto tristi...per cui occhio.

   
 
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