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Autore: BlueWhatsername    19/09/2013    6 recensioni
CRUSH: fam. 'cotta'.
O meglio...
CRUSH: fam. 'cotta', sostantivo onomatopeico che ricorda il suono della testa in suddetti casi di, appunto, 'presa violenta verso qualcuno', in cui l'unica soluzione desiderata è sbatterla violentemente al muro - o un po' da tutte le parti, meglio.
... Ma perché diamine l'ho scritto, poi? Oh beh, dovreste solo che provare.
[ dal diario di Alexandra Holes ]
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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<< Ma che posto è questo? >>
Emma si precipitò nella stanza di gran carriera, lanciando praticamente la sua valigia lungo l’entrata e buttandosi su uno dei due letti ad una piazza e mezza.
Alexandra la seguì, spostando con un calcio il bagaglio ingombrante dell’amica e poggiando il suo vicino al muro.
Si prese qualche minuto per studiare l’ambiente, mentre un largo sorriso le illuminava il volto.
Era una stanza ampia, con due enormi letti alle pareti opposte, una scrivania, molti specchi ed anche una enorme porta finestra con le tende di tenue azzurro che dava su una lunga balconata a picco sulla calda atmosfera londinese.
Percorse in pochi passi quello spazio, tentando di non perdersi nemmeno un particolare, a partire dalle rifiniture ai muri, dipinti con motivi geometrici nella scala dei blu, fino all’enorme tv al plasma dall’altra parte del muro, ai telefoni sui comodini, passando poi per il piccolo frigo all’angolo e ai due bagni, separati dal resto da un salottino che sembrava più quello di un duca che non di un albergo.
<< Porca puttana… >>
Emma le fu subito dietro, cominciando a spintonarla verso il bagno, emettendo un urletto stridulo alla vista delle vasche con l’idromassaggio e dei lavandini in rifinita ceramica, con tanto di mobiletti e cassettini e saponi e saponette e tantissime altre cianfrusaglie che nemmeno in un camerino da modella si sarebbero mai viste.
Alexandra scoppiò a ridere, quando vide la sua amica acciuffare una strana spugna da un contenitore e fissarla con fare attento.
<< Ma che roba è? Pare… >>
<< … Credo sia vera! >> affermò, prendendogliela dalle mani e saggiandone la consistenza.
L’altra la guardò, inarcando un sopracciglio.
<< Vera, nel senso che… Si tratta di una spugna di mare! Quelle che stanno sott’acqua! >>
Emma impallidì.
<< Prego? >> esclamò, inorridita << Ci fanno lavare con quegli… Animali e… >>
Alexandra scoppiò a ridere, lanciandole la spugna e facendole fare un movimento degno di un contorsionista per evitarla.
<< Guarda che è roba altolocata, eh! E poi che credi? Anche le nostre madri le usavano quando eravamo bambine… >>
<< Stronzate! Che schifo… >>
<< Guarda che il costo salato dell’albergo è solo per le spugne, sai?! >>
Emma storse il naso, prendendo la ricorsa verso il letto per poi gettarsi sopra alla coperta ricamata, sgualcendola un po’.
La sua migliore amica si sedette a gambe incrociate sull’altro, continuando a guardarsi intorno.
<< Nah, il conto salato dell’albergo è per la cucina… >> ammiccò, con un’occhiata maliziosa, Emma.
Alexandra scosse il capo, senza capire.
<< Mmh? >>
<< Non hai visto le scene di quel tizio per delle carote?! >>
<< Beh, ha solo appoggiato la sua cassa di carote sul bancone per poi cominciare a lamentarsi con l’altro tizio ed inscenare una bella scenetta nella hall! >>
Si guardarono un secondo, scoppiando poi a ridere in contemporanea.
<< Non ci crederai… >> ammise Emma con tono soddisfatto, poggiando la schiena alla testiera del letto ed incrociando le caviglie con totale noncuranza << … Ma sono riuscita a seguire tutto ciò che ho sentito, sai? Non credevo che il mio livello di inglese fosse così buono… >>
<< Beh… >> Alexandra si grattò una guancia, sorridendo << … Non è stato poi così difficile, no? Voglio dire… >>
<< Certo! Con un padre inglese che ti parla inglese da quando sei nella pancia di tua madre come potrebbe mai essere difficile capire qualcosa in inglese?! >> frecciò l’altra,  acidamente.
L’amica si sentì arrossire, ma non perse il sorriso.
<< Voglio dire… >> tentò ancora, facendo di tutto per non scoppiare a ridere << … Che non è stata una conversazione difficile da tenere, no? >> sospirò, vedendo l’altra irremovibile e concentrata << Insomma, il tizio lì nella hall… >>
<< … Good morning ladies, my name’s Liam Payne and… >> cominciò a decantare Emma, imitando l’accento che aveva sentito e perdendosi a fissare il soffitto con due occhi grandi e lucidi.
L’amica la squadrò un secondo, mordendosi un labbro per non ridere.
<< Em? >> chiamò, vedendola sempre più concentrata verso un punto imprecisato della stanza.
Quella non rispose, diventando però di un lieve porpora che di rassicurante aveva davvero poco.
<< Emma. >> e le lanciò un cuscino in faccia, facendola riscuotere.
Questa sobbalzò, rilanciando il cuscino e quasi prendendo in pieno la lampada del comodino.
<< Che palle! Stavo facendo un bel sogno! >> si lagnò, in tono infantile.
E no, non si sarebbe proprio detto che aveva ventitre anni.
<< Certo… >> ammiccò Alexandra, con enfasi << … Un bel sogno a occhi aperti! Ti ho visto come lo squadravi, sai? E come pendessi dalle sue labbra a ogni parola… >>
<< Ecco, la sua bocca, appunto… >>
<< … E come lo spogliassi con gli occhi e… >>
<< Hai notato che braccia? Secondo me sotto quella giacca e quella camicia nasconde chissà che… >>
<< … Sei sempre la solita! Avevamo detto… >>
<< … Tu avevi detto! >> la interruppe Emma con fare offeso << Io non ho mai promesso di stare ferma e buona, ok? E poi guardare non è un crimine… >>
<< … Ma pensare di poterti fare il figlio del proprietario dell’albergo sul bancone della hall rasenta la follia! >> precisò Alexandra con un’occhiata acuta.
<< Si capiva davvero così bene? >> domandò l’altra dopo un po’ con fare concentrato.
L’amica sbuffò, passandosi una mano tra i lunghi capelli azzurri.
<< Sai, era un po’ difficile non capirlo considerato che lo fissavi come se volessi mangiarlo! >>
<< Ma andiamo! >> Emma, si mise a sedere per bene, un sorriso a trentadue denti a riempirle il viso << Qui sono tutti così… >>
<< … Inglesi? >>
<< Non proprio… >>
<< … Simpatici? >>
<< Probabile… >>
<< … Beh… >>
<< Sono schifosamente sexy! >>
Alexandra scoppiò ancora a ridere, lasciando l’altra basita.
<< Non sapevo fossi diventata asessuata, mia cara! >> la stuzzicò Emma, con il sorrisetto di chi la sapeva lunga.
Si beccò un’occhiata fulminante, che la fece desistere dal continuare ad infierire.
<< Da quando sei una ragazzina ormonata? Sveglia Em, abbiamo la bellezza di ventitre anni, non… >>
<< Appunto! >> ribatté quella saltando in piedi e tirando su anche l’altra; la squadrò per bene, pizzicandole una guancia << Siamo giovani, siamo in vacanza, il figlio del proprietario dell’albergo è un gran pezzo di… >>
<< … E dobbiamo divertirci, giusto? >>
<< Esattamente! >>
<< E… Cosa proporresti di fare? >> domandò Alexandra stando al gioco.
L’altra sorrise, simulando quello che doveva essere il ruggito di una tigre.
Davvero molto convincente.
 
 
 
 
 
<< Fortuna che mi sono portata un costume… >> borbottò Alexandra, entrando nella piccola stanzetta d’attesa del dentro benessere dell’albergo.
Emma le diede di gomito, mentre un gruppo di ragazzi in costume passava di lì, chiacchierando tra loro.
<< Tedeschi… >> borbottò l’altra, con un sorrisetto.
<< E tu come lo sai? >>
<< La loro pronuncia, Em… Papà dice sempre che i tedeschi sono i peggiori imitatori della lingua inglese! Dovresti sentire quando dice quello che fanno gli italiani e mamma… >>
<< Eliana e Anthony, che coppia! >> sospirò la rossa, con sguardo sognante << Sono davvero forti, sai? Che poi non ho mai capito come si sono conosciuti… >>
<< Una lunga storia… >> ridacchiò Alexandra, avvicinandosi alla ragazza al bancone; quella sorrise loro, in un cordiale invito a richiedere ciò di cui avevano bisogno << … Volevamo sapere se potessimo usufruire dei vostri servizi o se dovessimo semplicemente… >> sviscerò, in un perfetto inglese, così fluido e familiare che sembrava davvero lo parlasse ogni giorno a casa.
Che poi era così, lo era sempre stato.
Fin da bambina, la madre le aveva parlato in italiano, ma il padre in inglese.
Non ci metteva nulla a cambiare registro, era così immediata, come cosa, che molto spesso si era ritrovata a spiegare che l’inglese, per lei, era una seconda lingua, e che era italiana a tutti gli effetti, a partire dal cibo fino a quel modo di parlare gesticolante e spigliato – cosa per cui gli italiani erano maggiormente conosciuti all’estero, oltre che per la pizza e la mozzarella.
E questo la metteva in seria difficoltà nei momenti in cui le era capitato di assistere a qualche partita di calcio, visto che canticchiare l’uno o l’altro inno equivaleva a beccarsi occhiatacce da uno dei due genitori – che poi finivano sempre e comunque per litigare, anche solo per il volume della tv.
<< Non c’è alcun tipo di problema, il centro benessere è a vostra completa disposizione per tutto il tempo che soggiornerete qui… >> fu la risposta con tanto di sorriso smagliante << … Vi auguriamo un buon soggiorno ed una vacanza rilassante! Se siete interessate il nostro angolo dei massaggi ha da poco assunto del nuovo personale specializzato in qualsiasi tipo di richiesta abbiate… >>
<< … Qualsiasi? >> ridacchiò Emma, in italiano, lasciando quella povera ragazza al bancone quanto mai basita; Alexandra rifilò una gomitata all’amica, sorridendo poi verso l’interessata lasciando che finisse di spiegare.
E quando entrarono in quel piccolo angolo di paradiso, nessuna delle due si trattenne dal ridere, nella perfetta maniera per cui gli italiani erano conosciuti all’estero, too noisy, gli diceva sempre suo padre.
E la madre rincarava sempre con un ‘you, idiot’, che la faceva ridere per delle ore intere.
<< Hai visto che faccia? Secondo me ha pensato che fossimo inglesi entrambe finché non ho parlato anche io! >> sghignazzò Emma, asciugandosi le lacrime dagli occhi.
Alexandra sollevò gli occhi al cielo.
<< Ma infatti siamo italiane entrambe! Quante volte… >>
<< Sì, ok! >> la interruppe la rossa, che si era da poco rinfrescata la tinta facendo sì che quel color ciliegia suonasse quasi psichedelico, specie alle luci bianche di quel centro benessere << Ma, andiamo… Lo sappiamo tutti che nessuno ti prenderebbe per italiana! Guardati, sei bianca come una mozzarella, hai ben poco di mediterraneo! >> virgolettò con le dita, beccandosi un’occhiataccia << Senza contare che sei la copia sputata di tuo padre e… >>
<< Ma nessuno sa che mio padre è inglese, pezzo di scema! >>
<< Ed il cognome dove lo metti?! >> puntualizzò Emma, seccata << Senza contare che se non ti fossi tinta i capelli, avresti in testa quel biondo nordico molto scialbo… E quando parli inglese, appunto, a nessuno verrebbe mai in mente di pensare che tu venga da un luogo più in basso del Canale della Manica! >>
Alexandra sospirò, dandole mentalmente ragione, ma mantenendo quell’aria distratta che equivaleva a dire ‘chiudi quel forno o chiamano la sicurezza’.
<< Ho un’idea… >> esclamò d’un tratto Emma quando furono entrate in una porta che diceva a lettere chiare ‘Fitness’e sistemate su due comode sdraio: all’angolo dell’ambiente c’era una piccola vasca ad idromassaggio, poco più in là un bancone con un cameriere, ora voltato a sistemare delle bottiglie sugli scaffali proprio dietro.
<< E cioè? >> domandò Alexandra, togliendosi la tuta e rimanendo col suo bikini blu, in armonia con lo smalto ai piedi.
Emma lanciò i suoi vestiti nella borsa, esibendo il suo costume intero, di un bianco poco casuale.
L’amica la squadrò, con un sopracciglio all’insù, poi scoppiò a ridere.
<< Che c’è? >> domandò la rossa, sistemandosi i corti capelli color ciliegia nel suo immancabile specchietto.
<< Niente, niente… >> borbottò l’altra, scrollando il capo << … Questa idea? >>
<< Facciamo così: per le comunicazioni importanti lascio a te il giusto di esibire un inglese impeccabile, ma… Per le altre occasioni, lascia a me la libertà di esprimermi nel grandioso gergo italico che ho fin dal concepimento! >>
Alexandra quasi non si strozzò con la sua stessa saliva.
<< Che cos… ? >>
<< Shall I help you? >>
Quella voce le fece sobbalzare entrambe, costringendole a voltarsi di scatto.
<< Porca. Vacca. >> risuonò la voce di Emma, in un italiano così scandito e perentorio da riecheggiare per tutto l’ambiente.
E se erano quelle le altre occasioni di cui parlava, dovette concordare Alexandra con se stessa, sì… Quella lo era.
I suoi occhi si posarono su un ragazzo con t-shirt e pantaloni bianchi, totalmente in contrasto con la sua carnagione poco abbronzata, a guardarla si sarebbe detta naturale.
E anche a giudicare dai suoi occhi dal taglio orientale e così scuri da sembrare intagliati nell’ossidiana, la ragazza fu costretta ad ammettere che quel tipo dovesse avere altre origini, oltre a quella inglese che gli riecheggiava nella voce e nell’accento.
<< Italian? >> ripetè allora lui, squadrandole con un sorrisetto divertito.
<< Ma perché qui dentro sono tutti così sc… >> attaccò Emma, guadagnandosi un’ulteriore occhiataccia dall’amica.
<< Sì… >> ripose quella, alzandosi in piedi e tendendo la mano verso il tipo << … Siamo arrivate poco fa e ci è stato detto che potevamo usufruire del centro benessere, ci chiedevamo se… >> decantò in uno spiccato inglese dal forte accento britannico.
Il nuovo arrivato, difatti, la fissò stralunato, le sopracciglia così aggrottate da scomparire quasi del tutto sotto al ciuffo di capelli neri che esibiva.
<< Certamente. >> rispose educatamente, un sorriso smagliante << Mi chiamo Zayn Malik, e sono il massaggiatore, a quest’ora i clienti non vengono spesso ma… >>
<< Oh… >> borbottò Alexandra, presa in contropiede << … Se è un problema noi… >> ma non terminò la frase che il sibilo di disappunto di Emma la raggiunse, facendola quasi vergognare.
Il ragazzo, manco a dirlo, se ne rese conto e sorrise, mascherando bellamente una nota di divertimento nei suoi occhi scuri.
<< Ma ovvio che no, se vorrete seguirmi vi mostreremo ciò che abbiamo a nostra disposizione per soddisfare le vostre esigenze… >> chiarì, sicuro, voltandosi e procedendo verso una porta a vetri, che lasciò aperta alle sue spalle.
Appena scomparve, Alexandra si sfilò una ciabatta per lanciarla addosso all’amica.
<< Quando la smetterai?! >> la rimproverò, aspramente, pure se non riusciva a reprimere un sorriso ironico.
<< Senti, non è colpa mia se tra tutti gli alberghi a Londra hai scelto quello col più alto livello di testosterone in circolo! >> ribatté Emma, acciuffando le sue cose, e sistemandosi il costume bianco addosso << Ha detto… Esigenze? Oh beh, da uno così… >>
<< Non ci provare. >> l’ammonì l’altra, spintonandola.
L’amica si volse, morsicandole una spalla con aria giocosa, simulando un ringhio che prometteva poco bene.
Sarebbe stato difficile metterle in guinzaglio, in ogni caso, quasi impossibile.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
SPAZIO AUTRICE.
Salve :3 sì, lo so.
Dovrei studiare. Dovrei tipo… Boh, che so, fare altro (?)…
… Ma no, NON CI RIESCO.
E siccome questa long mi viene in un certo senso bene, ho deciso di mettere anche il terzo capitolo.
Per chi seguisse le mie altre long, beh… Noterete quanto sia diversa dal normale canone.
Diciamo che la considero molto un… Esperimento.
Riguardo al capitolo… NUOVO PERSONAGGIO.
Uno scemo a caso… Massaggiatore. LOL
. . .
E… LO SO CHE MANCA ANCORA QUALCUNO.
Arriverà presto, vedrete u.u
Beh, anche se può sembrare… Cosa scorgete (?) di bello in questo momento? Qualche idea? Qualche suggerimento? Non sapete quanto io me la stia ridendo LOL
Bene, ho concluso.
Cià :3
E grazie tante a chi ha recensito il precedente capitolo :3
<3
  
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