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Autore: Rurouni_Star    20/09/2013    2 recensioni
[HGSB] Nothing stays lost forever. The same holds true for some people.
[HGSB] Niente è perso per sempre. Lo stesso vale per alcune persone. Leggermente AU
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Draco Malfoy, Hermione Granger, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Hermione Granger/ Sirius Black
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto, Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo 1. Forse dormire

L'aveva superata, in qualche modo. L'aveva messo sul divano, coperto con una delle coperte per gli ospiti che non usava mai e controllato se avesse delle ferite. Non molte, ovviamente, eccetto per il punto in cui era stato colpito dalla maledizione in pieno petto. Febbre? Un pochino. C'era da aspettarselo visti gli abiti inzuppati.
Nessun osso rotto, qualche piccola lacerazione, forse, e quella barba incolta che si era sempre rifiutato di radere (se ne ricordava). Era...

Esattamente come era allora.

"Maledetto," mormorò. "Sei morto. Sei morto invano e hai l'ardire di-" Era un molliccio. Sì, era così, doveva essere così. Avrebbe preso la bacchetta e l'avrebbe immaginato mentre cadeva attraverso quella tenda, urlato riddikulus e riso amaramente mentre moriva di nuovo.

Perchè nessun incantesimo era così pulito, pensò mentre risaliva le scale della soffitta, ancora aperta. Nessun piccolo incantesimo potrebbe portare a qualcosa di così potente, anche se era doloroso. Le avrebbe dato un'imitazione da poco conto, qualcosa dalla sua memoria...

La bacchetta era ancora lì doveva l'aveva lasciata, nel baule aperto. Riluceva fiocamente nel buio, un incantesimo che le aveva imposto per ritrovarla se avesse dovuto caderle di notte. Di notte, quando uscivano per mettersi nei guai...

Hermione si morse forte il labbro, ignorando il dolce sapore metallico che le toccava la lingua. Se l'era ricordato per tutta la vita, non aveva bisogno di ricordarlo ancora adesso. Avrebbe sempre potuto farlo dopo aver sconfitto questo nemico, questo promemoria di qualcosa di precedente al suo tempo, rivissuto ancora una volta...

Tornà al divano con un'espressione accigliata, chiedendosi se l'incantesimo avrebbe funzionato contro un molliccio privo di sensi. Perchè lui stava dormendo e la sua febbre si era alzata, infinitesimamente, e lui era... era...

Respirava affannosamente. Mormorava. Continuava a rigirarsi come se stesse avendo un incubo quando lei sapeva che i mollicci non dovrebbero- non possono-

Contro ogni logica, si ritrovò alla ricerca di una salvietta, dopo averla trovata la inumidì e la portò fino al divano prima di notare la macchia di cioccolata e sangue, ridendo. Ne prese un'altra, pulita, e gliela mise sulla fronte. Aveva ancora l'aspetto... beh, il suo.

Hermione avvertì una pericolosa tentazione crescere in lei - la sua mano era a metà strada verso la bacchetta, le sua labbra già mormoravano l'incantesimo per guarire i lividi e i dolori (quante volte l'aveva usato in passato?) ma si fermò bruscamente.

"Cosa sto facendo?" sussurrò.

Magia. La magia aveva portato a questo. No, non l'avrebbe usata. Poteva guarire con un po' d'aspirina e qualche cerotto una volta che si fosse svegliato. Se non era un molliccio. Le sue labbra s'incurvarono, deridendolo.

"Tonks?"

La saliva le andò di traverso mentre guardava giù.

Due occhi vitrei le restituirono lo sguardo, a malapena consapevoli.

"No," disse. Anche Nymphadora Tonks era morta.

"Oh." Lui richiuse gli occhi è imprecò. Perchè se questa cosa pensava che sarebbe bastato un piccolo promemoria perchè lei lo guarisse-

Aveva ragione.

Un incantesimo, un rapido colpetto, un affondo, e vide tutte le lacerazioni minori guarire. Un'altra veloce mossa con la bacchetta e il suo corpo si rilassò sotto la coperta, la sua espressione solo leggermente sofferente.

"Vaffanculo," disse lei a nessuno di preciso. Magari alla magia. Magari a lui - esso - o magari era solo amareggiata col mondo ancora per averla messa in una posizione in cui non voleva essere.

Hermione sussurrò.

"Ho bisogno di altra cioccolata calda."
.
.
.
.
.
Inizialmente, pensò di andare a letto. Lui di certo non se ne sarebbe reso conto. E non è che potesse fare molto se anche fosse rimasta sveglia a fissarlo. Ma, come aveva potuto notare prima, il suo tanto famoso raziocinio era andato giù per lo scarico dopo aver tirato lo sciacquone. Quindi tornò con un romanzo, bevendo cioccolata calda da una tazza nuova, seduta sulla sedia dall'altro lato del tavolino.

Dopo qualche ora passata a fissare la stessa pagina cercando di capire cosa dicesse, si arrese e guardò l'uomo addormentato sul suo divano.

Lui era... identico. Esattamente uguale. La stessa faccia appena rianimata, gli zigomi appena migliorati da quando erano emaciati, la pelle pallida che stava lentamente riprendendo colore. I suoi capelli corvini era stati tagliati recentemente - e malamente, si ricordò il giorno in cui aveva cercato di farlo da solo. E... emanava le stesse sensazioni. Era circondato dalla stessa strana sensazione che ti faceva capire che c'era lui dietro di te prima ancora che parlasse. La connessione che un gruppo di persone così unito aveva provato era ancora lì, anche con la morte di così tante di loro.

Hermione sospirò. Sarebbe stato tanto più facile - così tanto più facile - se solo fosse riuscita a trovare qualcosa di sbagliato in lui. Qualcosa che sembrasse strano, anche una cosa sola, così da poter dire che era un'imitazione, per quanto buona. Perchè nessuna creatura e nessun incantesimo potevano creare una replica perfetta - nemmeno un molliccio, che attinge direttamente dalla tua mente. Era semplicemente troppo tutto insieme, troppo intricato e intangibile per creare un'imitazione.

E mentre lo fissava, poteva ancora ricordarsi di quando lui era ancora più di un ricordo...

"Cosa succederebbe se, una di queste volte, non ci fossi?"

Alzò lo sguardo dal suo lato del tavolino, dove stava guardando il suo sandwich. Sirius stava seduto immobile, i suoi occhi concentrati sul caffè che girava nella sua tazza.

"Cosa succederebbe se, una di queste volte, qualcuno morisse e io avrei potuto essere lì per evitarlo?"

Hermione realizzò che stava parlando con lei. Sospirò e guardò altrove.

"Sai che non puoi uscire," gli disse, con solidarietà.

Lui corrucciò la fronte verso la tazza di caffè. "Lo so," le disse.


"Avresti dovuto aspettare," mormorò tristemente. "Ci saresti stato quando era importante, stupido." Forse non era equa ma a questo punto non sapeva nemmeno se fosse sana, stava parlando al fantasma fin troppo solido di un uomo svenuto sul suo divano dopo diciannove anni.

Gli occhi di lei lo scrutarono di nuovo, alla disperata ricerca di qualcosa, qualunque cosa, che fosse fuori posto. Ma nulla era fuori posto. Solo i suoi capelli bagnati che ricadevano in tutti i punti giusti, mettendo in ombra tutti i punti giusti, dove una volta era sembrato così spaventoso. Fu allora che si accorse che stava tornando ad essere un bell'uomo - in fondo lo era stato - e che lo stress aveva quasi abbandonato la sua faccia.

Avrebbe indubbiamente avuto qualcosa di intelligente da dire, una volta sveglio. Se era lui.

Hermione sbadigliò, stiracchiandosi stancamente mentre il suo corpo si lamentava delle sue abitudini notturne. Sembrava dire che lei poteva star sveglia per giorni, volendo, ma lui - il suo corpo - si sarebbe presto arreso, coperta o non coperta. Ma lei aveva già combattuto il sonno, l'aveva fatto così a lungo da sembrare un'eternità, e questa non era una novità.

Si voltò verso la finestra e capì perchè era così stanca: il sole era sorto, appena appena, da qualche parte tra le nuvole. La luce che filtrava tra le nuvole era fioca e umida e grigia - quasi non illuminava il cielo in tempesta là fuori, e riusciva ad illuminare ancora meno il soggiorno.

Un suono alle sue spalle la fece sussultare e girare sulla sedia.

Lui ora la stava fissando con quegli stessi occhi - occhi che ricordavano Azkaban - scuri e tormentati nel profondo. Ma erano chiari ora, e svegli, e non davano cenni di riconoscimento.

"Chi sei"

Lei si immobilizzò.

Cosa dire? Cosa poteva dire? Non vedeva quest'uomo da diciannove anni. Non ci aveva parlato, non aveva provato a capirlo per tutto quel tempo. Infatti... le ultime memorie che aveva di lui erano di un uomo vagamente sorpreso che cadeva nell'oscurità.

Sirius la studiò, forse cercando di comprenderla prima di doverle parlare.

Dopo un attimo, le sue labbra s'incresparono sardonicamente. "Per caso hai un nome?" le chiese. "O dovrò indovinarlo?"

Beh. Quella era una domanda. Una a cui forse avrebbe dovuto rispondere.

Ma... non riuscì a dire nulla.

Sirius sembrava vagamente annoiato, ma continuò in ogni caso. "Perchè non iniziamo da qualcosa di più semplice, allora. Dove sono?"

Lei deglutì e la sua voce le tornò. "A casa mia," riuscì a dire. "Sul mio divano."

"Ah. Vedo." Il suo sguardo si poso sui vestiti incredibilmente banali, incredibilmente babbani, che stava indossando e riusciva a sentire l'opinione che lui aveva di lei che si abbassava. Oh, vedo. Non era parte della famiglia ma nemmeno così lontano dai suoi pregiudizi. 

La tirò quasi fuori dal suo silenzio stupefatto. Quasi.

"E…" continuò lentamente, come se stesse parlando a un bambino, "Dove sarebbe casa tua?"

Oh, questo restringeva il campo.

"Scusa," gli disse, d'un tratto di nuovo in grado di articolare meglio le frasi. "Avrei dell'aspirina per quel taglio lungo il tuo petto, ma forse dovremmo aspettare finchè non ritrovi le buone maniere." Si girò, a labbra strette, e si mosse verso la cucina.

Quello... ingrato! No, il fatto che fosse un amico non aveva importanza. Il fatto che non lo vedesse da un'eternità, il fatto che lei, come tutti gli altri, l'avesse creduto morto da tempo, niente di tutto questo aveva importanza. L'aveva accolto nella sua casa - aveva rotto il suo tabù per curarlo - e lui aveva il coraggio di trattarla come una qualunque creaturina senza cervello solo perchè era una babbana!

"Incrocio! Mezzosangue! Abominio! Come osi infangare la mia casa con la tua sozzura-"

Lo scoppio d'ira fu inaspettato - Hermione boccheggiò in orrore al ritratto che aveva scoperto, una donna la cui faccia era contorta in una maschera di rabbia. La donna le gridava contro e lei indietreggiò shockata, spaventata e vergognandosi...

"Fuori! FUORI! Porta il tuo sangue sporco lontano da casa mia!"

La sua bocca si muoveva senza emettere suono mentre si guardava attorno disperatamente alla ricerca di un posto in cui nascondersi - in qualche modo, aveva fatto qualcosa di sbagliato e aveva portato a questo-

"FUOOORIIIIII!" strillò la donna.

 Hermione realizzò di essersi stretta in un angolo, con le mani a coprire la bocca.

"Oh perchè NON TACI una volta per tutte?"

La donna nel ritratto tacque momentaneamente per lo stupore. Dalla sala oltre la porta proveniva uno scalpiccio furioso - e improvvisamente, la porta si spalancò e un Sirius Black furioso si mosse direttamente verso il ritratto.

"Senti, donna infernale, se non la smetti una buona volta-"

"TU! Tu creatura abominevole, tu delusione! Non sei figlio mio-" Sirius richiuse la tenda ferocemente.

Per un momento ci fu silenzio mentre lui si appoggiava al muro, i palmi ai lati della testa abbandonata stancamente. Hermione s'irrigidì nel suo angolo, non sapendo cosa fare.

"Wow, che parenti meravigliosi che ho. E' un miracolo che riesca a dormire..."

Lei deglutì, desiderando in quel momento più che mai, di poter svanire nel pavimento. Sirius sospirò e si voltò.

S'irrigidì.

"Ah- Hermione?"

Lei si sforzò ad assentire, le mani ancora sulla sua bocca tremante.

"O-oh," disse, "Immagino che sia stata tu a farla schizzare... pensavo che Kreacher avesse richiuso la tenda…"

Ci fu un silenzio imbarazzato.

Sirius distolse lo sguardo e le si avvicinò, porgendole la mano. Lei la strinse con la sua, tremante, e incespicò sui suoi piedi.

"Io… spero che tu non le abbia dato retta," le disse, a disagio. "E' fatta così." La guardò di sottecchi. "Non le hai dato retta, vero?"

Hermione annuì. "S-sì. Ero solo… spaventata." In questi giorni stava mentendo parecchio… doveva essere l'influenza di Ron e Harry…

"Oh bene." La sua faccia si rilassò visibilmente. "Davvero, non dovresti. Sei una delle streghe migliori che conosca - e non credere che Moody e gli altri non mi darebbero ragione." Le fece un sorrisetto e lei rilasciò il fiato che non sapeva d'aver trattenuto, un po' sollevata.

"Sì, grazie, io- io penso di star bene." La guardò attentamente, come valutando qualcosa, poi lasciò la sua mano.

"Beh, se hai fame, la cena è di sotto. Molly si è davvero superata stavolta..."

Si era fermata alla finestra. Stava fissando fuori di nuovo, col mento sulle ginocchia, mentre continuava a piovere. Era davvero stanca, ma non aveva più alcuna importanza. Se avesse dormito, avrebbe sognato. Se fosse rimasta sveglia, avrebbe ricordato. Se si fosse privata del sonno, sarebbe stato come se se ne fosse andato mentre lei si concentrava sul rimanere sveglia. Se fosse rimasta sveglia...

"Mi spiace."

Hermione sbattè le palpebre stancamente. "Sì, beh, sono stanca. E' stata... una lunga nottata."

Alzò lo sguardo e, vedendolo poggiato al muro della cucina, si maledisse. Ovviamente stava soffrendo, aveva ancora una grande bruciatura sul petto. Idiota.

"Oh, siediti e basta," sospirò. "Vado – vado a prendere l'aspirina."

Lui la  fissò mentre lei lo superava e sentì quella stessa sensazione, la sensazione di essere soppesata in qualche modo. Magari lui si stava facendo qualche domanda sulla sua sanità mentale.

"Ho notato che non mi hai chiesto come mi chiamo," disse piano.

Lei si arrestò. Diglielo.

"So chi sei," disse.

Le sue sopracciglia s'arcuarono, era ovviamente scettico. "Chissà, ma ne dubito."

Lo ignorò e prese la confezione, prendendo due pillole per sè prima di darne un paio anche a lui. Lo sforzo che fece nel trovare e riempire un bicchiere d'acqua fu più di quello che sarebbe dovuto essere. Era stanca.

"Alla goccia," mormorò, passandoglielo. Lui fece una smorfia e buttò già le pillole e lei si ritrovò a desiderare improvvisamente di tirargli via quel sorrisetto dalla faccia, dirgli che non avrebbe dovuto essere divertito, dirgli perchè avrebbe dovuto star morendo dentro, come lei.

Ma si trattenne.

"Vado a dormire," annunciò, con tono stanco. "Solo… non uccidere niente." Poi, come ripensandoci, "E non me ne andrei, nemmeno."

Non rimanendo a vedere se avesse connesso il suo avvertimento con la sua conoscenza su di lui, si avvicinò al divano e si raggomitolò nelle coperte che lui aveva lasciato lì, gli occhi che già le si chiudevano mentre si raggomitolava a palla.

L'udì vagamente mentre si sedeva delicatamente su una sedia, gli sfuggì un piccolo lamento per via della ferita.

"Poteva andare peggio," mormorò tra sè e sè mentre perdeva il senso della realtà e sentiva di nuovo le loro voci in un miscuglio di suoni indistinti…

"Cosa?"

Un velo lacero che che fluttuava a malapena - voci che non riusciva a sentire, ma poteva sentirle ora e sapeva cosa stavano dicendo…

Seguì un tuono più a fondo nell'oscurità.

Persi. Alla ricerca di un modo per tornare. Oh, se solo potessero sentirla quando li chiamava
.
.
.
.
.
Sventura... morte... mia cara, hai il gramo!

Riesci a crederle? Che mucchio di idiozie. Chi pensa di prendere in giro, è la quinta volta nello stesso giorno…

Hermione?

Hermione?

Andiamo, Hermione, svegliati, non morire Hermione, non puoi morire ora-

"Sei sveglia?" la chiamò una voce semi addormentata.

Non è corretto lasciarmi così, Hermione, lo sai cosa mi farebbe…

E cosa ne dovrebbe essere di me? Da quando mi hai lasciata da sola?

"Immagino di no…" La scosse gentilmente.

Hermione mormorò un'imprecazione, sperando di riuscire a trovare la sua maledetta bacchetta per riuscire a farlo star zitto così avrebbe smesso di disturbarla.

"Senti, mi spiace, temo di avere un bisogno piuttosto pressante di sapere dove mi trovo."

In una stanza fredda dove non c'era vento ma le tende sussurravano silenziosamente… (NdT: no, nemmeno io ho idea di come si possa sussurrare silenziosamente)

"Oppure potresti startene lì come un bozzolo inanimato. Non sia mai che riesca a farti alzare dal tuo dannato divano…"

I suoi occhi erano spalancati e shockati e giusto un po' rassegnati... ma dovette guardarli per un solo secondo prima che sparissero dietro quel velo malmesso…

"Non puoi," sussurrò stancamente. "Non puoi fare niente. Sei morto."

Le mani di lui stavano cercando di nuovo quelle di lei, per scuoterla ancora un po'. In quel momento, però, si fermarono, poggiate delicatamente contro il fianco di lei.

"Cosa?" chiese.

Hermione nascose la testa tra le braccia. "Lasciami stare."

Tolse esitantemente le mani, poi si girò, più certo stavolta. "Suppongo di doverlo fare, allora. Grazie mille per la calorosa ospitalità (grugnì) e credo che andrò ora."

C'era qualcosa di sbagliato in questo, lo sapeva. Lui non sarebbe dovuto uscire.

Ma era troppo stanca e lui era troppo perso e troppo spaventoso e troppo sbagliato.

Quindi tornò a dormire e scoprì di poter quasi fingere che lui non fosse mai tornato.
 
  
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