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Autore: Harmony394    20/09/2013    9 recensioni
C’era una cosa che non aveva mai sopportato degli asgardiani: il fatto che fossero sempre maledettamente invadenti. Non aveva detto una sola parola da quando aveva rimesso piede su Asgard, eppure sembrava che tutti stessero cercando di tirargliene fuori quante più possibili solo guardandolo negli occhi. Il loro era uno sguardo avido, curioso e quasi famelico, ma nonostante la mordacchia gli stesse lacerando la lingua, scavando a fondo senza alcuna pietà, Loki non poté fare a meno di sorridere sardonico, divertito dalla situazione.
Era tornato, alla fine. Ma non da vincitore, né da perdente. Semplicemente, era ancora lì.
(...)
«Adesso, qui dinanzi a tutti loro, io ti chiedo: cosa hai da dire in tua discolpa?».
Sembrò che tutta Asgard pendesse dalle sue labbra: la plebe venuta ad assistere al suo ritorno ammutolì di colpo, le guardie rafforzarono la presa sulle loro lance e Sif e i Tre Guerrieri, come se fossero stati sincronizzati, strinsero più forte i pugni e digrignarono i denti, curiosi di sapere cosa avrebbe risposto.
Loki ghignò. «Vi sono mancato?».

[SEQUEL DI: LA VOLPE E IL LUPO] [LokixNuovopg] [Accenni al film THOR:TheDarkWorld]
[STORIA CONCLUSA]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki, Nuovo personaggio, Thor, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Volpe e il Lupo.'
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~Alliance 
Holy water cannot help you now
See I’ve come to burn your kingdom down
And no rivers and no lakes can put the fire out
I’m gonna raise the stakes, I’m gonna smoke you out
 
 

Le dita possenti e ruvide di Thanos scorrevano lente sopra la superficie fredda del metallo, accarezzandone la consistenza. Accanto a lui, Eris era seduta su un bracciolo del trono; le labbra rosse imbronciate in una smorfia voluttuosa e il corpo niveo fasciato in vesti di seta purpurea.

Nessuno dei due parlava, ma Thanos avvertiva qualcosa nell’aria, quasi un clima di tensione, e istintivamente assunse un atteggiamento difensivo: digrignò i denti e artigliò più forte i braccioli dello scranno. Eris avvertì la sua agitazione e sorrise melliflua. Poi, fece scorrere lentamente le proprie dita sottili sopra la spalla possente del fratellastro.

«Qualcosa ti turba, fratello.» La sua voce era morbida come il velluto. Un balsamo, per i nervi tesi di Thanos che, impercettibilmente, si rilassò.

Eris era sempre stata bellissima e fatale come poche, e da quando lui aveva ucciso la propria madre, donando la sua anima alla Morte, lei aveva avuto con lui un rapporto più intenso, che spesso sfociava nella violenza alla più potente delle devozioni. E sebbene non avesse mai ambito a compagnie come la sua, preferendo di gran lunga esseri differenti, Thanos la lasciava fare. In fondo, Eris era sempre stata un’ottima pedina e un’illustre assassina, nonché una perfetta manipolatrice, e i morti non erano dei validi alleati.

«Qualcuno, sorella. Non qualcosa», la corresse, distendendo le spalle. La sentì sogghignare dietro di sé e i suoi lunghi capelli neri gli solleticarono la nuca.

Eris si chinò verso di lui e avvicinò le labbra al suo orecchio, sospirando. «Un certo Dio degli Inganni, forse?», chiese con voce cristallina, sorridendogli sorniona.

Nella mente di Thanos apparvero due occhi verdi dal taglio felino, la luce di uno sguardo furbo e canzonatorio che associò a quello di del Dio degli Inganni. Ricordò il patto che avevano stretto, la rabbia che lo aveva assalito quando era venuto a scoprire che tutte le sue legioni di Chitauri erano state abbattute da quell’ammasso di omuncoli, e una rabbia feroce si impossessò di lui facendolo fremere di rabbia.

Quel dannato traditore…

Il tocco leggero della mano di Eris lo distrasse dalle sue idee e, quando si voltò per osservarla, constatò che i suoi occhi erano divenuti dello stesso colore dei propri e la sue pelle avesse assunto un lieve colorito violaceo. Sul suo viso, era impresso un sorriso maligno che lui non poté fare a meno di trovare terribilmente affascinante.

«Forse », esordì lei, il tono della voce chiaro e suadente, «dovremmo riprenderci il Tesseract e fargliela pagare per il suo comportamento indisciplinato, non trovi?», chiese, arcuando le sopracciglia, leziosa.

Thanos sbuffò. «E come pensi di fare? Sai bene che non possiamo ancora permetterci una guerra, considerato il nostro ristretto numero di soldati», ribatté, infastidito dalla sua proposta. Lei accavallò le gambe e volse il suo sguardo verso i portoni dell’entrata della sala, gli scoccò un’ultima occhiata e con una leggera mossa delle dita spalancò le ante, rivelando la sagoma dell’Altro che affiancava un essere più alto di lui diversi centimetri: un Elfo Oscuro.

Quando entrambi arrivarono al loro cospetto si inginocchiarono, dopodiché l’Altro si alzò e andò a posizionarsi negli scalini più bassi che portavano al trono. L’Elfo, invece, rimase lì, in silenzio, lo sguardo fisso a terra e la spada posata contro il pavimento che gli faceva da sostegno per il braccio.

«Chi è lui?», chiese con voce gutturale Thanos ad Eris, la quale non sembrava affatto sorpresa. Aveva già visto prima di allora un Elfo Oscuro, quindi sapeva perfettamente che aspetto avessero, eppure non ricordava quell’essere. Il suo volto gli era quasi del tutto estraneo.

«Lui è Malekith, mio signore, il Sovrano di Svartálfaheimr, il Regno degli Elfi Oscuri. Suo padre, Aenarion il Maledetto, fu assassinato da Odino tempo fa, durante una guerra. Adesso è lui il Re», lo presentò Eris. Sul suo viso era impresso uno strano sorriso sinistro che a lui non piacque per niente, ma nonostante ciò non disse nulla e si limitò ad osservare l’Elfo con sguardo inquisitore e guardingo. Ricordava Aenarion il Maledetto, così come le leggende che riguardavano lui e la sua testa che venne mozzata da Odino durante la Guerra Dei Mondi, ma non rimembrava avesse un figlio, né che il vecchio Padre degli Dèi lo avesse risparmiato. Era proprio vero che gli Elfi erano duri a morire.

Quello alzò il capo verso di lui, permettendogli finalmente d’incrociare il suo sguardo: il suo volto era bianco come la neve e affilato come un rasoio, la parte sinistra del viso era nera e ruvida, sembrava quasi roccia, e Thanos non poté fare a meno di chiedersi come sarebbe stata al tatto; i suoi occhi erano di un azzurro pallido e brillante e i suoi capelli bianchi e legati in una lunga treccia. Tutto di lui era estremamente bizzarro, perlomeno secondo i canoni degli elfi Oscuri, ma Thanos non se ne preoccupò, troppo occupato ad osservare quello che Malekith stringeva fra le dita sottili.

«Malekith», lo chiamò Eris, il timbro della voce chiaro e improvvisamente alto, distraendolo dai suoi pensieri. «Mostra al mio signore i doni che hai portato».

Malekith si alzò, rivolse loro un breve inchino e avanzò di qualche passo; quando però l’Altro gli si parò davanti, intimandogli con un ringhio di dare a lui il manufatto, fece una smorfia infastidita e sussurrò qualcosa in elfico che Thanos non riuscì a comprendere. Infine, però, acconsentì. Una volta che l’oggetto fu nelle sue mani, Thanos non poté fare a meno di sbarrare gli occhi sorpreso.

«Questa spada…», sussurrò, la voce bassa e gli occhi sbarrati per lo stupore. «Dove l’hai presa, Elfo?!».

Accanto a lui, Eris ridacchiò soddisfatta. «Come immaginavo. Avete subito intuito di che si tratta...» Sospirò serafica e si portò indietro i capelli con una leggera mossa delle dita. «Non per niente, siete l’essere più scaltro e potente di tutto l’Universo. Piuttosto, Malekith, saresti così gentile da illustrare a mio fratello il motivo di tale dono?», chiese. L’Elfo sorrise mellifluo, quasi spavaldo, e avanzò un passo.

«Giungo fin qui dal Regno di Svartálfaheimr per sancire un’alleanza con voi, Re dei Titani, poiché sono dell’idea che insieme potremo entrambi ottenere ciò che desideriamo: io la mia vendetta e voi il Tesseract.» Fece una pausa, ormai certo di aver catturato l’attenzione del suo interlocutore, ma il sorrisetto di circostanza che aveva dipinto addosso si spense quando Thanos, dall’alto del suo trono, gli rise in faccia, forte e canzonatorio.

«E cosa ne ricaverei io, da ciò, Elfo?», domandò il Titano, sprezzante. Accanto a lui, l’Altro ringhiava di disappunto all’idea di un’alleanza con una razza inferiore. « Già in passato ho sancito accordi con esseri persino maggiori di te in quanto a intelletto, eppure mi sembra di averne ricavato solo rabbia e costernazione. Non ho intenzione di sprecare oltre il mio tempo con voi stupidi elfi, ho cose ben più urgenti da fare. Vattene, ora che te lo consento.»

Malekith, seppur evidentemente in evidente soggezione, non demorse. Era infatti risaputo quanto gli Elfi fossero caparbi, ma Thanos non era mai stato un tipo paziente e quella proposta l’aveva irritato non poco. Un solo passo falso, e la testa del re degli Elfi Oscuri sarebbe finita in pasto a ciò che rimaneva dei Chitauri.

«Mi trovo costretto dirvi che siete in torto, mio signore. Non sono giunto fin quaggiù a mani vuote, bensì, come ha già anticipato vostra sorella, con un dono. E il migliore di tutti, perlopiù. Lo state tenendo in questo preciso momento tra le mani», rispose Malekith, senza riuscire a nascondere una leggera nota di irritazione nel suo tono di voce.

Thanos digrignò i denti, furioso.

«So bene di che cosa si tratta, Oscuro», esordì. «Questa è Tyrfing, la spada forgiata dai nani per il Re di Gardariki, Svafrlami; la stessa che non può arrugginire né spezzarsi. È una delle migliori armi in tutto l’Universo, e sarebbe un’ottima offerta per la Morte. Ad ogni modo, non riesco a comprendere il criterio secondo cui quest’arma dovrebbe convincermi a stringere un alleanza con te, e non nascondo che sto cominciando a perdere la pazienza. Non saranno i doni a comprarmi, non se così miseri», aggiunse, e la sua voce rimbalzò fra le mura della sala. «E bada che se non te ne andrai immediatamente non esiterò ad ucciderti con questa stessa spada! Sono stufo del tuo scherno!», concluse, facendo tremare le pareti.

Ma, a dispetto delle sue aspettative, Malekith non accennò a voler muovere un passo e anzi, fece comparire sul suo volto affusolato un sorriso affilato, quasi famelico. Allargò le braccia e avanzò un passo, sorridendo. Quella fu per Thanos la goccia che fece traboccare il vaso: si lanciò su di lui prima ancora che l’Elfo potesse capacitarsene, artigliandolo per la gola e issandolo da terra; quello annaspò, i suoi occhi si dilatarono per la paura e la sorpresa, prese a boccheggiare nel vano tentativo di dire qualcosa e si dimenò con irruenza. Thanos strinse più forte la presa, tanto da far sbiancare completamente il volto dell’Oscuro, ma proprio quando era a un passo dalla morte Eris parlò.

«Non sarebbe meglio, mio signore, vedere cosa ha da dire, prima di mandarlo come dono alla Morte?», suggerì; dal suo tono di voce non traspariva alcuna nota di preoccupazione o paura, al contrario sembrava essere parecchio annoiata, ma per Thanos fu abbastanza per allentare – seppur di poco – la presa.

«Ha parlato abbastanza. Adesso è giunto per lui il momento di tacere!», ribatté, senza mollare la presa su Malekith, al quale lacrimavano gli occhi per la mancanza d’aria.
Eris alzò le spalle. «Come desiderate», disse. «Pensavo solo che, magari, dei guerrieri in più ci sarebbero tornati utili, considerato lo sterminio dei nostri ultimi Chitauri…».

Fu un attimo e Thanos mollò la presa, lasciando cadere con un tonfo Malekith a terra, che incominciò a fare grossi sospiri e a inalare quanta più aria possibile. Agli occhi di Thanos, parve la grossolana imitazione di una marionetta a cui avevano tagliato i fili. Si voltò con sdegno verso la sorellastra, che, ancora seduta sul bracciolo del trono, lo guardava con aria serafica, e le si avvicinò a passò lento.

«Vuoi sapere cosa ha da dire? E sia. Ma se ciò che proferirà non sarà di mio gradimento, sorella, sarai tu ad essere strangolata. Sono stato chiaro?», chiese, il suo tono era velenoso come il morso di un serpente. Eris si irrigidì e l’Altro ghignò – non aveva mai apprezzato la dèa. «Adesso parla, Elfo, se hai cara la vita», ordinò Thanos. Malekith si alzò in piedi, più morto che vivo, e tentò di dire qualcosa di senso compiuto. 

«Non intendevo offrirvi solo la spada, mio signore, quella serviva solo a dimostrarvi la mia lealtà nei vostri confronti. Ciò che intendevo fare, proprio come ha detto la vostra cara sorella, era rendervi anche le mie legioni e qualcosa che, ne sono certo, riuscirà a convincervi ad accettare la mia proposta.» Mentre parlava la sua voce si fece più chiara e i suoi occhi si assottigliarono, divenendo una lunga linea obliqua. Nella sala calò il silenzio, l’atmosfera era pesante come panno bagnato, e Thanos si sentì improvvisamente curioso.

«Ti ascolterò», rispose, senza distogliere lo sguardo, la voce roca e terribile.

Sul volto scarno di Malekith si allargò un sorriso conciliante e la sua mano si aprì verso la sua direzione: subito un ologramma dai toni sfocati e scuri venne proiettato davanti ai suoi occhi, emanando l’immagine di una sagoma indistinta che lui non riconobbe. Quando però iniziò a farsi più nitida, sentì Eris accanto a sé sussultare e, osservando meglio, ne comprese il motivo. Subito, le sue labbra si incurvarono in un ghigno di feroce gioia perversa.

I capelli neri gli incorniciavano il volto paffuto e chiaro come il latte, i suoi occhi erano azzurri e sembravano contenere un oceano intero al loro interno, tanto erano grandi; non poteva avere più di sei anni, ma era abbastanza grande per somigliare in maniera terribilmente pericolosa al padre. Rideva gioioso e giocava con una donna dai lunghi capelli rossi che riconobbe come quella sciocca asgardiana di cui quell’insetto era tanto invaghito.

Non ebbe bisogno di spiegazioni per capire chi fosse quel moccioso. Tutto di lui sembrava urlarlo: quello era il figlio di Loki Laufeyson.

Rivolse un’occhiata piena di sadico piacere a Malekith che, dall’altra parte della sala, lo osservava nervoso in attesa di una reazione. Nonostante ciò, la persona più ansiosa in quella sala era Eris.

Rimase in silenzio per alcuni secondi, conscio del fatto di essere al centro dei loro pensieri, e infine sorrise sardonico. «Io… accetto», dichiarò, e una risata grassa, forte e sguaiata uscì dalle sue labbra ruvide e nodose, risuonando violenta come un terremoto nei meandri della camera. Un’emozione bruciante come il fuoco gli sormontò nel petto e una vampata d’eccitazione lo investì in pieno, incrementando la sua ilarità e alterando la sua risata in modo spaventoso.  

Si sarebbe ripreso ciò che era suo con la morte e con la guerra; avrebbe distrutto interi pianeti pur di ottenere il Tesseract e la sua vendetta; avrebbe fatto provare a quel piccolo verme il dolore vero, spargendo il suo stesso sangue davanti ai suoi occhi, torturandolo nei modi più atroci e terribili che temeva: lentamente e interiormente.

Avrebbe capito, il Dio degli Inganni, che lui manteneva sempre la parola data.
 
 
 
 
 
- Note di Harmony394.

Eeeh... si ricomincia!! ^-^
Ebbene sì, eccomi qui. Sono ritornata a narrare di Emily e Loki! Spero che il mio ritorno sia gradito xD
Ho impiegato un bel po' di tempo per scrivere questo prologo. Non avevo proprio idee! Ogni cosa mi sembrava banale o noiosa. Spero che il risultato finale sia venuto fuori decente. :)
A differenza della scorsa volta, questa fanfiction non seguirà passo dopo passo gli avvenimenti del film - anche perché non è ancora uscito. lol - ma ne riporterà brevi frammenti, ovvero ciò che sono riuscita a ricavare in giro riguardo a Thor: The Dark World. (A proposito: io sono su di giri. Non vedo l'ora che esca! *^*) Spero di riuscire a scrivere qualcosa di buono!
Ringrazio di cuore Francine per aver betato il capitolo. Sei stata preziosissima e ti ringrazio moltissimo per i consigli! <3


Credo che pubblicherò il prossimo capitolo venerdì prossimo, quindi tenetevi pronti! ^-^

Un bacione.

P.S: ecco qui il mio link Facebook, caso mai qualcuno volesse mettersi in contatto con me: https://www.facebook.com/harmony.efp.9
P.S.S: La canzone iniziale è Seven devils, dei Florence and the Machine.
   
 
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