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Autore: FloxWeasley    20/09/2013    4 recensioni
A volte la vita prende pieghe inaspettate.
Un secondo prima sei in viaggio, diretta all'interrogatorio più importante della tua vita.
Un secondo dopo
puf.
Tuo figlio è orfano.
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Kate Beckett, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Under custody
capitolo cinque.


I bambini, si sa, non sanno stare zitti.
Sembra quasi che, quando un pensiero più forte degli altri attraversa le loro testoline, non riescano a tenerlo lì dentro e le parole scivolino fuori anche senza volerlo.
Daniel era un'eccezione.
Per tutti i primi mesi ingoiò quelle domande che premevano per uscire dalle sue labbra, consapevole che fosse ancora troppo presto.
Poi, un giorno – doveva essere Dicembre, otto mesi dopo che quello scricciolo era entrato prepotentemente nella vita di Castle, perché New York era sepolta sotto venti centimetri di neve –, Danny sembrò sentirsi finalmente pronto.
Leggeva un libro sul divano, a testa in giù come gli aveva insegnato Milo, il suo migliore amico, e la domanda che da mesi gli rimbalzava in testa tornò a tormentarlo all'improvviso. Per un attimo i suoi occhi si immobilizzarono sulla pagina, mentre una strana sensazione di sicurezza gli riempiva il cuore; poi scese dal divano con una capriola, mollando lì il libro, e pieno di determinazione corse a cercare il padre.
Lo trovò nel suo studio, intento a scrivere al portatile; quando Rick notò il bambino fermo sulla porta, con quell'aria un po' incerta che gli ricordava tanto Kate, gli sorrise incoraggiante e gli fece segno di entrare.
Daniel si fiondò dentro e si arrampicò sulle sue ginocchia, fissando senza troppe cerimonie i propri occhioni verdi in quelli azzurri di Castle.
«Perché tu e la mamma non stavate insieme, come zio Kev e zia Jenny? O come zio Javi e zia Lanie, o come i genitori di Milo, o...» si interruppe bruscamente, trattenendo il fiato. Aspettava una risposta.
Castle sospirò e si passò una mano tra i capelli, per poi sorridere tristemente.
«Sai, Danny, a volte le persone smettono di amarsi. Succede spesso, e di solito è il motivo per cui due genitori non stanno più insieme, ma non è quello che è successo a me e alla mamma»
Il bambino annuì, attento, e sorrise a sua volta. Castle gli sistemò gli occhiali un po' storti e continuò:
«Noi ci amavamo veramente tanto, lo sai? Ma non eravamo bravi a dircelo. Anzi, non eravamo bravi a pensare per due invece che per uno solo» fece, mentre le lacrime iniziavano a pungergli gli angoli degli occhi. Non gli andava di dire a suo figlio che era la sua mamma a non pensare per due, e che lui lo faceva già da un po'. 
Sbatté velocemente le palpebre e riprese: «Ed eravamo testardi, tutti e due, ma soprattutto la mamma: di solito era così adorabilmente testarda che non lo consideravo un difetto. Ma quando, per quella sua testardaggine, ha deciso di dimostrare che poteva prendere decisioni anche da sola, beh... è diventato il suo più grande difetto. E forse anche un po' il mio: un po' per paura, un po' per orgoglio, un po' per non so cosa, ho finito per perderla. Anche se ci amavamo così tanto». Sospirò.
Accarezzò il volto del bambino e concluse:
«A volte va così. Le persone sono fatte per stare insieme, ma non sono capaci di rimanerci».
Daniel scosse piano la testa, contrariato.
«È... è una cosa stupida» disse solo, lanciando al padre uno sguardo confuso.
«Puoi dirlo forte. Siamo stati stupidi, perché non siamo stati capaci di continuare ad amarci» replicò quello con lo stesso sorriso triste di prima.
Daniel annuì e una lacrima solcò la sua guancia; la asciugò con la manica verde scuro della felpa e rivolse quel suo sguardo bagnato al padre.
«Sono contento che vi amavate, però» disse solo, prima di abbracciarlo forte.

*

Le giornate si susseguivano sempre più lente, per Kate, da quando era a casa per la maternità.
C'erano le visite di suo padre, certo, e a volte anche quelle di Espo, Lanie, Ryan, Jenny e la piccola Emily, e persino di alcuni dei nuovi colleghi che più le si erano
affezionati.

Per il resto del tempo, però, era sola con sé stessa. E con i propri pensieri.
Se ne stava sul divano, con un cuscino dietro la schiena perché ormai le era pressoché impossibile stare in una posizione comoda, e pensava.
Pensava a come sarebbe stato una volta nato il bambino, guardava con terrore al parto e piangeva sui ricordi sempre vividi di quegli ultimi anni.
Ma soprattutto fantasticava.
Su come avrebbe reagito Castle nel vederla piombare a New York all'improvviso, con quel pancione enorme e troppe cose per cui scusarsi, o su come sarebbe stato se fosse tornata prima, o se fosse rimasta nella sua città, nella sua vecchia vita per tutto il tempo.
Immaginava scene così melense e romantiche da vergognarsi terribilmente solo per averle immaginate, e altre così divertenti e realistiche da farla ridere da sola.
E per un attimo le sembrava così facile prendere in mano il telefono, comporre quel numero che sapeva a memoria e scusarsi fino a perdere la voce.
Non lo fece mai.
Restò a fissarlo per ore intere, come chiusa in uno stato di totale apatia, mentre il suo subconscio continuava a proporle quelle fantasie così belle e tristi da stringerle il cuore in un morsa.
E poi si sorprese a fare lunghi discorsi mentali con quel cosino dentro di lei.
Le prime volte si vergognava così tanto – non sapeva nemmeno perché, visto che per tante donne era una cosa naturalissima – che non appena si rendeva conto davvero di ciò che stava facendo, si bloccava e si metteva a fare altro.
Presto invece divenne normale.
Di esprimere quei discorsi ad alta voce non se ne parlava proprio, ma le parole che mentalmente rivolgeva al bambino divennero sempre più numerose e naturali.
L'appartamento non le sembrava più tanto vuoto, quando con un leggero sorriso iniziava quei lunghi monologhi interni.
Quel bambino fu la sua ancora di salvezza, nel mare grigio e in tempesta dei suoi sentimenti: la salvò mentre rischiava di affogare.
Più di una volta.

 

 

{Angoletto FloxWeasley :3
Non sono morta! Ma sono dispiaciutissima perché per l'ennesima volta mi ritrovo a scusarmi per il ritardo.
(Anche se... si può definire ritardo, se finisco con il pubblicare sempre ogni morte di papa ma con una certa regolarità? U.U)
Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento.
Al prossimo!

  
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