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Autore: Shandris    24/03/2008    1 recensioni
Alexander scopre un drow prigioniero e sofferente, decide di scoprire cosa sta succedendo
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il mercante si svegliò stiracchiandosi sonoramente. Fece colazione con della frutta e una pagnotta che teneva avvolta in un tovagliolo. Lanciò qualche torsolo di mela nella gabbia dell’elfo, poi si apprestò a ricomporre il giaciglio. Dopo pochi minuti, senza una parola, legò nuovamente le mani dell’elfo ad uno dei pali di legno, montò a cavallo e partì alla volta del villaggio.

 

Alexander, che aveva osservato attentamente la scena, attese per sicurezza ancora qualche minuto, poi uscì allo scoperto. Come la sera prima posò lo zaino a terra ed frugò alla ricerca della borraccia e del cibo. Mentre Alexander rovistava, Drizzt parlò con voce limpida e malinconica: “Ho sperato con tutto il cuore che tornassi”.

Alexander si alzò in piedi con le provviste in mano e si avvicinò al carro soppesando i suoi pensieri.

“Nessuno merita di morire di stenti” disse infine con tono neutrale.

Decise di non slegare le mani drow. Non ancora. Voleva studiarlo e capire cosa doveva aspettarsi da lui. Sicuramente l’elfo scuro sperava di usarlo come mezzo per liberarsi dalla sua prigionia, ma sondando la sua mente Alexander si rese conto che non era quello l’unico movente. Una vibrazione nascosta parlava di bisogno di accettazione ed empatia.. oltre al mero istinto di sopravvivenza, il drow era mosso anche da sentimenti molto più profondi e onorevoli. Alexander si fece più attento, nella speranza di carpire dettagli più precisi.

 

Gli diede da bere e da mangiare come aveva fatto la sera prima, ma questa volta senza interruzioni di sorta. Dopo diversi bocconi e sorsate l’elfo diede segni di sazietà e Alexander ripose gli avanzi nella sacca.

“Ti ringrazio infinitamente” disse infine il drow.  Anch’egli tentava di scandagliare le intenzioni dell’uomo. La sua presenza rappresentava per Drizzt un sollievo sia per il corpo che per la mente, ma una parte della sua coscienza lo metteva in guardia. In effetti perché l’uomo avrebbe dovuto aiutarlo? Per pura pietà? Una qualità rara a questo mondo..

O c’erano piuttosto altri interessi in gioco di cui lui era all’oscuro? Forse quest’uomo era solamente un brigante in cerca di un valido alleato.. oppure poteva essere un altro mercante di schiavi, interessato a lui soltanto quale merce di scambio.

D’un tratto gli tornò in mente il sogno di quella notte… un uomo dal volto imperscrutabile che lo derideva e lo torturava..

Drizzt chiuse gli occhi e strinse i denti, mentre un’ondata di sconforto minacciò di travolgerlo.

No! No… non poteva essere! Questo era l’unico appiglio che aveva per evitare di cadere nella disperazione più nera.

Non poteva essere..

 

“Come ti chiami?”

La voce dell’uomo risuonò mite in quella tiepida mattinata estiva, strappando il drow al vortice dei suoi pensieri.

 

“Drizzt” rispose l’elfo. “Drizzt Do’Urden”, aggiunse, mentre si sforzava di ricordare l’ultima volta in cui aveva pronunciato di fronte a qualcuno il suo nome completo.

“Va bene Drizzt, io sono Alexander. Vorresti raccontarmi brevemente cosa ci fa un drow in superficie?” chiese l’uomo gesticolando in maniera interrogativa.

“Credevo che la tua razza vivesse al buio in quelle vostre città sotterranee. Sei stato catturato durante un’incursione?” . Alexander vide l’elfo scuro inorridire, mentre socchiudeva gli occhi a mo’ di fessura e scuoteva la testa lentamente in segno di diniego. Si disse che forse aveva parlato con troppa arroganza e probabilmente aveva dato una dose eccessiva di supponenza alla sua voce.

“Scusa, mi dispiace”, ritrattò, “quello che voglio dire è che la tua situazione è decisamente insolita.. diciamo pure anomala e..” dopo una breve esitazione decise che era venuto il momento di scoprire le carte, “se voglio tirarti fuori da lì devo prima sapere fino a che punto posso fidarmi di te”.

 

Le pupille dell’elfo si dilatarono mentre Alexander pronunciava l’ultima frase.

“Non ho modo di provarti di essere degno della tua fiducia”, rispose Drizzt sentendosi improvvisamente a disagio, “ma se vuoi posso raccontarti la mia storia”.

 

“Ti ascolto”, rispose Alexander soddisfatto, mentre si sedeva sull’erba con le gambe incrociate.

 

Drizzt fece un respiro profondo e cominciò.

Parlò a lungo, raccontando la sua storia con tono neutrale. Parlò ad Alexander di Menzoberranzan, del concetto distorto di famiglia per i drow, delle motivazioni che lo avevano spinto all’esilio volontario e delle sue disavventure in superficie. Terminò con la narrazione della sua recente cattura e degli ultimi giorni di crudele prigionia.

Alexander fu colpito soprattutto dalla totale mancanza di autocommiserazione nel tono dell’elfo. Era come se stesse parlando di qualcun altro…

 

Quando l’elfo terminò il suo racconto, Alexander rimase in silenzio per diversi minuti, riflettendo su ciò che aveva appena sentito. Infine si alzò, e con fare pensieroso si caricò distrattamente lo zaino sulle spalle.

 

“Te ne vai”, disse il drow con tono disilluso. Non era una domanda.

“Tornerò”, lo tranquillizzò Alexander guardandolo fisso negli occhi.

“Non ti lascerò qui a marcire. Su questo ci puoi contare”.

 

Alexander se ne tornò all’accampamento, accompagnato dallo stesso subdolo senso di colpa che aveva provato il giorno precedente.


  
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