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Autore: hikaru83    21/09/2013    2 recensioni
Sembrare sempre felici non vuol dire esserlo davvero. Lo sa bene Hanamichi quando si trova a dover affrontare il proprio passato. Ma, forse, se aprirà gli occhi si renderà conto che non deve affrontarlo da solo, e che se si ha accanto qualcuno tutto ciò che lo terrorizzava e gli impediva di vedere la luce si mostrerà per quello che è, un'ombra ormai superata. In fondo il passato non può farci niente è, come dice la parola stessa passato. La parte peggiore è finita e i ricordi servono a crescere e a diventare forti.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altro personaggio, Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Eccoci alla seconda e ultima parte di questa mia fic scritta da anni, probabilmente la prima che sia mai riuscita a terminare. Mi ripeto ma non sono ancora riuscita ad accaparrarmi Hana, Ru e gli altri, che purtroppo (per me!) sono ancora di proprietà di Inoue. Come nella prima parte il corsivo è Kae l’altro è Hana. Le altre differenze grafiche sono una per il sogno di Hana l’altra per il suo diario. Hana e Ru vi potrebbero sembrare un po’ OOC, come al solito, voi non fateci troppo caso. Come sempre vi auguro una buona lettura e rimando alla fine eventuali note e ringraziamenti.
 
 
Un posto chiamato casa
                                                                                                
Part 2
 
In meno di mezz’ora tutta la squadra è arrivata all’ospedale, Mito sembra tranquillo, continua a ripetere che non c’è nessun problema, dopotutto, nessuno sa meglio di lui che testa dura che hai...  in realtà è distrutto, come gli altri del resto. Ren rimane immobile in un angolo. Stiamo tutti aspettando il medico che ti ha portato in quella sala operatoria che sembra averti ingoiato senza volerti più far uscire. Sono passate quasi tre ore da quando sei entrato in chirurgia, e nessuno ci sa ancora dire niente. Continuano a entrare e uscire infermieri a cui dobbiamo sembrare invisibili, visto che non ci guardano neppure. Dopo altre due ore, un chirurgo, esce. Corro verso di lui per chiedergli come stai, in questo momento non mi interessa lo sguardo sicuramente  stupito degli altri, l’unico mio pensiero è il mio do’aho. Il dottore dopo un attimo di silenzio, come se cercasse il permesso di raccontare come stanno le cose a qualcuno, mi risponde. Dice che hai avuto una bella fortuna, infatti indossavi un busto probabilmente per non sforzare la schiena, e questo ti ha salvato da possibili fratture alla colonna vertebrale. L’operazione è andata bene, però ora sei in coma, e non si sa ancora quando ti sveglierai. Alla fine riesce a convincere gli altri a tornare a casa, dicendo che almeno per dodici ore non ci saranno novità. Io non ho intenzione di lasciarti da solo. Qualcuno tenta di dirmi che non posso più rimanere, perché l’orario delle visite è finito ma io per tutta risposta ringhio: “non ho intenzione di muovermi da qui fino a quando Hanamichi non si sveglia, quindi prendete pure le vostre regole e fateci quello che volete” Sento una mano appoggiarsi sulla mia spalla, è Mito.
“Sono contento che quell’idiota si è riuscito a confidarsi con qualcuno, e non mi sorprende che quel qualcuno sei tu.”
“Ti ha raccontato... del suo passato?”
“Sì, a dir la verità me lo ha scritto quando è entrato alla clinica per la riabilitazione, mi chiedo come diamine riuscisse a tenersi tutto dentro e a mascherarlo così bene.”
“Cosa  fate, adesso tu e Ren? Rimanete o andate via?”
“Andiamo, tanto ci sei tu qui, noi dobbiamo trovare quel bastardo che ha ridotto così Hanamichi. Ciao e mi raccomando pensaci tu a lui ok?”
“Statene sicuri, non mi muoverò da qui fino a quando non si riprenderà, e sono sicuro che accadrà presto, deve ancora riuscire a battermi.”
Prima di uscire Ren mi ha detto che quel chirurgo era lo stesso che ti aveva operato dopo il tuo primo incidente, e anche quello che aveva curato entrambi dopo ogni rissa.
“Ci si può fidare, è uno a posto.”
 Allora era vero che il dottore aspettava il consenso da parte di Ren per dirmi qualcosa sul mio Do’aho.
 
Le ore passano in un modo strano qui in ospedale. Non si riesce a capire quanto tempo passi e a che velocità, perché il via vai delle infermiere e dei medici è continuo, e le luci al neon impediscono ulteriormente la capacità di capire lo scorrere del tempo. Anche se non mi occupo di questo perché sono troppo impegnato a fissarti e a pregarti di muoverti a riaprire i tuoi occhi. Ma tu non sembra che riesca a sentirmi. Sento una voce dietro di me quando mi volto riconosco il chirurgo che ti ha operato. Dice che deve parlarmi. Rivolgo la mia attenzione a lui, senza però lasciare la tua mano.
“Conosci bene Hanamichi? Voglio dire, il suo passato?” Mi chiede
“Sì, mi ha raccontato tutto.”
“Bene allora saprai che Hanamichi è già stato ricoverato qui, anche allora per un incidente.”
“Me lo ha raccontato, quando si è ripreso non ricordava più nulla”
“Infatti, ed è per questo che volevo parlarti, se riuscirà a svegliarsi potrebbe succedere ancora e …”
“Dottore, Hanamichi si sveglierà di sicuro, ne sono certo, e di quello che potrebbe succedere una volta sveglio ce ne occuperemo a tempo debito.”             
“D’accordo ragazzo, d’accordo. Farò sistemare una brandina nella sua stanza, non è molto comoda, ma sicuramente lo è di più di una sedia, scommetto, infatti, che non hai la minima intenzione di andare a casa, giusto?”
“Giusto! Grazie dottore.”  
Passo la notte accanto a te, ti guardo, e continuo a ripensare alle tue parole: “...non me lo sarei mai perdonato se ti fosse successo qualcosa...” le sento ronzare nella mia testa insistentemente, e continuo a chiedermi perché non ti ho confessato i miei sentimenti, quella sera, nella stanza della pensione che ci ospitava durante il campionato. Forse ora non saresti qui a lottare contro la morte. Per la prima volta dopo tanto tempo ho paura, temo che forse tu, deciderai di rimanere con i tuoi genitori, e lasciarmi qui da solo. Se succedesse una cosa del genere sicuramente ti seguirei all’istante, ma tu non lo faresti mai, non distruggeresti così il mio cuore, altrimenti potevi evitare di salvarmi, perché io qui, senza di te, non ci rimango.
……………
Apro gli occhi, dove sono?
“Fratellone svegliati, sei sempre il solito dormiglione.”
Di chi è questa voce. Ma quei capelli rossi? Non può essere. Hikaru sorellina sei davvero tu? Ma cosa sta succedendo? C’è qualcosa che non va, ma non capisco cosa. È come se sapessi di stare dimenticando qualcosa, qualcosa di veramente importante e sono così stranamente felice, ma perché lo sono non riesco a capirlo. E poi perché dovrebbe essere strano? Che cosa mi sono scordato? Eppure siamo appena tornati dalle vacanze. Certo stavamo per non farlo questo viaggio, ma non mi ricordo perché non è successo niente di strano, credo. Ma allora che cos’è questa sensazione? Non è brutta, ma neanche bella è solo strana, decisamente strana. Mi alzo e arrivo in cucina mia madre è di spalle, è da lei che io e mia sorella abbiamo preso il colore dei capelli, lei viene dall’Europa. Mio padre invece e tipicamente giapponese, a parte i suoi occhi blu, tanto scuri da sembrare neri, per un attimo altri occhi si sovrappongono, ma è solo un secondo, ancora quella sensazione, Hikaru mi salta in braccio sento i miei occhi riempirsi di lacrime.
“Hanachan suoni qualcosa al piano? Ma Hanachan perché stai piangendo?”
“Niente mi deve essere entrato qualcosa negli occhi” so che non è così, ma non mi pare il caso di dire che le lacrime sono scese da sole.
“Hana... lo sappiamo che ti chiedono molto i tuoi insegnanti, ma la tua abilità nell’imparare qualsiasi cosa facendola sembrare semplice è più unica che rara. Ma se quello che fai non ti rende felice non devi farlo per forza. Tu hai sempre fatto tutto quello che ti abbiamo chiesto, e tutto quello che gli altri si aspettavano da te, ma se vuoi smettere, o fare qualcos’altro devi solo dircelo. Perché noi siamo felici solo se anche tu e tua sorella lo siete.”
 “No mamma va tutto bene, anche se...”
“C’è qualcosa che vuoi fare?”
“Io voglio... voglio giocare a basket!”
“Basket? Beh perché no, uno sport di squadra potrebbe farti bene, da quest’anno  niente più  doposcuola, non hai bisogno di stare li per imparare, così potrai iscriverti al club di basket della tua scuola, so che è abbastanza famosa anche se si tratta di una squadra delle elementari.”
“E se non ci riuscissi?”
“Sono sicura che non avrai problemi, mio piccolo genietto.”
“Sei la migliore mamma, ti voglio tanto bene.”
“Sono o no la mamma di un tensai? Anch’io te ne voglio piccolo mio, e ora suona qualcosa, avanti...”
“Sorellina ti va di cantare...”
“Sì, sai fratellone, se da grande farò la cantante vorrò solo te come accompagnatore.”
“Ovvio sono il migliore” e mentre le note si liberano nell’aria sento una vocina che mi dice che c’è ancora qualcosa che non và, ma non voglio pensarci ora sono davvero troppo felice.
Mi sveglio per dei colpi che vengono dal giardino, scendo e vedo mio padre che sta costruendo qualcosa mi avvicino quando sento arrivare mia madre che mi fa gli auguri. Oggi è il mio compleanno e anche il primo giorno di scuola, mia sorella sta portando una torta troppo grande per lei, e mio padre si avvicina facendomi vedere il loro regalo, lo stava montando, un canestro. Mi hanno regalato un canestro.
“Visto che vuoi imparare ti servirà giusto, certo non è professionale, ma non è male, non trovi?”
“È il canestro più bello che abbia mai visto grazie.”
......... 
È passato già un anno da quando ho iniziato a giocare, e al contrario di tutte le cose che ho imparato a fare, non mi sono ancora stancato, ogni volta che credo di aver imparato tutto succede qualcosa che cambia completamente le carte in tavola. Credo che non mi stancherò mai di giocare, arrivo a scuola e guardo i cartelloni per vedere chi saranno i miei compagni quest’anno. Noto subito un nome, non l’ho mai sentito anche se mi suona familiare, e ancora una volta mi sembra di aver dimenticato qualcosa di importante. Rileggo quel nome Kaede Rukawa. Non so perché ma il mio cuore ha cominciato a battere più forte. Devo conoscerlo, subito, corro in classe salutando tutti, ma del nuovo arrivato nessuna traccia, certo, che scemo sarà a ritirare le ultime cose in segreteria, arriverà quando ci saremo già presentati noi, anche se io non ne ho bisogno, sono molto popolare, dopotutto sono il miglior studente della scuola, l’asso della nostra squadra, e se non bastasse i miei capelli mi hanno sempre aiutato a non passare inosservato. Eppure a volte è come se avessi dei flash di una vita completamente diversa,ma non riesco a capire cosa sono, e in realtà non voglio neanche scoprirlo. Il professore sta per iniziare a parlare quando bussano alla porta, è lui, io lo so, infatti si affaccia il vicepreside che fa entrare il nuovo venuto, il prof dice di presentarsi.
“Rukawa Kaede …”
Questa sarebbe la sua presentazione? Tipo simpatico non c’è che dire, la classe è ancora pietrificata, mi alzo e al prof chiedo:
”Rukawa può sedersi vicino a me, così posso aiutarlo se ha bisogno di qualcosa.” non c’è che dire sono davvero un genio.
“Certo Sakuragi è un’ottima idea, coraggio Rukawa siediti vicino a lui.”
Arriva l’intervallo e così decido di conoscere meglio il mio nuovo amico, e lo riempio di domande, ma niente sembra interessarlo almeno fino a quando:
“Senti, a te piace il basket?” vedo nei suoi occhi passare una specie di scintilla
“Sì, tanto...”
“Bene allora potresti iscriverti al club, siamo forti sai?”
“Davvero, vorrei, io giocavo nell’altra scuola, ma credi che mi accetteranno?”
“Ma certo, e poi ti porta l’asso della squadra, nessuno oserà dire qualcosa, tra l’altro giocavi, quindi non parti da zero.”
“Da quanto giochi?”
“Da un anno”
“Un anno e sei già l’asso della squadra?”
“Diciamo che apprendo molto facilmente, senti il club aprirà fra una settimana, oggi ti andrebbe di venire a casa mia? Mio padre ha montato un canestro potremmo giocare un po’ se ti va?”
“Ok, però devo chiamare a casa per avvisare.”
“Puoi chiamare da casa mia, è vicinissima a scuola, ora andiamo è già finito l’intervallo.”
le lezioni passano velocemente, siamo davanti al cancello ho presentato mia sorella a Kaede, e ci stiamo incamminando verso casa, bisogna ammettere che non è molto loquace ma sa come comportarsi con gli adulti, in 5 minuti si è già conquistato l’affetto dei miei, anche se non che ci voglia molto e mia madre lo ha già invitato a cena.
“Mi scusi posso telefonare a casa?”
“Ma certo caro, il telefono è di là.”
“Hiroshi, sono a casa di un mio compagno di scuola mi fermo a mangiare qui vieni a prendermi verso le 21. Basta solo che imbocchi la strada di fronte scuola, giri a sinistra fai 50m e sei arrivato, è una villetta a due piani, l’unica con un canestro, ok? Ciao”
“Hai un fratello maggiore?” gli chiedo io non riuscirei mai ad avere un tono così autoritario
“No è il mio autista.”
“Autista?! Ma quanto diamine sei ricco?”
“Beh mettiamola così, la mia famiglia è ricca tanto quanto tu impari facilmente.”
“Allora siete ricchissimi, sorellina ti ho trovato un ottimo partito.”
“Io non lo direi se fossi in te un giorno potresti pentirtene.”
“Come sei sibillina sorellina”
………
Sono passati velocemente gli anni e ora io e Kaede stiamo per entrare al liceo, diverse scuole ci hanno fatto la corte, tra cui il Kainan la migliore squadra di Kanagawa, ma noi abbiamo optato per lo Shohoku, non so perché ma mi è sembrata la cosa più giusta da fare. E così abbiamo conosciuto il capitano Akagi, il vice Kogure, la manager Ayako e l’allenatore Anzai, poco dopo si sono uniti Miyagi, e una specie di teppista, Mitsui che devo ammettere è davvero un fenomeno con i tiri da tre. Ma c’è qualcosa che non va quella sensazione di stranezza non se né è ancora andata, tra l’altro mi sono reso conto di essere innamorato di Kaede e non so cosa fare, mia sorella aveva ragione, arrivo a casa insieme a lui, oramai è di famiglia, sta più da noi che ha casa sua. I miei mi stanno aspettando, dicono che devono dirmi qualcosa, Kaede si siede vicino a loro, inizia a parlare mia madre non so perché ma credo che oggi scoprirò che cosa diamine è quella sensazione che non riesco ad afferrare.
“Hanamichi, è ora di tornare alla realtà.”
“Cosa?”
“Tua madre vuole dire che è ora di svegliarti, noi non esistiamo più, ormai da tanto tempo, e improvvisamente vedo i miei genitori ringiovanire e mia sorella ritornare a 5 anni.
“Ma cosa?”
“Siamo morti Hana... e tu lo sai... solo che non vuoi ammetterlo... se noi non fossimo morti molte persone che nella realtà conosci e a cui vuoi molto bene sarebbero nei guai, o forse non ci sarebbero più, come Ren, in questa finta realtà non lo hai conosciuto, non ti ha mai salvato, e tu non hai salvato lui, e non hai salvato neanche quella coppia, quell’uomo è morto, non hanno mai avuto dei figli, e Mito e la tua armata, sono dei veri teppisti, hanno un capo decisamente poco raccomandabile. Avremmo fatto di tutto per starti vicino, ma purtroppo la vita non c’è l’ha permesso. Hanamichi tu hai aiutato tante persone, e noi saremo sempre fieri di te.”
“Hana, ti prego devi svegliarti io ti sto aspettando... torna da me ti prego...”
“Kaede...”
“Ti vogliamo bene Hana, ma è ora che ci lasci andare, hai una vita da vivere.” so che hanno ragione devo salutarli, li abbraccio, sento la voce di Kaede chiamarmi, corro verso di lui, le mie labbra sfiorano le sue.


Buio
 
Apro gli occhi, la luce al neon che viene da fuori illumina debolmente la stanza...
“Dove sono?”
……………
Sono passati tutti ha salutarti, a vedere come stai, persino Sendo e Uozumi, hanno anche tentato di convincermi a tornare a casa. Loro non riescono a capire che io sono a casa solo accanto a te. Dai lividi che quelli della tua armata hanno, credo che siano riusciti a trovare il bastardo che ti ha investito, probabilmente in compagnia di qualche suo amico, ma lo sai meglio di me che quando si tratta di menar le mani i tuoi amici non si tirano mai indietro. A proposito, Ren è entrato nella tua armata, e non solo, ha superato l’esame per tornare al liceo, quando tornerai a scuola te lo ritroverai in classe. Lo sai che vuole iscriversi al nostro club, gli altri mi hanno detto che non se la cava male, io non lo so, perché è da più di due settimane che non mi muovo da questa stanza. Un’altra notizia, Akagi e Kogure sono tornati in squadra, hanno deciso di rimandare l’entrata all’università, vogliono provare a vincere il campionato invernale, sono conviti di potercela fare, dicono che aspettano solo noi, hai capito brutto testone, NOI, quindi muoviti a svegliarti.
……………
Ho passato tutta la notte ha osservarti tra le lacrime, mi sono addormentando stringendo le tue mani. È mattina ora, ho fatto appena in tempo a capirlo quando, all’improvviso, ho sentito la mia mano che veniva stretta da qualcuno, e quel qualcuno eri tu. Dopo quasi tre settimane, i tuoi bellissimi occhi si sono riaperti. Corro a chiamare i medici, mi dicono che devono fare delle analisi, e quindi devo aspettare fuori, io non perdo tempo, corro dagli altri, a perdifiato per le vie di Kanagawa, fino a raggiungere la palestra, spalanco la porta, ci sono tutti, si voltano, sento tutti i loro sguardi su di me.
“Si è svegliato... Hanamichi si è svegliato...”riesco a dire solo questo prima che la palestra scoppi di grida di gioia, in meno di cinque minuti siamo già pronti per venire da te, il signor Anzai è riuscito a convincere il preside a farci andare a trovarti, come c’è riuscito non lo so, ma sono sicuro che quando vuole sa essere molto convincente.
……………
Arriviamo a tempo per sentire il responso dei medici
“Fisicamente Hanamichi sta bene, si sta riprendendo molto velocemente, tanto che fra due settimane potrebbe essere dimesso, ma... Rukawa, ricordi cosa ti avevo detto la sera in cui è stato ricoverato?”
“Sì, dottore, questo vuol dire che Hanamichi ha perso la memoria... vero?”
Sento dietro di me gli sguardi interrogativi dei miei compagni. Loro non sanno niente di te, e neanche sul mio dialogo con il dottore.  Penso che oramai non si facciano più domande sul perché sembra che io sia quello che ti conosce di più. Devono aver capito che il nostro rapporto è speciale in fondo ho rinunciato al basket da quando tu sei qui e, a dir la verità, non mi sembrano molto sorpresi.
“Infatti, ha perso la memoria, mi dispiace...”
“Le dispiace cosa?  Hanamichi è salvo, è questa è la cosa più importante, e per quanto riguarda la sua memoria, ci penseremo noi, dopo tutto gli amici servono anche a questo, ora possiamo vederlo dottore?”
“Sì ma entrate pochi alla volta, Hanamichi, ora ha bisogno di tranquillità.”
Gli altri mi guardavano incuriositi, ma soprattutto spaventati, non avevano mai ventilato l’idea di te senza i tuoi ricordi, non sanno come comportarsi. Li capisco in fondo neanche io so bene cosa dirti, ma sono troppo felice di sapere che non sei più in pericolo per preoccuparmi di questo.
……………
I medici mi hanno visitato, ma ancora non mi hanno detto perché sono qui, e soprattutto chi diamine sono? E chissà chi era quel bel ragazzo che era qui quando mi sono svegliato. Ha un che di familiare ma non so chi sono io figuriamoci se posso preoccuparmi di chi è lui. Anche se devo ammettere che era davvero splendido.
“Allora Hanamichi come ti senti?”
“Bene, ma chi è questo Hanamichi?” vedo i medici guardarsi sconcertati
“È il tuo nome, Hanamichi Sakuragi, non lo ricordi?”
“Se me lo ricordassi secondo lei glielo avrei chiesto? Potrebbe trattarsi di amnesia momentanea.”
“Tu sai cos’è un’amnesia momentanea?”
“Sì, una perdita momentanea della memoria dovuta in molti casi a traumi sia fisici che psichici, ora qualcuno mi vuole spiegare perché sono qui?”
“Colleghi, credo che debba spiegarvi una cosa su questo paziente, lo conosco da quando era un bambino ed è sempre stato molto... come dire... sveglio, penso io a lui. Hanamichi ci sono dei tuoi amici fuori li faccio entrare?” è un medico abbastanza anziano, ma mi piace, e poi sono già stato un suo paziente, e soprattutto non mi tratta da demente come quegli altri.
“Sì sono molto curioso doc, posso chiamarti così vero?”
“Certo, Hanamichi allora vado a chiamarli, non aspettarti di riconoscerli ok?”
“Ok...” lo ammetto sono un po’ nervoso all’idea di incontrare qualcuno che so già non riconoscerò. Speriamo solo che tra loro ci sia anche quello splendido ragazzo.
……………
Entriamo nella tua stanza, tu hai lo sguardo totalmente smarrito mentre ci osservi. Certo dev’essere orribile svegliarti un giorno senza un passato, ma ho deciso di non arrendermi quindi interrompo il silenzio che ci circonda. Quasi, quasi mi viene da ridere a pensare che proprio io debba rompere il silenzio, roba da matti!
“Ciao Hanamichi.”
“Ciao... scusa, ma tu eri qui quando mi sono svegliato?”
“Sì, ero io.”
“Chi sei?”
“...mi chiamo Kaede, Kaede Rukawa, e sono...  un tuo amico, nonché un tuo compagno di squadra.”
“Kaede... in che squadra giochiamo?”
“Nello Shohoku.”
“E a cosa giochiamo?”
“A basket.”
“Loro chi sono? Giocano anche loro a basket?”
“Beh non tutti, quei quattro sono tuoi amici, quando ti sei inscritto al club ti hanno seguito, e ora fanno parte della tifoseria.”
“Ragazzi, Hanamichi ha bisogno di riposare ora, tornate a scuola, potete venire a trovarlo oggi pomeriggio ok?”
“Ok dottore, ciao Hanamichi, ci vediamo più tardi.”
“Ciao Kaede!”
……………
Le ore non passano mai tranne quando viene a trovarmi Kaede. È così bello, non mi stanco mai di sentire la sua voce così profonda, calma, bassa, bella, sensuale, già sensuale, terribilmente sensuale. Vorrei stare con lui sempre ma deve tornare a scuola, e ha gli allenamenti, anche se non capisco quando li fa visto e considerato che viene qui, la mattina prima di entrare a scuola, ed è bellissimo, ancora tutto assonnato, e dopo le lezioni. Dovrò proprio chiederglielo, ma il tempo con lui sembra non bastarmi mai, ma eccolo, riesco sempre a capire quando arriva, dopotutto non devo essere l’unico a ritenerlo davvero bello visto e considerato i commenti delle infermiere. Keiko se non mi ricordo male è questo il suo nome, mi ha detto che lui è rimasto qui con me per tutto il tempo del mio coma, non mi ha mai lasciato. All’improvviso ho un flash, due occhi blu tanto scuri da sembrare neri, gli stessi che ora mi stanno osservando...
“Ehi do... Hanamichi tutto bene? Vuoi che chiamo qualcuno...”
“Non preoccuparti sto bene, senti, mi puoi parlare un po’ del mio passato?”
So che non te lo aspettavi così presto ma io non so chi sono, e soprattutto non ho ancora capito perché a parte te o gli altri amici non sia venuto nessuno della mia famiglia. Mi racconti della prima volta che ci siamo incontrati di come all’inizio litigavamo, sei furbo, proprio come sospettavo mi stai raccontando tutto di te, dei ragazzi, ma niente della mia famiglia. E quindi ti chiedo...
“E i miei genitori?”
All’inizio sembra che non sappia cosa devi dirmi, e dopo aver conosciuto la verità, capisco perché. Quindi sono solo, penso. O credo di pensarlo, ma a quanto pare devo averlo anche detto, perché tu spalanchi gli occhi e mi dici che non sono solo, che ci sei tu, e i ragazzi. Lo so, Kaede che ci sei, forse ora tu sei l’unica certezza che ho.
“Come vorrei ricordarmi qualcosa di me, di te, di voi, quella che mi hai raccontato sembra la vita di qualcun altro. Ho paura che non riavrò mai indietro il mio passato”
“Non devi avere paura, anche se non riuscirai a riprenderti i tuoi ricordi, insieme ne costruiremo nuovi.”
“Che cosa hai detto?”
“Che costruiremo nuovi ricordi, perché?”
“Non lo so, è come se avessi già sentito questa frase, ma non so dove.”
“Forse non avrei dovuto dirtelo in questo modo, scusami.” ma quanto sei tenero...
“No... no kitsune hai fatto bene, in fondo mi hai semplicemente detto la verità, e non esiste un modo meno doloroso per dirmela non scusarti anzi grazie di non avermi mentito.”
Vedo le sue pupille dilatarsi, ma cosa ho detto per farlo stupire così?
“Come mi hai chiamato?”
“Non ti piace, sai quando ti penso mi viene sempre in mente una volpe e così... ma se non ti piace...”
“No, chiamami pure così...”
“Sai in realtà mi viene naturale farlo.”
“forse perché l’hai sempre fatto...”
“Davvero, ma è magnifico dovevo essere davvero un tensai...”
Un altro sguardo stupito...
“Anche questo lo dicevi sempre...” ora riesco persino a leggere un sorriso sulle tue labbra mentre scuoti la testa.
“E tu come mi chiamavi? Vediamo...Tensai, no... immenso tensai, questo potrebbe andare, ma credo che tu non mi chiameresti mai così, forse solo Hanamichi, o Hana, o...”
“Do’aho.”
“Ehi non darmi dell’idiota...”
“Sei tu che me lo hai chiesto.”
“E sentiamo quand’è che ti ho chiesto di chiamarmi idiota?”
“Mi hai chiesto come ti chiamavo, giusto?”
“Sì...”
“………”
“………”
“………”
“...aspetta un attimo, vuoi dire che chiamavi idiota l’immenso tensai qui presente...”
“...ehm...sì...”
“.........e lo pensavi davvero, cioè ero davvero un idiota...?”
“No, ma io mi divertivo un casino a chiamarti così, dovevi vedere la tua faccia, eri uno spasso...”
“E così ti divertivi a farmi arrabbiare eh?”
“...già...ehi non vale...”
“Ma dai, è solo un cuscino... ehi perché mi guardi così?… cosa vuoi fare... guarda che siamo in ospedale... sono ancora convalescente... non posso difendermi... tu non te la prenderesti mai con un uomo indifeso vero? Perché non parli? No... il solletico no... ti prego smettila.. baka kit...su...ne...”
Qualcuno ci interrompe, è un’infermiera, non è però Keiko lei lascia correre il fatto che Kaede rimane qui più dell’orario, questa neanche 5 secondi dopo la fine dell’orario delle visite butta educatamente fuori dalla stanza Kaede.
……………
Sono dovuto tornare a scuola anche io, il dottore mi ha praticamente cacciato dalla tua stanza, e Anzai mi ha trascinato fino a qui, ora sono seduto al mio banco, mentre il prof sta spiegando cose di cui non m’interesserò mai. Le mie compagne, continuano a sospirare il mio nome, il mio corpo è incatenato a questa sedia, ma la mia mente, la mia anima, e il mio cuore, sono ancora in quella stanza, con te. Conto le ore che ci separano, appena suona la campanella dell’ultima ora, mi fiondo verso l’uscita, devo raggiungerti, devo parlarti, devo stare con te.
Quando arrivo il tuo sguardo e fisso davanti a te, ma non sembra che ti sei accorto di me, mi avvicino ti guardo negli occhi e ti chiedo se và tutto bene, tu rispondi di si e mi chiedi...
“Senti, mi puoi parlare un po’ del mio passato?”
Dopo questa domanda comincio a raccontarti del nostro primo incontro, e di come siamo cambiati da allora, naturalmente ho omesso il tuo passato prima di conoscermi, e anche il motivo per cui, improvvisamente ci siamo chiariti, e soprattutto i miei sentimenti. È ancora troppo presto, non voglio certo farti venire un attacco, è meglio se aspetto un po’, poi con il tempo chissà.
“E i miei genitori?”
Non so cosa dirti, poi decido di raccontarti la verità, non scenderò certo nei particolari, ma è giusto che tu la conosca.
“Sono morti...”
“Morti, quindi io sono solo...”
“No, tu hai me, la squadra, i tuoi amici, non sei solo Hana”
“Come vorrei ricordarmi qualcosa di me, di te, di voi, quella che mi hai raccontato sembra la vita di qualcun altro. Ho paura che non riavrò mai indietro il mio passato”
“Non devi avere paura, anche se non riuscirai a riprenderti i tuoi ricordi, insieme ne costruiremo nuovi.”
“Che cosa hai detto?”
“Che costruiremo nuovi ricordi, perché?”
“Non lo so, è come se avessi già sentito questa frase, ma non so dove.”
Ti ho chiesto scusa, per averti detto la verità, in fondo forse non eri ancora pronto, ma come al solito mi hai stupito, non solo mi hai ringraziato per avertela detta ma mi hai anche chiamato Kitsune. Possibile che tu stia già riacquistando i ricordi? Eppure mi hai detto che a volte ti dimentichi anche le cose più semplici, insomma anche chiedere un bicchiere d’acqua diventa un’impresa titanica. E ci credo, avere sete, sapere cosa si vuole e non ricordarsi una fottutissima parola deve essere terribile. Nonostante questo tu ti ricordi del modo in cui mi chiamavi, non di Mito, né dei tuoi amici, ti sei ricordato di me!
Le ore scorrono veloci, mi sembra che abbiamo appena iniziato a parlare, avevamo anche iniziato una specie di rissa, tu mi avevi tirato un cuscino in faccia quando ti avevo confessato che ti chiamavo idiota perché mi divertivo a farti arrabbiare, e io ho iniziato a farti il solletico. Se penso alla tua faccia quando mi hai chiesto se ti consideravo davvero un idiota, sembravi un cucciolo spaventato, ma ti sei ripreso subito, Dio quanto mi mancava tutto questo. Quando un’infermiera mi viene cortesemente a buttare fuori dalla tua stanza, maledetto orario delle visite.
“Ci vediamo domani mattina...”
“Sì a domani.”
……………
 
È ormai passata la mattinata, ancora poche ore e poi lo potrò vedere. Comincio a sospettare qualcosa però, lui è qui sempre, mi chiedo come faccia. Anche quelli della squadra vengono a trovarmi spesso, solo che loro vengono sempre l’ultima mezz’ora prima della fine dell’orario delle visite, quindi il pomeriggio sono tutti impegnati in qualcosa, e cosa può impegnare così tanto dei ragazzi inscritti a un club di basket? Lo studio?..sii e io sono l’imperatore in persona... quelli si allenano, e Kaede no, e lo fa per me, oggi devo convincerlo a tornare ad allenarsi, sono contento che mi reputi più importante del basket, soprattutto perché qualcosa mi dice che sia una situazione assai rara, ma non voglio che rischi di rovinare il suo sogno per colpa mia, mi mancheranno i nostri pomeriggi ma voglio che sia felice...
Sento la maniglia girarsi è arrivato...
“Ciao do’aho!”
“Ciao kitsune!”
Passiamo un pomeriggio divertente come gli altri, ma ora devo assolutamente chiedergli degli allenamenti.
“Kaede, quando ci sono gli allenamenti?”
Sei sbiancato anche se ti costa mi dirai la verità, e tu lo sai quanto me...
“Prima e dopo scuola...”
“E allora tu che ci fai qui? Non ti devi allenare?”
Sei diventato tutto rosso mentre mi dicevi che non volevi lasciarmi solo. Ma quanto sei carino? Io ti dico quello che penso, tu ci devi essere per la squadra, anche se mi mancheranno i nostri pomeriggi. Per un attimo sento che il mio cuore ha perso un battito, tu vuoi restare con me. Ma devo convincerti, in fondo lo faccio per te.
“E poi oggi ho chiamato Mito, e mi ha detto che durante gli allenamenti verranno loro a farmi compagnia, tu devi pensare al basket, e poi se non sbaglio devi ancora battermi...”
“Veramente sei tu che devi battere me...”
“Sottigliezze... e ora muoviti, Mito e gli altri stanno arrivando ci vediamo dopo ok? E poi fra meno di 3 giorni uscirò dall’ospedale e allora passeremo le giornate in palestra insieme.”
“E va bene verrò appena finito.”
……………
Passo la mattinata con te, torno a scuola solo perché il preside mi ha detto che se faccio ancora assenze ingiustificate mi caccia dalla squadra. Ma appena posso torno qui da te, è più forte di me, senza di te io non ci so stare. Stiamo trascorrendo un pomeriggio molto divertente, l’incidente non ti ha cambiato, ora tu non te ne rendi conto ma sei rimasto il mio do’aho. All’improvviso mi domandi:
“Kaede, ma quando ci sono gli allenamenti?”
“Prima e dopo scuola.”
“E allora tu che ci fai qui? Non ti devi allenare.”
“Beh, ecco è che non volevo lasciarti solo...”
“Tu devi tornare immediatamente a giocare, mi hai sempre detto che hai avuto solo il basket prima di incontrarmi e diventare amici, quindi niente scuse alzati e vai ad allenarti.”
“Ma...io...voglio stare qui con te...”
“Tu sei la matricola d’oro, l’asso dello Shohoku, e l’asso non abbandona la sua squadra. Non fraintendermi, sono molto contento che tu venga a trovarmi, passa prima il tempo quando ci sei tu. Mi mancheranno i nostri pomeriggi, ma ho chiamato Mito e quegli altri, quelli che si fanno chiamare l’armata Sakuragi hanno detto che sarebbero venuti a trovarmi quando tu ti allenavi così non sarò solo, e poi devi essere in forma, perché se non sbaglio devi battermi.”
“Veramente sei tu a dover battere me...”
“Sottigliezze...”
“E va bene, verrò appena finito.”
Ti lascio mal volentieri, però devo ammettere che hai ragione, maledettamente ragione, e quando incontro Mito, e la tua banda di amici, sono meno preoccupato, almeno non sarai solo.
Non ricordavo quanto mi piacesse giocare a basket, e devo ammettere che Ren non se la cava poi tanto male, certo non ha il mio talento né tanto meno il tuo, ma devo ammetterlo non se la cava  male.
……………
 
Non ci credo, finalmente sto per uscire da questa prigione, certo devo tornare per i controlli, e mi hanno riempito di talmente tante pillole che per un po’ mi renderanno debole, tradotto ancora niente basket...uffi uffi e ancora uffi, ma sti dottori ce l’hanno con me, io voglio giocare! Credo che mi piaccia, anzi sono sicuro di adorarlo questo sport, non mi ricordo granché, ma poco alla volta mi sembra di riconoscere la voce dei miei compagni, solo che non so se me li ricordo, o solo mi stanno diventando familiari. Eppure gli incubi che ho ogni notte sono così reali, una macchina incendiata, un uomo accasciato al suolo, qualcuno che mi picchia, continuamente, e quell’odore di alcool...lo odio, non so se sono davvero ricordi, ma ho la certezza di odiare quell’odore, non ho detto nulla hai medici di questi incubi, altrimenti deciderebbero di tenermi ancora sotto osservazione, e io voglio, devo uscire, ho bisogno dell’aria fresca, del sole, del contatto con la vita, e magari anche un contatto con la kitsune non mi dispiacerebbe...
A proposito, ora che ha ricominciato a giocare a basket mi sembra più, come dire, più vivo, e felice, anche a lui stare sempre qui rinchiuso gli faceva male. Eppure egoisticamente parlando, sono contento che abbia preferito me al basket. Da quando sono qui, in tutta questa confusione una sola cosa mi è chiara, amo Kaede. Non so perché ma ho la sensazione che anche prima lo sapessi, essere gay, non mi ha scosso neanche un po’, quindi credo che l’avessi già accettato. Tanto meglio, con tutti i problemi che ho preoccuparmi anche per i miei gusti sessuali sarebbe un tantino esagerato. Mi viene un po’ da ridere, insomma faccio ancora fatica a ricordarmi il mio nome, ma ho la certezza assoluta di essere innamorato perso di un ragazzo, e che ragazzo mi verrebbe da dire...
Il ragazzo in questione è venuto a prendermi, con... Mito, e... Ren, sì Ren, certo che è davvero impossibile ricordarmi tutti sti nomi, ma quanta gente conoscevo? Abbiamo girovagato un po’, sotto mia esplicita richiesta, quelli avevano intenzione di rinchiudermi subito in casa, e che diavolo sono appena uscito, mi sono appena messo in piedi dopo quasi più di un mese che stavo sdraiato, o nella migliore ipotesi seduto in un maledettissimo letto di ospedale, e questi mi vogliono richiudere davvero in quattro mura. No non ci penso proprio, non è che ho paura di entrare in casa mia, e solo che... insomma... va beh sono un tantino spaventato, ma niente di grave, comunque oramai si è fatto tardi ed è ora di andare a casa. La mia kitsune mi ha chiesto se per caso avessi preferito stare da lui, ma io preferisco di no, devo affrontare questa paura, tanto prima o poi dovrò farlo comunque quindi meglio subito. Lui lo ha capito, e lo amo anche per questo, ci capiamo senza parlare. Cioè, che sia chiaro, l’idea di passare la notte con Kaede... mi ha fatto venire i brividi lungo la spina dorsale per poi portare il sangue prima sulle mie guance e poi... come dire...più in basso... ma devo riuscire ad affrontare prima il mio passato per poter avere un futuro sereno con lui.
……………
 
E così le giornate trascorrono velocemente, tu hai iniziato la riabilitazione, la cosa assurda è che quell’incidente ha velocizzato la tua ripresa, stando fermo per quindici giorni hai permesso alla schiena di rimettersi in sesto, se questa non è fortuna. Stai per tornare a casa, a scuola, stai ricominciando la tua vita, e hai paura, una fottutissima paura te lo leggo negli occhi, e come non capirti, il problema è che non so cosa fare per aiutarti.
Io Ren, e Mito ti accompagniamo nella tua vecchia casa, sia Ren che Mito ti hanno chiesto se vuoi andare stare a casa loro per un po’, ho provato anche io a chiedertelo ma tu sei orgoglioso, e non dimostreresti mai di aver bisogno di qualcuno, io rispetto la tua decisione, anche se so già che passerò tutta la notte a pensarti.
……………
 
Ho appena chiuso la porta dietro di me, ascolto i passi dei miei amici, strana questa parola visto e considerato che a fatica ricordo i loro nomi, allontanarsi, e strano, so che Kaede è ancora dietro alla porta, mi sta dando la possibilità di cambiare idea e passare la notte da lui. Devo resistere, devo reagire, devo farlo anche per lui. Anche i suoi passi si allontanano ora sono solo. Mi guardo in giro, un divano riempie quasi la stanza tanto è piccola, davanti ad esso una televisione appoggiata su una cassa di legno di quelle che si usano al porto per scaricare le merci, avanzo in quella che dovrebbe essere la mia casa, e trovo un’altra stanza, ancora più piccola della precedente, adibita a cucina, poco più in là c’è un bagno con una doccia, e basta, probabilmente devo dormire sul divano. Questa non sembra una casa, assomiglia molto si più ad una tana di un animale ferito. Mi butto sul divano, e finalmente ho il coraggio di aprire quello zaino, lo avevo con me in ospedale, ma non l’ho mai aperto, lo squadro ancora un po’, e poi mi decido, all’interno trovo dei vestiti, qualche cd, masterizzato, un quaderno e una foto in una cornice di legno, ritrae una famiglia, la mia famiglia. Appendo la foto vicino al divano da dove spunta un piccolo chiodo e guardo un po’ i cd, X Japan, Glay, Miavi... d’accordo è inutile, o li metto su, o non potrò mai ricordarmi come sono, quindi mi guardo intorno, dopotutto se ho dei cd da qualche parte deve esserci qualcosa con cui ascoltarli, vedo delle casse di un computer, ma di quest’ultimo neanche l’ombra, controllo un’altra volta nello zaino e trovo un vecchio lettore cd portatile e lo attacco alle casse l’accendo e una musica dolce e forte allo stesso tempo mi avvolge, mi sento molto meglio, mi guardo un altro po’ in giro e noto il quaderno. Solo dopo averlo preso in mano mi accorgo che in realtà sono tre piccoli quaderni attaccati tra loro con dello scotch. Mi sistemo comodamente sul divano e lo apro, è una specie di diario, il mio, le prime pagine sono piene di frasi scritte con odio, paura, l’inchiostro nero copre quasi tutte le pagine con disegni, parole, frasi e alcune pagine sono schizzate da qualcosa, che assomiglia pericolosamente al sangue...
 
Sono solo, mi hai lasciato, ho solo tredici anni e nessuno se ne accorge, passo le mie giornate in strada dei ragazzi più grandi mi hanno fatto assaggiare della birra oggi, è buona, e per un po’ non sentivo le tue grida di aiuto, mi hanno detto che se faccio una cosa per loro domani me ne danno ancora, è una cosa stupida, devo solo rubare delle bustine piene di caramelle a dei tizi e darle a loro, mi hanno anche promesso che mi daranno un po’ di quelle caramelle se non mi faccio scoprire, hanno detto che è solo uno scherzo... stronzate quelle non sono caramelle ma pasticche di ecstasy o di qualche altra droga, e scommetto che quelli a cui devo rubarle mi massacreranno se mi beccano, ma non mi importa...
 
Quei ragazzi sono di parola dopotutto, mi hanno davvero dato altra birra, e anche un po’ di quelle “caramelle” stavano anche fumando qualcosa, il capo mi ha preso in simpatia, dice che sono sempre pieno di lividi come conviene ad un vero teppista, sa perfettamente chi me li ha fatti, anche lui è stato da quel bastardo per un po’…
Ho provato a fumare, è buono l’odore dell’erba bruciata, quei ragazzi sono stati ingabbiati, io sono salvo solo perché sono stato più veloce...
 
LO ODIO LO ODIO LO ODIO LO ODIO LO ODIO UCCIDIMI UCCIDIMI UCCIDIMI ti diverti troppo con me vero? Ti piace picchiarmi, vedere il mio sangue che si mischia al tuo sudore, mi picchi abbastanza per farmi male ma mai abbastanza per uccidermi, sei solo uno stronzo, ma non sai contro chi ti sei messo, se solo avessi una ragione per vivere, se solo nella mia testa non ci fosse quella richiesta di aiuto che non smette giorno e notte di tormentarmi...
 
Cosa devo fare, perché nessuno mi aiuta, non mi merito niente vero? Neanche di morire, visto che sono un codardo e non ho la forza per farlo da solo...
 
Le mie richieste sono state ascoltate, da un ragazzo strano con la cresta nera, che per difendermi stava quasi per rimetterci l’occhio, ho deciso me ne vado ora ho un posto dove andare, una persona che vuole essere mia amica, Ren.

 
Scorro le altre pagine, la scrittura man mano migliora diventa quasi ordinata. La mia vita mi scorre davanti, questa è la prova che sono davvero un genio, tenere questo diario mi permette di conoscere la mia via attraverso i miei ricordi e le mie sensazioni, non quelle di qualcun altro. È un po’ come riviverle, una frase detta da Kaede uno dei primi giorni dopo il mio risveglio rimbomba nella mia testa “non devi avere paura, anche se non riuscirai a riprenderti i tuoi ricordi, insieme ne costruiremo nuovi.” Ma la voce che me lo dice non è quella di Kaede, ma di qualcun altro, un uomo più grande...è meglio che smetta di rimuginarci su, è quasi l’una e mezza è domani devo tornare a scuola, appoggio il quaderno per terra, spengo la luce, la musica non l’ho spenta, ho solo abbassato il volume, non riuscirei mai a dormire se dovessi rimanere avvolto dal silenzio, mi avvolgo in una coperta trovata sul divano e spero di riuscire a dormire, almeno un po’…
La luce filtra debole dalle tende non ho chiuso occhio, mi preparo apro la porta e me lo trovo davanti... Kaede...
……………
È mattina e sono già fuori dalla tua porta ad aspettarti, ho passato la notte in bianco, e quindi alle prime luci sono uscito e sono venuto a prenderti, da oggi ti vedrò di nuovo a scuola. Tutta la scuola sa cosa ti è successo, spero solo che non te lo facciano pesare, mentre penso alla giornata che ci aspetta, vedo aprire la tua porta.
“Buongiorno Hanamichi, pronto per tornare a scuola?”
“Insomma...”
“Vedrai che andrà tutto bene, e in ogni modo per quanto riguarda le lezioni non avrai problemi.”
“ Del resto i prof sanno quello che mi è successo...”
“Non solo, anche perché non hai mai saputo molto sulle lezioni...”
“Spiritoso, davvero spiritoso...”
“Bene, andiamo?”
“Ok, sono pronto, almeno credo...”
Ti ho lasciato davanti alla tua classe, Ren e Mito mi hanno fatto capire che avrebbero pensato loro a te, ma io non ho potuto far altro che sentirmi agitato. Quando ho visto i nei tuoi occhi confusione e paura avrei voluto portarti via, e l’avrei fatto volentieri, ma so che tu hai bisogno di vincere questa sfida per tornare a vivere.
……………
Arrivati a scuola non riesco a riconoscere niente anche se ci sto provando disperatamente. La mia adorabile kitsune ha perso il suo sorriso nel momento in cui abbiamo incrociato delle nostre compagne. In realtà anche io ho perso la voglia di sorridere, quelle se lo stavano spogliando con gli occhi, e credo che solo lo sguardo glaciale di Kaede le abbia fatto desistere dal tentare di parlargli, in compenso hanno continuato a sbavare, che schifo, mi sa che domani è meglio se mi porto un canotto...
Lo saluto appena scorgo Mito in un’aula, mi hanno detto che sono in classe con lui, una vera fortuna almeno so con cui parlare, vedo gli sguardi degli altri miei compagni, qualcuno ha il coraggio di salutarmi, i più si tengono a debita distanza. Entra il professore che mi saluta presentandosi come se fosse stato il primo giorno di scuola. Che palle 2 ore con sta specie di pinguino imbalsamato, che in più insegna matematica, come primo giorno si può dire che inizio veramente bene, speriamo di non addormentarmi.
 
Passa una buona mezz’ora, fin’ora ha sbagliato almeno tre regole, ho evitato di farglielo notare, ma alla prossima glielo dico e che cavolo, la gente viene ad imparare in sti posti. Ammetto che io con la memoria ultimamente faccio un po’ schifo, ma gli errori che fa questo tipo sono davvero elementari, non serve mica aver studiato per capirlo. All’improvviso i miei pensieri vengono disturbati dalla voce del professore, la cui cadenza sempre uguale che mi stava facendo seriamente addormentare, cambia improvvisamente, si sta rivolgendo a un compagno che come più della metà di noi stava pensando allegramente hai fatti suoi. “Allora Hideaki, vuoi rispondermi o no... che cosa rappresenta  e come si calcola il segmento AB... non dirmi che non hai studiato, sai almeno se ho spiegato o no questa regola? Scommetto di no, visto che passi le mie lezioni a pensare ai danni da fare durante le altre vero?”
Che palle, ma lo vuole lasciare in pace?
”Ti potrei mandare dal preside, ma se lo facessi quest’anno rischieresti molto sbaglio forse? Quindi ti darò una possibilità se uno dei tuoi compagni conosce la risposta per sta volta lascerò correre, dunque qualcuno crede di poter aiutare il povero Hideaki?”
Ma da uno a dieci quanto è stronzo sto tipo, che sia chiaro, non è che mi importa granché di Hideaki ma il caro professore ha bisogno di una bella lezione, e visto che nessuno si fa avanti...
“La lunghezza del segmento AB rappresenta la corda dell’angolo x , per calcolane la lunghezza bisogna sapere che AH rappresenta il seno dell’angolo x/2 quindi, la corda x=2sen x/2…”
Credo di aver fatto qualcosa di sbagliato sicuramente la regola è giusta, ma allora perché si sono tutti zittiti e mi fissano al quanto sconcertati...
 
……………
 
I ragazzi mi hanno detto di quello che è successo in classe, hai risposto in perfettamente ad una domanda di trigonometria, e già il fatto che hai risposto correttamente potrebbe essere definito come un miracolo, la cosa straordinaria è che in prima non si studia trigonometria, il prof aveva fatto quella domanda solo per mettere in difficoltà un tuo compagno, sta a vedere che sei davvero un genio...
……………
Durante la pausa pranzo incontro la mia kitsune in terrazza.
“Questo posto mi è familiare,tu sai perché kitsune?”
“Non so se è per questo, ma noi ci siamo incontrati qui...”
“Ah già la testata... devo averti fatto male...”
“Tu ti ricordi...”
“No, l’ho letto... su questo... ”dico porgendoti i quaderni. Ti sto donando la mia vita, almeno gli ultimi tre anni di vita.
“Posso davvero prenderli?”
“Voglio che tu sappia tutto di me, anche quello che non ti ho detto, e che ora non ricordo neanche.”in realtà se li leggerà si renderà conto che l’ultimo dei quaderni è scritto interamente su di lui. Facevo finta di andare dietro ad Haruko, in modo di avere una buona scusa per toccare Rukawa, geniale non c’è che dire...
Finisce la pausa e ci mettiamo d’accordo per vederci in palestra, mi accompagnerà Ren che oramai fa parte della squadra, non vedo l’ora di poter tornare in quel posto, non ho avuto ancora occasione di entrarci, non mi ricordo neanche com’è ma mi manca.
Appena spalanco la porta della palestra tutti si voltano, hanno promesso che non mi avrebbero fatto più pressioni per cercare di farmi ricordare di loro, ma mi basta guardarli negli occhi per capire che vorrebbero che mi ricordassi di loro. Soprattutto lui, sembra così freddo con gli altri, ma a me regala solo sorrisi, come quello che timidamente mi rivolge, probabilmente lui non immagina neanche quanto io voglia disperatamente ricordarmi di tutti i momenti che ho passato con lui.
“Oh oh oh, ciao Sakuragi, ben tornato” si avvicina l’allenatore, Anzai, che mi ricorda terribilmente babbo natale...
“Buon giorno Anzai san...”
Cosa ho detto adesso di sbagliato? Bah facciamo finta di niente và...
 
 ……………
 
Iniziano gli allenamenti, ci siamo tutti, finalmente anche tu, ovviamente per un po’ potrai  guardare solamente, ma l’averti ancora qui rende tutto migliore. Mi sembra che ti stia cominciando ad ambientare, oramai sai perfettamente chi siamo, ci hai messo nei tuoi nuovi ricordi, abbiamo ricominciato a far parte della tua vita. Prima di cominciare l’allenamento, ti ho sorriso, e sulle tue labbra e sui tuoi occhi, mi è sembrato di scorgere quel sorriso, quello vero, che regalavi solo a me, devo smetterla di pensare al passato, tu ora sei qui, e conosci solo il presente.
……………
Guardo i miei compagni giocare, e all’improvviso altre immagini si sovrappongono, pezzi di partite, i momenti negli spogliatoi, prima, e dopo la partita, la gioia, il fatto di sentirci  squadra e forse qualcosa di più. Il rimbalzare ritmico della palla sul parquet, le scarpe che stridono mentre si cambia improvvisamente direzione, o andatura, il suono che la palla provoca quando entra nel canestro, come due amanti che finalmente si sono incontrati... tutto mi ricorda qualcosa, una sensazione di calore mi invade e all’improvviso capii, era in quel posto, più di qualsiasi altro, che mi sentivo a casa. Sì, mi sembrava di essere tornato a casa.
Gli allenamenti sono terminati, quelli che a me erano sembrati solo pochi minuti sono stati in realtà tre ore abbondanti, voglio farvi capire che ho ricordato, ma non so come, poi mi viene un’idea... in fondo sono rimasti tutti quelli a cui voglio dirlo, quindi quale momento migliore...
Prendo una palla e inizio a palleggiare dando le spalle a tutti. Inizio a correre verso il canestro, spicco un salto e faccio il miglior slam dunk della storia...mi sembra di volare mentre salto, sento il cuore battermi forte, che sensazione magnifica...
Aspetto un po’ prima di voltarmi, e poi con uno dei miei soliti sorrisi da idiota ben stampato sulla faccia…
“Ragazzi il genio è tornato...”
Vedo tutti guardarmi stupiti, ma è Kaede che mi interessa, lo guardo e intuisco che ha capito tutto, visto che il suo viso è raggiante, avanza prima camminando, poi correndo verso di me, mi abbraccia, devo diglielo, ora…
“...anch’io”
“…cosa?”
“ È quello che volevo dirti dopo l’incidente...”
“………”
“Baka kitsune, anch’io ti amo...”
Non riesci a rispondermi perché i nostri compagni ci sono saltati addosso, ma vedo i tuoi occhi felici come mai prima d’ora, quindi posso stare tranquillo. Anche io in fondo sto capendo che cosa è la felicità, è un posto da chiamare casa, delle persone che formino una famiglia, e ora io la possedevo, ero a casa, con la mia nuova famiglia, un po’  strana, un po’ sgangherata, ma mia.
……………
Siamo rimasti in pochi in palestra dopo gli allenamenti, stiamo parlando della partita contro il Sannoh tu sei rimasto in silenzio ad ascoltarci, quando all’improvviso ti alzi, prendi un pallone tra le mani e inizi a palleggiare, prima lentamente poi sempre più velocemente fino a quando cominci a correre verso al canestro che abbiamo di fronte, spicchi un salto dalla linea dei tiri liberi e fai uno slam dunk perfetto aspetti un po’ una nostra reazione poi ti volti con uno dei tuoi sorrisi da idiota e ci dici:
“Ragazzi, il genio è tornato”
Capisco tutto, tu hai riacquistato almeno una parte dei tuoi ricordi corro verso di te e ti salto al collo, tu ricambi il mio abbraccio e mi dici all’orecchio:
“Anch’io...”
Io ti guardo perplesso cercando di afferrare quello che vuoi dirmi
“ È quello che volevo dirti dopo l’incidente...”
Non riesco a comprendere cosa stai cercando di farmi capire e tu esasperato mi dici:
“Baka kitsune, anch’io ti amo...”
Non riesco a credere a quello che ho sentito, Hanamichi mi ama, non riesco a risponderti perché i nostri compagni ci sono saltati addosso ti abbracciano quasi strozzandoti, tu sorridi stai sorridendo di nuovo, e io sono felice, ora, in questa palestra, con i miei amici e con te sono immensamente felice. Ora so cosa vuol dire avere un posto da chiamare casa.



Note:  Eccoci alla fine, spero che la storia vi sia piaciuta. Volevo ricordarvi che non ho nessuna nozione di medicina, quindi ci sono ottime possibilità che quello che ho scritto per quanto riguarda la ripresa di Hana siano solo castronerie. Ma voi datemele per buone. Ringrazio Pandora86 che ha recensito la prima parte, Rebychan che ha recensito Tomodachi (scusa ma quando ho inviato la prima parte non l’avevo ancora letta) e tutti quelli che hanno letto le mie storie, nella speranza che almeno un po’ vi abbiano fatto sorridere, con me il lieto fine è assicurato ^_________^. Alla prossima!
  
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