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Autore: Ephi    21/09/2013    3 recensioni
[Storia sospesa causa mancanza ispirazione.. AAAAH. Sigh.]
Ovvero: Come Annientare le Lagne degli Dei.

No no, non si può non tener conto di questa cosa. Com'è possibile che gli dei ne abbiano sempre una? E noi mezzosangue, scusate? Cioè.. rendiamoci conto! Imprese di qua, imprese di là.
E, infatti, una è toccata a me, che è già tanto se riesco a leggere un testo senza imprecare contro metà Olimpo. (ops)
Eppure, non riusciamo a dire di no, vero? Tutto purché la finiate di distruggere mezzo pianeta per ogni minima cosa che non vi sta bene. (sì, signor "zap-ti-fulmino", parlo principalmente a te!)
Genere: Comico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 3.
CAPITOLO 3.







Cantami, o Diva del Pelide Achille
l'ira funesta che infiniti addusse
lutti agli Achei, molte anzitempo all'Orco
generose travolse alme d'eroi..

STOP.
No, no. Nessun proemio omerico, non per la figura che avrei fatto quella sera.
Dopo colazione un figlio di Atena mi aveva raggiunto fuori dal refettorio, fin troppo incuriosito. Si chiamava Ruth, aveva i capelli nerissimi e gli occhi grigi, un bel paio di occhiali rayban poggiati sulla testa e un sorriso smagliante. - Hai chiesto di incontrare uno di noi, vero? -
- Effettivamente no -
- Shila mi aveva detto di sì -
- Allora..sì -
- Bene -
Parlammo un'ora buona, seduti sugli scalini della casa di Atena. Tentò di spiegarmi il meglio possibile l'importanza di avere un'arma propria e quello che Atena definisce "strategia".
- Significa sapersi muovere nel mezzo del campo di battaglia come se fossi sempre stato lì in mezzo. Come se la battaglia fosse un bel pic nic -
- Siete troppo positivi. Una battaglia potrebbe sembrare di tutto, ma non l'avrei mai paragonata ad un giardino felice colmo di tramezzini -
Ruth scoppiò a ridere, poi si bloccò all'improvviso, osservando il mio polso. - E quello cos'è? -
- Un bracciale -
- Dove lo hai preso? -
- Non mi crederesti, me lo ha.. -
- Mi pare di averlo già visto.. - mi bloccò, lo sguardo come se il suo cervello stesse lavorando alla velocità della luce. - Senti, ti vengo a cercare dopo, devo fare una mini ricerca - aggiunse in fretta.
E sparì, dileguandosi all'interno (gli occhi della civetta, a quel punto, mi ficero intuire fosse meglio sloggiare).
Passai il resto della mattina ad allenarmi con Luke e mi aveva distratto non poco. Mi aveva quasi, potrei dire, convinta del fatto che avrei migliorato davvero e sarei diventata un'ottima spadaccina. Almeno fino a che non mi ero ritrovata sola nell'armeria.
- PERCHE'? PERCHE' DEVO ESSERE FIGLIA DI UN DIO?! - continuavo a urlare, demolendo la fronte contro il muro.
Insomma, comprendetemi. Non avevo niente di divina importanza. Niente che potesse rendersi utile, durante la caccia alla bandiera. Per di più, le spade mi facevano schifo, ma a Luke non riuscivo a dirlo. Guardarlo contento e convinto di poter cavare qualcosa di buono in me, mi bloccava.
Al diciottesimo bocciare tra la mia testa e il muro mi fermai, sedendomi a terra. Il braccialetto privo di qualsiasi segno familiare o messaggio promozionale rifletteva la mia immagine: tutto quello che vedevo erano un ammasso di capelli neri, gonfi, sparsi qua e là. Due occhi nocciola - i soliti miei occhi nocciola - quelli di una ragazzetta come un'altra, di quelle che incroci alle fermate dell'autobus con l'iPod alle orecchie e la testa chissà dove, persa nella musica a palla.
La musica, dannazione. Mi mancava da morire. A volte avevo l'impressione di avvertire un vuoto nel petto, specie quando mi sentivo sola o avevo bisogno di ratagliarmi una fetta di mondo. Chissà se avrei potuto avere un iPod..
Uscii dall'armeria che era ora di pranzo. Corsi alla cabina di Ermes e mi cambiai in fretta, senza dare troppo nell'occhio. Travis mi lanciò uno sguardo incuriosito (penso fosse per il fatto che stessi zitta per più di tre minuti) e gli sorrisi di rimando, tentando di sembrare il più naturale possibile.
Mi affiancò senza dire una parola, quando vide che ero pronta, poi non ce la fece più. - Stai.. bene? - chiese, cercando di non tentennare.
- Benissimo - risposi, afferrando i capelli a caso e legandoli in una coda stretta.
- Senti, volevo dirti che.. Si ecco.. Mi dispiace non averti detto niente, della Caccia alla Bandiera - disse, con un tono che non avevo gli mai sentito usare.
Quando incrociai i suoi occhi blu capii che fosse veramente veramente preoccupato. E la cosa, ammetto, mi lusingò non poco.
Presi un bel respiro e gli sorrisi di nuovo, stavolta più convinta. - Sta tranquillo, Travis, è tutto apposto. E poi ci sarai tu a coprirmi le spalle, no? -
Lui sobbalzò appena, poi annuì convinto. - Ci mancherebbe, non ti lascerò di certo in balia dei cinghiali! - (alias, figli di Ares)
Scoppiai a ridere, spingendolo piano oltre la soglia delle camere. Lo trascinai fuori, dove Shila stava poggiata contro il pilastro. Ci salutò con un mezzo sorriso dei suoi e si diresse con noi fino al refettorio.
Come al solito, i tavoli erano in subbiglio. Dioniso sedeva al tavolo principale, senza curarsi della presenza di nessuno, se non del tavolo dei suoi figli. Vi era solo qualcosa di insolito: Chirone sedeva accanto a lui e, al suo fianco, Tritone era riapparso.
Non capii se mi avesse notata o meno, ma continuai a guardarlo, tentando di leggere il labbiale. Captai ben poco, dato il chiasso dei miei compagni di tavolo e della premura di Travis a riempirmi il piatto di qualsiasi cosa gli passasse davanti.
- Ehi, stai bene? - mi domandò Brandon, sedendosi di fronte a me. Lo fissai un momento, poi annuii. Lui sorrise, poi aspettò che Travis si fosse distratto e si chinò in avanti. - Devo chiederti una cosa - cominciò, quasi sibilando.
- Certo - gli dissi - Dimmi..pure -
Brandon prese un bel respiro. - Conosci Shila, vero? -
- Sì, perché? -
- Sai per caso se.. Ha qualcuno che.. Hai capito - buttò fuori in fretta, gesticolando con una mano.
- Ho capito..? -
- Non hai capito? -
- Non ho capito..cosa? -
- Quello che volevo dire -
- Cosa volevi dire? -
Il figlio di Ermes mi fissò preoccupato, poi alzò appena le sopracciglia. Okay, non ero di sicuro figlia di Afrodite.
- Ah, no, no - scossi in fretta la testa - Non ha nessuno.. Ho capito, adesso -
Lui sorrise fin troppo compiaciuto, ma non aggiunse altro.


Kevin sembrava non esistesse. Era completamente sparito dalla circolazione: nessun biglietto ("..auto sparita, potevate morire, potevate essere visti!" Ah, quanto mi piaceva Molly Weasley..  Harry Potter, presente?), nessun messaggio, nemmeno un segnale dal cielo. Mi aspettavo di tutto, ne ero sinceramente pronta, ma lui non aveva ritenuto importante rendermi partecipe della sua vita.
Vagai per il bosco circostante le capanne, fin giù al laghetto delle canoe, perfino i campi di fragole, ma nessuno dei satiri aveva idea di dove fosse il mio amico. Per la prima volta dopo giorni in cui cospiravo alle sue spalle, mi resi conto di quanto Kevin mi mancasse.
Un amico come lui non lo avrei rimpiazzato con nessuno.
Persa nei miei pensieri, mi ritrovai al tiro con l'arco. Non c'era nessuno, a parte un ragazzo biondo due spanne più alto di me, con un'aria vagamente familiare. Eppure ero sicura di non conoscerlo affatto..
Intercettò i miei passi e alzò il viso dalla sua sacca di cuoio, fissandomi. Lo fissai anche io.
- Beh? -
- Eh? - riuscii a dire. Aveva davvero un'aria familiare..
- Che fai, tiri o no? -
- No, direi proprio di no -
- E allora per quale motivo sei qui? - Domanda lecita.
- Non lo so, sinceramente - Grande risposta.
Mi squadrò incerto, alzandosi in piedi. Intascò un piccolo oggetto metallico color oro e poggiò la tracolla sulla spalla. - Non puoi ignorare i bersagli, comunque - continuò, come se nulla fosse. Si allontanò verso quelli più distanti, tirando via alcune frecce, dorate anch'esse. Lo aspettai, immobile.
- Vuoi tirare? - chiese al ritorno, impalandosi davanti a me.
- Io..ti ho già visto - decretai, ignorando la domanda.
- Probabile. Sai, il Campo Mezzosangue.. Ci vivi anche tu.. - disse, trattenendo una risata.
- No, no, sto dicendo - scossi in fretta la testa - Fuori da qui -
Il ragazzo aggròttò di nuovo la fronte, facendomi balenare in testa di nuovo un'immagine sfocata di qualcuno che gli somigliava fin troppo. Non riuscivo a capire perché, ma ero pronta ad ammettere che mancasse soltanto un passo alla risposta. Lui continuò a fissarmi, poi notò il bracciale al mio polso e rilassò il viso, sorridendomi. Mi porse l'arco che aveva in mano e una freccia, attendendo.
- Vuoi che tiri? - chiesi. Lui annuì, incrociando le braccia e facendo qualche passo indietro. Alzai le spalle e incoccai la freccia, tendendo l'arco.
- Ah-ah, ti piacerebbe -
- Che cosa..? - non ebbi nemmeno il tempo di finire la frase che il biondo mi aveva fatto virare di 45°. Assottigliai gli occhi. - No - decretai - Sarà almeno a un raggio di cento metri! -
- Centosessantasette, per la precisione - mi corresse - Chirone ha sbagliato di due centimetri. Capita -
- Non ce la farò mai, potrei beccare quel gruppetto di figli di Atena e sicuramente non sarebbe piacevole - conclusi, riporgendogli l'arco.
- Non cercare scuse, tira - mi rimproverò. Okay, cominciava a sembrare mia madre.
Respirai a fondo, rilassando i muscoli. Riappoggiai la freccia sulla corda e  chiusi un occhio, calibrando la traettoria. Per un momento fu come camminare verso il bersaglio (o magari il contrario). Riuscivo a sentire chiaramente la brezza e vedere ogni possibilità di cambiamento. Sapevo per certo che avrei dovuto aspettare quella corrente d'aria passasse o si abbassasse, per centrare il punto rosso, così vicino da poterlo quasi sfiorare.
Sentivo le dita prudere, ma non ancora a sufficienza, nemmeno quando il vento cessò. Avvertii alla mia sinistra che anche lui aveva la mia stessa consapevolezza che quello fosse il momento giusto. Scoccai.
Veloce come la luce, la freccia si conficcò nel bersaglio.
Abbassai le braccia e seguii di corsa il ragazzo (detto Biondo) che era già partito a tutta birra. Quando arrivai dietro di lui, fissai l'opera incredula.
- Fantastico - commentò, distruggendo il mio centro perfetto (infondo, era sua..). Si rigirò la freccia tra le dita prima di sorridermi - Beh, allora ci vedremo presto -
- Che vuoi dire? -
Non ottenni risposta, mentre si allontanava intonando Welcome To The Jungle.
- ALMENO DIMMI IL TUO NOME! - urlai, seriamente offesa.
- Hector - annunciò, mentre la sua voce si perdeva - E gradirei te lo ricordassi o mi riterreò offeso -
Hector il Biondo che mi ricordava qualcuno di familiare si rigirò e stavolta sparì in mezzo al gruppo di semidei che risaliva l'arena. Mai avrei pensato che lo avrei rivisto più spesso del dovuto.


L'armatura non era male. Mi piacevano le piume azzurre. Mi piaceva fosse leggera. Non mi piaceva il motivo per cui l'avrei usata.
Luke aveva radunato tutti i componenti della Casa di Ermes e stavamo attendendo la chiamata di Chirone. Di fronte alla Casa Grande,  alcuni dei membri di Efesto erano già in posizione, mentre dal lato opposto, la marmaglia di Ares faceva notare la sua presenza, intonando cori poco simpatici. Shila mi lanciò un saluto entusiasta, indicando le piume sul suo elmo: era contenta che fossimo dalla stessa parte.
I figli di Atena stavano cercando di aiutare alcune delle figlie di Afrodite ad allacciare la loro armatura (con risultato qualche stratega imbambolato di fronte a delle ragazzette divertite e in preda a risatine acute isteriche), mentre i figli di Apollo si fermarono accanto al nostro gruppo.
Il capo cabina, un ragazzo con folti capelli scuri e occhi marroni come i miei, diede una pacca sulla spalla a Luke, che si voltò un po' sorpreso. - Lee! - disse poi, illuminandosi - Hai sgunzagliato gli arceri, vedo -
- Oh, sì - confermò lui - Ma ci sarà qualche nuova sorrpesina per i figli di Ares, questa volta. C'è chi ancora ha un debole per il combattimento corpo a corpo, nelle nostre file -
I due ragazzi risero, cominciando poi a parlottare tra di loro, quando Beckendorf li raggiunse. Scorsi con gli occhi tutti i componenti della nostra squadra e, a differenza della rossa, avvertii una certa unità ed equilibrio.
I figli di Efesto stavano controllando le spade ai figli di Ermes (tutte in perfetto stato, erano già passati prima di cena, ma non avevano resistito ad ultimo controllino). I figli del dio del sole, stavano decidendo come disporsi, mentre altri davano l'ennesima occhiata agli archi dei fratelli più piccoli. Li invidiai a morte.
- Bene bene bene.. - disse una voce alle mie spalle.
Quando mi voltai, Hector mi guardava dall'alto, un sorriso strambo e l'elmo con piumaggio azzurro sottobraccio.
- Vedo che siamo nella stessa squadra. Mi sarebbe dispiaciuto cercare di farti fuori - aggiunse, seriamente sentito.
Quanto mi stava simpatico.
- Già, quindi.. Ehm.. Se non ti dispiace, mira a quelli rossi.. - dissi in fretta, sforzandomi di sorridere.
- E' quello che faccio più volentieri, ho un conto in sospeso coi fantasmagorici bulli - continuò, facendo un cenno col capo ai figli di Ares.
Clarisse stava facendo un gran baccano, imponendo alle sue reclute più giovani di non fiatare, non respirare, non dire nemmeno una vocale, quando lei parlava. La sua lancia elettrica emanava scintille gialle, ogni volta che la sbatteva al suolo.
- Nah, Clarisse è innoqua - disse Hector di punto in bianco, come se avesse letto nella mia mente il mio ultimo pensiero (ovvero: gira a largo dallo stecchino con le scintille).
- Innoqua? Lì dentro nessuno mi sembra adatto all'aggettivo innoquo - dissi.
Hector dovette cogliere la mia vena ironica, perché accennò una risata, poi scosse la testa. - No, quelli sanno fare solo un gran casino. Ma c'è qualcuno lì in mezzo con cui spero tu non debba incrociare la tua lama.. -
- Chi? -
- Non la vedrai qui, poco ma sicuro. Lei la incroci solo sul campo di battaglia -
Notai un nuovo sorrisetto strano, ma non dissi nulla.
- Beh, ti saluto, devo aiutare Lee a far mantenere la calma ai più piccoli - decretò - Vedi di restare tutta intera - aggiunse con un tono leggermento più basso.
Gli feci un cenno col capo, mentre si allontanava. Lo vidi aiutare una delle sue sorelle a sistemare la faretra, poi un altro e infine testare la corda dell'arco della prima, quando Luke mi occupò la visuale.
E così Hector era figlio di Apollo. Insomma, avrei dovuto capirlo dalla simpatia pungente fin troppo simile alla mia. O dal fatto che avesse una certa abilità nel tiro. O dal fatto che, a guardarlo, non avrei potuto piazzarlo da nessun altra parte.
Chirone ruppe il flusso dei miei pensieri, trottando di fronte a noi. - Eroi! - cominciò, rimbombando - Giovani semidei! E' con immenso piacere per me annunciare questa nuova Caccia alla Bandiera! -
Molti cori di approvazione si levarono dalle fila di Ares. Per la prima volta dopo giorni avvertii la voce di Dave e cominciai a tremare di rabbia: se ne stava lì, tra Clarisse e un altro dei suoi fratelli, un ghigno maligno in faccia.
- Oggi la Luna splende e illumina la foresta più del dovuto, non è meraviglioso? Ma non perdiamo altro tempo. Avete un massimo di tre ore per cercare di rubare la bandiera alla squadra avversaria! E cercate di non perdere troppi pezzi, stavolta, non è vero, Dioniso? -
Il dio non alzò nemmeno la testa dal suo giornale, mugugnando un 'Mmmmhmh'.
- Che vinca la squadra migliore! Cominciate! -
I ragazzi cominciarono subito a sparpagliarsi, incitandosi a vicenda. Una mano si poggiò leggera sulla mia schiena, costringendomi a seguire il gruppo dei figli di Ermes. Quando mi voltai verso di lei, mi accorsi che era proprio una dei figli del dio dei ladri a starmi vicino.
Aveva folti capelli castani che uscivano dal suo elmo, coprendole le spalle. Notai un sorriso gentile, ma ardito, mentre mi faceva cenno di infilarlo in fretta. - Tranquilla - disse - Non sei sola, siamo una famiglia qui -
- Questo mi tranquillizza - ammisi, infilando l'elmo e afferrando l'elsa della spada.
- Paige, mi chiamo Paige - disse, camminandomi a fianco - Sto un paio di letti più in là del tuo e so che ti chiami Jen, Travis mi ha parlato di te -
- E ti ha detto di farmi da badante -
Paige rise, sfiorandosi la cintura. - Quasi, mi ha detto che è la tua prima Caccia alla Bandiera. Dunque, è normale -
Il forte accento texano della ragazza mi fece pensare ad un ristorantino dove io e mamma andavamo a mangiare quando avevamo voglia di trasferirci culinariamente in Texas (appunto). Guardai in direzione delle sue mani e notai due pistole appese, capendo il perché della bandana appesa al collo: aveva davvero l'aria di uno di quei banditi che vedevo nei film. Se l'avesse alzata sul naso e avesse inforcato un cappello da cowboy, sarebbe stata perfetta.
Hector ci schizzò a fianco, seguito da Lee e Michael, un altro figlio di Apollo. Lo vidi arrampicarsi su un cumulo di massi e coordinarsi con i fratelli per piazzare il primo gruppo di arceri. Beckendorf e due componenti di Efesto, tra cui Shila, partirono in esplorazione, mentre i restanti rimanevano a guardia di quella che doveva essere la nostra bandiera.
Travis e Connor affiancarono l'ultimo gruppo, mentre Luke e Chris seguirono Beckendorf, seguiti da Hector, Michael e un altro della casa di Apollo.
La foresta cominciava a farsi più fitta, mentre ci addentravamo. Avvertivo accanto a noi presenze non molto gentili e fruscii che mi facevano scattare sull'attenti ogni minuto che passava. Una ninfa per poco non mi fece perdere tre anni di vita, facendo spuntare il visetto dal suo tronco.
- Non ti mollo, sta tranquilla - disse Paige a un certo punto. - Seguiamo Luke, di sicuro sarà più divertente che stare qui -
Non chiedetemi perché la seguii.
Paige si muoveva senza fare il minimo rumore. Sembrava accarezzasse l'erba, più che calpestarla. Pensai che essendo figlia del dio dei ladri, avesse una certa specialità nell'intrufolarsi ovunque senza dare minimamente segno della sua presenza. Ci seguirono alcuni dei suoi fratelli, spada sguainata. Feci lo stesso, tentando di non risultare un problema, più che un'alleata.
Fu alla fine del sentiero che notai un piumaggio rosso in lontananza.
- Shh, ehi, fermati! - dissi a Paige.
- Che c'è? -
- Non li vedi? Figli di Atena! -
- Dove.. Oh, cavolo.. - sibilò, gettandosi dietro un cespuglio (che fece Ahia! o almeno credo).
Azzardai più o meno la stessa cosa, prendendo in prestito l'albero di una ninfa. Cercai di sbirciare, mentre avvertivo le loro voci più nitidamente. Vidi Ruth parlare con una delle sue sorelle, prima di partire con un gruppetto di fratelli verso il bosco.
I figli di Atena erano i più problematici della squadra rossa, questo lo sapevano tutti. Era quasi impossibile batterli sul campo, dato che era come se fossero a casa loro o a un picnic, come aveva detto proprio Ruth quella mattina.
Paige attirò la mia attenzione, facendomi notare una cosa che non avevo ancora captato: nascosti nel fogliame, Luke e Beckendorf, seguiti da Chris e altri della nostra squadra, avevano torvato quella poastazione esattamente come noi. Luke alzò gli occhi verso di me e un lampo di consapevolezza gli attraversò il viso.
- Io?! - riuscii a bisbigliare.
- Eh? - chiese Paige.
Luke annuì, come in conferma, mentre Paige già si esaltava, afferrando il pugnale dal suo stivale.
- Non posso, Paige, non posso, diglielo tu! -
- Ehi, Luke sa quello che dice, fidati un po' degli altri -
- Ma.. - tentai di contraddirla, ma sapevo aveva ragione. C'era chi credeva in me nonostante tutto.
Presi un lungo respiro, stringendo di più l'elsa, e guardai Luke, che aspettava soltanto un cenno. Poi, tutto esplose.
Corremmo lungo la picola discesa, attaccando assieme. Un figlio di Atena sguainò la spada più in fretta degli altri, facendo capire ai fratelli che qualcosa non andava.
Beckendorf attaccò quello che sembrava il capo del mini plotone, mentre due dei rossi se la prendevano con Luke. Decisi di aiutarlo, attirando l'attenzione di questi.
- Ah, la nuova arrivata! - disse lui, facendo roteare la sua spada.
- Quella che non scorderai tanto in fretta, bello - confermai, attaccandolo in fretta.
Gli stetti dietro senza problemi, parando i suoi affondi. Cominciai a tenere un certo ritmo (e fu strano più per me che per gli altri, credetemi), fino a che non mi accorsi che le sue mosse stavano diventando fin troppo coordinate. Trovavo una certa fatica a prevederle, ma non mi arresi nemmeno quando un urlo arrivò dalla foresta.
- I figli di Ares, bene! - disse lui, gongolando.
- Ci mancava solo questa! -dissi, sentendomi di nuovo intrattabile come prima. Presi a sfogare la mia rabbia repressa sul poveretto, tanto che cominciò a indietreggiare fin contro un tronco, fissandomi sconcertato.
Quando lo disarmai, non lo degnai nemmeno di uno sguardo. Aspettavo i figli di Ares come se non volessi altro.
Paige e Luke mi arrivarono a fianco, mentre gli altri catturavano e intrappolavano i prigionieri. Sentivo i passi dei nuovi ospiti farsi più vicini e qualcosa in me stava seriamente facendomi perdere il controllo.
- Calmati - sentenziò Luke - Non diventare come loro -
- Voglio farlo a pezzi -
- Ho detto non diventare come loro! -
- Non garantisco niente -
Luke stette per aggiungere qualcosa, ma era troppo tardi. Cinque o sei ragazzi ci arrivarono davanti, fermandosi come una mandria impazzita. Clarisse reggeva la sua lancia, mentre un ragazzo al suo fianco puntava gli occhi verso la sottoscritta.
Era la resa dei conti.
O almeno pensavo lo fosse, quando notai che quel ragazzo non era Dave e che una furia più piccola si fece strada dal gruppetto, con me come unico suo obbiettivo.



La ragazza mirò un fendente diritto sulla mia faccia, che schivai, mentre Luke al mio fianco iniziava un duello con la sorella. Non aveva la stessa stazza robusta e mascolina di Clarisse, era anzi piuttosto bassina e tre volte più agile. Mi ricordava tanto Dave.
Non mi dava nemmeno il tempo di pensare ad una mossa per controbattere. L'unica cosa che potevo fare era difendermi e cercare di mantenere tutti i miei pezzi al loro posto.
La voce di Paige mi arrivò all'orecchio, incitandomi a non mollare. Da Clarisse, invece, si levò una risata di scherno, mentre cercava di stare dietro a Luke. Insomma, la tipa in questione doveva avere non pochi ammiratori tra i suoi fratelli.
- Avanti, combatti come si deve! - mi disse all'improvviso. Aveva una lunga treccia di capelli neri che le usciva dall'elmo.
Quella voce più che darmi forza, mi fece sentire esattamente come quando avevo incrociato la spada con Dave all'arena.
Arrancai, inciampando in qualcosa. Clarisse rise più forte, mentre Luke si voltava verso di me. La ragazza mi guardò, pronta ad attaccare. Strizzai gli occhi.
Al contrario di ciò che mi aspettavo (la mia morte), qualcosa si scontrò con la sua lama. Aprii un occhio e la vidi balzare all'indietro, slegarsi l'elmo e gettarlo a terra, in preda all'ira funesta.
- Russel, stanne fuori! - ringhiò contro alla figura sopra di me.
- Nadja - canzonò Hector - Anche per me è sempre un piacere incontrarti -
La figlia di Ares lo guardò con un lampo assassino negli occhi. Temetti stesse per sputare anche fiamme.
Lui ignorò completamente gli insulti in greco antico che aveva cominciato a gettargli addosso.
- Levati, non devi intrometterti negli affari miei! - sentenziò, riafferrando la sua spada.
- Ti conviene andartene - mi disse lui, continuando a guardare gli spostamenti di Nadja.
- Non ci riesco - confessai.
E in effetti era vero. Il bracciale sul mio polso aveva cominciato a risultare un peso. Letteralmente.
Nadja partì a tutta birra contro di noi prima che lui potesse aggiungere altro. Mi scavalcò con un salto e parò i suoi colpi, facendola indietreggiare per darmi il tempo di rimettermi in piedi.
Li guardai combattere come se non dessero nemmeno tempo al tempo di agire. Nadja si muoveva come se stesse danzando, ma con la precisa finalità di farlo fuori, mentre Hector si limitava semplicemente a tenerla buona.
- Allora, ti vuoi mettere a riparo o no?! - mi urlò infine, abbassandosi appena in tempo di ricevere un colpo in pieno naso.
Mi afferrai il polso, reggendolo come se fosse un sacco, e cominciai a correre dalla parte opposta. Mi pareva di portare un gioiello di piombo.
Tentai di non dare nell'occhio, ma ciò durò poco: la voce di Dave si levò dal nuovo gruppo che stava arrivando.


Attraversai di corsa la radura, continuando a sentire i figli di Ares alle calcagne. Il bracciale al polso si faceva sempre più pesante ed ebbi quasi paura di non riuscire a raggiungere una buona velocità (diamine, papà, che razza di regalo è? Un braccialetto per fare i pesi?!).
Non riuscivo a capire dove stessi esattamente andando, ma non mi importava: dovevo togliere quell'affare.
Cominciò ad annebbiarmi la vista, quando cercai di farlo girare. Niente. Mi stava togliendo il respiro. Immaginai di vedere la mia mano sparire nelle viscere della terra, risucchiata.
Qualcosa nella mia testa mi fece cominciare ad invocare tutti gli dei. Non era possibile. Non così. Volevo contare qualcosa anche io, volevo fare anche io la differenza e ripagare tutti quelli che avevano creduto in me.
Strinsi gli occhi, avvertendo le voci dei ragazzi alle mie spalle come lontane mille miglia.
Una luce, abbagliante, illuminò lo sprazzo verde a giorno. I passi dei nuovi arrivati si inchiodarono al suolo. Sentii un calore crescermi in pieno petto e il bracciale scattò, roteando di 180°: un arco dorato era ora tra le mie mani.
Sulla sua curva perfetta brillava in, caratteri greci, la scritta
λαμπρός, splendente.
- Che diavolo..? - sussurrò Dave, cercando di vedere attraverso quella luce, il viso riparato da un braccio.
Quando mi alzai ebbi una visuale completamente diversa di tutto, come se la luce del sole sopra la mia testa avesse cambiato e perfezionato i pigmenti dei colori di ogni cosa. Tesi l'arco e una freccia di luce apparì da sé. Sapevo esattamente cosa fare.
Mirai ai figli di Ares appena in tempo per sentire grida di giubilio provenire dalla foresta. Scoccai una freccia dopo l'altra senza aver bisogno di alcuna faretra.
Quando i miei compagni si ritorvarono dietro di me, Luke per poco non fece cadere la bandiera scarlatta, fissando prima i figli di Ares conficcati nella parete di roccia, poi sopra la mia testa. Hector apparì poco dopo, l'elmo a mezzaria, uno sguardo vagamente stupito, ma non troppo.
- Non ci posso credere.. - disse Shila, un filo di voce. Paige inforcò un paio di occhiali da sole per guardarmi meglio.
Il trotto di Chirone arrivò in tempo per annunciare la fine della Caccia alla Bandiera e la vittoria della squadra azzurra, ma alla luce quasi senza fine si coprì appena gli occhi, poi sorrise.
- Ave Jennifer Kane! - annunciò - Figlia di Apollo, dio del sole e delle arti! -















eeeeh, salve!
sì, lo so, ci ho messo tantissimo a pubblicare il nuovo capitolo, ma ne è valsa la pena.
avevo bisogno di stimoli e li ho trovati u.u
dunque, stavolta Dioniso non si è degnato di apparire (tanto meglio) e ho deciso di passare direttamente ai ringraziamenti:
a tutti quelli che non si sono scordati di jen (figlia di quel ganzo di apollo);
a chiunque sia passato per caso o per noia;
a chiunque sia passato, davvero, grazie.
e poi due ringraziamenti speciali: ai creatori di due personaggi da ora presenti in questo racconto.
parlo di hector e nadja, due autentiche perle.
e..ho finito.

Penny?
oh no..
Penny, che stai facendo?
niente, signor D.
Hai contattato Ermes? No perché devo aggiungere una lamentela, non mi ha rinnovato l'abbonamento a Somelier Oggi.
e io che c'entro?
Beh, fai da tramite, mi sembra ovvio.
...
Penny, andiamo, vuoi che mi perda gli aggiornamenti di questa settimana?
no, si figuri.. sia mai.
Lo so, sarebbe scioccante, privo di ogni possibile scusa, privo di..
va bene, va bene, ho capito!
Mi sento affranto.
oh dei..
Non capito.
...
Non rispettato.
chissà come mai, eh?
Come hai detto, Penny?
ahm.. vado a cercare ermes su divin-maps. addio.
  
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