Sono
tornata!! Grazie a tutti coloro
che non hanno ancora perso le speranze di veder conclusa questa storia
…
Coraggio
manca solo un capitolo alla
fine!!
Buona
lettura
Cap.28
Edward
Una
linea nera
avanzava compatta all’orizzonte, come se le ultime propaggini
del bosco si
fossero staccate dallo stesso e stessero muovendosi
all’unisono verso di noi.
I
loro
pensieri li avevano preceduti di pochi istanti.
Osservandola
attentamente si poteva notare, dall’intensità del
colore dello schieramento, il
posizionamento gerarchico che le varie figure avevano assunto: Le ali
esterne
erano grigie e man mano che ci si avvicinava al centro della
formazione, il
colore si scuriva fino a diventare del nero più intenso.
La
loro
avanzata, lenta e decisa, esprimeva tutta la loro sicurezza e
prosopopea;
neanche la presenza dei lupi scalfì il loro passo.
Li
contai, e
non fui il solo. Eravamo in schiacciante inferiorità e non
avevo ancora
considerato il resto dei vampiri che si erano portati come testimoni.
Almeno
in loro
percepii del turbamento. Anche se dopo solo una rapida occhiata al
nostro
schieramento erano più che sicuri di avere la vittoria in
pugno.
Chissà
cosa
era stato “promesso” loro per convincerli a
presenziare … Il disprezzo, misto
al terrore, per la nostra presunta colpa di aver creato un bambino
immortale
era il pensiero più ricorrente in quelle menti esaltate e, a
giudicare dalle
loro menti erano pronti a dare battaglia.
“Irina
…” pensarono
all’unisono Tanya e Kate appena la figura della sorella
comparve nelle
retrovie, affiancata dalle mogli. Completamente trasfigurata in volto,
si
aggirava come un leone in gabbia guardando le sorelle, schierate e
pronte a
morire con noi senza riuscire a distogliere lo sguardo.
“Sorelle
care … scappate vi prego … morirete
…” riuscii a percepire nei suoi
pensieri e un ringhio di rabbia mi uscì dalla gola.
Quale
tremendo
prezzo avrebbe avuto la sua stupidità.
L’impulso
di
avventarmi contro di lei stava diventando incontenibile.
«Alistair aveva
ragione», mormorai a Carlisle. Che di rimando mi
fissò con aria interrogativa.
«Alistair
aveva ragione?», sussurrò Tanya.
«Loro
- Aro e
Caius - sono venuti per distruggerci e assimilarci», risposi
cercando di non
farmi sentire dai nostri alleati. I pensieri di Irina avevano dato
conferma di
tutte le congetture che avevamo fatto nei giorni precedenti.
«Hanno già
studiato buona parte delle strategie possibili. Si erano già
impegnati a
cercare un altro motivo per offendersi, se l'accusa di Irina si fosse
dimostrata in qualche modo falsa. Ma ora vedono Renesmee, quindi sono
ottimisti
sull'andamento della situazione. Potremmo comunque tentare di
difenderci dalle
altre accuse premeditate che ci rivolgeranno, ma devono prima fermarsi
e
ascoltare la verità su Renesmee». Conclusi a voce
ancora più bassa: «E non
hanno la minima intenzione di farlo».
Jacob
sbuffò e
in quell’istante altri sedici lupi si unirono alle nostre
file.
C’era
da
aspettarselo; l’aumento della presenza sul territorio del
numero di vampiri
aveva impennato le trasformazioni dei giovani Quileute.
In
quell’istante la processione si fermò.
Sentii
Bella
ringhiare dalla rabbia, lo stesso fecero altri alle mie spalle. La
capivo, ma
non era quello il momento di far esplodere la nostra ira e
automaticamente le
strinsi la mano per metterla in guardia.
Nulla
doveva
trapelare.
Ci
stavano
studiando-
Aro,
in mezzo
a Caius e Marcus, stringeva loro le mani, quel semplice contatto
permetteva lo
scambio di pensieri, non a caso i loro occhi erano gli unici che
tradivano
qualche lieve espressione di emozione; al contrario del resto della
guardia.
Aro
in
particolar modo era palesemente seccato che Alice non fosse presente
fra le
nostre schiere. Era impreparato a questa eventualità e
doveva rivedere i suoi
piani. Senza contare che alcuni dei nostri alleati non riscuotevano la
sua
simpatia. A questo punto tutte le congetture che avevo fatto con
Eleazar si
rivelavano corrette.
«Edward?»
sussurrò Carlisle avvertendo il mio respiro improvvisamente
accelerato. «Non
sanno bene come procedere. Stanno soppesando le possibilità,
scegliendo gli
obiettivi più importanti: me, naturalmente, te, Eleazar,
Tanya. Marcus decifra
la forza dei legami che ci uniscono, in cerca di punti deboli. La
presenza dei
rumeni li irrita. Sono preoccupati per i visi che non riconoscono,
Zafrina e
Senna in particolare e, naturalmente, i lupi. È la prima
volta che sono messi
in minoranza. È stato questo a fermarli».
«In
minoranza?», sussurrò Tanya incredula.
«Per
loro i
testimoni non contano», bisbigliai. «Sono
nullità, così come il corpo di
guardia. È solo che ad Aro piace avere pubblico».
«Devo
parlare?», chiese Carlisle.
«Non
credo
avrai altre occasioni». Risposi annuendo dopo un attimo di
esitazione; e con la
terribile sensazione di mandarlo al patibolo guardai mio padre avanzare
lentamente oltre la nostra linea di difesa.
“Non
l’ho
mai ringraziato …” fu il pensiero che mi
attraversò la mente in
quell’istante, e ne fui profondamente turbato.
In
quasi un
secolo di convivenza non avevo mai ringraziato quell’uomo per
la carità che mi
aveva mostrato il giorno in cui mia madre decise di affidarmi a lui. Mi
aveva
regalato una nuova vita … una vita straordinaria, e non
sarei mai stato in
grado di ricambiare così tanto amore.
«Aro,
amico
mio. Sono secoli che non ci vediamo». Lo salutò
allargando le braccia e alzando
i palmi verso l’alto.
Un
silenzio di
tomba calò sulla radura.
“Ho
sempre
saputo che potevi essere una potenziale minaccia … e non mi
ero sbagliato …”
Pensò Aro mentre mio padre avanzava verso di lui. La sua
ambiguità riusciva a
darmi i conati di vomito.
Aro
uscì dal
centro della formazione dei Volturi seguito dal suo scudo personale:
Renata. La
guardia si accucciò in posizione d’attacco, ma fu
messa a tacere con un solo
gesto della mano.
«Veniamo
in
pace». Incalzò mio padre.
«Parole
giuste, Carlisle», disse con quella voce viscida e densa di
sottintesi.
«Sembrano fuori posto, visto l'esercito che hai radunato per
uccidere me e i
miei cari».
«Basta
che mi
tocchi la mano per capire che non ho mai avuto
quell'intenzione». Rispose
Carlisle porgendogli la mano e i suoi pensieri. «Ma come
può avere qualche
importanza la tua intenzione, caro Carlisle, di fronte a ciò
che hai fatto?».
Rispose Aro ostentando una tristezza che mal si sposava con i suoi
pensieri.
Per lui eravamo colpevoli a prescindere … la bambina era un
pretesto … certo
gli era stato servito su un vassoio d’argento, ma avrebbe
trovato altre accuse
per poterci attaccare. Anche a costo di fabbricarle lui stesso; bastava
vedere
la reticenza con cui si apprestava a toccarlo per leggergli nei
pensieri, in
altri momenti non avrebbe esitato un secondo di più.
Poi
c’era
Caius, molto meno diplomatico di Aro, non si preoccupava nemmeno di
dare una
parvenza di correttezza a tutta questa terribile farsa.
«Quante regole inutili,
quante leggi superflue ti crei, Carlisle», sibilò.
«Com’è possibile che difendi
la violazione dell'unica legge che conti davvero?».
«La
legge non
è stata violata. Se solo mi ascoltassi... ».
«Vediamo
la
bambina, Carlisle», rispose con un ringhio. «Non
prenderci per stupidi».
«Lei
non è affatto
un'immortale. Non è una vampira. Te lo posso dimostrare
facilmente in pochi
attimi di... ».
«Se
non è una
dei proibiti, allora perché avete raggruppato un battaglione
per proteggerla?».
Gracchiò nuovamente Caius.
«Sono
testimoni, Caius, proprio come quelli che avete portato voi».
Disse pacato mio
padre accennando all'orda furiosa appostata al limitare del bosco.
«Uno
qualsiasi di questi amici ti può dire la verità
sulla bambina. Oppure puoi
guardarla con i tuoi occhi, Caius. Guarda la vampata di sangue umano
che ha
sulle guance».
«È
un
espediente! Dov'è l'informatrice? Portatela qui!».
!», gridò quest’ultimo
scrutando alle sue spalle alla ricerca di Irina. «Tu!
Vieni!».
Non
aspettò
nemmeno si muovesse che i membri della guardia l’avevano
già spinta dinanzi a
lui. Appena fu al suo cospetto, la schiaffeggiò in pieno
volto.
Umiliarla
era
il suo fine, insieme al tentativo di far compiere alle sorelle un passo
falso.
«È
quella la
bambina che hai visto?», chiese perentorio Caius indicando
Renesmee. «Quella che,
evidentemente, era più che umana?».
Irina
ci
guardò con attenzione, e il tarlo del dubbio
s’insinuò nella sua mente.
«Ebbene?», la sollecitò Caius con
acredine.
«Io...
non ne
sono sicura», farfugliò.
«Cosa
vuoi
dire?» sibilò rabbioso.
«Non
è uguale,
ma credo sia la stessa bambina. Cioè, è cambiata.
Questa bambina è più grande
di quella che ho visto, ma... ».
La
rabbia
cieca di Caius fu frenata solo dal viscido intervento di Aro, era
chiaro come
il sole che non volesse aiutarci, era anche inutile leggerli nei
pensieri. Solo
la sua smania di protagonismo gli imponeva un tale comportamento,
doveva
dimostrare magnanimità, doveva dare l’impressione
di aver provato a darci ogni
tipo di possibilità di redenzione.
«Dunque,
tesoruccio», mormorò mellifluo a Irina porgendole
la mano. «Mostrami quello che
stai provando a dirci».
Cinque
secondi
gli fornirono una spiegazione più che esauriente. Qualunque
cosa avesse visto
aveva già preso la sua posizione. Bastava vedere come teneva
d’occhio le
reazioni dei suoi testimoni.
«E
così, a
quanto pare, dovremo farci carico di un mistero. Si direbbe che la
bambina è
cresciuta. Eppure il primo ricordo di Irina era chiaramente quello di
un
bambino immortale. Curioso». Disse a Carlisle
«È
proprio
quello che sto cercando di spiegare», rispose mio padre,
vagamente rasserenato “Non
abbassare la guardia …” pensai mentre
lo vidi porgergli nuovamente la mano.
«Preferirei
avere una spiegazione da una persona più coinvolta nella
storia, amico mio. Mi
sbaglio a pensare che questa infrazione non è stata opera
tua?» Disse Aro dopo
un attimo di esitazione.
«Non
c'è stata
alcuna infrazione». Ci tenne a puntualizzare Carlisle.
«Sia
come sia,
io voglio conoscere ogni sfaccettatura della
verità». Gracchiò Aro, non
voleva lui, voleva me «E il modo migliore per ottenerla
è chiedere le prove al
tuo abile figliolo». “Quale curioso
artifizio ha dato vita a questa strana
creatura …”. «Dato che la
bambina sta aggrappata alla compagna neonata di
Edward, immagino proprio che lui sia coinvolto».
Un
brivido mi
percorse la schiena. Guardai la mia famiglia e la salutai, mi stavo per
avventurare
su un sentiero impervio e Dio solo sapeva come ne sarei uscito, se mai
ne fossi
uscito, Bella alzò il suo sguardo verso di me, ma non ebbi
il coraggio di
ricambiarlo. Il pensiero che vi leggesse i miei molteplici stati
d’animo che
stavano combattendo dentro di me mi spaventava. Avrebbe visto la rabbia
nel
dover condividere tutti i nostri momenti con Aro; non volevo che
vedesse la
paura, perché non volevo che capisse che non c’era
più speranza e non volevo
vedesse la vergogna che provavo per non averle sapute proteggere.
Diedi
a
entrambe un bacio veloce e mi avviai incontro al mio destino.
Aro
Spavaldo
e
sbruffone si fermò a pochi passi da me e mi porse la mano “Piccolo
stupido e
ingenuo ragazzino, cosa credi di ottenere con la tua
arroganza!”
Sapevo
del suo
potere ed ero perfettamente in grado di dominare i miei pensieri.
E
questo lo
sapeva anche lui.
Presi
la sua
mano, chiusi gli occhi e mi concentrai.
La
sua mente,
come un fiume in piena, mi travolse; pensieri, ricordi, sensazioni, sia
suoi
che di coloro che avevano interagito con lui.
Indubbiamente
era figlia loro … era folle solo il pensiero, ma non potevo
ignorare la verità
… ed era comunque una novità da non sottovalutare
… che risorsa incredibile
poteva essere … osservando la loro quotidianità
notai con sorpresa come tutto
il clan di Carlisle fosse rimasto legato alla loro prima vita, la loro
predilezione per il sangue animale li rendeva molto più
vicini al genere umano
… vedevo legami forti … molto forti …
c’era dell’altro però: discussioni,
strategie, intuizioni, sia suoi che dei loro testimoni … di
Alice nessuna
informazione … sparita nel nulla … inquietante ma
curiosa la strana alleanza
che avevano con i lupi … Interessante soprattutto il suo
confronto con Eleazar
e le loro conclusioni; dovevo ponderare bene le mie mosse.
Preso
dall’analisi di quel concentrato d’informazioni,
percepii appena Caius zittire
il corpo di guardia.
Alzai
lentamente la schiena, riaprii gli occhi ma non liberai ancora la sua
mano.
«Vedi?»,
disse
fin troppo calmo.
«Certo
che
vedo», concordai divertito dal suo stupido atteggiamento,
credeva veramente che
sarebbe finita così? «Mi chiedo se un'altra coppia
di divinità o di mortali
abbia mai visto con tanta chiarezza. Mi hai dato molti elementi su cui
riflettere, giovane amico», continuai. «Molti
più di quanti me ne aspettassi.
Posso conoscerla?», chiesi infine incuriosito da quella
strana creatura. «Per tutti
i secoli in cui ho vissuto, non ho mai nemmeno immaginato che potesse
esistere
una cosa del genere. Che splendida aggiunta ai nostri
annali!».
«Che
storia è
mai questa, Aro?», m’interruppe nuovamente Caius.
Prima
o poi,
in un modo o nell’altro gli avrei insegnato a dominare le sue
reazioni.
«Qualcosa
che
non ti sognavi nemmeno, mio pratico amico. Prenditi un attimo per
valutarla,
perché la giustizia che intendevamo ristabilire non
è mai stata infranta». Lo
stupido sibilò dalla rabbia. Possibile non capisse che in
alcuni casi, per
volgere la situazione a nostro vantaggio, dovevamo tergiversare,
analizzare
tutte le sfaccettature «Pace, fratello», lo misi in
guardia nella speranza che
dal mio tono capisse che non tutto era perduto … anzi.
«Mi
presenti
tua figlia?» insistetti nuovamente a Edward.
“Per
la
sicurezza di entrambi preferirei che l’incontro avvenisse in
zona neutrale, a
metà strada fra i nostri schieramenti … con una
scorta sarebbe meglio.”
«Credo
che sia
accettabile un compromesso su questo punto, viste le circostanze.
Incontriamoci
a metà strada».
Feci
cenno a
Renata di seguirmi, gli lasciai andare la mano e incamminandoci verso
di loro
lo seguii cingendogli la spalla, il contatto con la sua mente era la
mia
sicurezza.
Edward
Arrestò
il
corpo di guardia non appena mossero il primo passo.
“la
fiducia
che riponi in noi è commovente …” pensai
guardandolo dritto negli occhi.
«Forse
è
meglio che porti con te alcuni membri della guardia»,
suggerii. «Li farà
sentire più a loro agio».
Aro
annuì e
con disinvoltura schioccò due volte le dita richiamando
Felix e Demetri che
insieme con Renata, il suo scudo personale, e Caius iniziarono ad
avanzare
verso il nostro schieramento. Arrivati al centro della radura, ci
fermammo.
Presi
un profondo
respiro e pregai il Dio tanto caro a mio padre di assisterci.
Se
veramente
esisteva, non poteva scordarsi di noi.
«Bella»,
esclamai. «Porta Renesmee... e qualche amico».
Affiancata
da
Jacob e Emmett, ci venne incontro.
Non
avrebbe
potuto fare scelte migliori.
Quando
furono
a pochi metri da noi, mi liberai dall’insidioso abbraccio del
nostro aguzzino e
tornai nell’unico posto, dove dovevo stare: accanto alla mia
famiglia.
La
presenza di
Jacob non fu gradita, bastava vedere come le guardie del corpo di Aro
controllassero ogni suo respiro sebbene stessero parlando insieme a
Bella.
Ci
volle tutto
il mio autocontrollo per ignorare i tentativi di Felix e Demetri per
farci
compiere qualche passo falso; avremmo fatto solamente il loro gioco.
Battutine
stupide che in altri casi avrebbero potuto far perdere il controllo a
un
qualsiasi neonato, scivolarono addosso a Bella come se fossero acqua
fresca.
Loro non avevano idea del fenomeno di donna con cui avevano a che fare.
«Sento
battere il suo strano cuoricino», miagolò Aro
affascinato da quel nuovo
esemplare di vampiro ignorando lo scambio di battute in corso tra Bella
e
Felix. «Mi arriva il suo strano profumo». Poi
spostando lo sguardo su mia
moglie «In verità, giovane Bella,
l'immortalità ti dona in modo straordinario.
È come se fossi nata apposta per questa vita».
«Ti
è piaciuto
il mio regalo?», le chiese, guardando il ciondolo che aveva
al collo.
E
finalmente
capii perché si era messa quella mostruosità
addosso … «È bello ed è
stato
molto, molto generoso da parte tua. Grazie. Avrei dovuto mandare un
bigliettino
di ringraziamento».
«È
solo una
sciocchezzuola che avevo da parte. Ho pensato che avrebbe potuto fare
pendant
col tuo nuovo viso, e così è stato».
Sghignazzò lui per poi tornare
improvvisamente serio «Posso salutare tua figlia, adorabile
Bella?» chiese
impaziente.
Bella
avanzò.
Mi
mancò il
fiato.
«Ma
è
incantevole», mormorò stucchevole.
«Assomiglia così tanto a te e a Edward.
Ciao, Renesmee». Aggiunse alzando il tono della voce.
La
piccola
cercò gli occhi di sua madre per avere il permesso di
rivolgergli parola e lo
salutò.
«Ciao,
Aro»,
rispose formale con la sua vocina squillante.
Aro
la osservò
perplesso.
«Cos'è?»,
sibilò Caius alle sue spalle.
«Mezza
mortale, mezza immortale», annunciò Aro in modo
che tutti, guardia e testimoni,
potessero sentire. «Concepita nello stesso modo e partorita
da questa vampira
neonata quando era ancora umana».
«Impossibile»,
gracchiò Caius.
«Allora
pensi
che mi abbiano preso in giro, fratello? E il cuore che senti battere
è un
trucco, secondo te?». Ribatté Aro con un tono che,
sebbene suonasse divertito,
era tremendamente inquietante. Caius fece una smorfia e, con l'aria
mortificata, come se le domande gentili di Aro fossero state colpi in
piena
faccia, tornò al suo posto.
«Calma
e
pazienza, fratello», lo mise in guardia, senza distogliere lo
sguardo da mia
figlia. «So bene quanto tieni alla giustizia, ma non
c'è nessuna giustizia
nell'agire contro l'origine di questa piccolina unica al mondo. E poi
abbiamo
così tanto da imparare, così tanto! So che non
hai il mio stesso entusiasmo per
raccogliere storie, ma sii tollerante con me, fratello, mentre vi
aggiungo un
capitolo tanto improbabile che ne sono sbalordito. Siamo venuti con
l'unica
aspettativa di far rispettare la giustizia e di assistere alla triste
fine
della falsa amicizia, e guarda invece cosa abbiamo guadagnato! Una
nuova e
fulgida conoscenza di noi stessi e delle nostre
potenzialità».
Porse
la mano
a Renesmee ma lei, sicura del fatto suo, si tese verso l’alto
per posare le
dita sul suo volto. Coraggiosa, come sua madre.
«Fantastico»,
sussurrò pieno di soddisfazione, dopo aver assorbito ogni
dettaglio della sua
breve vita; e Renesmee tornò a rilassarsi tra le braccia di
sua madre.
I
pensieri di
mia figlia erano passati anche davanti ai miei occhi, e ne rimasi
profondamente
turbato.
Avrei
dovuto
essere abituato alla precocità di mia figlia eppure ogni
volta ne rimanevo
impressionato.
Avevamo
cercato di farle pesare il meno possibile la gravità del
momento, sapeva che eravamo
in pericolo ma non ci eravamo soffermati più di tanto su
certi dettagli, eppure
lei era perfettamente cosciente dei rischi che stavamo correndo ed era
arrivata
a chiedere ad Aro clemenza per la sua famiglia, per il branco e i
nostri amici,
gli aveva mostrato
tutto il possibile della
nostra vita e adesso si rimetteva a lui, prendersi tutta la
responsabilità di
questa situazione «Lo farai, per piacere?», gli
chiese.
«Ma
certo che
non ho la minima intenzione di fare del male ai tuoi cari, carissima
Renesmee».
Rispose con un sorriso talmente gentile che anche un cieco si sarebbe
accorto
della sua falsità.
“Sta
mentendo Edward!” gridò rabbiosa nella
mia mente Maggie, a conferma della
mia intuizione.
«Mi
chiedo
se... », disse cauto Aro, cambiando intenzionalmente
argomento “sarebbe una
grande dimostrazione di potere …”
«Non
funziona
così», ribattei acido senza il benché
minimo riguardo del mio tono di voce.
«Era solo un pensiero come un altro», rispose Aro,
continuando a studiare Jacob
e il resto del branco. «Non appartengono a noi, Aro. Non
eseguono i nostri
ordini in quel modo. Si trovano qui unicamente per volontà
loro».
Jacob,
sentendosi chiamato in causa, ruggì.
«Però
sembrano
piuttosto affezionati a te», insinuò subdolo,
«alla tua giovane compagna e alla
tua... famiglia. Sembrano fedeli».
Concluse calcando bene
l’accento sull’aggettivo scelto.
«La
loro
missione è proteggere vite umane, Aro. Questo ne facilita la
coesistenza con
noi, ma non con voi. A meno che non mettiate in discussione il vostro
stile di
vita».
«Era
solo un
pensiero come un altro», ripeté insolitamente
allegro. «Sai bene come vanno le
cose. Nessuno di noi è in grado di controllare del tutto i
desideri inconsci».
«So
bene come
funziona. Conosco anche la differenza fra quel tipo di pensiero e
quello che
nasconde un secondo fine. Non potrebbe mai funzionare, Aro».
Replicai cercando
di trattenere malamente la mia irritazione.
Cosa
diamine
stava cercando di fare?!?
Jacob
si girò verso
di me è guaì, era stato tirato in ballo e
ovviamente voleva delucidazioni in
merito.
«È
molto
affascinato dall'idea dei... cani da guardia», mormorai.
Il
disappunto
del branco non lasciò adito ad interpretazioni.
Solo
l’intervento di Sam li rabbonì.
«Immagino
che
ciò risponda alla mia domanda»,
sghignazzò nuovamente Aro. «Questo gruppo ha
scelto da che parte stare». “la loro
sorte è quindi legata alla vostra, dico
bene caro amico?”
Aveva
già
deciso! Potevamo fare anche a meno di questa inutile farsa, e preso da
una
profonda rabbia feci per scagliarmi contro di lui quando una mano mi
trattenne
… Cosa diavolo mi stava prendendo? I miei nervi stavano
cedendo fortunatamente
Bella era più lucida di me. Felix e Demetri erano
già in posizione d’attacco,
ma io mi ricomposi.
«Ci
sono così
tante cose di cui parlare», disse Aro, improvvisamente serio,
dopo aver
tranquillizzato i suoi scagnozzi. «così tante cose
da decidere. Se voi e il
vostro protettore peloso mi volete scusare, cari Cullen, devo conferire
con i miei
fratelli».
Esattamente
come aveva previsto Eleazar, avrebbe conferito con i suoi fratelli e
mentre
loro fingevano di decidere Jane e Alec avrebbero iniziato ad
indebolirci;
iniziai a retrocedere trascinando con la forza Bella e Emmett, Renesmee
pensò a
Jacob.
Sembrava
quasi
che quei tre non aspettassero altro e, finalmente, pochi istanti dopo
ci
ritrovammo nuovamente in mezzo ai nostri cari.
In
attesa
della fine.
Il
silenzio
spettrale che era calato nella radura fu spezzato soltanto
dall’accesa discussione
dei tre fratelli, o per essere più precisi tra Caius e Aro.
Il primo
infervorato dall’odio nei nostri confronti sollecitava
l’attacco, il secondo
cercava di rabbonirlo dimostrandosi magnanimo nei nostri confronti.
Che
ridicola
pantomima.
L’unico
scopo
di Aro era di mostrarsi saggio e comprensivo agli occhi dei testimoni,
sia loro
che nostri; cosa a cui Caius con la sua irruenza non dava la minima
importanza,
dovette pensarci il primo a ricordargli l’importanza che
avevano spettatori.
A
Caius la
cosa non lo sfiorava nemmeno, potevano morire tutti e ne sarebbe
rimasto
indifferente, per Aro no: le loro vite valevano realmente meno di zero,
ma se
ne fosse rimasto anche uno solo in vita, doveva testimoniare il grande
senso di
giustizia che li aveva spinti a compiere le loro gesta.
L’immagine di lui che
ne sarebbe stata tramandata era la cosa più importante.
«I
licantropi», mormorò improvvisamente Caius con
stizza.
«Ah,
fratello... », rispose Aro addolorato. “Possibile
che non ti fermi mai a
riflettere … sarai la tua e nostra rovina prima o poi
…”.
«Difenderai
anche quell'alleanza, Aro?», insistette piccato Caius.
«I Figli della Luna sono
nostri nemici giurati dai tempi dei tempi. Li abbiamo cacciati fin
quasi a
farli estinguere in Europa e in Asia. Eppure Carlisle incoraggia un
rapporto
familiare con questi parassiti, senza dubbio nel tentativo di
spodestarci. Per
meglio proteggere il suo guasto stile di vita».
Forse
non era
il caso di interrompere il loro diverbio, la soddisfazione di fare
notare a
tutti la stupidità di quel vampiro e mettere in imbarazzo
Aro non aveva prezzo,
ma chiesi comunque la parola schiarendomi rumorosamente la voce
«Caius, è pieno
giorno», feci notare indicando Jacob. «Questi non
sono Figli della Luna, è
chiaro. Non hanno alcun rapporto con i tuoi nemici dell'altra parte del
mondo».
«Allevate
dei
mutanti qui in zona», ribatté Caius.
“La
sua
stupidità non ha veramente limiti …”
«Non sono nemmeno licantropi. Aro ti
può raccontare tutto, se non mi credi».
Jacob
mugolò
perplesso.
«Caro
Caius,
ti avrei chiesto di non insistere su quest’ argomento se mi
avessi messo a
parte dei tuoi pensieri», mormorò Aro.
«Anche se quelle creature si ritengono
dei licantropi, non lo sono. Il termine più appropriato per
definirli sarebbe
"mutaforma". La scelta della forma di lupo è stata un puro
caso.
Poteva benissimo essere un orso, un'aquila, o una pantera, quando
accadde la
prima mutazione. Queste creature non hanno proprio nulla a che vedere
con i
Figli della Luna. Hanno ereditato dai loro padri solo la
capacità di mutare. È
genetica: non continuano la loro specie infettando altri, come i veri
licantropi».
“Scuse
scuse solo e soltanto puerili e stupide scuse!!!!”
pensò Caius guardando
torvo il fratello«Conoscono il nostro segreto»,
sentenziò puntiglioso.
Questa
volta
stavo per rispondergli a tono quando Aro mi anticipò
«Sono creature del nostro
mondo soprannaturale, fratello. Forse sono ancora più legati
di noi alla
segretezza: è altamente improbabile che ci denuncino. Stai
attento, Caius. Le
accuse pretestuose non ci portano da nessuna parte».
Caius
respirò
a fondo e annuì. Si scambiarono uno sguardo lungo ed
espressivo.
Aro
sapeva
bene che questo insistere con false accuse e inutili arrampicate sugli
specchi
avrebbe giocato a sfavore della missione che si erano prefissati;
credere
altresì, che avesse così serenamente accettato le
nostre argomentazioni, era
quasi fantascienza, quindi: c’era solo da aspettarsi il
peggio.
I
messaggi che
stava lanciando a Caius erano più che eloquenti.
Dipendeva
solo
da quanto lui ci mettesse a interpretarli.
«Voglio
parlare con l'informatrice», gridò improvvisamente
Caius fulminando con lo
sguardo Irina e un brivido mi percorse la schiena. I suoi pensieri
erano
chiari: voleva la sua giustizia, non gli interessava cosa avesse in
mente Aro,
voleva dimostrare la sua potenza, che non dipendeva dal fratello, le
parole di
Aro avevano sortito l’effetto contrario sulla sua mente
contorta; e se non
fosse riuscito a dimostrarlo su di noi, qualcun altro avrebbe pagato
… in un modo
o in un altro.
«Irina»,
tuonò
Caius, irritato dal doversi ripetere. Irina osservava le sorelle
rendendosi
conto solo adesso dell’enorme dolore che stava causando loro,
Si scosse appena
al richiamo di Caius, ma in un attimo fu ugualmente al suo cospetto.
«E
così, a
quanto pare, le tue accuse erano alquanto infondate»,
esordì il vigliacco con
soddisfazione.
«Mi
dispiace»,
sussurrò Irina. «Avrei dovuto verificare
ciò che vedevo. Ma non avevo la minima
idea che...». Mormorò con voce sempre
più flebile guardando la mia famiglia.
«Caro
Caius,
come credi che potesse indovinare in un attimo qualcosa di
così strano e
impossibile?», intervenne Aro. «Chiunque di noi
avrebbe tratto le stesse
conclusioni».
Caius
con un
gesto di stizza ordinò ad Aro di tacere.
Quest’ultimo
si mostrò indifferente,
ma non apprezzò.
Era
come se un
subalterno imponesse il silenzio al re, la sua immagine ne avrebbe
risentito, e
questo ad Aro non piaceva.
«Sappiamo
tutti che hai fatto un errore», replicò piccato.
«Intendevo parlare delle tue
motivazioni».
«Le
mie
motivazioni?». Balbettò lei.
«Sì,
anzitutto
cosa ti ha spinto a spiarli».
“Come
fa …
come … io non ho detto che li stavo spiando … io
…”
La
stava
mettendo alle strette, e Irina senza volerlo affondava nella sua
voragine
sempre più velocemente.
«Eri
in
contrasto con i Cullen, vero?». Incalzò il suo
carnefice.
“Perdonami
se puoi …” Pensò guardando
supplichevole Carlisle, «Sì, è
così».
«Perché?»,
insistette Caius.
«Perché
i
licantropi avevano ucciso il mio amico», sussurrò.
«E i Cullen non si sono
fatti da parte per lasciarmelo vendicare».
«I
mutaforma,
si chiamano», Intervenne Aro con insolita gentilezza.
«Quindi
i
Cullen si sono alleati con i mutaforma contro quelli della nostra
razza,
persino contro l'amico di un'amica», sintetizzò
Caius.
“Lurido
schifoso bastardo …” rantolai nauseato
dal viscido comportamento di
quell’essere riprovevole. Irina
s’irrigidì. «Io la vedo
così».
Caius
attese
un suo gesto, ma vedendo che non avrebbe formulato
nessun’altra accusa la
imbeccò di nuovo: «Se volessi fare un reclamo
formale contro i mutaforma, e
contro i Cullen per averli sostenuti, questo sarebbe il momento
opportuno».
Il
sorriso
sadico che aveva in volto era come se dicesse “Siete
morti. Basta una parola
e non avrete scampo.” Ma Irina lo
spiazzò.
«No,
non ho
reclami da fare contro i lupi né contro i Cullen. Oggi voi
siete venuti per
distruggere una bambina immortale. Ma non esiste nessuna bambina
immortale. È
stato un mio errore e me ne assumo completamente la
responsabilità. Ma i Cullen
sono innocenti e non avete più motivo di trovarvi qui. Mi
scuso infinitamente»,
disse rivolta a noi, poi si girò in direzione dei testimoni
dei Volturi. «Non
c'è stato alcun crimine. Non ci sono più motivi
validi per la vostra presenza
qui».
In
quel
momento segnò la sua condanna a morte.
Jasper
«NOOOOOOOOOO!!!!»
Gridò terrorizzata Alice arrestando improvvisamente la corsa.
Una
frazione
di secondo dopo facemmo lo stesso.
«Cosa
succede?
Che cosa hai visto?» il terrore che mi dicesse che non ce
l’avremmo fatta ad
arrivare in tempo mi stava paralizzando.
«Irina
…»
sussurrò «la ucciderà, Caius la
ucciderà, è questione di minuti.» dal
mio punto
di vista se lo meritava, il problema, però, era un altro: se
fino a quel
momento avevano mantenuto un colloquio “pacifico”,
cosa avrebbe scatenato nei
Denali questo atto di forza. Se prese dalla rabbia, le sorelle di Irina
avessero attaccato i Volturi, avrebbero avuto il pretesto per
annientare la
nostra famiglia servito su un vassoio d’argento.
«Le
sorelle?
Riesci a vedere cosa fanno?»
«No,
non vedo
niente.»
«Forse
vuol
dire che non ci saranno reazioni eclatanti?»
«Può
darsi.»
mormorò «Dobbiamo sbrigarci, credo si stiano
arrampicando sugli specchi in
cerca di un qualsiasi pretesto. Prima arriviamo, meglio è!
Sono imprevedibili e
le visioni hanno pochissimo preavviso.»
E
senza
soffermarsi un minuto di più ripartimmo.
Eravamo
vicini.
Poche
centinaia di miglia e saremmo arrivati nello stato di Washington. Il
resto
erano solo minuti.
Preziosissimi
minuti.
Edward
Il
bastardo
l’aveva uccisa solo per soddisfare il suo ego, sperando che
le sorelle gli
dessero un motivo per attaccarci.
Aro
invece,
nella sua infinita bontà, era ancora peggio. Impose a Caius
la calma dopo la
sua deplorevole dimostrazione di forza, e chiamando al suo fianco
Renata Felix
e Demetri si avvicinò a noi
«Tanto
per
essere precisi», disse a Carlisle, «vorrei parlare
con alcuni dei tuoi testimoni.
Le formalità le conosci, vero?». Aggiunse con
noncuranza mentre si avvicinava
ad Amun e alla sua compagna.“Certo …
fagli credere che ci interessi qualcosa
della loro testimonianza … e poi finiamo questa inutile
farsa, acquisiamo chi
t’interessa e torniamo a Volterra … questa feccia
mi sta nauseando …” Pensò
Caius sfoderando uno dei suoi sorrisi crudeli mentre osservava Aro
avvicinarsi
a noi. La rabbia che mi aveva scatenato mi stava facendo fremere tutto
il
corpo; avrei voluto staccargli la testa in quel preciso istante,
vendicando
Irina e librando il mondo dalla sua presenza; ma dovevo aspettare
… era
snervante …
«Ah,
Amun, mio
vicino delle terre del Sud! È passato tanto tempo da quando
sei venuto a
trovarmi». “Non credere che non sappia
che mi stai evitando …”
«Il
tempo non
significa molto: non mi accorgo mai del suo trascorrere»,
sibilò Amun.
«È
verissimo»,
convenne Aro. «Ma forse c'era un altro motivo per cui vi
siete tenuti alla
larga?».
Amun
tacque.
«Organizzare
i
nuovi arrivati per formare un clan richiede davvero molto tempo. Io lo
so
benissimo! Sono felice di avere altre persone che si occupino di quella
seccatura. E sono felice che quelli che si sono aggregati di recente si
siano ambientati
così bene. Mi sarebbe piaciuto che me li presentassi. Sono
sicuro che stavi per
venirmi a trovare molto presto».
«Ma
certo»,
disse Amun con un tono talmente privo di emozioni che nessuno avrebbe
saputo
interpretare la sua risposta.
«Be',
ora
siamo qui tutti insieme! Non è una circostanza
squisita?».
Amun
annuì inespressivo.
«Ma
purtroppo
il motivo della tua presenza qui non è altrettanto
piacevole. Carlisle ti ha
chiamato per fare da testimone?».
«Sì».
«E
di cosa sei
stato testimone per lui?».
«Ho
osservato
la bambina in questione. Quasi immediatamente è stato palese
che non fosse una
bambina immortale...». Rispose l’egiziano sempre
con la solita tonalità.
«Forse
dovremmo definire la nostra terminologia», disse Aro,
«ora che, a quanto pare,
ci sono nuove classificazioni. Parlando di bambina immortale,
naturalmente,
intendi una bambina umana che è stata morsa e quindi
trasformata in vampiro».
«Intendo
proprio questo».
«Che
altro hai
osservato sulla bambina?».
«Le
stesse
immagini che di sicuro hai visto nella mente di Edward. Che la bambina
è sua
figlia naturale. Che cresce. Che apprende».
«Sì,
sì»,
disse Aro, con una traccia d'impazienza in quel tono altrimenti
affabile. «Ma
nello specifico, durante le prime settimane passate qui, cosa hai
visto?».
Amun
increspò
la fronte. «Che cresce... in fretta».
Aro
sorrise.
«E ritieni che dovremmo permetterle di vivere?».
Bella
ringhiò
e le presi il polso per trattenere eventuali reazioni violente e il
brusio che
si alzò comunque tra le file dei nostri testimoni, non fu
ugualmente di buon
auspicio.
Aro
c’ignorò.«Non sono venuto qui per
emettere sentenze», rispose ambiguo.
Aro
ridacchiò.
«Mi basta la tua opinione».
Amun
sollevò
il mento. «Secondo me, la bambina non rappresenta un
pericolo. Impara ancor più
rapidamente di quanto impieghi a crescere».
“Impara
ancor più rapidamente di quanto impieghi a crescere
…” si ripeté
mentalmente Aro annuendo. Qualcosa l’aveva colpito di queste
parole, solo che
non riuscivo a leggere niente di più dai suoi pensieri,
sapeva fin troppo bene
tenerli nascosti
.
«Aro?», lo
richiamò Amun.
«Sì,
amico
mio?».
«Ho
fornito la
mia testimonianza. Il mio compito qui è finito. Io e la mia
compagna ora
vorremmo congedarci».
«Ma
certo.
Sono felice che abbiamo avuto l'occasione di conversare. E sono certo
che ci
rivedremo presto».
Da
come Amun e
la sua compagna si dileguarono, dubito che sarebbero andati a fargli
presto
visita.
«Salve,
cara
Siobhan. Sei carina come sempre». Continuò Aro
dopo aver percorso tutto il
nostro schieramento
Siobhan
ricambiò con un cenno della testa.
«E
tu?», le
chiese. «Risponderesti alle mie domande come ha fatto
Amun?».
«Certo»,
rispose Siobhan. «Ma forse aggiungerei dell'altro. Renesmee
ha una comprensione
chiara dei limiti. Non rappresenta un pericolo per gli umani, anzi,
s'integra
con loro molto meglio di noi. Non rischia di tradire il nostro
anonimato in
nessun modo».
«Non
te ne
viene in mente proprio nessuno?», chiese serio Aro.
“Arriva
al
punto bastardo! Cosa vuoi sentirti dire!” pensai, e un
profondo ringhio mi uscì
dalla gola.
«Non
capisco
cosa intendi».Rispose confusa la nostra amica.
Aro
arretrò
silenzioso e con noncuranza ma diretto verso il suo corpo di guardia.
Renata,
Felix e Demetri lo seguivano come un'ombra.
«Non
è stata
infranta alcuna legge», disse Aro, e nonostante tutto il suo
tono non mi
piacque.
«Non
è stata
infranta alcuna legge», ripetè. «Ne
consegue tuttavia che non c'è pericolo?
No». Aggiunse scuotendo lentamente la testa.
«Questo è un problema distinto».
“Mente
Edward, sa benissimo che non ci sono pericoli in agguato!” mi
mise in
guardia Maggie
«La
bambina è
unica... Totalmente e assurdamente unica. Sarebbe un tale spreco
distruggere
una cosa così adorabile. Soprattutto quando ci sarebbe
così tanto da
imparare...». Sospirò, affranto.
«Però un pericolo esiste e non si può
semplicemente ignorare» Un opprimente silenzio di tomba
calò su tutta la
radura. «Quale ironia della sorte che, al progredire degli
umani, mano a mano,
che la loro fede nella scienza cresce e controlla il loro mondo, su di
noi
incomba sempre meno il pericolo di farci scoprire. Eppure, mentre
diventiamo
sempre più disinibiti grazie alla loro
incredulità nei confronti del
soprannaturale, essi divengono così forti con la loro
tecnologia che, se lo
volessero, potrebbero davvero costituire una minaccia per noi, e
persino
distruggere alcuni di noi. Per migliaia e migliaia di anni la nostra
segretezza
è stata soprattutto una questione di convenienza, di
praticità, e non di vera e
propria sicurezza. Quest'ultimo secolo rozzo e rabbioso ha dato alla
luce armi
così potenti da mettere in pericolo persino gli immortali.
Oggi la fama di
esseri mitologici di cui godiamo, in verità, ci protegge
dalle creature deboli
cui diamo la caccia. Questa bambina portentosa...», disse con
fare solenne
indicando mia figlia «Ah, se potessimo conoscere le sue
potenzialità, sapere
con certezza assoluta che resteranno sempre
avvolte dall'oscurità che ci
protegge. Ma non sappiamo niente di ciò che
diventerà! I suoi stessi genitori
sono angustiati dalla paura per il suo futuro. Non possiamo sapere con
certezza
cosa diventerà da grande». Continuò
squadrandoci uno ad uno, fingeva
sofferenza, il bastardo, ma era tutt’altro che lacerato dai
suoi doveri. «Solo
ciò che si conosce è sicuro. Solo ciò
che si conosce è tollerabile. Ciò che
è
sconosciuto è... un punto debole».
“Splendida
arringa …” pensò Caius
sorridendo malvagio.
Era
mio.
L’avrei ucciso con le mie stesse mani.«Stai traendo
conclusioni affrettate,
Aro», osò intromettersi Carlisle.
«Pace,
amico
mio», lo interruppe Aro «Non precipitiamo le cose.
Guardiamole da tutti i punti
di vista».
«Posso
offrire
un mio punto di vista?», chiese Garrett quasi sottovoce.
«Prego,
nomade».
Garrett
alzò
il mento e puntando lo sguardo verso i loro testimoni
iniziò. Mai mi sarei
aspettato un simile slancio di coraggio, vero che era stato un patriota
ma da
quando si era unito a noi non si era certo distinto per la sua
loquacità; la
sua unica eccezione era stata Kate. Pensavo si stesse interessando al
nostro
stile di vita solo per far colpo sulla nostra cugina, invece ci stava
studiano.
Aveva analizzato i nostri comportamenti con estrema
meticolosità; io stesso
rimasi colpito dai suoi ragionamenti. Ci eravamo convinti che Aro
volesse
acquisirci unicamente perché i nostri doni erano utili per
mantenere la sua
posizione di dominio ma Garrett ci aveva offerto un altro punto di
vista
estremamente interessante, da non sottovalutare: Aro ci temeva.
Non
tanto per
i nostri poteri, quanto per i nostri legami. Nessuno ci imponeva di
stare gli
uni con gli altri e nessuno ci costringeva a restare, lo facevamo solo
per il
sentimento che ci legava gli uni agli altri più forte di
qualunque cosa loro
potessero immaginare … un legame che non si spezza, questo
faceva paura al
vampiro capace di uccidere la propria sorella di sangue.
Per
questo
volevano annientarci.
Se
il nostro
stile di vita avesse fatto ulteriori proseliti, si sarebbero trovati
ben presto
in minoranza. Il Libero Arbitrio di cosa fare delle nostre esistenze
era messo
completamente in discussione. Garrett cercò di far leva su
alcune sue
conoscenze che in quel momento stavano militando tra le fila dei loro
testimoni, e le sue parole andarono a segno.
Furono
costretti a riflettere con le proprie teste e prendere atto di
ciò che stava
succedendo.
Aro
l’osservava con espressione benevola, ma nei suoi pensieri
era il primo da
dover eliminare. La sua capacità di dissociare pensieri ed
espressioni era
invidiabile, ma quando mise in discussione in vero motivo della loro
spedizione, un velo di rabbia gli attraversò il volto, per
disperdersi poi
velocemente nel suo sorriso stereotipato. Solo Caius non mostrava il
minimo
ritegno nell’ostentare i loro piani.
Per
nulla
scalfito dalle parole di Garrett e sicuro dell’ascendente che
esercitava nei
confronti dei suoi seguaci, pensò bene di mostrare tutta la
sua magnanimità e
imparzialità chiedendo il parere ai suoi testimoni
«cosa ne pensate di tutto
ciò? Posso garantire che la bambina non è quello
che temevamo. Ci assumiamo il
rischio di lasciarla sopravvivere? Mettiamo in pericolo il nostro mondo
per
conservare intatta la loro famiglia? Oppure ha ragione lo schietto
Garrett? Vi
unirete a loro per contrastare la nostra improvvisa sete di
dominio?».
I
testimoni,
perplessi, si scambiarono sguardi interdetti. «Queste sono le
uniche scelte che
abbiamo?», chiese d'un tratto, una dei conoscenti di Garrett
«Dichiararci
d'accordo con te, o combattere contro di te?».
«Certo
che no,
affascinante Makenna», rispose scandalizzandosi un
po’ troppo apparentemente
«Potete andarvene in pace, naturalmente, come ha fatto Amun,
anche se non siete
d'accordo con la decisione del consiglio».
Makenna
cercò
nel suo compagno un cenno d'assenso e parlò.
«Non
siamo
venuti qui per combattere». Disse tutto d’un fiato
«Siamo venuti qua a fare da
testimoni. E la nostra testimonianza è che la famiglia sotto
processo è
innocente. Tutto ciò che Garrett ha affermato è
vero».
«Ah»,
disse
Aro triste. «Mi spiace che tu ci veda così. Ma
è questa la natura del nostro
compito».
«Non
è ciò che
vedo, ma ciò che sento», replicò il
compagno di lei. «Garrett dice che hanno i
mezzi per scoprire le bugie. Anch'io so quando sento una
verità e quando invece
non è così».
«Non
temerci, amico
Charles. Senza dubbio il patriota crede davvero in quello che
dice», ridacchiò
Aro spensierato, e Charles affilò lo sguardo.
«Questa
è la
nostra testimonianza», disse perentoria lei. «Ora
ce ne andiamo».
Lentamente
arretrarono senza mai dar loro le spalle, e questo la diceva lunga
sulla
fiducia che riponevano nei loro sovrani, fino a che non raggiunsero gli
alberi
e lì si dissolsero come ombre. Un altro gruppetto
silenziosamente li imitò.
Aro
ostentava
indifferenza, sebbene i suoi pensieri tradissero la sua irritazione.
Riusciva
sempre meno a dominare la sua mente, era nervoso e infastidito e questa
ne era
la prova. L’accorato discorso di Garrett era stato ascoltato
più di quanto
avesse previsto. Non gli restava altro che provare la stessa
strada«Siamo in
minoranza, carissimi», disse rivolgendosi principalmente ai
membri della
guardia senza però degnarli di uno sguardo. «Non
possiamo aspettarci alcun
aiuto dall'esterno. Dobbiamo lasciare la questione irrisolta per
salvarci la
vita?».
«No,
Signore»,
rispose all'unisono la guardia.
«La
protezione
del nostro mondo può valere la probabile perdita di alcuni
di noi?».
«Sì»,
mormorarono come tanti automi telecomandati. «Non abbiamo
paura».
Aro
sorrise e
voltandosi verso il suo esercito continuò grave
«Fratelli, ci sono molti
fattori da valutare».
“Bene,
finalmente hai deciso di smettere questa inutile pantomima
…”
«Consultiamoci», disse ansioso Caius.
«Consultiamoci»,
ripeté Marcus, completamente indifferente.
Si
presero per
mano l’un con l’altro e voltando le spalle al resto
del mondo si chiusero tra
sé.
Esattamente
come aveva previsto Eleazar.
Appena
la
consultazione iniziò, altre defezioni si aggiunsero tra le
fila dei loro
testimoni.
«Ti
ricordi
quello che ti ho detto?», sussurrò improvvisamente
Bella e voltandomi verso di
lei la vidi parlare con nostra figlia. Gli occhi di Renesmee si
riempirono di
lacrime, e annui. «Ti voglio tanto bene»,
sussurrò.
Cosa
diavolo
stava succedendo? Jacob perplesso quanto me le fissava con la coda
dell’occhio.
«Anch'io
ti
voglio tanto bene», le sussurrò baciandola sulla
fronte «Più della mia stessa
vita».
Jacob
mi
guardò mugolando in cerca di spiegazioni che, purtroppo, non
ero in grado di
dargli.
E
uno strano
senso di vuoto cominciò ad opprimermi il petto.
«Aspetta
che
siano completamente distratti, poi scappa con lei. Allontanati da
questo posto
più che puoi. Quando ti sei allontanato il più
possibile a piedi, lei ha il
necessario per farvi salire su un aereo». Gli
sussurrò Bella ad un orecchio.
Impietrito,
rimasi a fissarle e nella mia mente tutti i pezzi mancanti delle
stranezze
dell’ultimo periodo andarono al loro posto.
Jacob
era
inorridito quanto me.
Non
avevamo
scampo.
Bella
l’aveva
sempre saputo. Doveva essere stata Alice a farle avere il messaggio, a
questo
punto il dubbio che avevo sempre avuto, da quando ci aveva lasciati era
diventato certezza.
Ancora
annebbiato dall’orrore vidi a malapena Renesmee sporgersi
verso di me, e come
attratto da una potente calamita la accolsi tra le mia braccia.
«È
questo che
mi tenevi nascosto?», Le sussurrai stringendo la piccola a
me.«Non a te, ad
Aro», mormorò.
«Per
via di
Alice?».
Annuì.
Non
c’era
bisogno di sapere altro. Bacia Renesmee sulla fronte e sulle guance,
poi la
aiutai a salire sulla schiena di Jacob.
“Io
giuro
che non sapevo niente … non è stata una mia idea
… io non …” pensò
e guaì
guardandomi come se si sentisse in dovere di chiedermi scusa di una
scelta non
sua.
«Sei
l'unico a
cui potremmo affidarla», gli mormorò Bella.
«Se tu non l'amassi tanto, non
potrei mai sopportare questo momento. So che sei in grado di
proteggerla,
Jacob».
E
mi resi
conto in quel momento quanto fossero vere le sue parole. Bella sarebbe
rimasta
con me, non potevamo vivere separati, se uno di noi doveva avere una
possibilità di salvezza, quella doveva essere nostra figlia.
Noi avremmo
vissuto per sempre in lei.
La
scelta di
Bella era stata più che saggia, nessuno si sarebbe potuto
prendere cura della
piccola come Jacob.
Mi
avvicinai
al lupo e d’istinto lo abbracciai.
«Addio,
Jacob,
fratello mio... figlio mio» “Porti con te
il nostro bene più grande, abbine
cura.”
«Allora
non
c'è speranza?», chiese Carlisle in un sussurro
pieno di rassegnazione. E come
non era sfuggita a lui, anche gli altri avevano sicuramente colto il
significato della nostra scena d’addio.
«Certo
che
c'è», gli rispose Bella «Io conosco solo
il destino che spetta a me».
“A
noi.” Pensai
prendendole la mano.
Eravamo
una
cosa sola. Il nostro destino era lo stesso. Esme, ci passò
accanto senza dirci
una sola parola, nei suoi pensieri solo ricordi di momenti felici;
regalò una
carezza a entrambi e andò a mettersi al fianco di Carlisle.
“Ti
voglio
bene, mamma.” Pensai guardandola mentre stringeva
la mano a mio padre.
Non
dovremmo
mai scordarci di dimostrare il nostro affetto a chi amiamo ogni giorno
della
nostra vita, non sono cose che si possono rimandare, potrebbe non
esserci un
domani per poter rimediare alla nostra mancanza.
Anche
se di
fronte a te hai l’eternità, può
comunque finire tutto
in battito di ciglia.
Sentii
alle
mie spalle i pensieri e le parole d’addio dei nostri amici.
Secondo
lo
schema di procedura che ci aveva illustrato Eleazar, una volta che i
tre si
riunivano per decidere, iniziava il subdolo attacco da parte di Chelsea
per
indebolire i legami dei loro avversari.
Strano
che non
avesse già iniziato.
«State
pronti», sussurrò improvvisamente Bella.
«Si comincia».
La
guardai per
un istante e improvvisamente capii.
Forse
avevamo
una possibilità.