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Autore: rosa_bianca    22/09/2013    2 recensioni
E se la madre del temuto Fantasma dell'Opera, invece di consegnarlo ad un circo di zingari, avesse deciso di affidarlo ad un convento parigino?
E se, il caso volesse, quest'ultimo fosse proprio il Petit Picpus, rifugio di Valjean e Cosette?
Cosa succederebbe se, quello che sarebbe in un'altra vita un futuro Fantasma, venisse accudito dal nostro ladro di pane preferito?
Come si evolverebbero i fatti? Cosa accadrebbe nel noto 1832, anno della Ribellione di Giugno?
Leggete e scoprirete.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Cosette, Jean Valjean, Marius Pontmercy
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1 giugno 1831 
 
 
 
 
 
La fanciulla respirò a pieni polmoni l’aria primaverile che l’avvolgeva. Adorava qualsiasi periodo dell’anno, ma il mese di maggio le ispirava una gioia perpetua, continuamente presente come un fuoco inestinguibile.
Sorrise dolcemente alla Madre Superiora, le fece un grazioso inchino e, appena fu sicura che nessuno la potesse vedere, prese a correre verso il piccolo chiostro. Al centro di esso, si trovava la capanna dei fratelli Fauchelevent.
Durante il mese di maggio, osservò con incanto, la casa era percorsa da un’edera che donava colore alle mura grigie. In più, il prato era organizzato in tanti piccoli cespugli ordinati, dai fiori diversi e coloratissimi.
Cosette sciolse con sollievo i suoi lunghi capelli bruni al vento, come non si sarebbe mai permessa di fare nel collegio, e bussò delicatamente alla porta per tre volte.
Papa!” esclamò, gettando le braccia al collo di Valjean. “Come state? Spero bene!”. La giovane percorse, in quello che parve un solo passo, tutto il soggiorno, per arrivare ad un piccolo letto di legno.
Valjean sorrise radioso, come sempre, d’altronde, quando vedeva la sua figlioletta. Ogni volta che s’incontravano, gli pareva di notarla più grande. E forse non si sbagliava.
“Sto bene, Cosette, fino troppo. Lo zio è fuori, in città… oh, come sei cresciuta!”
“Padre, è lui ad essere cresciuto!” ribatté lei, osservando il bambino che dormiva nel letto. “Erik si è fatto grande!” rise, volgendo il viso verso il padre.
Valjean, come si poteva supporre, non era stato in grado di celare l’esistenza del giovane orfano alla figlia. Nascondere un segreto così importante e così, diciamo, poco pratico da nascondere sarebbe stato pressappoco impossibile.
Ma l’uomo era rimasto assai soddisfatto del modo in cui Cosette aveva reagito alla notizia: le poche volte che aveva il permesso di fare visita al capanno, infatti, le passava per la maggior parte a seguire il bambino, che la definiva quasi una ‘mamma’.
Certo, non sempre c’era Cosette. E, anche se ci fosse stata, Valjean avrebbe continuato ad avere rompicapi su come crescere Erik: insomma, non era molto pratico con i neonati. Al latte aveva provveduto la capra del convento, per il resto Fauchelevent e Valjean cercavano di darsi una mano l’un l’altro, e finora non avevano incontrato molti problemi. Certo, alla fine avevano dovuto confessare alla Madre Superiora che stavano accogliendo un bambino nella loro capanna, ma lei non ha prestato molta attenzione alle loro parole. Si era semplicemente complimentata con Valjean per il suo gesto ‘veramente degno di un figlio di Dio’ e aveva messo in chiaro che non avrebbe potuto frequentare la scuola nel convento. Non l’aveva neanche voluto vedere. E ciò sollevava parecchio i due fratelli.
Ma Valjean sapeva che prima o poi Erik sarebbe dovuto uscire fuori dal capanno, o peggio, dal convento. Gli permetteva di mettere il naso per aria solo quando era certo che non ci fossero suore o allieve nei paraggi, o in chiesa la domenica, dopo aver appurato che i partecipanti alla messa fossero andati via. Tutto ciò non era fatto con cattiveria, ma solo con l’intento di preservarlo, quanto più possibile, dalla malvagità altrui.
L’uomo scacciò questi pensieri per un attimo, e sorrise a Cosette.
Lei era ancora chinata sul lettino, osservando il bambino dormire.
“Guardate, papa , non è bellissimo?” chiese, sussurrando.
Ora, si potrebbe pensare a questa come a una battuta sull’aspetto deforme del piccolo; ma nelle parole di Cosette c’era solo l’ingenuità di una fanciulla che vede la bellezza in tutte le cose. Specialmente in quello che era il suo fratellino, come ormai lo considerava a tutti gli effetti.
Cosette sussultò quando vide il piccolo muoversi ed aprire, lentamente, gli occhi verdi.
“Oh, si è svegliato” mormorò la ragazza, perplessa, al padre.
“Capita spesso, credo che abbia delle orecchie molto fini” sorrise lui, avvicinandosi al letto.
“Cosette!” esclamò Erik, alzandosi rapidamente.
La giovane scompigliò i capelli al bambino e gli disse, ridendo: “Guarda dove mi arrivi! Dovresti smetterla di crescere!”.
Valjean osservava la scena con un groppo alla gola. Non era mai stato un uomo particolarmente sentimentale, lui, ed aveva avuto dei trascorsi in prigione che di certo non erano serviti ad addolcire il suo carattere… ma in quel momento sorrise di cuore, guardando i due fratellini giocare insieme.
Erik non era un bambino molto allegro. O, almeno, non quanto Cosette: lei era sempre felice, e si sforzava di vedere sempre il lato buono delle cose. Lui, invece, aveva i suoi momenti bui: solitamente si trattava della mattina di domenica, in cui si isolava in un lato del capanno e pareva non voler sentire nessuno. Valjean aveva ipotizzato che fosse dispiaciuto di non poter partecipare alle messe con Cosette, e non si stupiva più di questo comportamento.
Fatto sta che quel pomeriggio fosse un pomeriggio di domenica, in quanto a Cosette era permesso vedere i suoi familiari, in via del tutto eccezionale, solo ogni tre domeniche dalle quattro alle sei.
 “Quindi sei tornata ora dalla chiesa?” le domandò affascinato Erik.
“Oh, no. Dopo la messa sono andata a mensa, nel solito angolo dei grilli* altrimenti ora sarei digiuna” spiegò lei, ma notò che il bambino aveva ascoltato solo la prima parte della sua risposta.
“Sì, ma prima sei stata in chiesa?” insistette lui.
Cosette, che non si spiegava il motivo di tanta curiosità, annuì.
“E hai mai visitato tutta la chiesa?... Intendo, proprio tutta tutta
“Sì, io… suppongo di sì” disse lei e, proprio mentre stava per domandargli il perché di tutti quei quesiti, lui chiese: “E hai visto anche l’organo?”
Pronunciò quella parola con un misto di incantato stupore e segretezza. La sussurrò, come se non avesse voluto che Valjean la sentisse.
Cosette si fece scappare una risatina per quel suo tono e gli rispose, con solennità: “Sì, l’ho visto. Ho anche premuto qualche tasto, una volta, ma poi sono finita in punizione. Lo può suonare solo l’organista, sai?”
Erik la fissò con gli occhi verdi spalancati. L’organista solo poteva avvicinarsi? Bhe, allora sarebbe diventato lui l’organista del convento. Quando lo dichiarò a Cosette, lei le rispose, sorridendo della sua aspirazione: “Ma come potresti? Hai solo sei anni! Bisogna studiare tanto, tantissimo, per diventare un buon musicista.”
Valjean, che li stata guardando in silenzio, si avvicinò e chiese ad Erik: “Ti piace molto la musica dell’organo?”. Il bambino annuì rapidamente.
“E’ quanto di più bello abbia mai ascoltato...”
La stanza fu avvolta per pochi secondi dal silenzio fin quando Cosette, che il silenzio proprio non lo sopportava, esclamò in tono divertito: “Bene, allora proporre una sfida, Erik. Ora mi metterò a cantare per te, e alla fine mi dirai cosa preferisci, se la mia voce o l’organo.”
Cosette gli sorrise, e stava prendendo il fiato per intonare i primi versi, quando il bambino si voltò, rimettendosi sul letto. “No grazie, non ce n’è motivo.”
La giovane lo guardò interrogativa, per poi voltarsi verso il padre.
“Vedi, non ha senso questa sfida,” spiegò con serietà Erik, scuotendo leggermente la testa “perché so già che non puoi vincere.”
“Oh…” sussurrò Cosette “Fa niente”. Poi si alzò ed andò verso Valjean.
“Ditemi, credete che sia…normale?” chiese “Questo suo comportamento, intendo.” specificò.
L’uomo si grattò lievemente la barba non perfettamente tagliata. “Credo che sia semplicemente così. Dopo un poco, si stanca.” spiegò.
“Ma se ha dormito fino a due minuti fa!” esclamò incredula lei.
“No, non intendo quel tipo di stanchezza…diciamo che la compagnia degli altri non lo eccita molto.” e ripeté “Dopo un po’ si stanca.”
Cosette mormorò quello che sembrava un ‘capisco’ e si voltò per guardare verso il letto.
“Padre!” urlò allarmata “Padre, non è più qui! Erik non è più qui!”
Dopo che le pupille di Valjean raddoppiarono la loro normale dimensione, egli prese per mano Cosette e corsero insieme fuori dalla capanna.
E se qualcuno lo vedesse?, si chiese disperato.
“Padre, fermatevi… dove stiamo andando?” domandò Cosette, che aveva il fiato corto per la corsa improvvisa. Valjean non seppe rispondere. Dopo due secondi di silenzio, riprese a correre, aspettandosi che la figlia lo seguisse.
Arrivarono, in un batter d’occhio, all’ingresso della chiesa. Erano talmente presi dalla ricerca che dimenticarono persino di fare il segno della croce e genuflettersi.
Gli occhi di Cosette vagavano veloci per tutta la navata, in cerca del gilet verde bottiglia di Erik.
“Oh…” mormorò, felice, ad un tratto. “Padre, aspettatemi qui, l’ho trovato!”
Poi improvvisò un incrocio tra dei passi lenti ed una folle corsa, fino ad arrivare all’angolo est della chiesa.
Osservò le grandi canne dorate che arrivavano in alto, quasi fino al soffitto. L’organo, totalmente in ombra, stava venendo reverenzialmente carezzato dal bambino.
Senza accorgersi della presenza della sorella, egli premette qualche tasto, cullato dall’estasi. Il suo volto, sebbene rimanesse degno di un diavolo, aveva un qualcosa di angelico, in quel momento.
Il suono potente dell’organo risuonò in tutta la chiesa, rimbombando sulle alte pareti.
“Shh!” gli fece Cosette, da dietro “Zitto!”. Ma lui non poteva sentire.
Teneva gli occhi chiusi, mentre le mani volavano con leggerezza sulla tastiera, improvvisando una melodia sconosciuta.
“Erik, ti prego!” riprovò la sorella, più forte.
Non c’era posto per i richiami nelle orecchie di Erik: le dolci note le riempivano totalmente.
Si disse di non aver mai provato una gioia così grande. Mai, nella sua vita, si era sentito in questo modo.
Neanche il rumore di diversi passi decisi distolse la sua attenzione dalla musica.
“Erik, via!” urlò terrorizzata Cosette, mettendogli una mano sulla spalla. “Via!”
Aveva capito, lei, cosa stava per succedere. Ma non c’era stato tempo.
La Madre Superiora era a metà navata, curiosa di capire da chi –da cosa già lo aveva intuito- provenisse quel frastuono.
Cosette, con i brividi dalla paura che le percuotevano il corpo, spostò con molta poca delicatezza Erik dallo sgabello, per sedervisi lei. Pose le mani tremanti sulla tastiera, in attesa che la suora li raggiungesse.
“Nasconditi sotto!” bisbigliò al fratello.
Erik si nascose sotto il legno massiccio dell’organo, in silenzio.
“Signorina Fauchelevent!” tuonò la Madre Superiora, in modo che il suo urlo echeggiasse ben bene per tutta la sala. “Sono molto stupita del vostro comportamento sconsiderato!”
A quel punto Valjean, che era rimasto dietro una colonna ad aspettare, raggiunse a lunghe falcate l’organo.
“Sapevate benissimo che non tollero che questo strumento sia solo sfiorato da chiunque che non sia monsieur Dubois… Ebbene?”
Il tono acido con cui parlava, metteva in risalto il suo volto arcigno, pallido come la neve, attraversato da un lungo naso aquilino.
“Ebbene?” ripeté, spazientita.
Cosette faceva fatica a formulare una qualsiasi frase di senso compiuto, in quel momento. Però si prese di coraggio e disse: “Madre, perdonatemi, vi prego… non avrei dovuto.”
“Non è stata lei. Sono stato io.” confessò Erik, uscendo da sotto l’organo. Cosette gli rivolse un’occhiata stupita, mentre Valjean aveva esaurito ormai ogni possibilità di trovare qualcosa di intelligente da dire.
La Madre Superiora, alla vista del bambino, si lasciò sfuggire un grido spaventato. Allora, inconsciamente, Cosette lo prese sulle sue ginocchia, come a proteggerlo.
“Signor Fauchelevent, a cosa devo questa…questa…questa cosa?!” esclamò la suora, indicando i due fratelli. “Chi è…?” non fece in tempo a completare la domanda che Erik la interruppe.
“Signora Suora, che senso ha questa domanda se sapete che c’è un solo minorenne di sesso maschile in tutto il convento?”
“Erik!” lo rimproverò Cosette. “Perdonate, Madre, non sa quello che dice….”.
La donna ignorò deliberatamente le scuse della fanciulla per voltarsi con ferocia verso Valjean. “Signor Fauchelevent” ripeté “Perché non mi avete detto che il vostro prezioso trovatello era… un… un essere del genere?!”
Erik, i cui occhi erano improvvisamente diventati lucidi, si coprì istintivamente la metà destra del volto con la mano. Sapeva di non essere il vero figlio di Valjean, anche se nessuno gliel’aveva mai confessato. Il bambino non era di certo quello che si potrebbe definire un bambino stupido, ed aveva intuito che non si trattava di suo padre.
Cosette, capendo il suo stato d’animo, se lo strinse al petto, carezzandogli la testa con le lunghe dita sottili.
“Voi mi avevate detto che avrei potuto crescerlo con me. Non ho infranto nessuna regola portandolo nella capanna dei Fauchelevent, Madre” affermò deciso Valjean.
“Sapete benissimo che, se lo avessi veduto, non avrei mai accettato. Vorrei dire che mi dispiace, signor Fauchelevent –anche se mentirei- che sono costretta ad espellere vostra figlia dal collegio. Dovete lasciare tutti e tre il Petit Picpus, ed immediatamente. Vostro fratello potrà rimanere, se lo aggrada. Dopotutto abbiamo ancora bisogno di un giardiniere.” concluse, rivolgendo uno sguardo severo ai due sullo sgabello.
Anche Cosette era ormai in lacrime. Valjean la guardò con tristezza, prima di prendere per la mano lei ed Erik, alla volta della capanna.
“Sarà fatto, Madre Superiora.”
Durante il percorso lungo la navata, uno solo dei tre si voltò ancora verso la suora: Erik, con gli occhi a fessura, pieni di rabbia e rancore. 
 

 
 
*Nel capitolo del libro dedicato alla vita in Convento, Hugo specifica che il refettorio si divide in quattro angoli, denominati così dalle bambine: quello dei ragni, dei grilli, dei bruchi e dei millepiedi.
 
 




 
Angolo dell’autrice
Eccoci al secondo capitolo! Diciamo che non si entra ancora nel vivo della storia, ma mi pareva d’obbligo fare una breve parentesi sul periodo passato dai tre al Petit-Picpus. E anche perché be’, un Erik senza la passione della musica non è Erik u.u
L’immagine di lui bambino che suona l’organo nella chiesa infrangendo tutte le regole mi sembrava molto azzeccata per il personaggio.
Soprattutto si introduce il pucciosissimo rapporto tra fratellini di Cosette ed Erik.
Bene, sappiate che dal prossimo capitolo inizierà la vicenda vera e propria… preparatevi!
Un grazie enorme a chi ha letto e/o recensito e a tra cinque giorni,
rosa_bianca
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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