– Non vedo l'ora di quando aprirà
l'estivo: sarà spaziale. Tu sei andata a vederlo? – le chiese
Stefano, eccitato come un bambino alla viglia di Natale.
– Non
mi ha ancora portata, forse domani. Ce la sta proprio mettendo tutta,
ad allestirlo bene: non vedi come è intrattabile in questi giorni? –
disse, parlando di Michele.
– Come se avesse il ciclo, davvero.
– rise lui, avvicinandosi poi verso una cliente che voleva da
bere.
– Ehi, – le diceva, strizzandole l'occhio. – Tu verrai
al nostro estivo quando lo apriremo, vero? Guarda che io ci sarò, e
me ne accorgerò se non verrai! – Lei era arrossita e gli aveva
sorriso. Diana si spostò, per evitare di riderle in faccia: da
quello che si ricordava non si era mai comportata così, forse le
generazioni cambiavano proprio.
Giacomo la chiamò
dall'auricolare,
– Arriva il boss. – le disse, preceduto da
un fischio metallico.
– Ricevuto. – rispose, andandogli in
contro. Michele entrò come un uragano,dirigendosi direttamente verso
il suo ufficio, salendo i gradini a due a due. – Qualche problema?
– gli chiese, mettendo dentro la testa.
Lui stava controllando
dei fogli, cercando qualcosa.
– Decisamente: la ditta che ci
fornirà i frigoriferi ci dà dei modelli troppo scadenti, e se ne
vogliamo
di migliori alzano l'affitto all'inverosimile; quelli
che abbiamo qui li abbiamo acquistati, ma mi sembra di ricordare che
prima che arrivassi li avevano in comodato d'uso, devo solo trovare
qualcosa, una fattura qualsiasi.
Sapeva che non c'era niente che
potesse fare per aiutarlo, così scese ad assicurarsi che tutto
stesse filando liscio.
– Agnese, – le chiese, fermandola,
dopo aver controllato che in sala non ci fossero bicchieri
abbandonati, – vai a riempire la vasca del ghiaccio tritato di
Gianni, per favore, e digli che ti mando io: chiedigli se ha tempo di
tenerti lì con lui, per farti vedere qualcosa.
Agnese era l'unica
cosa per cui lei e Michele avevano discusso: lui diceva che se voleva
stare sul banco avrebbe dovuto fare un corso, serio, come aveva fatto
lei e come avevano fatto tutti i baristi che lavoravano lì; Diana
invece insisteva sul fatto che le stava semplicemente facendo fare le
ossa, e che sarebbe stata proprio Agnese a comunicare, un giorno, che
si era iscritta a un corso per bartender. Però tutto sommato lui le
aveva dato carta bianca quando non c'era, se voleva poteva lasciarla
sul banco se non avesse interferito con il normale lavoro.
Poi
discutevano regolarmente, ma quello era un bene: poteva sfogare in
quelle discussioni tutta la sua insoddisfazione repressa, ed evitare
di arrivare a momenti tanto folli come era accaduto in passato.
Diana
ricordava benissimo il loro bacio, anche se fingeva di non farlo, ma
era sicura al novantanove per cento che lui lo aveva completamente
rimosso: sennò non si sarebbe mai comportato normalmente con lei,
conoscendolo. E invece Michele si comportava come se niente fosse,
anzi, da un po' di tempo a quella parte i suoi momenti di dolcezza
erano aumentati, a volte mentre guardavano un film si sedeva accanto
a lei lasciando che Diana si appoggiasse sulla sua pancia, altre
volte si lasciava abbracciare mentre fumavano una sigaretta, nei
momenti in cui era particolarmente nostalgica. E tutto quello per lei
era un nettare e una droga insieme, e se non avesse avuto Agnese,
come pretesto per litigarci un po', sarebbe sicuramente impazzita di
frustrazione.
Perché lei invece ricordava tutto, il modo stupendo
in cui Michele l'aveva baciata, e si sarebbe fatta mozzare un braccio
pur di riviverlo.
Inaspettatamente dall'auricolare le arrivò la
sua voce, resa ancora più roca dall'apparecchio, e si bloccò
allarmata, come se lui avesse potuto spiare i suoi pensieri.
Si
allontanò dallo sguardo indiscreto di Stefano, che stava seguendo la
scena.
– E così ne hai anche tu uno, eh? – balbettò
imbarazzata, cercando di scacciare dalla mente i pensieri dove lui la
baciava.
– Cosa pensavi, che fosse una tua esclusiva?
– No,
sono contenta che alla fine ti sei arreso alla mia idea.
Lo sentì
sbuffare chiaramente, e il fischio quasi la assordò, ma lei sorrise
soddisfatta.
– Non cantare vittoria: – le stava dicendo, –
ne ho chiesto uno solo perché così posso parlare con te senza
correre in giro a cercarti. Domani dovremmo a venire a controllare le
scorte, ma se è tranquillo potete farlo anche stasera, così inviamo
direttamente l'ordine.
– Ricevuto, lascio Agnese al banco e mi
porto uno dei ragazzi.
– Sempre di testa tua, eh, Daiana?
–
Tu spostavi le casse e dettavi le cose da ordinare a una cameriera,
vorresti che io facessi lo stesso? Passo e chiudo.
Stava andando
verso Gianni, ma Stefano le si parò davanti.
– Allora, – le
disse, studiandola. – era Pietro? Non Giacomo, vero? Cosa
voleva?
Diana non capì, dedicandogli una smorfia dubbiosa, e lo
schivò avvicinandosi a Gianni.
– Era Michele, – gli disse
camminando, mentre lui le stava dietro, – mi ha detto che possiamo
fare l'ordine stasera.
Era davanti a Gianni, ma Stefano la fermò,
prendendole il polso.
– Non ci posso credere, era Michele? –
Si avvicinò al suo orecchio – Lo sai che avevi la stessa faccia
che fa Paola quando parla con Fabio?
Diana si gelò. Quella
cameriera con la sua immensa cotta erano sulla bocca di tutti. Lo
fulminò con lo sguardo, e poi si rivolse a Gianni:
– Stefano
viene ad aiutarmi nel magazzino: mettiti tu al suo posto, per favore.
– disse, e poi con un cenno si fece seguire da Stefano.
Non
sapeva davvero cosa dirgli, ma di sicuro non voleva che quello che
provava per Michele fosse messo alla gogna e ridicolizzato, con anche
il rischio che lui venisse a scoprirlo. In quei mesi nessuno si era
accorto di niente, e ora...
– Quindi? – la incalzò
Stefano.
Deglutì, e prese il block notes.
– Quindi aiutami a
spostare questa fila di scatole: devo controllare quelle dietro. –
disse freddamente.
Ogni tanto con l'auricolare chiedeva ai
buttafuori se tutto stesse andando bene, ma per il resto lavorarono
in silenzio, come se non fosse successo niente. Diana era
paralizzata: lei non era Paola, non aveva vent'anni e non aveva una
cotta. Lei era innamorata di una persona che attualmente significava
tutto nella sua vita.
Furono talmente svelti da finire l'elenco
prima del previsto, controllando anche le scorte dei fusti,
portandosi avanti per la volta successiva, e Stefano le propose una
sigaretta.
– Andiamo, vuoi ignorare quello che è successo
prima? – cercò di smuoverla, spingendole il pacchetto fin sotto al
naso.
Diana sbuffò e ne prese una.
– Guarda che prima non è
successo niente: a cosa ti riferisci? – cercò di sviarlo. Stefano
sollevò le sopracciglia eloquentemente.
– A te che parli con
Michele e arrossisci. – Lei, allarmata, gli diede uno spintone, e
poi si assicurò che il microfono dell'auricolare fosse spento. –
Sai, – continuò lui, accarezzandosi il pizzetto. – questo
vorrebbe dire che ho perso un po' di soldi, dato che io avevo puntato
su Pietro, e mi secca che Gianni e Agnese abbiano avuto ragione, dal
momento che mi sono sempre vantato di conoscerti meglio io.
Sbarrò
gli occhi,
– Scusa, ma cosa stai dicendo? – balbettò.
–
Allora, – sbuffò, dovendo rispiegare tutto, – io ho scommesso
che sarebbe successo qualcosa tra te e Pietro, il buttafuori, Fabio
ha puntato su Giacomo, e Gianni e Agnese su Michele. Ti è tutto
chiaro? Dannazione, certo che si trattava di Michele, sono uno
stupido.
Era sconcertata, avevano davvero scommesso sulla sua vita
sentimentale?
– Perché non Michele? – si limitò a
chiedergli, accedendo la sigaretta.
Stefano sorrise sotto ai
baffi.
– Colpa mia, sono un po' troppo poco romantico, alle
favole preferisco del buon sano sesso, e dopo la partita di calcetto
indirizzerò qualsiasi donna da Pietro. – Osservò la sua
espressione sconcertata e specificò: – Le docce, si scoprono molte
cose, sai? – Mimò una misura enorme distanziando le due mani,
facendola scoppiare a ridere imbarazzata. – È che tu e il Boss...
sì, vi vedrei bene insieme, forse troppo: ecco perché ho puntato su
Pietro.
Diana spense la sua sigaretta.
– Mettiamo le cose in
chiaro, Stefano: tu non hai visto niente. Se ho fatto una faccia
strana forse era perché ero distratta, se sono arrossita era perché
faceva caldo. E soprattutto non vedrai niente. – Gli strizzò
l'occhio e fece per rientrare. – Ah, comunque... – Mimò lo
stesso gesto che aveva fatto lui per descriverle le qualità di
Pietro. – Non credo che potrei sopportarlo.
Di fatto, però, non
riuscì più a guardare negli occhi il buttafuori senza reprimere una
risata.
– Quindi questa sarebbe l'idea di “cena aziendale
per festeggiare l'apertura dell'estivo”? – Fabio osservava
dubbioso la tavolata della festa di paese, dove il loro gruppo, in
mezzo ai pensionati che si sgranchivano per il liscio, stonava
decisamente.
– Mangiati quella salamella e stai zitto. – lo
riprese Michele, – Poi ti ho detto che dopo ti porto in un locale,
dove volevi mangiare? In pizzeria, come con i compagni delle medie? –
borbottò, prendendolo in giro.
La sera prima il Daiquiri aveva
chiuso ufficialmente i battenti per la stagione, e quel venerdì ci
sarebbe stata l'inaugurazione del Daiquiri Frozen, come ormai tutti
avevano ribattezzato l'estivo contrariando Michele; visto che secondo
lui quel “frozen” non avrebbe ricordato per niente l'atmosfera
quasi caraibica che avevano ricreato, con tre piste da ballo su cui
avrebbero suonato Dj e generi musicali diversi, intervallati da
piscine e una zona con la sabbia. Il trio delle meraviglie, Stefano,
Gianni e Fabio, avrebbe dominato dalla postazione bar principale;
Diana si sarebbe divisa tra quella e un'altra verso le piscine, in
base alla serata e all'affluenza; erano stati assunti dei nuovi
bartender provenienti da altri locali che avrebbero fatto la chiusura
estiva per coprire le altre postazioni, e infine Agnese era stata
promossa a bar–back, ovvero a quella figura che approvvigionava
costantemente i bar di ghiaccio, frutta e quant'altro.
I baristi
nuovi erano per lo più ex colleghi o comunque erano conosciuti dal
resto dello staff, quindi l'avventura appariva invitante sotto a
tutti i punti di vista.
Anche la cara Cecilia faceva parte
della reunion, ma fortunatamente quella sera non era presente,
e
Diana non ne era propriamente dispiaciuta: era passata al Daiquiri
qualche sera prima, e oltre a essere una ragazza esaltata come poche,
con una pronunciata mania di protagonismo, aveva anche il brutto
vizio di prendersi un po' troppe confidenze con Michele. Diana era
rimasta inerme mentre Cecilia gli si era praticamente strusciata
addosso quando lo aveva salutato, e aveva passato tutta la serata a
stargli intorno. Ancora non gliel'aveva del tutto perdonata,
all'ignaro Michele.
Quella serata però sembrava proprio
uscita bene: oltre a praticamente tutto lo staff abituale si erano
uniti due ragazzi che avrebbero fatto parte dell'estivo, la compagnia
era allegra ma non chiassosa, il cibo buono, e lei si stava
divertendo un mondo.
E forse era lo stato d'animo generale,
perché dopo aver finito di mangiare avevano riempito il tavolo di
birre, senza fretta di scappare via, ed erano rimasti a chiacchierare
e a prendere bonariamente in giro i vecchietti che sfoderavano tutte
le loro abilità in pista.
Dopo molte eloquenti spinte da parte di
tutti Fabio aveva portato Paola a ballare, la piccola Agnese aveva
trascinato Gianni, e Giacomo stava facendo scatenare Irma, la
cassiera cinquantenne che ogni due mesi dichiarava di voler andare in
pensione, ma che di fatto era ancora lì con loro.
Da quel lato
del tavolo erano rimasti lei, Michele e Stefano, e Diana stava
provando senza molti risultati a convincere Michele a farla
ballare.
– Dai, ti porto io! – si era offerto Stefano.
–
Quanti anni hai, quindici? – esagerò, – Dai, mi sentirei una zia
che balla con il suo nipotino, sai che odio fare la figura della
vecchia babbiona. Giacomo è già impegnato con Irma e... – abbassò
la voce, – sai che con Pietro non ballerò mai, per colpa
tua.
Stefano scoppiò a ridere, stuzzicando la curiosità di
Michele.
– Perché? Che cosa è successo?
Diana arrossì, e
Stefano gli spiegò che le aveva svelato la maggior qualità di
Pietro, consigliandole un giro di giostra, aumentando ancora di più
il rossore sulle guance di lei, che cercò di ritrovare il contegno
bevendo un sorso di birra e schiarendosi la voce.
– Dai, –
tornò in carica con Michele, che dopo il racconto di Stefano la
guardava stranamente divertito, – sarebbe l'unica occasione di
ballare con te dopo più di dieci anni: dici che con i ragazzini non
balli, e allora balliamo con i vecchi, me lo devi.
– Vediamo se
c'è qualche canzone che mi ispira, – sospirò Michele, rimanendo
sul vago, e Stefano scattò in piedi, correndo verso il palco.
–
Oh cielo, – lo guardava Diana, – cosa vuole fare? Questa non è
una serata karaoke, dove puoi chiedere i pezzi che vuoi! – gli
disse, quando tornò a sedersi accanto a loro.
– Ehi, l'ho fatto
per fare alzare il vecchio culo del Boss dalla sedia:
ringraziami.
Suonarono ancora un paio di canzoni ma Stefano
scuoteva la testa: la sua non era ancora arrivata.
Il cantante poi
prese una pausa, e finalmente annunciò al microfono, mentre
l'orchestrina accordava gli strumenti:
– Una richiesta dal
pubblico: Boss fai ballare... Daiana. – disse, mentre le
trombe iniziavano a intonare Diana di Paul Anka.
Lei scoppiò a
ridere, e Michele si alzò porgendole finalmente la mano.
– Non
ti lamentare se ti pesto i piedi, – l'avvisò mentre raggiungevano
la pista.
Diana non riusciva a reprimere il sorriso felice, e
anche se non sapeva bene come ballare la canzone lasciò che lui la
guidasse, dimostrando delle inaspettate capacità.
– Allora è
vero che ti scateni con i vecchietti. – lo prese in giro, dopo
essersi abituata al ritmo.
Quella canzone, in particolare, le
aveva sempre ricordato lui: gliel'aveva fatta sentire una sera, dopo
poco che si erano conosciuti, per spiegarle che la chiamava “Daiana”
non in onore della principessa; e mai come in quel momento il tema di
quella canzone le faceva venire i brividi: come ascoltare quell'amore
con quella differenza di età e senza rimanerne coinvolti?
–
Quindi Daiana è la ragazza più giovane di lui di cui si è
innamorato? – si azzardò a chiedergli, maliziosa.
Michele fece
uno strano sorriso.
– Ti confondi con la versione di Celentano:
nell'originale Daiana è più grande di lui. – Rimase imbambolata:
non era possibile, era sempre stata convinta che... – I'm so
young and you're so old... – intonò piano lui, praticamente
senza cantare da tanto la sua voce era bassa.
Diana scoppiò a
ridere, nascondendo il volto contro la sua spalla.
– Non ci
posso credere, e io che ti volevo prendere in giro: che gran figura
di merda!
Come se li avesse sentiti, il cantante, allungò la
canzone includendo la versione italiana, provocando così quasi una
ola tra i vecchietti; e Diana si prese così la sua piccola vendetta,
canticchiandogli allegramente:
– Certo non ne ho viste mai
belle e sexy meglio di lei, ma a me sembra che lei è un po' troppo
giovane per te...
Michele sbuffò, ridendo infastidito, e le
fece fare una giravolta.
– Guarda che la Daiana della canzone
non aveva certo ventotto anni... mi sa che sei tu, a essere un po'
troppo vecchia. – la stuzzicò.
Diana lo guardò in faccia,
vide il suo sorriso che le assicurò che stava scherzando, e decise
di ignorarlo, godendosi quello che rimaneva della canzone. Non le
importava, per lei anche la versione originale avrebbe continuato a
parlare di loro, in segreto.
– Un'altra canzone? – gli chiese,
sentendo che la musica stava finendo.
– Ancora? Ma questa erano
già due canzoni! – le fece notare, facendo un cenno a Giacomo che
stava andando a sedersi di prendere il suo posto.
Stefano
guardò la pista, e diede una gomitata a Michele:
– Non ci
credo: guarda chi è andato a ballare con Daiana!
Lui non
apprezzò molto l'utilizzo del soprannome, e guardò crucciato verso
la pista, finendo però a ridere divertito, vedendo il suo volto
imbarazzatissimo mentre ballava con Pietro.
– Giuro che l'avevo
lasciata a Giacomo. – si discolpò, girandosi verso l'uomo, – Hai
smesso di ballare?
Lui si stava facendo aria con una tovaglietta
ripiegata.
– Non ce la facevo più, ho una certa età anche io e
ho fatto del mio meglio. Non come te, fighetta. – concluse,
dando uno scherzoso scappellotto a Michele.
– Quindi chi la va a
salvare? Io o te? – si preoccupò Stefano, richiamando la sua
attenzione.
– Nessuno, lasciala nel suo brodo. – Ma poi cambiò
idea.
Era finalmente riuscita a superare l'imbarazzo di stare
con Pietro, o almeno a mascherarlo, quando comparve Michele.
–
Siete rimasti solo voi a ballare, muovetevi che andiamo a bere
qualcosa. – disse, interrompendoli.
– Mi fai finire la
canzone? – gli chiese: era rimasta tutto il tempo seduta e aveva
iniziato a ballare solo da un poco, almeno voleva godersi
quell'ultimo ballo. Michele la guardò brevemente, e poi si rivolse a
Pietro.
– Posso?
Così disorientata passò nuovamente tra le
sue braccia, e quello sguardo negli occhi di Michele la obbligò a
guardare altrove, stranamente imbarazzata e felice.
– Alla fine
non mi sembravi così in difficoltà con Pietro, forse potevo evitare
di venire a salvarti.
Diana evitò di rispondergli, godendosi
quegli ultimi attimi stretta a lui, prima che il ritmo della canzone
aumentasse.
– Sai, questa canzone la canteresti meglio tu. –
dichiarò, mentre iniziava a farla girare. – Il cantante ha una
voce troppo pulita per fare Buscaglione.
Girò e rigirò, per
ritornare sul finale tra le sue braccia.
– Buonasera
signorina, kiss me goodnight.– l'accontentò Michele, sempre a
mezza voce, liberando in quelle ultime parole il ricordo di Fred
Buscaglione, e della voce forse un po' meno roca della sua. E poi,
inaspettatamente, la fece scendere in un casché posandole un veloce
bacio tra la guancia e le labbra. – Forza, andiamo. – disse,
tornando dritto, come se quel bacio avesse solo fatto parte di una
coreografia.
Un'altra voce che si aggiungeva alla già lunga
lista di cose da evitare di pensare, cose che però occupavano la
maggior parte dei suoi pensieri. Parzialmente, ma l'aveva baciata,
era indiscutibile, anche se poi aveva fatto finta di niente e
continuava a farlo.
– Che faccia, a che pensi? – la distolse
dai suoi pensieri a fine serata, quando furono in ascensore.
Diana
lo guardò: avrebbe voluto dirgli “kiss me goodnight”, e
fiondarsi su di lui, come se si fosse trattato di vita o di morte.
Scosse la testa e improvvisò:
– Non mi ero mai accorta che
Agnese e Gianni fossero così carini insieme.
– Ti prego: non
partecipare anche tu al gioco delle scommesse. – l'ammonì.
–
Ma sei pazzo? Sapendo che l'hanno fatto con me e volevano accoppiarmi
con Giacomo o con Pietro? – Evitò accuratamente di dirgli che
anche lui rientrava nei papabili. – Non ci penso proprio.
Quando
l'ascensore si aprì si divisero, ognuno verso la propria porta.
–
Buonasera, signorina. – sentì, mentre stava entrando in casa.
–
Eh? – le uscì strozzato: forse non aveva capito bene.
Michele
le strizzò l'occhio,
– Buonasera signorina, kiss me goodnight.
– disse, mentre chiudeva la porta, lasciandola totalmente
stordita.
Entrò in casa: era ben dura ora, obbligarsi a pensare
che stava succedendo tutto nella sua testa.
Nda: Capitolo un po' musicale, ma io
adoro le feste di paese e i climi da balere :-) inoltre Diana di Paul
Anka è una delle mie canzone preferite di sempre, e se devo
essere onesta nonostante io parli l'inglese abbastanza bene per una
dozzina di anni minimo anche io l'ho sentita pensando seriamente che la
più giovane fosse Diana. Ed ero un po' ispirata alla canzone,
scrivendo questa storia; poi mi sono accorta che lui in realtà
le dà della vecchia :-P poco tatto, eh, Paul Anka? ;-) Scherzo
ovviamente, Diana è una delle canzoni più belle di
sempre, e detto fuori dai denti nonostante molte canzoni di Celentano
mi piacciano questa è inascoltabile: biondorosa morbidosa cotta
al dente? ...
Chiudendo la mia divagazione musicale... spero che il capitolo vi sia
piaciuto, grazie a chi mi legge e ha inserito la mia storia nelle
seguite/preferite; e ovviamente grazie a Bloomsbury: ogni singola
recensione che mi hai lasciato è stata una sorpresa! Grazie!
Passo e chiudo, ciao a tutti, alla prossima e
Pace Amore e Gioia Infinita!
[Ovviamente anche questa è una citazione ;-) ]