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Autore: BetelgeuseIV    23/09/2013    0 recensioni
John Riemann è un astrofisico che attraverso le pagine di un diario autobiografico racconta la storia di se stesso e del suo fratello gemello, attraverso l'intreccio racconterà come i due fratelli quando erano poco più che bambini siano riusciti a possedere il potere di viaggiare nel tempo e nello spazio. Inoltre il protagonista vivrà nuovamente la sua crescita spirituale rapportandosi con la sua "abilità" e con un fratello dal comportamento imprevedibile e poliedrico. Più che un avventura per ragazzi questo racconto è interessato ad approfondire cosa si provi a sentirsi improvvisamente "speciali", sviluppando quindi un possibile e stranamente verosimile susseguirsi di eventi che passo dopo passo disegnerà agli occhi del lettore la figura magistrale e paradossalmente integra del protagonista.
Genere: Science-fiction, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano le 11:35 del 7 novembre del 2015, se provate a chiedermi cosa feci quel giorno prima di questa ora oppure cosa mangiai per cena, per quanto mi impegni non riesco a ricordarlo, al contrario tutto ciò che accade dopo è come se fosse luce nel buio, ricordo ogni passo che feci e ogni respiro che strozzai per l'emozione: qualsiasi cosa. Questo diario è la raccolta di vari appunti che riguardano la mia vita scritti e riscritti innumerevoli volte, non so a quanto possano servire ai posteri, ma è giusto che sappiate cosa ho vissuto negli ultimi 43 anni della mia esistenza, magari quello che per me è stata paura, disperazione e odio per voi potrà essere intrattenimento, emozione e stupore.
Buona lettura
John Riemann

La nostra stanza puzzava perennemente di calzini sporchi, per quanto si potessero lavare pavimenti e spolverare mensole non si riusciva mai a debellare definitivamente quel puzzo terrificante. D'altro canto però ci eravamo abituati e senza non riuscivamo più ad addormentarci. Quella sera l'odore era particolarmente distinguibile, ma come avrete capito non fu certo questo aspetto che rese unica quella notte. Sulla parete di fianco ai letti a pochi centimetri dall'armadio apparve una proiezione di un rosso sfocato che portava su scritto:
11.35
7 nov 15
nuv

e sul fianco vi era una piccola icona che indicava che il tempo fosse nuvoloso, lasciai il pulsante della sveglia e la proiezione sparì.
"Psss ehi Ryan... ehi! Sei sveglio?"
"No!"
"Dai fai meno il cretino..."
Ryan è sempre stato ai miei occhi il tipo più energico che abbia mai visto, bastava però che si appoggiasse su un letto che ormai lo avevi perso; quella sera qualcosa teneva svegli entrambi, ma non sapevamo cosa. Così insistetti:
"Dai Ry almeno girati!"
Mio fratello di risposta accolse dentro di se tutta la rabbia repressa e si girò il più lentamente possibile (doveva almeno farmela pagare in quelche modo) così dopo che si fu girato completamente e io potessi vederlo bene in faccia disse in modo secco:
"Che c'è?"
Fu strano, ma mi accorsi solo allora quanto fosse identico a me; siamo gemelli omozigoti, ma se c'era una possibilità di essere ancora più identici noi eravamo quella possibilità, eravamo come due anime in un unico corpo sdoppiato, neanche noi trovavamo le differenze.
"Hai fatto anche tu lo stesso incubo?"
"Ma che domande sono?! Che ne so che incubo hai fatto tu, ma poi che vuoi fare, vogliamo chiamare la mamma?"
Per quanto fosse paradossale l'idea che avevo in testa ero convinto che l'incubo di quella sera aveva qualcosa di più ed ero certo che Ryan avesse sognato la stessa cosa, così ignorando il suo sarcasmo continuai:
"Hai praticamente detto che hai fatto un incubo, dai parlamente..."
Ryan apparve sorpreso e per un attimo rimase interdetto, solo alla fine con un espressione che gli vidi fare sole poche volte in tutta la mia vita disse:
"C'era una donna coi capelli rossi, si avvicinava a me e io restavo perfettamente immobile poi dalla borsetta tira fuori un biglietto con su scritto semplicemente "viaggio", abbiamo chiacchierato e infine scompare improvvisamente come se fosse trascinata da qualcosa... Da allora non riesco più a dormire"
Si possono contare sulle punta delle dita le volte che sono riuscito a vedere un po' di sensibilità da parte di mio fratello, ma come in ognuna di quelle volte anche allora la magia svanì tanto rapidamente che non ebbi nemmeno modo di sorprendermi dall'incredibile somiglianza del suo incubo col mio.
"Magari se ti stai zitto ci riesco" e detto ciò sparì dietro le coperte dandomi nuovamente le spalle.
Ricordo chiaramente che quello che stava accadendo mi stava oltremodo eccitando, era tutto così misterioso e il mistero è un arma potente per la fantasia di un bambino; così mi fu facile cimentarmi in avventure mozzafiato con mio fratello alla ricerca di una spiegazione per questi fenomeni. Mentre guardavo il soffitto stellato della mia stanza mi tornò in mente il nostro incubo e per un attimo chiudendo gli occhi tornai nuovamente in quel che ora sembrava più un ricordo che una realtà frutto della mia immaginazione.  Mi trovai quindi in quel luogo completamente bianco, illuminato da una luce soffusa che rendeva tutti i contorni meno chiari in lontananza, ed eccola di nuovo la donna dai capelli rossi che si avvicina a me con un passo allegro, come se invece di camminare compiesse piccoli balzi e come le ciocche ondulanti ad ogni balzo si nascondessero timidamente dietro le sue spalle esili. Tenendo ancora gli occhi chiusi, sorrisi improvvisamente ricordando il tintinnio che provocava in quel luogo la sua risata e, una volta abbastanza vicina per vederla, mi accorsi che era semplicemente splendida. Poi la parte dell'incubo più enigmatica dove la donna ci consegnava quel biglietto con su scritto con finissimo corsivo italico la parola "Viaggio"; e infine quella che più detestavo, la detestavo a tal punto che volevo improvvisamente smettere di ricordare, ma le immagini rimasero stampate nella retina, le immagini di quella donna che con un espressione spaventata spariva nei meandri di quel luogo, che nel frattempo si era impregnato di un nero pece rendendo anche i capelli della giovane meno rossi di quanto essi apparivano. Poi aprii gli occhi, sbarrandoli almeno per qualche secondo, come se mi fossi svegliato di nuovo da quell'incubo, ma qualcosa mi distrasse: una farfalla entrò improvvisamente nella stanza compiendo le sue traiettorie improbabili attorno alla lampada e per calmarmi contai quanti giri compiva, poi convinto che anche Ry non stesse dormendo dissi:
"Ehi Ry che facciamo la cacciamo fuori?"
Ryan ed io eravamo del Missouri, la nostra famiglia di origine tedesca si trasferì qui seguendo la fortuna lasciata da un lontano parente di mio padre: un terreno, non più grande di un campo di football, dove coltivavano grano e frumento. Dato che il denaro non bastava mia madre sfruttò la sua laurea in matematica per trovare lavoro come maestra in una scuola in paese, dove col suo stipendio manteneva l'intera fattoria; detto ciò non appare un mistero che una farfalla potesse entrare nella nostra stanza e per la stessa ragione conoscevo già la sprezzante e colma d'odio risposta di mio fratello:
"Sì! Magari... Però mi prometti che caccerai questa e le prossime centocinquata"
Ignoravo la sua risposta, mi bastava sapere che come me era ancora sveglio. Intanto la farfalla aveva appena compiuto quattro giri in senso orario e tre in antiorario, a quel punto mio fratello si girò guardando anche'egli l'insetto e rassegnato dall'idea di non riuscire a dormire alzò le mani verso il soffitto come per sgranchirsi, fu in quel momento che accadde l'impossibile... Il piccolo insetto fu improvvisamente avvolto in una bolla fluorescente, di un colore simile a quello del mare nei pomeriggi primaverili, poi si mosse all'indietro compiendo prima i tre giri in senso anti orario, quindi in senso orario, e poi quelli in senso orario, che come si è capito furono compiuti in senso anti orario, una volta finito svolazzò al contrario e sparì dalla finestra. Dalla fessura ancora pulsava la luce azzurrina che poco prima aveva illuminato la nostra stanza, quando si spense restammo lì a fissare la finestra per un altro paio di secondi quando eccola arrivare nuovamente, la stessa farfalla che entrò e fece esattamente lo stesso movimento di poco fa. Non ci voleva un genio, ma mio fratello Ryan aveva appena fatto tornare indietro nel tempo quella farfalla, o meglio quasiasi cosa fosse presente in quella bolla azzurra. La situazione ai miei occhi era al limite del paradossale, non era naturalmente possibile far tornare indietro le lancette dell'orologio anche solo per uno spazio infinitesimo, ma allora ero solo un bambino e ricordo che provai improvvisamente un moto di collera verso di lui, ero geloso, invidioso che lui potesse avere un "potere" che io non possedevo.
Se solo avessi saputo cosa ci riservava il futuro, avrei smesso improvvisamente di provare ciò che stavo provando e mi sarei allontanato tanto velocemente quanto le gambe me lo potevano permettere, ma ero solo un bambino e per me Ryan era come Superman, mentre io un frustrante Lex Luthor; così tolsi le coperte e gli saltai addosso, lui di risposta rimase ancora inebito da quello che era successo così gli afferrai il colletto e incominciai a scuoterlo:
"perché me lo hai tenuto nascosto? ... Cazzo Ry da quando sei capace di... di..."
Mi mancavano le parole, inoltre avvertivo che il sangue mi stava salendo al cervello annebbiandomi improvvisamente la vista:
"... Di questo, come riesci a farlo? Spiegamelo!... Dimmi come fai..."
Ma lui non riusciva a proferir parola, si limitava a fissare un punto vuoto con la bocca aperta, come se avesse visto un fantasma; girai lo sguardo, ma come si poteva immaginare non vi era nulla che potesse attrarre l'attenzione: era chiaramente sotto shock e alzare la voce non aiutava:
"... Cosa guardi?! Ehi! Mi rispondi si o no?... Vaffanculo Ryan..."
E così gli sferrai un pugno in pieno volto; ricordo che il dolore alla mano fu terribile, ma il suo volto era conciato peggio e la cosa per un attimo mi fece riflettere, il tempo necessario a mio fratello di risvegliarsi e rispondermi:
"Non lo so, OK?!... Che diavolo ti prende, fanculo a te..."
Poi mi prese alla gola col tentativo di strozzarmi, tutto il sudore e il sangue sul volto non riuscivano a nascondere la sua espressione e per un attimo ebbi paura di morire: non sembrava intenzionato a fermarsi. I contorni di mio fratello, già annebbiati per il furore, presero a scomparire in mancanza di ossigeno, avvertivo che stavo per svenire, così in preda al panico incominciai a lanciare pugni alla ceca, ma Ryan riusciva ad inglobarli in sfere fluorescenti in modo che tutti i miei attacchi tornassero indietro nel tempo, non arrivando mai a colpire il bersaglio:
"Smettila caz.. pfff"
Un suono indistinto di passi si avvertiva salire su per le scale: qualcuno si stava avvicinando, probabilmente mia madre; avvertii improvvisamente la necessità di nascondere tutto questo: la nostra lite, il potere di mio fratello, nessuno doveva vedere e nessuno doveva sospettare; ma mio fratello non mollava la presa, un altro passo e mia madre avrebbe saputo tutto, dovevo impedirlo a tutti i costi.
Aprii la porta: "No mamma, tutto ok! Stavamo solo litigando su chi fosse il migliore tra Batman e Superman... Continua a guardare la televisione" dissi richiudendola dietro le sue spalle, poi quando mia madre non potesse guardarmi presi a respirare profondamente mantenendomi sulle ginocchia, in quel momento mio fratello era sceso dal letto e mi guardava nuovamente inebetito, io lo ignorai e dissi:
"Stammi lontano... Non so come hai ottenuto questo tuo potere, ma è meglio che lo teniamo nascosto"
Avvertivo che entrambi avevamo perso le staffe, ma un altro minuto e mio fratello mi avrebbe ucciso, sapevo quindi che era necessario dormirici su prima di ragionare sull'accaduto:
"Ti sei almeno accorto di cosa hai fatto imbecille?"
Era mio fratello Ryan, ma non sapevo a cosa si riferisse così lo guardai con un espressione interrogativa e lui di risposta rimase sbalordito, aprendo la bocca più e più volte, come se non riuscisse a trovare le parole:
"Cioè... Scusa, non te ne sei proprio reso conto?"
"Reso conto di cosa?"
"John ti sei teletrasportato... Un attimo ti stavo strozzando, un attimo dopo stringevo l'aria mentre tu rassicuravi la mamma, è stato incredibile John dico sul ser..."
Non lo ascoltavo più, questa volta per davvero; non lo ascoltavo perché pensavo a come fossi riuscito a coprire appena tre metri in un attimo. All'inizio non ci avevo pensato, come se fosse normale, come se fossi improvvisamente riuscito a divincolarmi dalla presa di mio fratello e a rassicurare la mamma, ma non era così. Avevo viaggiato nello spazio, per di più inconsapevolmente, come se lo sapessi fare da sempre. Così dimenticai tutto: il rancore e le invidie provate verso mio fratello, improvvisamente nulla importava, anche io avevo il mio potere e dovevo provarlo di nuovo. Mio fratello nel frattempo continuava ripetere "incredibile" oppure "eccezionale" mentre cercava un qualcosa per potersi togliere il sangue dalla faccia, così sorridendo tra me e me incominciai a concentrarmi su un luogo in cui potessi trasportarmi; allora ovviamente ignoravo tutte le leggi che vi erano dietro il moto di un corpo nel vuoto o in qualsiasi altro materiale, per me era facile come respirare, era come una mia seconda natura che non avevo mai esplorato, come se un uccello avesse improvvisamente imparato a volare.
La sensazione che però provavo nel "viaggiare" era difficile da descrivere: avvertivo come ogni molecola del mio corpo si stesse staccando dalle altre, per poi scomparire da un luogo e trovarsi in un altro, infine queste si ricompenevano proiettando i miei sensi nel nuovo ambiente e dandomi quindi la coscienza di essermi trasportato nello spazio, inoltre più lontano mi trasportavo maggiore era il senso di smarrimento, ma era momentaneo e in ogni caso non temevo alcuna conseguenza.
Così mi concentrai per potermi trasportare in giardino e un attimo dopo avvertii dapprima l'odore di grano, poi la sensazione di vento novembrino sulla pelle nuda delle braccia e infine la possibilità di poter vedere la nostra casa dall'esterno, ma soprattutto la capacità di sentire i latrati di Baxter, un Rottwailer che ci faceva da guardia:
"Baxt sono io John" ma non riuscivo comunque a calmarlo e per la stessa ragione mio padre stava per uscire con un fucile imbracciato,
"Al diavolo!" così mi teletrasportai nuovamente nella stanza, con la stessa procedura di prima.
"Sei stato a fare tu tutto quel casino eh?!"
"Sì" ci guardammo seriamente in faccia prima di scoppiare a ridere.
Quella notte non riuscimmo comunque a dormire perché restammo tutto il tempo a parlare sui nostri poteri, ma soprattutto sulle conseguenze che ne comportavano; ma come da manuale ignoravamo il nostro futuro, ignoravamo che la possibilità di viaggiare nel tempo e nello spazio non ci rendeva dei supereroi, ma dei condannati... Condannati alla peggiore delle esistenze; non sapevamo che sopra le nostre teste pendesse il più terribile degli orologi, che secondo dopo secondo decretava la nostra fine...
  
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