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Autore: Lyrael    23/09/2013    2 recensioni
Sotto un cielo stellato, Harry pensa e prende decisioni. Draco invece aspetta...
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
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6 - Supposizioni

A una settimana dall'incidente, Draco era tornato quasi come nuovo. Ma se le ingiurie fisiche erano guarite, per quelle che si portava dentro ci sarebbe voluto un po' di più.

Aveva ripreso i suoi doveri di Prefetto, forte del fatto che in coppia con la Granger o con gli altri di Ravenclaw o Hufflepuff sarebbe stato al sicuro. Oh, di quello ne era certo, come del fatto che l'altro prefetto di Slytherin, il suo ex-amico Zabini, non si sarebbe arrischiato a fargli del male mentre pattugliavano il castello insieme. Sarebbe stato oltremodo stupido, e Zabini lo sapeva.

Draco continuò comunque a stare all'erta durante la giornata, ma sembrava che i suoi compagni di casa si fossero stancati di tenerlo costantemente d'occhio.

Notò anche che spesso si trovava in mezzo a gruppi di ragazzi delle altre case, o che lo fermavano per discutere con lui della lezione appena ascoltata, finendo poi per congedarsi una volta giunti alla sua destinazione.

Realizzò con stupore che sembrava si fossero eletti a sua scorta. E dentro di sé ne fu assurdamente grato, se si considerava che quelle erano le stesse persone che aveva dileggiato e angariato per anni. Era come se il fatto di essere un reietto e aver subito un attacco fisico, gli fosse valsa la simpatia e la comprensione di coloro che prima disprezzava e che di solito l'avevano temuto e odiato.

Certo, poteva sempre trattarsi di pietà, ma finché quell'atteggiamento gli salvava la pelle, decise che non gliene importava un fico secco.

In più, sottilmente, era anche un messaggio per chi meditava di ripetere l'esperimento con altri ragazzi, come a dire 'sappiamo chi è stato, non riprovateci, la prossima volta non ci limiteremo a guardare'. E i suoi compagni di Casa se n'erano resi pienamente conto. Dopotutto, erano Slytherin, si disse con amarezza.

E poi c'era Potter.

Continuavano a studiarsi da lontano e Draco si accorse di cercare lo sguardo e la presenza dell'altro con sempre maggior frequenza. Contando anche il numero di volte che l'aveva sorpreso a fare lo stesso, si convinse che molto probabilmente, dietro a tutta quella 'simpatia' da parte di tre quarti della scuola, ci doveva essere un codice di adeguamento al comportamento della sua nemesi.

A circa un mese dalla ripresa delle sue normali attività, si ritrovò una sera a pattugliare i corridoi da solo. Avrebbe dovuto essere in coppia con Goldstein, il prefetto di Ravenclaw, ma all'ultimo momento il ragazzo si era sentito male ed era corso in infermeria. Sul momento Draco aveva pensato fosse un altro dei trucchetti degli Slytherin per isolarlo e attaccarlo di nuovo, indisturbati, ma dopo mezz'ora di ronda in cui non era successo nulla, si permise di rilassarsi un po'. Si diresse verso i piani alti, per passeggiare in pace nei corridoi deserti e illuminati dalla luna, che occhieggiava dai finestroni colorati.

Senza quasi rendersene conto, si ritrovò davanti alla porta che conduceva alla torre di Astronomia.

Un gelo improvviso gli scese sulle membra al ricordo della cosa che più di ogni altra avrebbe voluto dimenticare. Dopo un attimo si riscosse e, anche se sentiva rivoli di sudore freddo scorrergli giù per il collo, decise che non poteva andare avanti così: prima o poi avrebbe dovuto affrontare l'accaduto.

Draco non era mai stato particolarmente coraggioso: la determinazione che l'anno precedente l'aveva sorretto era più frutto della disperazione per sé e la sua famiglia, che di una reale e consapevole scelta. Ci aveva riflettuto tanto a lungo, che era stupido continuare a mentirsi.

Prese un respiro profondo, quanto glielo consentì il groppo che aveva in gola, e allungò una mano sudata e tremante verso la maniglia della porta. Non sapeva dove avrebbe trovato la forza di arrivare in cima alla torre, ma decise che, pur di farcela, si sarebbe trascinato per le scale, avesse dovuto metterci anche tutta la notte.

Non si accorse di aver cominciato a piangere, silenzioso, mentre si forzava a salire i gradini che portavano alla stanza maledetta.

Arrivato in cima, ancora scosso e quasi incredulo per esserci riuscito, si accorse della strana luminescenza che filtrava da sotto la porta, ma contrariamente alla volta precedente decise di verificare con i suoi occhi di cosa si trattasse. In fondo, oramai era quasi certo che Dumbledore non si fosse lasciato dietro il proprio spettro. Era giunto fino a lì, oramai non poteva più tornare indietro.

Abbassò la maniglia con tutta la cautela che poté, poi spinse piano la porta, augurandosi che gli elfi della scuola avessero continuato ad oliare i cardini di ferro arrugginito. Quello che intravide dallo spiraglio gli fece spalancare gli occhi: piccole luci bianche si rincorrevano e sparivano dietro la porta socchiusa, senza che si capisse il perché del movimento. Poi, gli sembrò di aver scorto la punta di una bacchetta.

Era ancora inchiodato con la mano a tener abbassata la maniglia, ma invece di lasciarla e precipitarsi giù per le scale allargò la fessura, spinto da un'insopprimibile curiosità.

Non si era sbagliato. C'era una mano che dirigeva la bacchetta e le lucine tremolanti erano molte più di quelle che immaginava. Danzavano, lievi e silenziose, al comando di quella mano, che apparteneva alla persona che più lo intrigava al momento.

Harry Potter era seduto per terra, le ginocchia raccolte verso il torace, la testa appoggiata come le spalle al muro dietro di lui, il polso sinistro mollemente adagiato sul ginocchio e il destro a disegnare figure di luce nell'aria frizzante della notte.

Draco si accorse di aver trattenuto il respiro, forse per paura o per la sorpresa di trovarsi di fronte proprio Potter, proprio lì. Lasciò di colpo la maniglia e quella scattò, riverberando il suono secco nel silenzio assoluto del buio scozzese.

Il braccio con cui Harry impugnava la bacchetta si spostò all'istante, ancor prima della sua testa, e i suoi occhi si spalancarono al vedere Draco immobile sulla soglia. Lentamente lo abbassò, continuando a fissarlo, sancendo ancora una volta quello strano patto di non belligeranza che durava dall'inizio dell'anno.

Harry continuava a fissarlo senza dire nulla e Draco si sentiva sulle spine, come se fosse lui quello beccato oltre il coprifuoco dove non avrebbe dovuto essere.

"Vuoi sederti?" risuonò la voce di Potter, che spezzò così quel momento di irrealtà.

Draco scosse la testa, esitante, ma fece un passo avanti. "No, io stavo solo..." ma non seppe come continuare. Cosa avrebbe potuto dirgli? Che era salito fin lì per affrontare i suoi incubi e demoni? Che si riteneva alla stregua di un profanatore di luoghi sacri colto in flagrante? Il pensiero che potesse tranquillamente giustificare la sua presenza come parte del suo normale giro di controllo non lo sfiorò neppure. Si sentiva, e sempre si sarebbe sentito, colpevole, su quella terrazza.

"Siediti," ripeté Harry con voce quieta.

Draco non se ne avvide quasi, ma si era già mosso verso l'altro ragazzo e si accomodò vicino a lui, rigido e titubante, mentre continuava a guardarlo.

  
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