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Autore: Strekon    22/06/2003    2 recensioni
Un oscuro incantesimo ha colpito Hogwarts. Chi sarà in grado di ripristinare l'ordine? Una storia Dark con un fondo di romanticismo....
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Finalmente qualcosa stava andando per il verso giusto

Finalmente qualcosa stava andando per il verso giusto. Hermione si era svegliata. La notizia della giovane strega ripresasi dal coma, fece il giro del mondo dei maghi che subito ritrovarono la speranza per tutti i ragazzi ancora addormentati. Prima fra tutti la signora Weasley, che sperava nel risveglio di suo figlio George. Anche Fred era uscito dal suo “rifugio” ed ora stava sempre accanto al fratello gemello. Una chiara vena di ottimismo si fece strada in tutto il ministero. Tutto per merito di una persona. Ronald Weasley, o più comunemente Ron. Neanche da dire l’orgoglio di Percy nei confronti del fratello, anche se, come al solito, fu solo un’altra bella notizia per sfamare le “iene dell’informazione”. Per farli sentire appagati per un po’. Tutto sembrava andare per il meglio. Tutto sarebbe andato per il meglio se…

*****

Draco Malfoy quella sera tornò a casa in orario. Erano le otto in punto e lui era già a casa. Ginny questa volta non l’avrebbe sgridato. Ogni sera arrivava sempre più tardi. Erano discussioni infinite quelle che facevano sui suoi orari di lavoro. Lei sosteneva che non era mai in casa, lui che non era colpa sua ma dei turni massacranti che imponevano. Anche nel week-end, tecnicamente libero per Draco, molte volte era costretto a andare in servizio per mancanza di personale, o per cose che “solo lui può mettere in pratica”, come dicevano nel suo reparto. Ma quella sera no. Era stata una grande giornata in cui Ron si era distinto per il coraggio e l’abilità. I complimenti arrivarono sia sul ragazzo che su di lui, dopotutto chi lo aveva addestrato? Sentiva aria di promozione, e sapeva quanto la cosa facesse incazzare i suoi superiori, Holavson in particolare. Ma chi se ne importava? Ora era dalla parte giusta del ponte. Nessuno poteva criticare il suo lavoro dopo quello che aveva fatto. Anche se indirettamente. Tra due giorni ci sarebbe stata la nomina ufficiale di Battlemage a Ron Weasley. Avrebbe portato anche Ginny. Avrebbero parlato e avrebbero cercato di riappacificarsi. Sì, era un ottimo piano per gettare le basi della fiducia che Ron non aveva ancora nei confronti di Draco. Era proprio soddisfatto. Per la prima volta dopo tanto tempo si sentiva bene. Non felice, ma sicuramente molto meglio del solito.

Entrò in casa e appese la sua giacca al gancio d’oro dietro la porta.

“Ginny! Sono a casa” disse ad alta voce per farsi sentire. Nessuna risposta. Strano, di solito non faceva in tempo a finire la frase che lei era già arrivata e lo baciava. Si diresse in camera da letto pensando di trovarla addormentata. Ultimamente la vedeva sempre più stanca. Le avrebbe chiesto se c’era qualche problema la sera stessa. Si spogliò della divisa per una più comoda tuta in pile. Poco chic ma dannatamente comoda, dopo una giornata in giacca e cravatta. Raggiunse la cucina dove, finalmente, ebbe un conferma della sua presenza in quella casa. Attaccato al frigo vi era un messaggio.

Sono andata a fare compere. Stasera dobbiamo parlare. Ginny

Era fuori. Da poco a quanto pare. I negozi erano o poco più di cinque minuti da casa se si andava a piedi. Decise di mettersi avanti apparecchiando la tavola. Doveva parlargli anche lei. Quella sera sarebbe stata una serata di discussioni, allora. Draco se ne compiacque. Aveva voglia di passare un po’ di tempo con la sua Ginny a parlare e giocare a fare gli innamorati. Sarebbe stato divertente.

Prese le posate i le sistemò insieme a tutte le altre stoviglie sul tavolo. C’era troppo silenzio. Alzò la bacchetta e colpì la radio sul frigo. Una musica ritmata cominciò a suonare in tutta la cucina. Era quello che i babbani chiamavano rap. Un genere strano, pensava Draco. Non che avesse molto senso: parole a raffica senza troppo collegamento fra di loro, a volta anche banali. Ma non aveva voglia di pensarci. Decise di farsi trasportare dal ritmo e cominciò a muoversi al tempo della musica.

Aprì il frigorifero per prendere le bevande, e solo allora notò un bloc-notes aperto poggiato accanto alla radio. Afferrò le bottiglie con una mano sola, mentre con l’altra prendeva il bloc-notes e con un piede chiudeva il frigorifero. Erano appunti di Ginny. Aveva diviso una pagina a metà. Sopra ad ogni colonna stava una lettera in stampatello e cerchiata. Una M a sinistra e una F a destra. Sotto le lettere in ogni colonna, Ginny aveva riportato alcuni nomi. Draco si sedette e cominciò a leggere.

Julian, Ernest, Robert, Simon, George, William, Albert, e la lista continuava per altre tre righe almeno. Sull’altra colonna la strana sequenza di nomi continuava.

Sharon, Tamara, Eve, Jennifer quest’ultimo era stato cancellato con una riga sopra Brenda, Phoebe e via così sempre per qualche riga. Draco stappò una bottiglia di birra e cominciò a berne un po’, mentre fissava ancora il foglio pieno di nomi.

Forse sta organizzando una festa pensò Draco, ma allora perché dividere i nomi in due gruppi? Forse alcuni erano da invitare ed altri no, ma allora perché aveva già cancellato un nome dalla colonna di destra? Forse era indecisa su chi invitare e allora li aveva divisi in gruppi. Sì, doveva essere così, anche se…a destra erano solo uomini. E a sinistra donne. Che siano coppie? Ma perché le ha divise? Non aveva molto senso…Alzò la bottiglia e ne bevve un lungo sorso. Era indecisa se invitare gli amici maschi o le amiche femmine…indecisa…maschi e femmine…questa sera deve parlare…

Draco sputò con uno spruzzo il sorso di birra per aria. Un bambino! Ginny era incinta! Oddio, non ne era sicuro, ma tutti gli indizi…è spesso stanca, il bloc-notes, deve parlare di qualcosa…tre indizi. E tre indizi fanno una prova! Ginny incinta! Ancora non ci poteva credere. Era contento, troppo contento. Ma anche preoccupato. Non sapeva se era pronto per fare il padre. Non ci aveva mai pensato. Anche perché con i trascorsi di padre avuti…Ma era troppo felice per pensare alla sua vecchia famiglia. Ora la sua famiglia era Ginny. E fra qualche mese anche qualcun altro. L’idea di vedere una piccola Ginny correre per casa lo faceva divertire. O un piccolo Draco. O, perché no, entrambi. Con il tempo si poteva pensare ad allargare ancora di più la famiglia.

Non correre Draco. Devi ancora diventare papà per la prima volta!

Draco si costrinse a tornare in se. Si calmò dall’entusiasmo e decise di far finta di nulla. Probabilmente lei ci teneva a dirglielo di persona. Non voleva rovinare il suo piano. Ripose il bloc-notes dov’era prima e cercò di prepararsi per recitare la sorpresa quando glielo avrebbe detto. Non era ancora tornata. Erano già le otto e mezza. Draco raggiunse la porta finestra che dava sul giardino e guardò in attesa di vederla spuntare in fondo alla strada. Si era alzato un po’ di vento. Parecchio vento, a dir la verità. I panni, attaccati allo stendibiancheria, volavano qua e là seguendo l’intensità del vento. Lo stendibiancheria? Perché aveva lasciato i panni fuori ad asciugare fino a quell’ora? Il sole tramontava alle cinque, massimo cinque e mezza d’inverno e non…Cinque e mezza? Una spada gelida gli attraversò il petto. Da quanto tempo era fuori Ginny? Si maledisse per la sua cecità. Corse verso la porta, la spalancò e, senza fermarsi, si diresse in fretta verso i negozi in fondo alla strada. Raggiunse quello degli alimentari quando il proprietario stava chiudendo tutto con un incantesimo di sigillo.

“Signor Backer, aspetti la prego” ansimò Draco per attirare l’attenzione dell’uomo.

“Oh, signor Malfoy. E’ un po’ tardi per far compere. Mi spiace passi domani” disse l’uomo sorridendo.

“No, non devo prendere nulla. Ginny, ha visto Ginny oggi?” chiese speranzoso di non sa quale risposta.

“La signorina Ginny? Sì è passata” rispose l’uomo sforzandosi di ricordare la ragazza.

“E verso che ora se lo ricorda?”

“Dunque…saranno state le…quattro. Quattro e mezza al massimo”

A Draco mancò la terra sotto i piedi. Era scomparsa da quattro ore. E non sapeva dove cercarla.

“Si sente bene?” domandò il signor Backer con espressione accigliata.

“Che strada fa Ginny per tornare a casa?” chiese Draco con un filo di voce.

“Di solito passa dal parco. E’ più lunga, ma ama girare fra gli alberi quando ha un po’ di tempo” non fece in tempo a finire la frase che Draco riprese a correre verso il parco. Più correva e più pensava. Più pensava e più la peggiore delle ipotesi si faceva strada nel suo cuore. Lo vide. Vide un fagotto steso a terra vicino ad un albero. Si avvicinò e il fagotto assunse un aspetto più umano.

No, ti prego no. Dio ti prego fa che non sia lei…

Si avvicinò di più. Il corpo era sottile e magro nascosto da quegli stracci. Di fianco al corpo vi era una sporta, caduta accidentalmente a terra. Lo capiva dalle uova rotte sul marciapiede lì accanto. Si avvicinò ancora, ormai era accanto al mucchio di stracci quando sentì una bacchetta premergli sul collo.

“Ma guarda come è piccolo il mondo! Tu devi essere quell’ingrato traditore di Draco Malfoy. Figlio del grande mangiamorte Lucius. Ho indovinato?” chiese gracchiando una voce alle sue spalle.

“Che ne dici di girarti lentamente e con le mani bene in vista?” chiese la voce. Draco alzò le braccia e prese a girarsi piano finché non vide in faccia il suo “nemico”. Un uomo dai lineamenti marcati gli puntava la bacchetta contro. Non era vecchio, probabilmente l’abuso di magia lo aveva ridotto così. I suoi denti gialli si aprirono in un ghigno spietato.

“Il padrone sarà molto contento di avere Draco Malfoy, traditore al servizio del ministero, fra suoi prigionieri” il mangiamorte lo colpì con un incantesimo. Draco crollò al suolo. L’ultima cosa che vide furono gli stracci, ancora sparsi per coprire un corpo ormai senza vita.

*****

Il mangiamorte volò per aria e andò a sbattere contro il muro. Cadde a terra, lamentandosi per il dolore. L’ombra gli fu subito addosso. Lo prese per la collottola e lo sollevò di peso. Il suo sguardo prometteva solo una cosa. Morte.

“Parla stupido, prima che ti trapani quel poco cervello che hai!” gridò l’ombra fissandolo intensamente. Il mangiamorte tremò e si riparò con le mani da quello sguardo omicida. Singhiozzava come un bambino appena caduto dalla bicicletta.

“Io…non lo so, davvero! Non so dove sia…è nascosto non si fa vedere da tutti. A volte parla soltanto con poche persone…ti prego lasciami…” lo supplicò il mago oscuro agitandosi nella sua stretta.

“Vuoi farmi credere che NON sai nulla? Eh? Come posso crederti? Non mi lasci altra scelta…” non ne fu sicuro, ma gli sembrò, per un attimo, di vedere sorridere l’ombra, da sotto il cappuccio che gli nascondeva il volto. Trascinò, sospeso a mezz’aria, il mangiamorte fina alla finestra più vicina. Glielo spinse contro, rompendo il vetro e lasciandolo penzolare nel vuoto. La pioggia scendeva abbondante e presto il mago oscuro fu bagnato dalla testa ai piedi. I lampi illuminavano la notte nera come il cielo, mentre i tuoni suonavano un lugubre requiem in onore della sua morte.

“Assapora gli ultimi momenti della vita, perché fra un po’ non saprai più cosa sia” urlò sopra i tuoni l’ombra, preparandosi a lasciare la sua preda.

“No! Ti prego, mio signore! Potrei aiutarti! Sì, invece di uccidermi, potrei spiare per tuo conto gli altri e portarti informazioni preziose…ti prego mio lord non lasciarmi” le lacrime di disperazione dell’uomo si confondevano con la pioggia che gli bagnava il viso.

L’ombra smise di sorridere e pensò alle parole che aveva appena udito. Una spia. Era un’idea niente male, strano che non gli fosse venuta in mente prima. Trascinò dentro la stanza il mangiamorte e lo sbatté a terra con violenza. Quello cominciò a respirare affannosamente e a tastarsi il collo, poi si mise sulle ginocchia e si avvicinò ai piedi dell’ombra.

“Grazie mio signore. Grazie!” disse fra le lacrime, spaventato, mentre gli baciava i piedi in segno di rispetto. Con un calcio l’ombra lo spedì gambe all’aria.

“Non toccarmi, feccia traditrice. Hai appena condannato i tuoi compagni per avere salva la vita. Se fossi io il tuo capo ti eliminerei all’istante” il cappuccio si voltò a fissare il mago bagnato. Anche se non lo si vedeva, era chiaro il disprezzo che l’ombra provava per quell’essere. Si avvicinò a lui e lo alzò in piedi con forza.

“Dimmi il tuo nome, feccia”

“Io…io sono Gaherl, signore. Per servirvi” e concluse la presentazione con un inchino. L’ombra allungò una mano verso la faccia di Gaherl. Si spaventò. Non per la mano che sia avvicinava, ma per la mano stessa. Era lucida, artificiale. Probabilmente di un qualche metallo. Neanche forgiata troppo bene. Doveva essere stata un protesi provvisoria, ma mai più cambiata con una definitiva. Quella mano finta gli strappò una ciocca di capelli. Gaherl sussultò quando i capelli si staccarono di netto.

“Questa” disse con voce fredda l’ombra indicando la ciocca con la bacchetta “è una piccola assicurazione della tua completa fedeltà. Funis Anima” recitò e i capelli appena strappati si intrecciarono a formare una corda di colore dorato. Subito dopo afferrò una mano del suo nuovo schiavo e gliela ferì con un pugnale estratto con una tale rapidità che Gaherl non si accorse di nulla.

“Ah!….Ahhh, mio signore, perché?” chiese l’uomo tutto tremante dal freddo e dalla paura. L’ombra fece cadere qualche goccia di sangue sul feticcio di capelli e quello prese a brillare di un verde intenso.

“Perché” iniziò a dire mentre riponeva fra le pieghe della tunica la treccia di capelli “se tenterai di tradirmi io spezzerò questo feticcio, e tu morirai all’istante”

Beccato. Era proprio quella l’intenzione di Gaherl. Salvarsi la vita e dire tutto ai suoi compagni appena tornato. Ma ora non poteva più farlo. Aveva le mani legate. Si poteva dire che la sua vita era appesa ad un filo. Anche se, in realtà, erano capelli. Decise di cambiare tattica. Avrebbe aiutato quell’essere piuttosto che morire. Poi, se la sarebbe cavata in qualche modo. L’importante era uscirne vivi.

“Ora” disse l’ombra sedendosi su di una poltrona lì vicino “discuteremo del tuo compito”

*****

Draco aprì gli occhi di soprassalto. Un tuono più forte degli altri lo aveva svegliato dal suo sonno. I muscoli delle braccia gli dolevano terribilmente. Ma dov’era? Una stanza molto piccola e fredda di mattoni a vista. Una segreta. Una prigione. Una piccola finestrella con delle sbarre lasciava intravedere l’esterno, dove l’acqua cadeva rumorosamente dal cielo ed entrava poco a poco nella stanza. Si sarebbe anche avvicinato per guardare fuori, ma due catene lo tenevano bloccato al muro, ma, per fortuna, non sospeso a mezz’aria come un salame a stagionare. Si ricordò di essere stato assalito da un mangiamorte. Ginny! Dio come aveva potuto dimenticare la sua Ginny! Aveva ancora davanti agli occhi il fagotto con il suo corpo immobile poggiato vicino all’albero. La spesa sparsa a terra. L’avrebbero pagata. L’avrebbero pagata tutti. Se prima Draco era arrabbiato con i maghi oscuri, ora era veramente incazzato! E voleva solo una cosa. Vendetta. Una sanguinaria e violenta vendetta per la sua Ginny e …Cristo il bambino…Anche il figlio che aspettava era…

Draco tirò un calcio contro al muro, meglio che poté data la sua posizione. Lanciò un urlo digrignando i denti. Aveva freddo. Addosso aveva solo i pantaloni e le scarpe. A terra stava la parte di sopra ella sua tuta. Probabilmente l’avevano tolta per prendere la bacchetta. E non avevano certo pensato che avesse freddo.

D’un tratto la porta si spalancò ed un uomo entrò nella cella. Era alto, dovette chinarsi per non sbattere la testa nello stipite della porta. I suoi capelli color platino erano lunghi, ed erano pettinati per rimanere dietro la nuca. Un lampo. Draco per un momento vide il suo volto. Troppo poco per capire chi fosse. Ma non gli sfuggì una cicatrice poco sopra l’occhio destro. L’uomo avanzò zoppicando e raggiunse il prigioniero, si fermò ad osservarlo un lungo momento.

“E’ un piacere rivederti, figliolo” Lucius Malfoy lo salutò con un inchino. Suo padre. Davanti a lui c’era suo padre. Non l’aveva più visto per anni, ma a quanto pare non era uscito neanche lui indenne dalla loro lotta prima di abbandonarsi.

“E’ stata una sorpresa vedere tornare Jail con te sulle spalle, come prigioniero. Due piccioni con una fava” sorrise divertito Lucius, e si girò facendo comparire una sedia con un colpo di bacchetta.

“Ti farò pagare anche questa, bastardo! Vendicherò Ginny con la tua morte, questa volta!” urlò Draco tirando le catene in direzione del padre. Lucius si voltò e osservò con occhi spalancati il figlio.

“Già…sarò curioso di vedere come. Non che non creda alle tue potenzialità, figliolo, ma vedi” sorrise debolmente mentre estraeva da sotto la veste la bacchetta di Draco “la tua attuale posizione mi spinge a pensare che le tue possibilità, ora come ora, siano piuttosto basse” Lucius si sedette sulla sedia.

“Ma non ti preoccupare, figliolo” continuò “avrai la tua parte in questa storia. Dopotutto, ci vuole qualcuno che tradisca il ministero, e chi può farlo meglio se non Draco Malfoy, figlio del grande mangiamorte Lucius Malfoy”

“La maledizione Imperio non funziona con me, te lo ricorderai, vero?” disse pungente Draco fissando la cicatrice che sfigurava il volto del padre.

“E tu credi che esista solo la maledizione Imperio per poterti obbligare a fare quello che vuoi? Se sempre stato troppo chiuso di mentalità, caro Draco. Esistono altri metodi”

“Al ministero controlleranno. Fanno sempre dei controlli per vedere se qualcuno è sotto l’influsso di un incantesimo e quale. Non passerete i controlli del ministero, mi bloccheranno e mi aiuteranno” disse Draco con aria di sfida.

“Può darsi di sì, o…anche di no. Chi lo sa? Se sei tanto convinto, qual è il tuo problema? Alla fine, secondo quel che dici, l’avrai vinta tu. Non ti preoccupare, allora” Malfoy padre si alzò e si avvicinò all’uscita.

“Aspetto con ansia la tua vendetta” disse girato di spalle mentre usciva dalla prigione. La sua voce trapanò il cervello di Draco. Aveva ragione, come avrebbe potuto liberarsi da lì senza aiuto? Era nei guai. Guai seri. E avrebbero corso seri rischi anche i ragazzi al ministero. Doveva andarsene quanto prima. La porta si richiuse con un tonfo sordo, lasciando Draco ancora solo con la sua frustrazione.

*****

Ron era agitato. Aveva affrontato mostri terribili. Aveva subito allenamenti durissimi con Malfoy. Aveva visto la morte in faccia per non sa neanche quante volte. Ma era comunque agitato. Stava per fare qualcosa che non aveva mai fatto in vita sua. Il primo appuntamento. Con la ragazza che amava, Hermione. Aveva passato tutto il pomeriggio a cambiarsi d’abito, a pettinare la sua chioma che non voleva saperne di stare come decideva, a preparare la serata e, soprattutto, a fantasticare sulla sua bella Hermione. Molly, ora a casa da quando Ron si era svegliato e Fred era uscito dalla sua camera per stare in ospedale, guardava divertita e con un pizzico di emozione suo figlio tanto indaffarato a prepararsi e a correre su e giù per casa come se non avesse pace. Ma la verità è che Ron, in effetti, non aveva pace. Pensava continuamente a quello che avrebbe detto o fatto quella sera. E come lei avrebbe reagito. Ormai lei sapeva che la amava, quindi il più era già stato fatto. Ora bastava dimostrarlo, già fosse semplice. Ma il suo piano era perfetto, non poteva fallire. Verso le sette finì di prepararsi (Questi capelli, però non mi convincono…) e uscì di casa rasato, profumato e con un mazzo di fiori azzurri in mano. Il suo colore preferito. Non rose, però. Erano banali, e potevano essere fraintese. Fiori comuni, Ron non sapeva neanche che tipo di piante fossero. Ma era importante? No di certo. Guidò la nuova macchina comprata, e incantata, da suo padre fino a Londra e raggiunse la villetta di Hermione. Non era mai stato a casa sua. Proprio un bel posto. Il viale alberato fuori casa dava a tutta la zona un’atmosfera magica. I lampioni in stile ottocentesco mantenevano quell’aria nobile alla strada, nonostante l’abbondare di antenne e parabole sui tetti delle villette. Si diresse verso la porta dei Granger, non fece in tempo a suonare che la madre di Hermione aprì la porta.

“Ciao Ron. Entra pure. Ti ho visto arrivare dalla finestra” chiuse la porta alle sue spalle, dopo che il ragazzo entrò “come siamo eleganti stasera. Vuoi far colpo su qualcuno?” chiese con finta curiosità ed un poco di malizia al ragazzo.

“Eh? Bhè ecco, no, cioè sì…però sa com’è…” rispose nervosamente Ron.

“Stai tranquillo, Hermione è tutto il giorno che gira per casa a prepararsi. Adesso è su, te la vado a chiamare” la signora Granger sparì al piano di sopra. Hermione era agitata? Anche lei? Wow, forse poteva davvero essere una gran serata quella. Ron attese con calma… no, non con calma, era agitato come non mai, che Hermione scendesse ed infine, vederla spuntare sulla cima delle scale, valse tutta l’attesa. Non poteva definirla una ragazza, quella era un angelo. Banale forse da pensare, ma Ron non poteva collegare quella splendida fanciulla al mondo terreno. Doveva per forza essere un angelo. Indossava uno splendido abito da sera color crema pallido. Le lasciava scoperta la schiena e le spalle e faceva vedere tutte le sue forme ben definite. Dal bordo della gonna, che arrivava fino ai piedi, salivano ai guanti dei veli, intonati con l’abito, che rendevano quella ragazza la cosa migliore capitata a Ron fino ad ora. I capelli erano raccolti e fermati con una spilla, due corti boccoli le scendevano ai lati del viso fino all’orecchio. Al collo la collanina che aveva ricevuto come regalo di natale il quarto anno di scuola. Ron ricordava ancora la sua gioia alla vista di quel regalo. Glielo aveva fatto lui. Un trucco leggero concludeva quella visione a cui Ron si doveva ancora abituare. Infatti, Hermione scese le scale e raggiunse il ragazzo ancora imbambolato a fissarla con i fiori in mano.

“Ciao, Ron. Quelli sono per me?” chiese retoricamente lei.

“Ah? Eh…sì, sono…un pensiero,…eeeeh, sì sono per te” rispose confuso Ron, che ancora la fissava incantato. Hermione li prese e ringraziò afferrò la borsetta e si infilò la giacca. Ron ancora non si era mosso.

“Ron…mi spaventi. Stai bene? Se vuoi rimandiamo” a quelle parole Ron sembro ridestarsi dal suo lungo imbambolamento.

“No!” quasi gridò “Cioè, non importa. Sto bene, ero solo un po’…confuso, ecco” e aprì la porta alla ragazza facendole strada verso la macchina. In quel momento fu contento di aver fatto schiantare la vecchia Ford sul platano picchiatore. L’Opel Tigra era molto più adatta a quel genere di occasione. Con le modifiche del signor Weasley, dopotutto, portava più di un furgone da trasporto. Salirono in macchina e raggiunsero il ristorante babbano che Ron aveva prenotato. Tutto filò liscio e si sedettero ad un tavolo vicino ad una finestra che dava sul Tamigi. Ordinarono con calma, senza fretta, ed iniziarono a parlare fra di loro.

“E’ veramente bello questo posto, Ron” disse lei con un sorriso “molto accogliente e intimo”

“T-ti piace davvero? Sono contento. Non sono un grande conoscitore di ristoranti babbani. Questo lo conosco perché…bhè insomma è quello dove i miei genitori si sono …f-fidanzati…”

“Oh! Che cosa romantica!” disse Hermione entusiasta “E tu sai come è andata?”

“Eh? S-sì, certo…mio padre ha preso la mano di mia madre” intanto Ron afferrò dolcemente la mano di Hermione sul tavolo “e l’ha guardata negli occhi…”

Uno sguardo intenso si accese fra i due.

Ron la fissava come se non l’avesse mai vista prima d’ora, come se fosse il tesoro più prezioso del mondo e non avesse il coraggio di prenderlo tutto per se.

Hermione lo guardò con occhi dolci, fissando quel ragazzo dalla chioma rossa che non aveva mai visto realmente per quel che era.

“E…?” chiese lei con un sussurro.

“E poi …lui accarezzo la sua mano e le disse “Guarda, il Tamigi stasera è più bello del solito. Deve essere perché fa specchiare una così bella ragazza sulle sue acque”…poi afferrò la bacchetta e…” Ron estrasse la bacchetta, senza farsi notare dai presenti in sala. La puntò sulla superficie del fiume dove si specchiavano entrambi e l’agitò lievemente. Le stelle che si riflettevano sull’acqua scura cominciarono a muoversi fino a cerchiare l’immagine di Hermione che pareva ancora più bella circondata dagli astri luminosi. Piano, poi, le stelle si allontanarono da lei per formare una scritta sul pelo dell’acqua Ti amo mia dolce Hermione. Hermione fissava allibita quello spettacolo di luci sul fiume, poi tornò a fissare Ron davanti a lei. Era visibilmente imbarazzato per quello che aveva appena fatto e la fissava come poco prima, mentre lei cominciava a prendere colore per la situazione venutasi a creare.

“E…e tu?” chiese con poco più di un sussurro Ron.

“Io?…Io…io credo, credo che…sì?” rispose lei imbarazzata.

Hermione fissava le loro mani che erano ancora unite in un gioco di carezze reciproche. Ron mise la mano sotto il mento della giovane e lo sollevò finché i loro sguardi non si incontrarono. Le fissò i profondi occhi color nocciola mentre, lentamente, si avvicinava a lei. Hermione, per quanto possibile, si avvicinava ancora più lentamente, come se fosse timorosa di qualcosa. Con la mano libera scansò un fiore pendente dal vaso sul tavolo che divideva i loro corpi. I loro volti. Le loro bocche. Chiusero gli occhi entrambi. Le loro labbra si unirono, timidamente, e si allontanarono subito. Ancora si avvicinarono per incontrarsi ancora, questa volta per più tempo. Come calamitate, ancora una volta, si baciarono senza esitare, per poi prendere ancora distanza. Finalmente, meno timorosi, piegarono entrambi la testa di lato e aprirono le loro labbra durante quell’ultimo bacio. Le loro lingue cominciarono un gioco di esplorazione reciproca, trattenendosi per più o meno tempo nella bocca dell’altro. Dopo un tempo che ad entrambi sembrò troppo breve, si divisero e riaprirono gli occhi osservandosi a vicenda.

“Wow…” biascicò Ron senza fiato.

“Già…” rispose lei incantata del suo sguardo.

Non erano più imbarazzati, ora. Erano innamorati. I clienti del locale guardavano i due giovani con espressioni scandalizzate, ma anche divertite nel vedere due giovani innamorarsi.

Dopo cena fecero una romantica passeggiata lungo il fiume, abbracciati l’un l’altra come una cosa sola. Passarono attraverso il parco e raggiunsero l’automobile parcheggiata lì vicino. Ron la riaccompagnò a casa in orario, come prestabilito con il signor Granger (“Mi raccomando Ron, a mezzanotte in punto”), e si salutarono come, ormai da quella sera, era diventata abitudine consolidata. Un bacio. Hermione entrò in casa e Ron si allontanò in macchina. Attivò il turbo invisibile e spiccò il volo alzandosi fino a sfiorare ne nuvole. D’un tratto la macchina picchiò verso il suolo e passò rasente ai campi ed ai prati, come impazzita. Quella notte, gli abitanti di quelle zone, non videro nulla, ma sentirono solo un grido.

“Hermione ti amo! Wooohoooooo!”

11 capitoli! Ho sbaragliato la decade! Sono un figo, lo so…ma lasciamo perdere i viaggi di un pazzo e vediamo di commentare i commenti (si lo so che è stupido, ma dovrò lavorare anch’io, no?): Sunny carissima, so che sono un po’ scemo a commenti finali, ma cerca di capirmi, avevo 38 di febbre…; Eli e Kia, come vedete un po’ di positivo c’è anche in questo capitolo. Me la togliete una curiosità, siete sorelle?; Ice Ice Ice, quanto tempo! E’ bello risentirti. Ho appeso al muro il titolo di “Lord di Bastardisia de Bastardibus”, la mia mamma è così orgogliosa!; Mikan, non faccio soffrire i personaggi! E’ solo che se io ho una vita di schifo, perché gli altri no? Hai un debole per Draco o e una mia idea?; Ron, ti ringrazio! Sappi che io nella tua Fic mi ci specchio benissimo, per quello ho detto che è intensa! Problemi con le ragazze? No preoccuparti! Siamo in due…-_-“; Keijei, piaciuta la versione sborona di Ron? Non ti preoccupare per Ginny…anzi no, preoccupati anche se i morti tali restano…di solito…?

Vabbuò gente io scrivo come un matto e voi RECENSITE RECENSITE RECENSITE!

See you again!!!

   
 
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