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Autore: Gio_Snower    24/09/2013    4 recensioni
Rangiku è stata aggredita e violentata da degli uomini, ed è distesa nella neve, stremata e scioccata, quando, all'improvviso, arriva un ragazzo dai bellissimi occhi azzurri e dai capelli argentati che gli appoggia un capotto addosso e se ne va.
Dopo quell'episodio, i due si rincontreranno?
[INTERROTTA A CAUSA DEI TROPPI IMPEGNI FINO A DATA DA DESTINARSI, MA LA RIPRENDERÒ SICURAMENTE]
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gin Ichimaru, Rangiku Matsumoto
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo 1:
Le vie del Serpente

Prendi l'aspetto del fiore innocente, ma sii il serpente sotto di esso.
William Shakespeare, Macbeth

 
Gin si toccò il colletto, alzandolo. Il freddo pungente non lo infastidiva troppo, anche se in una giornata come questa, avrebbe preferito stare a casa a dormire.
Amava gli spazzi stretti e caldi e la sua stanza era esattamente così; piccola, poco illuminata e calda.
Sentì degli schiamazzi e vide degli uomini andarsene ridendo lasciando una figura distesa nella neve; la figura era circondata da brandelli di tessuto, probabilmente essi erano stati i suoi vestiti, ed era distesa immobile sul manto della neve, gli occhi azzurri rivolti al cielo mentre i fiocchi le cadevano addosso, ricoprendola.
Gin sentì la curiosità e si avvicinò nella neve. Lei lo sentì, lo percepì, eppure non si mosse. Gin, sopra di lei, la fissò con i suoi occhi celesti, spalancandoli.
La ragazza ricambiò lo sguardo, dapprima con un’espressione morta, poi, sempre più viva. I suoi occhi ricambiarono con forza.
Gin si accucciò vicino a lei ed inclinò la testa, pensieroso.
La ragazza non si era arresa e questo lo incuriosiva parecchio. Perché? Gin ammirò quella sua forza d’animo.
Si tolse il giubbotto nero, sentì il freddo, ma non lo diede a vedere e l’appoggiò addosso alla ragazza. Poi, se ne andò.
Chissà, magari un giorno l’avrebbe rivista.
 
 
Il freddo non gli era mai piaciuto, nemmeno da piccino.
E la pioggia che scendeva in quell’umida giornata gli dava leggermente fastidio.
Gin amava i giorni caldi, quelli assolati e afosi, per niente umidi.
Ed invece, era costretto ad uscire per il suo lavoro.
Perché aveva scelto quel lavoro? Era un fastidio.
Di certo Gin non era ingenuo, anzi, tutt’altro. Era un astuto bastardo e molte volte l’avevano insultato chiamandolo “Figlio di puttana”, specialmente quando per mano sua essi cadevano come tanti pezzi degli scacchi.
Adorava vedere le espressioni attonite dei suoi colleghi quando portava un uomo che non dava nemmeno segni di essere ancora in vita. Quegli sguardi morti, dopo che avevano capito di essere caduti in trappola erano la sua gratificazione, eppure, lo stufano fin troppo presto.
Una signora, tutta concitata, stava per venirgli addosso, ma Gin abilmente si spostò, scattando quasi.
I suoi riflessi, inoltre, erano di gran aiuto, doveva proprio ammetterlo.
Entrò in una calle stretta, quella scorciatoia gli piaceva molto, nei giorni afosi era leggermente fresca e nei giorni così umidi e freddi era lievemente calorosa. La percorse in fretta, però, non aveva di certo il tempo per star lì ad crogiolarsi nella tenue sensazione di calore.
Delle studentesse gli passarono vicino, schiamazzanti come al loro solito. I loro occhi si puntarono sui suoi capelli argentati, decisamente insoliti, ma lui non si tolse dal viso quel suo sorriso viscido. Sapeva benissimo che quel suo sorriso, finto, metteva in fuga molte persone e per questo gli piaceva.
Le ragazze, quando lo videro, smisero di fissarlo e lui dentro di sé se ne rallegrò. Non gli piaceva, soprattutto, essere fissato.
Amava quella sua parte incostante e sfuggente e faceva di tutto per non farsela sfuggire.
Sorpassò velocemente il gruppo, non senza vedere una massa di capelli biondo-ramato, e se ne andò velocemente per la sua via, scattando come un serpente.
Sul lavoro, spesso, i colleghi lo chiamavano proprio così; “Il serpente” mormoravano, alcuni mormoravano con timore, altri con odio, ma a Gin non importava. Avrebbe fatto di tutto per i suoi obbiettivi e per portarli a termine.
Quando vedeva una preda, era suo dovere ed interesse ottenerla, non importava cosa o chi fosse.
Entrò nel dipartimento e subito lievi mormorii echeggiarono per la sala. La segretaria sorrise stucchevole con quelle sue labbra truccate di rosso, un rosso acceso. «Detective Ichimaru!» disse con tono civettuolo.
Gin le sorrise falsamente, di quel suo sorriso viscido, ma la donna non diede segno di disgusto, anzi, si sentì incoraggiata. «Buongiorno, signorina.» rispose lui con voce bassa, una specie di sibilo. Il sorriso della donna si allargò mentre le guance le si tingevano di un cupo rossore.
Quel suo basso tono di voce alle donne piaceva, le seduceva, quasi.
Gin tirò dritto fino ad arrivare al capo dipartimento. «Capo Aizen.» disse entrando nel suo ufficio ed abbassando leggermente la testa.
Aizen, un uomo attraente sui trentacinque anni, dai capelli castano-ramato e occhi profondi del color del caramello nascosti dietro ad occhiali, si girò dalla sua parte. Un sorriso affiorò sulle sue labbra, un sorriso dolce e calmo. «Gin, ho un lavoro per te.» disse.
Gin sorrise. Sapeva benissimo che tipo di lavoro aveva in serbo per lui il suo Capo.
Aizen si alzò dalla sua poltrona girevole, ed dopo aver aggirato la scrivania dal legno scuro, andò vicino alle finestre e con un colpo secco tirò la cordicella. Le persiane scesero, oscurando la vista dell’ufficio.
In quello stesso istante, Aizen si tramutò. Si tolse gli occhiali e il suo sguardo gentile divenne pungente, arrogante quasi, ed il suo sorriso divenne affilato.
Gin conosceva bene la doppia-faccia del suo Capo, ma sapeva che in fatto di doppie-facce nessuno poteva batterlo.
Il suo sguardo divenne quello di un astuto servitore, leale con il primo offerente ed il suo viscido sorriso non tramutò, gli occhi sempre leggermente socchiusi, tanto da sembrare completamente chiusi. «Mi dica.» disse con riverenza.
Aizen si appoggiò alla scrivania ed incrociò le braccia. «Devi far fuori quelli del Dipartimento di Sicurezza, Gin. Ultimamente ci danno troppi problemi.» disse freddamente il suo Capo.
Aizen gli aveva appena ordinato di uccidere degli uomini con lo stesso tono in cui avrebbe detto “Vammi a prendere i vestiti i lavanderia.” Praticamente.
Gin annuì. «Sarà fatto.» ed il suo sorriso divenne più affilato, rivelando per un attimo la sua natura più selvaggia.
Poi uscì e Aizen si ricompose, riassumendo l’aspetto di un Capo gentile, buono ed onesto.
Mentre raggiungeva la sua scrivania sentì le persiane dell’ufficio di Aizen salire.
Poi, incaricato del suo nuovo compito, si mise all’opera per assolverlo. 
   
 
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