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Autore: Kastel    24/09/2013    3 recensioni
Ovvero, il percorso di Akashi e Kuroko che faranno insieme, tra insegnamenti vecchi e scoperte nuove.
Perché non è solo il passato, quello che conta.
E che spirito, si poteva osservare! Non solo così vanitoso da abbellirsi di kimoni di primissima qualità, ma anche così sottilmente furbo nel comprendere che basta l'etichetta per poter dimostrare la propria potenza! Così dannatamente attaccato ai giovani da rendere le vite di due di loro un mezzo inferno!
Né Akashi né Kuroko potevano comprendere, prima del loro incontro che è il punto di partenza di questa storia, quanti e quali danni avessero fatto due donne troppo simili nell'essere state cresciute come portatrici di una tradizione ferrea.

[Coppia: AkaKuro]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Seijuro Akashi, Tetsuya Kuroko, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Kiku: Insomma, perché crede che la sua vita sia finita?
Perché, seppure non è ancora incomincia?
Jirō: È finita ancora prima di iniziare.

Yukio Mishima, Kantan, da Cinque nō moderni

 

 

 

Teneva gli occhi chiusi da dietro la masukami, seduto immobile al centro della stanza. Una luce soffusa, data da una lampada da terra, illuminava fiocamente i pochi mobili che si trovavano nella sua camera, gli unici spettatori di quella danza.
Riaprì piano gli occhi, anche se ciò non lo aiutava a vedere maggiormente lo spazio intorno a sé. La maschera, infatti, non gli permetteva di avere una visione chiara del mondo che lo circondava. Non che questo fosse un vero problema, anzi, lo aiutava ad immaginare di essere su un vero palcoscenico piuttosto che nella sua camera. Di conseguenza ogni spazio e oggetto venivano trasformati: la libreria dietro di lui era dove stavano i suonatori, la scrivania alla sua sinistra era il jiutai-za mentre la porta il makuguchi. E solo lui udiva le voci e i suoni del No-kan e dei tre tamburi che accompagnavano quella scena in particolare. Canticchiava a bassa voce, per tenere il tempo e per capire quando muoversi.
Nonostante si trattasse di movimenti basilari come alzarsi in piedi o solo sbattere un piede a terra tutto doveva essere enfatizzato dal suo corpo. Non era facile interpretare Atsumori, con quei pochi movimenti ed eppure così significativi.
Non indossava lo splendido kimono in broccato di seta pieno di particolari che il ruolo richiedeva e sapeva che ciò influiva parecchio sulla sua interpretazione, poiché ad esempio la manica sinistra del suo abito non era più lunga della destra (e ciò dava ovviamente meno risalto ai movimenti che quella mano compiva). Ma in fondo si stava solo esercitando, l'importante era essere capace di ricordare a memoria quei pochissimi passi che doveva compiere e farlo nella maniera corretta.
Se qualcuno avesse visto il suo viso al di sotto della masukami che portava avrebbe potuto notare che era quasi in uno stato di trance dallo sforzo di immedesimarsi nel samurai che verrà ucciso da quello che avrebbe potuto essere il suo stesso padre. Le sopracciglia inarcate nello sforzo di donare ai movimenti l'epicità che era propria ad Atsumori; gli occhi fissi su un punto non ben precisato, che non vedevano quello che aveva intorno a sé ma solo quello che la mente stava visualizzando; la bocca socchiusa, dove si potevano notare i denti serrati in una durezza che non gli era propria ma necessaria per ciò che stava facendo; le guance arrossate per il caldo che il kimono gli stava donando, nonostante avesse deciso di non indossare la lunga parrucca nera proprio per non ritrovarsi in un bagno di sudore.
Man mano che la danza si avvicinava al suo momento clou Kuroko acquisiva maggior sicurezza nei movimenti. Si muoveva nella piccola stanza con quella precisione che faceva comprendere che si era allenato parecchio per raggiungere quel livello. Esattamente come nel basket Kuroko si impegnava ogni giorno per migliorare, ma se nello sport lo faceva per se stesso non poteva dire lo stesso per il teatro. Quelli erano pensieri che, spesso, lasciava cadere nel pozzo che la sua mente aveva costruito per non permettergli di perdere ogni insegnamento che sua nonna (la donna che alla fine lo aveva cresciuto) aveva tanto faticato ad inculcargli.
E stava finalmente arrivando al finale di quel passaggio. Ora si spostava con maggior frequenza e le movenze erano aumentate, così come stava iniziando ad usare di più il ventaglio che portava in mano.
E sembrava quasi che ci fosse qualcuno con lui, visto che aveva piegato un poco il busto in un saluto che sembrava un ossequio. Il suo nemico mortale, Kumagai Naozane, lo aveva accolto con un movimento che era lo specchio del suo. Quindi il ragazzo non aveva più motivo di attendere, doveva combatterci contro. Anche perché il suo gesto di sbattere a terra il piede e muovere il ventaglio minacciosamente non aveva sortito alcun effetto. Nella maniera più enfatica possibile, dopo aver gettato a terra il ventaglio (e se fosse stato in un vero teatro qualcuno lo avrebbe raccolto e portato via dalla scena), estrasse la katana senza il filo che portava alla vita, pronto a colpire il suo nemico immaginario.
E ce l'aveva quasi fatta, dopo aver girato un poco su se stesso, ad abbattere la sua furia su Naozane. Bastava solo abbassare la spada e...
“Tetsuya! Vieni a darmi una mano!”
E la voce della madre interruppe la sua esibizione al vuoto della sua camera, poco prima che potesse raggiungere il suo effettivo finale.
Si slacciò la maschera dal volto, lasciando uscire il fiato che aveva trattenuto. Gettò un'occhiata all'orologio alla parete, accorgendosi che era davvero tardi: aveva completamente perso di vista l'orario e si era dimenticato che doveva aiutare la madre con sua nonna.
Sospirò un poco, arrendendosi all'idea che un bagno e la lettura del nuovo libro che aveva appoggiato alla scrivania (“Le strategie di Coach K”, l'ennesimo libro sul basket che aveva comprato) dovevano attendere.

 

 

 

Un leggero trotto era il passo scelto da Akashi per poter completare quel percorso ad ostacoli, di bassa difficoltà. Era il modo migliore di concludere quella sessione di allenamento durata quasi quattro ore.
Tirò le redini verso destra, dando il comando al cavallo di girare un poco verso quella direzione per poter prendere la giusta distanza dal primo ostacolo. Un colpo di talloni deciso e Atsumori, il suo Selle français, partì in un piccolo galoppo per aver la velocità necessaria a superare il primo ostacolo. Un piccolo salto elegante ed eccolo dall'altra parte, pronto a completare il percorso.
Era uno spettacolo per gli occhi vedere il loro allenamento poiché, insieme, erano perfetti. I salti bilanciati e il trotto elegante dello stallone erano controbilanciati dai movimenti precisi di Akashi sulla sella, risaltati grazie alla divisa che gli fasciava il corpo. Una vera meraviglia, che spesso gli portava più pubblico di quanto effettivamente potesse meritare. Anche se la sua tecnica era, oltremodo, perfetta.
Finì quel piccolo percorso e si fermò davanti al cancello lasciato chiuso per non far scappare i cavalli non ben ammaestrati. Scese agilmente dalla sella e aprì il cancello, pronto a riportare Atsumori nella sua stalla.
Mentre si stava avviando sentì qualcuno avvicinarsi piano a lui. Girò il viso un poco, trovandosi davanti l'autista di famiglia, evidentemente pronto a riportarlo a casa una volta messo il cavallo a riposo.
“Arrivo subito.”
“Non si preoccupi, faccia pure con calma.”
Come se suo padre la pensasse nella medesima maniera. Sospirò un poco mentre accompagnava Atsumori con una mano, accarezzandogli il muso piano. Una volta arrivato alla porta lasciò che la fronte sua e del cavallo si incontrassero, in un segno di affetto che solo a lui poteva donare. Come se quel cavallo fosse, alla fine, l'unico che gli volesse bene per com'era e non per quello che avrebbe dovuto essere.
Dopo averlo premiato con una carota e messo a riposo Akashi si tolse il casco e la giacca rossa, riprendendo fiato. Nonostante fosse una domenica pomeriggio fredda sentiva parecchio caldo. Nonostante ciò non si tolse i guanti, forse perché non aveva voglia di sporcarsi le mani.
Camminò piano tra i vari cavalli che stavano dentro il maneggio, rallentando il più possibile il ritorno a casa. Quel giorno era dedicato all'equitazione e al voto della settimana, ovvero un giudizio che avrebbe dovuto fargli capire se il suo comportamento era impeccabile o se dovesse migliorare qualcosa. L'idea era, ovviamente, di suo padre. E in maniera altrettanto ovvia il ragazzo preferiva godersi la compagnia dei cavalli piuttosto quella di suo padre. Almeno loro mica lo giudicavano sempre.
infine arrivò dall'autista di suo padre, che però non era venuto a prenderlo a mani vuote.
“Ah, signorino, ho trovato ciò che stava cercando. Tenga.”
Aprì la portiera porgendo un libro appena acquistato, “Origini e storia dei cognomi giapponesi”. Akashi lo prese in mano e annuì, sedendosi e iniziando a sfogliare il volume finché non giunse alla K.
E si mise comodo mentre iniziava a scoprire chi era, nella realtà, Kuroko Tetsuya.

 

 

 

 

Note.
Ancora una volta mi tocca scrivere un sacco di note perché sono una fissata coi in termini.

Teatro Nō: per noi occidentali questa tipologia di teatro è molto complessa. Venne fatta principalmente per la corte ed è per questo un tipo di arte elevata, la cui interpretazione viene lasciata allo spettatore. Basata su danze, canti e una recitazione molto enfatizzata è qualcosa di particolare, che non si può descrivere a parole. Insomma, bisogna vederlo.
Nel Nō sono importanti anche le maschere. Sono fatte in modo tale che le espressioni cambiano in base alla luce e alla inclinazione del viso. Inoltre non permettono di avere una visuale molto ampia di quello che succede. Le usano principalmente lo Shite (primo attore) ma molti ruoli (come ad esempio i demoni) le impongono. La masukami è un tipo di maschera.
Ogni spazio ha un nome specifico: ad esempio lo jiutai-za è dove stanno i componenti del coro, il magukachi l'entrata principale.
Lo strumento che ho citato, il no-kan, è un piccolo flauto traverso.
Nel teatro esistono diversi tipi di spettacoli. Quello che io cito, Atsumori, è della tipologia dei guerrieri e deriva dai Heike Monogatari (let. I racconti della famiglia Taira). La storia di Atsumori è, appunto, la sua sfida contro Kumagai Naozane e la sua sconfitta che lo ha portato alla morte. La particolarità di questa storia è che Naozane aveva un figlio della stessa età di Atsumori e quindi si pentì amaramente del suo gesto, addirittura arrivando a prendere i voti per farsi monaco.
Se volete vedervi la danza che ho cercato di scrivere la trovate su Youtube. Invece tutte le informazioni sul teatro le ho trovato su wikipedia.


Il libro di Kuroko esiste seriamente, ma non so esattamente di che parli.


 Parlando di Akashi l'unica nota è sulla razza del cavallo che ho scelto, la Selle français, il cavallo da sella francese.
È considerato uno dei migliori sangue caldo da competizione al mondo ed è uno stallone che nasce da vari incroci con dei purosangue inglesi e stalloni normanni. È molto bello, se cercate sulla sua pagina wiki trovate una sua foto. Purtroppo bianco non c'è come mantello ma mi piaceva troppo la razza in sé.

 

Con questo ho finito, al prossimo capitolo.

   
 
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