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Autore: jas_    25/09/2013    7 recensioni
"Ti sto scaricando con un messaggio in segreteria, dopo tutto quello che abbiamo passato, dopo tutto quello che tu sei stato per me. Mi sento patetica, e molto stronza, ma se ti chiamassi e sentissi la tua voce rauca e lenta, non riuscirei a dire nulla di quello che invece devo dirti. [...]
Il destino non è stato dalla nostra parte, Harry, forse è meglio smetterla di prenderci in giro e finirla qui. [...]
Stiamo combattendo una battaglia che è già persa in partenza, è inutile rimanere ancorati ad un qualcosa che non c'è più. Ti ho amato, ti amo tutt'ora ed una parte di me ti amerà per sempre, ma non possiamo andare avanti così.
Magari tra 10 anni ci rincontreremo, e tu e io saremo ancora single, o separati, o divorziati dai rispettivi coniugi, e allora capiremo che abbiamo fatto bene ad aspettare il momento giusto. Ma fino ad allora, Harry, non cercarmi, non seguirmi dall'altra parte del mondo, non intasarmi la segreteria.
Vivi.
Salutami Parigi e chi lo sa, magari troverai un'altra ragazza inglese, un po' strana, lavorare in una panetteria."
-
Sequel di 10 giorni per innamorarmi di te
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Harry e Lennon'
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 Capitolo 3


 
 
Era Giovedì.
Harry prese in mano il telecomando ed alzò l'intensità del condizionatore, poi chiuse gli occhi lasciando che l'aria fresca gli solleticasse la pelle.
Erano le cinque di pomeriggio e a Parigi c'erano 40 gradi. Harry non aveva mai messo piede fuori di casa quel giorno.
Sorrise divertito al pensiero di Liam, in giro per la città con quell'afa che rendeva l'aria irrespirabile, con le due turiste spagnole che sarebbero tornate a casa l'indomani.
Harry aveva categoricamente rifiutato l'invito dell'amico, sia per il caldo che perché non aveva intenzione di passare la giornata con Selena, ora costretta al ruolo di "candelino" nonostante Liam avesse dichiarato apertamente di essere disposto ad una "cosa a tre".
Il riccio prese in mano il telefono e gli scrisse un messaggio, chiedendogli come stesse procedendo la giornata, in quel momento sentì Carmela chiamarlo.
Harry si alzò di malavoglia e andò in cucina senza preoccuparsi di mettersi un paio di pantaloni ma rimanendo tranquillamente in mutande.
«Mi hai chiamato?» domandò, grattandosi la nuca e scompigliandosi i capelli.
«Sì, vai a prendere una baguette e tagliati quei capelli» lo riprese lei, gesticolando col coltello che aveva in mano e che stava mettendo nel cassetto con le altre posate.
Harry arretrò di un passo spaventato, «okay capo.»
Carmela sorrise ed addolcì il tono di voce: «mi sono dimenticata di prendere il pane, sai com'è, la vecchiaia.»
«Per oggi sei perdonata» disse Harry divertito, tornando in camera per vestirsi.
Non era particolarmente entusiasta di uscire di casa con quel caldo ma avrebbe fatto uno sforzo, la panetteria più vicina era soltanto infondo alla strada.
Prese il portafoglio e il cellulare ed uscì di casa. Non appena mise piede fuori dal portone cominciò ad avere caldo.
«Ma non è possibile» borbottò infastidito, mentre si faceva strada tra le persone per raggiungere il negozio.
Il sole era ancora alto nel cielo e a metà strada Harry si rese conto che forse non era stata una buona idea indossare una maglietta nera.
In quel momento il cellulare in tasca gli vibrò. Era Liam.
"Stasera mi hanno invitato ad uscire, ho come la sensazione che finirò nella loro stanza d'albergo. Selena mi ha chiesto di te, sei ancora in tempo, se capisci cosa intendo..."
Harry scosse la testa e sorrise tra sé, quel ragazzo era incorreggibile.
Non aveva intenzione di uscire con loro, e sapeva bene cosa intendeva Liam, ma preferiva lasciargli l'onore della "cosa a tre" a cui tanto bramava, anzi, era convinto che l'amico lo avesse invitato più per educazione e correttezza che perché lo volesse davvero.
Quando Harry giunse davanti alla panetteria si arrestò ed osservò l'interno dalla porta di vetro. C'erano soltanto due persone in coda.
Rimase fermo fuori dall'entrata per alcuni istanti, poi riprese a camminare ed attraversò la strada.
Lei non voleva essere cercata, ma Harry non la stava cercando.
Non aveva messo piede nella panetteria in cui aveva visto Lennon da quando era tornato a Parigi da solo. E poi non l'avrebbe certamente trovata lì, e non avrebbe nemmeno chiesto di lei. Era stata chiara, non voleva essere cercata, non voleva che lo chiamasse. Se avesse davvero voluto rivederlo l'avrebbe fatto lei. Harry il numero di cellulare non l'aveva cambiato, era sempre quello. Quello che lei sapeva a memoria.
Aprì la porta della panetteria e il famigliare di tintinnio che annunciava un nuovo cliente gli arrivò alle orecchie.
Harry guardò rapito la vetrina colma di pasticcini e altri dolci mentre aspettava che qualcuno arrivasse a servirlo. Quando sentì le tende che collegavano il locale col retro muoversi, alzò lo sguardo.
La gola gli divenne secca, il cuore cominciò a battergli così forte nel petto che Harry temette che questo potesse uscirgli di lì. Faceva fatica pure a respirare.
«Lennon» disse.
«Harry.»
Non aveva mai sentito cosa più bella del suo nome pronunciato da lei.
Quando lo gridava divertita per fargli smettere di farle il solletico, o arrabbiata perché litigavano. Quando lo riprendeva ridendo, o quando invece era davvero arrabbiata. Quando lo sussurrava appena sveglia, i loro nasi che si sfioravano, o quando facevano l'amore. Le labbra che si cercavano fameliche, i loro corpi che diventavano un tutt'uno.
Il tono che aveva assunto in quel momento Lennon era un altro, quasi spaventato, infelice.
Harry si passò una mano tra i capelli nervoso, «io... Non volevo trovarti. Insomma, non ti stavo cercando» cominciò a balbettare a disagio. «Non so nemmeno io perché sono venuto qui, non è stata una buona idea. Io... È meglio che vada» concluse con lo sguardo basso, prima di voltarsi e raggiungere a grandi falcate l'uscita.
«Harry!» esclamò Lennon, nello stesso istante in cui la mano del ragazzo si appoggiava sulla maniglia della porta.
Il riccio si voltò, confuso.
«Non scappare.»
Lennon abbassò lo sguardo imbarazzata, ci fu un attimo di silenzio, poi Harry avanzò fino a raggiungere il bancone, oltre il quale c'era lei.
Erano ad un metro di distanza e Lennon respirò profondamente, cercando di sentire il suo profumo, invano.
Alzò lo sguardo, passò dai suoi larghi pantaloncini di jeans alla maglietta dei Rolling Stones che indossava, sorrise. Ce l'aveva ancora.
Infine i suoi occhi si posarono sul suo viso, ancora piuttosto pallido per essere estate, un accenno di barba quasi invisibile e le labbra socchiuse.
Lennon dovette ricordarsi di respirare, perché davanti ad Harry le veniva difficile farlo.
«Non te ne andare» disse soltanto.
Il riccio schiuse la bocca per dire qualcosa, ma dalle sue labbra uscì soltanto un sospiro triste, confuso, smarrito.
I suoi occhi verdi erano un mare in tempesta, Lennon poteva leggerci dentro la confusione, il naufragio che c'era nella sua testa e che traspariva da quelle due iridi che lei conosceva ormai a memoria.
Harry sembrava aver perso la facoltà di esprimersi, così Lennon continuò.
«Mi starai prendendo per una pazza, prima ti dico di non cercarmi e poi di restare. Ma voglio parlarti, ne ho bisogno.»
Quelle parole erano una preghiera, Harry le ascoltava ancora stordito.
«Il mio numero è sempre quello, fatti viva quando vuoi» e detto quello, se ne andò.
 
 
 
Quando Harry mise piede in casa era ancora confuso da ciò che era appena successo. Non riusciva a capire bene se le immagini, le parole che si susseguivano nella sua mente erano frutto della sua immaginazione o pura realtà.
«Harry, il pane?»
Ecco cos'aveva dimenticato, l'unica cosa per la quale aveva messo piede fuori di casa.
Non rispose, si chiuse in camera e si buttò sul letto alzando al massimo il condizionatore, che gli scompigliava i capelli da quanto era forte.
Aveva cambiato destinazione all'ultimo con la speranza remota di vederla, anche se era certo che non l'avrebbe trovata.
Vederla lì era stato uno shock dal quale non si era ancora ripreso.
Era confuso, stordito, come se avesse sbattuto forte la testa da qualche parte.
L'aveva vista. Lennon lavorava nella panetteria, come sempre.
Si chiese da quanto fosse lì a sua insaputa, da quanto fosse a Parigi.
Se solo fosse andato lì prima...
Represse un grido isterico nel cuscino per la sua pessima capacità di reagire agli imprevisti. Probabilmente l'aveva preso per uno stupido, aveva balbettato quattro parole e poi era rimasto in silenzio se non per quella frase finale che gli aveva dato l'aria da menefreghista, cosa che lui non era.
Era al punto di partenza, tutto nelle sue mani.
Lennon avrebbe deciso quando chiamarlo, e se farlo. E Harry sapeva che non avrebbe mollato il telefono neanche per un attimo, nemmeno per andare in bagno.  
Era un idiota. Avrebbe dovuto comportarsi diversamente. Parlare, come le persone normali. O baciarla fino a toglierle il fiato, come nei film romantici. Non rimanere muto, come soltanto Harry Styles sapeva fare.
Qualcuno bussò alla porta, Harry alzò la testa dal cuscino.
«Che c'è?» domandò.
La testa di Carmela spuntò dal corridoio, «stai bene?» chiese premurosa.
«Per niente.»
La donna sorrise, «lo avevo intuito. Per uscire di casa a prendere il pane e tornare a casa a mani vuote ce ne vuole. Deve essere successo qualcosa di molto grave, vuoi parlarne?»
Harry rimase interdetto per alcuni secondi, poi increspò le labbra, «magari.»
La donna aprì completamente la porta e si sedette sul bordo del letto osservando la disordinata scrivania del ragazzo ancora colma dei libri sui quali aveva appena finito di studiare.
Dopo alcuni attimi di silenzio, Harry parlò: «Lennon è tornata.»
Nessuna risposta.
«Non dici niente?»
«Fino ad ora non è successo niente di grave, anzi, strano che non ti abbia visto fare i salti di gioia.»
Harry sospirò. «Sabato sera l'ho vista di sfuggita in un locale, oggi sono andato nella panetteria in cui lavorava senza aspettarmi di trovarmela lì e invece...»
«Eccola lì.»
Harry annuì. «Sono andato in panico, non ho spiaccicato parola. Me ne stavo andando, insomma, lei mi aveva detto di non voler essere cercata, poi mi ha detto di restare, che voleva parlarmi. Le ho detto di chiamarmi, che il mio numero ce l'ha. Sono andato lì con la speranza di trovarla, nonostante le possibilità fossero scarsissime, ed averla davanti a me, in carne ed ossa, mi ha solo confuso le idee. Poi mi dice che mi vuole parlare, quando è stata lei che mi ha scaricato con un messaggio in segreteria senza darmi voce in capitolo, senza voler sentire la mia ma scegliendo tutto lei. È stata così categorica in tutto, e ora decide di cambiare le carte in tavola. Io non la capisco. Se avessi saputo che la sua reazione sarebbe stata quella l'avrei cercata da subito, l'avrei convinta a non lasciarmi e magari le cose sarebbero andare diversamente. Io...»
La voce di Harry si incrinò, si prese i capelli tra le mani ed abbassò lo sguardo, disperato. «Non so cosa fare.»
Carmela gli accarezzò dolcemente la spalla, «lei ha detto che non voleva essere cercata, non trovata. A separarvi è stata la distanza, ora tu sei qui, lei pure. Sei il solito paranoico, i problemi ci sono solo nella tua testolina. Va' da lei.»
«Le ho detto di chiamarmi.»
«Allora aspetta che lo faccia, ma non rimanendo attaccato al cellulare. Lo farà prima del previsto, ne sono certa. Lennon ti ama ancora.»


 

-




Non sono morta o altre cose strane, mi era solo passata la voglia di aggiornare ahahahaha
Finalmente Harry e Lennon si rincontrano e si scambiano quattro parole.
Le cose inizieranno a cambiare d'ora in poi, sia in bene che in male. Ho in mente le idee a grandi linee ma sono bloccata coi capitoli çç
Vorrei cercare di sbrigarmi perché ho deciso di finire questa storia (che non durerà più di 10 capitoli) prima di continuare Good Old Days.
Fatemi sapere che ne pensate!
Alla prossima :)
Jas



 

   
 
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