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Autore: smarties89    25/09/2013    6 recensioni
Durante una delle solite visite in ospedale dopo i problemi al cuore, Slash incontra una donna, Lyla. Tra i due si instaurerà subito un legame forte, fatto di fisicità e disperazione.
Ma Lyla nasconde un segreto: forse non sarà fortunata come il chitarrista e non riuscirà a cambiare il suo destino.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Duff McKagan, Matt Sorum, Nuovo personaggio, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aperta la porta di casa, Lyla lanciò la borsa in un angolo, appese la giacca all’attaccapanni e si buttò sul divano.
Le lacrime ormai non uscivano più, dato che erano praticamente finite…che poi, nemmeno fosse una novità quello che aveva scoperto quel giorno in ospedale.
Lyla soffriva di una grave malformazione cardiaca fin dalla nascita e avrebbe avuto bisogno di un trapianto prima o poi; quel poi era arrivato, alla fine, e se non trovava un cuore rischiava di morire a nemmeno 35 anni. E quella possibilità era estremamente elevata, contando che aveva un gruppo sanguigno molto raro e trovare un cuore in pochi mesi era quasi impossibile.
Nove mesi le avevano dato.
Nove mesi di vita.
Che merda.
Avrebbe voluto piangere, urlare, sbraitare…ma non sarebbe servito a nulla. Non aveva nemmeno nessuno con cui sfogarsi, dato che era praticamente sola al mondo: i suoi genitori era morti alcuni anni prima e aveva rotto ogni legame con la famiglia e gli amici. Non voleva che tutti loro si sentissero in dovere di starle vicino solo perché sapevano quale sarebbe stato il suo destino.
Aveva avuto un fidanzato alcuni anni prima: facevano progetti, di sposarsi, creare una famiglia, fare dei figli…ma quando, 5 anni prima, le avevano detto che la situazione peggiorava sempre di più e il suo tempo era contato, lo aveva lasciato, aveva cambiato città e aveva iniziato la sua vita da eremita.
Faceva la contabile e segretaria in un noto ristorante di LA, nonostante la sua laurea in lingue straniere: conosceva a menadito il francese, il tedesco e lo spagnolo; si era sempre detta che, quando i medici le avrebbero dato l’ultimatum, sarebbe andata a trascorrere gli ultimi mesi di vita nella città che preferiva al mondo: Parigi. Suo nonno paterno era di origini francesi, e per questo anche il suo cognome era francese, Simard, e si era trasferito in America in cerca di fortuna; c’era stata proprio con lui per la prima a volta a Parigi, quando aveva solo 8 anni.
E lì era iniziato il suo amore per quella città.
Ma le avevano detto che ora come ora il volo, così lungo, sarebbe stato rischioso e che avrebbe potuto effettuarlo solamente su un aereo attrezzato e costosissimo, quindi già per quel motivo aveva dovuto accantonare l’idea.
 
“Che palle!” disse frustrata, alzandosi in piedi e avviandosi verso il bagno per una doccia.
 
Aveva anche incontrato quel tizio, in ospedale…cioè, non proprio un tizio qualunque. Sapeva bene chi fosse, nonostante non fosse mai stata una gran patita di musica.
Doveva ringraziare il suo ex per sapere chi fosse, dato che era un grande amante di musica rock. Lo sguardo di quel ragazzo era gentile, anche se per i suoi gusti era un po’ troppo ficcanaso…chissà come mai si trovava anche lui lì in ospedale.
Guardò l’orologio e si rese conto che doveva sbrigarsi: alle 6 iniziava il turno al ristorante. Lì, si occupava di gestire le prenotazioni, gli eventi e si dedicava alla contabilità; non era granchè, come lavoro, ma le permetteva di mantenere alcune ore libere nel pomeriggio e nel primo mattino per le sue visite.
Asciugò i capelli e, indossata la divisa, uscì per andare a prendere la metropolitana.
Proprio lì, vide un paio di ragazze tutte agghindate che, sicuramente, andavano a qualche festa. Accidenti, come le mancava uscire con gli amici, ridere, scherzare e divertirsi con loro. E' vero, si era imposta la vita da eremita, ma quello non voleva dire che le piacesse...anzi.
E poi...odiava ammetterlo perfino a se stessa, ma...aveva bisogno di un uomo. Del calore di un uomo, del suo abbraccio, delle sue carezze. Non poteva impegnarsi e costringere qualcuno a rimanerle accanto nei suoi ultimi mesi di vita portandolo, inevitabilmente, a soffrire....ma qualcosa di poco impegnativo, forse...
Alzò le spalle, e accantò quel pensiero quando le porte della metro ormai ferma si aprirono e lei scese.

 
 
Dalla parte opposta di Los Angeles, Slash, Matt e Duff stavano aspettando l’arrivo di Dave Kushner. Il ragazzo fu puntualissimo e si mostrò subito cordiale con tutti.
 
“Ragazzi, per me è un vero onore suonare con voi.”
 
“Grazie, Dave. Ma sappi che noi siamo persone estremamente normali!”
 
“Sul fatto che sei normale, Hudson, avrei qualcosa da ridire!”
 
“Signore benedetto, Sorum, ma chiudi mai quella fogna che ti ritrovi al posto della bocca?”
 
Senza volere, Dave scoppiò a ridere sentendo quei battibecchi e sia Slash che Matt lo fissarono per un istante, per poi scoppiare a ridere a loro volta. Dave tirò un sospiro di sollievo, temendo di aver causato un qualche incidente diplomatico per la sua scarsa abilità nel rimanere serio.
Provarono alcune canzoni e si resero conto che Dave si amalgamava benissimo con il loro sound.
 
“Dave, sei uno di noi!” gli disse Matt alla fine, dandogli una forte pacca sulla spalla.
 
“Grazie ragazzi, ne sono davvero felice!”
 
“Anche noi! Che ne dite di andare a mangiare qualcosa tutti assieme per festeggiare?” propose Duff.
 
“Volentieri! Posso dirlo anche alla mia ragazza?” chiese il nuovo chitarrista.
 
“Invitiamo anche le nostre donne, va bene? Saul?” chiese Duff, sapendo che il riccio sarebbe stato l’unico single della serata.
 
“Man, per me non è un problema! Susan e Ace mi sono simpatiche, una serata in loro compagnia sarà divertente!”
 
“Grazie, amico! Allora vado, così ci prepariamo. Ci vediamo al Canter’s Deli, che ne dite? Così facciamo anche un saluto a Marc…”
 
“Buona idea, Duff…si mangia da dio lì!” aggiunse entusiasta Matt.
 
“Perfetto, ci vediamo alle 9 là!”
 
I ragazzi si salutarono, promettendosi di rivedersi al ristorante per le 9.
Slash decise di farsi una doccia e di prepararsi; sapeva che si sarebbe sentito fuori luogo, quella sera, dato che era l’unico non accoppiato. Ma sapeva che i ragazzi ci tenevano a festeggiare con le loro donne e lui non doveva fare altro che adattarsi ed essere felice per loro…oltre che un po’ invidioso. Sì, invidioso, perché, a differenza sua, i ragazzi erano riusciti a mettere la testa a posto; persino Matt, che usciva con quella Ace da sei mesi e sembrava molto preso.
Il pensiero corse involontariamente a quella donna che aveva visto in ospedale quella mattina: sembrava molto triste quindi probabilmente aveva ricevuto una brutta notizia…o riguardo a un suo caro o a se stessa.
Poverina, sapeva cosa si provava quando ci si sentiva dire certe cose riguardo alla propria salute; sperò che avesse vicino dei famigliari o un marito che le desse una mano, perché affrontare certe cose da soli è quasi impossibile.
Notando che ormai il bagno era diventato un bagno turco per quanto aveva tenuto aperta l’acqua bollente, decise di uscire e prepararsi per la serata. Optò per qualcosa di semplice: un paio di jeans, converse rosse e nere e camicia nera. Si buttò su una spalla il chiodo, prese le chiavi della macchina e, sempre con quella ragazza nei pensieri, uscì di casa.
  
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