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Autore: smarties89    21/09/2013    5 recensioni
Durante una delle solite visite in ospedale dopo i problemi al cuore, Slash incontra una donna, Lyla. Tra i due si instaurerà subito un legame forte, fatto di fisicità e disperazione.
Ma Lyla nasconde un segreto: forse non sarà fortunata come il chitarrista e non riuscirà a cambiare il suo destino.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Duff McKagan, Matt Sorum, Nuovo personaggio, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo so, è una maledizione! ;) Sì, sono sempre io a tediarvi con le mie follie! Fatevi coraggio!!! Eheheheheh! Prima di tutto, ringrazio la mitica CHARA per la copertina...mi salvi sempre...grazie <3 Questo primo capitolo non è molto lungo, solamente un’introduzione, ma il prossimo svelerà qualcosa di più! Come sempre, vi avviso che non so bene come andrà, dato che i personaggi fanno sempre che cavolo vogliono -.-
Bene, grazie a chi leggerà e lascerà due righe! Alla prossima :)

 
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2002
 
“Che caldo in questo ospedale, cristo santo…”
 
“Spiegami perché devi sempre cagare il cazzo, Sorum…”
 
“La prossima volta ci vieni da solo a fare la visita, allora!”
 
“Eddai, ragazzi, calmatevi! Siamo pur sempre in un ospedale!”
 
“McKagan ha ragione, Matt…piantala…”
 
“Fottiti, Saul!”
 
Formavano un bel quadretto, là, in quell’ospedale, e precisamente nel reparto di cardiologia. Matt e Duff avevano accompagnato Slash a fare una visita di routine: da dopo la malattia al cuore e l’inserimento del defibrillatore, ogni due mesi doveva farsi vedere dal medico. Era passato un anno e mezzo da quel tremendo giorno e il riccio non sapeva chi ringraziare per essere ancora lì sulla terra. Era stata dura abolire ogni tipo di dipendenza, ma grazie a dio aveva sempre la sua famiglia e i suoi amici accanto. La sua cara ex-moglie, Reneè, l’aveva mandata a farsi friggere anni prima e dopo di lei non aveva più avuto nessuna relazione seria.
L’unico vizio che ormai gli rimaneva era il sesso, anche se Matt lo prendeva sempre in giro che rischiava di farsi venire un infarto se ci dava troppo dentro.
 
“Almeno la tua cardiologa è una gnocca?”
 
“No, Matt, è un uomo…e comunque, tu non stai uscendo con quella ragazza…come è che si chiama?” domandò Saul, grattandosi dubbioso la testa e scompigliando ancora di più quel cespuglio che aveva al posto dei capelli.
 
“Ace, si chiama Ace…” intervenne Duff.
 
“Devi fare sempre il saputello tu, eh, McKagan?”
 
“Vaffanculo, Slash!”
 
“Signor Hudson, si accomodi!” la voce squillante di un’infermiera interruppe il battibecco e il riccio, prendendo una cartelletta contenente tutti i precedenti esami, si alzò.
 
Slash non risparmiò una bella occhiata al fondoschiena dell’infermiera, ben fasciato dal camice bianco; si voltò verso i due amici e alzò in pollice in segno di approvazione. Matt scoppiò in una sonora risata, attirando l’attenzione dell’infermiera stessa, che lanciò a tutti e tre un’occhiata di fuoco.
Proseguirono verso lo studio e, davanti alla porta, Slash vide una ragazza, appoggiata al muro e in lacrime. La osservò per un istante, per poi essere richiamato dalla voce del medico che lo salutava.
L’uomo lo visitò e lo trovò in ottima forma; gli diede l’appuntamento per due mesi dopo, raccomandandosi come sempre riguardo al non assumere assolutamente alcool o droghe. Poteva concedersi una sigaretta al giorno, l’unico vizio che non lo avrebbe ucciso. Nonostante ciò, uscì dallo studio, sereno e sollevato.
Vide subito che la ragazza era ancora lì, questa volta però seduta su una sedia. Il suo istinto di crocerossino venne subito a galla: in realtà, era più lo spirito da play-boy, dato che aveva notato subito che era una splendida ragazza, con lunghi capelli mossi scuri con delle mèche più chiare, e occhi altrettanto scuri, nonostante fossero stati arrossati dal pianto.
 
“Si sente bene?” le domandò e lei alzò lo sguardo.
 
Non diede nessun segno di averlo riconosciuto e, anzi, si mostrò quasi infastidita davanti a quell’uomo che non faceva nemmeno finta di farsi gli affari suoi.
 
“Sì…sì, grazie…”
 
“Vuole un caffè?”
 
“Sono a posto.” Il suo tono era tranquillo ma non ammetteva repliche.
 
“Arrivederci, allora.”
 
“Arrivederci.”
 
Slash raggiunse i suoi amici in sala d’aspetto: era un po’ turbato per quell’incontro. Quella donna aveva qualcosa che non andava e lo incuriosiva non poco.
Fece presto però a dimenticare quell’incontro quando venne accolto dai suoi amici che, anche se non l’avrebbero mai ammesso, erano preoccupati per lui e la sua salute.
 
“Allora? Come è andata?”
 
“Che ti ha detto? Va tutto bene?”
 
Le loro domande si sovrapponevano e Slash non potè fare altro che sorridere davanti a quei suoi meravigliosi amici, che non l’avevano mai lasciato in quei 4 mesi in cui la sua vita era appesa a un filo.
 
“Sto bene, ragazzi, sto bene. Il medico ha detto che sono sano come un pesce!”
 
“A parte il cervello, ma per quello non c’è speranza!”
 
“Oggi, McKagan, vuoi proprio che ti mandi a fare in culo, eh?”
 
Tutti e tre risero ed uscirono da quell’ospedale claustrofobico, diretti al garage del riccio, adibito a sala prove.
I tre si erano rincontrati pochi mesi prima a un concerto di beneficenza in onore di un loro caro amico deceduto e avevano riscoperto quella chimica meravigliosa che c’era nei Guns. Da dopo il 1993 tutto si era fatto più complicato e le poche volte che suonavano c’era sempre troppa tensione.
Ma ora le cose erano cambiate, avevano tutti voltato pagina, in un modo o nell’altro, e riscoprire quello che anni prima li aveva uniti era stata una ventata d’aria fresca.
Così si trovavano quasi tutti i giorni nella villa del chitarrista e facevano jam, da cui avevano tirato fuori del buon materiale. Duff aveva pensato di ingaggiare un suo vecchio amico, un certo David, anche lui chitarrista: sarebbe andato a provare con loro proprio il giorno seguente.
Poi, va beh, mancava un cantante…ma quella era la storia della loro vita e per il momento andava bene che fosse Duff a cantare.
Iniziarono a strimpellare qualcosa, canzoni vecchie, canzoni nuove, canzoni non ancora formate…poco importava.
La cosa importante era che fossero lì, tutti e tre, nonostante i loro corpi gli avessero presentato dei conti salati per tutti i vizi che avevano avuto in quei 20 anni suonati.
Facevano musica, e quello era il loro unico scopo.

 
  
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