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Mio padre morì
durante l’attacco; quando i romani
entrarono nella nostra abitazione, il suo cadavere era già
freddo.
Lottai con tutta me stessa,
naturalmente, ma erano
armati e impiegarono poco a sopraffarci. Violentarono mia madre
riducendola in
fin di vita e compresi dai loro gesti che a breve sarebbe toccato anche
a me;
ci ritrovammo legate, rinchiuse e prigioniere nella nostra stessa casa.
Loro si
aggiravano per la nostra misera abitazione di legno osservando ogni
cosa,
ridevano prendendoci in giro; non comprendevo le loro parole, ma le
loro
espressioni erano eloquenti, derisorie. Come li odiai, oh, quanto!
Quanto,
mentre osservavo l’abito a brandelli di mia madre e il suo
corpo sanguinante.
- Devi vendicarci –
mi sussurrava lei – Innithivei,
sei l’unica discendente della nostra famiglia, la
responsabilità della vendetta
ricade su di te.
Stavo ancora annuendo, quando
lui entrò nella
nostra casa.
Claudio Lucrezio Pollio allora
aveva solo diciotto
anni ed era sposato già da tre, età precoce per
un matrimonio; ma era un
militare, allora, e voleva assicurarsi una discendenza prima che la
guerra gli
chiedesse la vita. Mentre quell’anno scorrazzava con gli
uomini di suo padre
attraverso le nostre terre, Tullia Lucina Pollia portava in grembo il
germoglio
della piccola Claudia.
Non sapevo nulla di tutto
ciò, allora, quando
attraversò la soglia della mia casa.
La sua statura, unita ai
muscoli solidi, alla pelle
olivastra e agli occhi svegli, indagatori, mi fece inquietudine. Coprii
con il
mio corpo quello debole, in fin di vita, di mia madre e lui
notò il gesto; mi
osservò da capo a piedi con uno sguardo penetrante e
urlò qualcosa agli uomini
che ci avevano imprigionate.
Non so come lo compresi, ma in
quel momento seppi
che sarei stata sua.
- Ricordati la tua vendetta,
Innithivei, vivi per
quella – sussurrò mia madre, con il suo ultimo
alito di vita.
Morì quella notte e
con lei l’ultimo brandello
della mia esistenza precedente.
Divenni la schiava di Claudio
il giorno dopo e lui
mi ribattezzò Germanica.
Non gli rispondo mai, quando
mi chiama in questo
modo e mai l’ho chiamato con il nome che i suoi genitori gli
hanno affidato.
Kladius è la traduzione
del suo nome nella mia lingua
madre. Non mi sono mai rivolta a lui in altro modo.
Vi sembra strano?
Molte altre cose potrebbero
sembrarlo.
***
Kladius mi fa sapere che nel
pomeriggio ci
sposteremo tutti alle terme, ed è solo in quel momento che
comprendo appieno il
gesto di Tullia Lucina.
Naturalmente non posso
oppormi, la mia vita è
aggrappata a un equilibrio sottilissimo che potrei spezzare con il
minimo gesto
sconsiderato; sono la concubina preferita di Claudio Lucrezio Pollio da
dieci
anni, una quantità di tempo, a detta di tutti,
impressionante, e sono consapevole
che finora sia stato solo questo a salvarmi la vita. Nel periodo che ho
trascorso come schiava presso questa famiglia, sono state numerose le
concubine
che hanno condiviso il letto con Kladius; tuttavia, ciascuna di loro
perdeva
attrattiva ai suoi occhi già dopo il terzo incontro. Ed era
allora, in quel
preciso momento in cui perdevano il favore del loro padrone, che Tullia
Lucina
interveniva. La maggior parte di loro veniva degradata a lavori
umilianti o
allontanata, ma le concubine più belle, quelle che avevano
suscitato maggiori
complimenti da parte di Kladius e maggiori invidie da parte di sua
moglie, morivano
avvelenate. Nessuno si sorprendeva o metteva in moto discussioni,
Tullia Lucina
decretava nel suo cuore la loro fine e questa si abbatteva senza requie
sul
corpo delle sventurate.
Non mi faccio illusioni: nel
momento stesso in cui
perderò il favore di Kladius, verrò uccisa.
Tra la mia gente non
v’era nulla di simile, ma per
i romani, per loro, non esiste differenza tra un carro e uno schiavo.
Entrambi vengono
modellati per loro comodità e utilizzo, entrambi vengono
gettati o distrutti al
termine del periodo d’impiego.
Il giurista Gaio scrisse nelle
Istituzioni[1]:
“Vi
sono tre
tipi di utensili:
quelli
che
non si muovono e non parlano,
quelli
che
si muovono e non parlano,
e
quelli
che si muovono e parlano”
I primi sono gli oggetti
inanimati, i secondi gli
animali e i terzi sono gli schiavi.
Sono io.
Dunque, la mia morte
è sospesa ad ogni angolo di
questa casa, da quando mi trovo qui.
Per questo non
aprirò bocca, sorriderò a Tullia
Lucina e me ne andrò alle terme.
***
Quando arriviamo alle Terme di
Traiano, Kladius si reca immediatamente
in una delle due palestre all’aperto insieme a Tullia Lucina,
dove li attendono
i conoscenti con i quali hanno appuntamento. Questo mi permette di
tirare un sospiro di sollievo
momentaneo, poiché il mio padrone ha l’abitudine
di spogliarsi da solo e la
palestra non prevede in nessun modo il mio intervento. Rimango in un
angolo a
osservarlo giocare a ludere expulsim[2],
mentre Tullia Lucina, in un'altra area della
palestra, si impegna in una
partita a ludere datati[3]
con Claudia e altre donne.
Anche quando Kladius accede al
calidarium[4]
e, in seguito, al frigidarium[5],
riesco a tenermi a una distanza ragionevole; ma so che il momento
temuto
arriverà anche troppo velocemente. Il mio padrone e i suoi
amici si
ricongiungono alle mogli nella natatio, l’enorme piscina
delle terme, mentre nella
stanza accanto, alcuni conoscenti di Kladius si stanno già
stendendo sulle
tavole per il massaggio. Gli uomini più ricchi, come il mio
padrone, non si
avvalgono per questo compito di rozzi schiavi pubblici, siamo io e
Valeria, una
schiava di Lucina Tullia, a occuparci di
lui. E anche degli amici a cui, spesso, volentieri ci presta.
Infatti, in questo momento
Kladius mi invita con un
gesto del mento a raggiungere Horatio Cleio al suo tavolo; io afferro
le
boccette degli olii e mi avvicino a lui con il cuore che mi rimbalza in
petto.
Inizialmente non succede
nulla, Horatio Cleio accoglie con un sospiro
di piacere il movimento delle mie mani e si abbandona rilassato sul
tavolo. Ma,
dopo alcuni istanti, mi accorgo del movimento a scatti delle sue
narici. Sente
un odore strano, cerca di evitarlo, spera che passi... ma non se ne va;
a quel
punto si alza in piedi all’improvviso e mi osserva con occhi
sottili.
- Claudio, la tua serva manda
cattivo odore! –
esclama, sprezzante, mentre il mio padrone si avvicina a sua volta
– Questo, da
te, non me lo sarei davvero aspettato!
- Cosa dici? –
ribatte lui, sorpreso. Mi si accosta
e immediatamente sussulta, arretrando.
- Uno schiavo ben trattato e a
lungo sistemato
presso la stessa famiglia finisce per adagiarsi – commenta
Tullia Lucina, con
finta indifferenza – Ti chiediamo scusa, Horatio Cleio, per
tanta
sconsideratezza. Sono certa che
Claudio
punirà adeguatamente la sua schiava.
Gli occhi del mio padrone sono
colmi d’ira e di
vergogna – Allontanati immediatamente! – sibila,
nauseato – Aspettaci
all’esterno. E tieniti distante dalla gente, che nessun altro
venga a
lamentarsi con me del tuo odore disgustoso.
L’odio mi infiamma
la gola, devo soffocare le
parole che ho sulla lingua, perché so – oh, lo so per certo - che se parlassi ora, non
sopravvivrei fino a domani.
Esco, tremando di indignazione
sotto decine di
occhi sprezzanti; ho smesso di piangere da anni ormai, le umiliazioni
sono il
mio pane quotidiano... Eppure, eppure non riesco mai
ad abituarmi, mai! Ogni altro schiavo si rassegna, il suo
orgoglio si piega, tocca il pavimento con la fronte e lo lecca, se
necessario;
ma il mio no. Il mio orgoglio si innalza ad ogni sopruso, brillante e
indignato, furibondo come un uomo alla guerra.
Ancora
poco, ancora poco, canta.
Ancora poco e tutto questo
finirà.
***
- Inni, questo è
per te.
Claudia mi porge un boccettino
in bronzo modellato
a testa di donna, è pesante e ricolmo di un liquido rosso.
- Me l’hanno dato
alle terme, ti toglierà di dosso
quell’odore terribile, me l’hanno assicurato.
Vedrai che, se stanotte mio padre
ti troverà profumata e ben abbigliata, eviterà di
punirti!
Gli occhi mi si riempiono di
lacrime, perché la
commozione è l’unica emozione che riesce ancora a
farmi piangere. E mi succede
talmente poco! E mi capita solo per l’affetto che mi dimostra
Claudia.
L’abbraccio stretta,
come facevo quando era più
piccola e le sussurro all’orecchio mille ringraziamenti.
[1]Giurista Gaio... Istituzioni: Gaio fu un giurista romano, morto all’incirca nel 180 d.C. La sua eccezionale fama tra gli studiosi del diritto romano e del diritto in generale è dovuta al ritrovamento nel 1816 di un manoscritto contenente le Istituzioni, opera in quattro libri (o commentari) che il giurista aveva predisposto a fini didattici e che fotografa con impareggiabile nitidezza il quadro del diritto romano classico. Si tratta dell'unica opera del periodo classico ad esserci pervenuta direttamente, senza il tramite (e le interpolazioni) dei giuristi giustinianei.
[2] Ludere espulsim: una sorta di gioco del tennis, in cui però non si utilizzano racchette ma si colpisce la palla con i palmi delle mani.
[3] Ludere datatim: un antenato di palla avvelenata.
[4] Calidarium: la parte delle antiche terme romane destinata ai bagni in acqua calda e ai bagni di vapore.
[5] Frigidarium: la parte delle antiche terme romane dove potevano essere presi bagni in acqua fredda.