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Autore: phoenix_esmeralda    26/09/2013    4 recensioni
"Avevo solo diciassette anni, quella notte.
Un corpo da donna, ma desideri da ragazzina; rossa di capelli - come quasi tutti tra la mia gente - agile di membra e snella nella corporatura, focosa come un dardo acceso e combattiva come il guerriero più tenace.
Ma non potei fare nulla, quando ci presero. Ci presero tutti, e Innithivei divenne Germanica e serva, concubina e schiava."

Prima classificata al contest "Quindici personaggi in cerca d'autore" di Okino Lin Yu"
Partecipa al contest "The thousand and one night" di Prior.Incantatio.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
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2

 

Mio padre morì durante l’attacco; quando i romani entrarono nella nostra abitazione, il suo cadavere era già freddo.

Lottai con tutta me stessa, naturalmente, ma erano armati e impiegarono poco a sopraffarci. Violentarono mia madre riducendola in fin di vita e compresi dai loro gesti che a breve sarebbe toccato anche a me; ci ritrovammo legate, rinchiuse e prigioniere nella nostra stessa casa. Loro si aggiravano per la nostra misera abitazione di legno osservando ogni cosa, ridevano prendendoci in giro; non comprendevo le loro parole, ma le loro espressioni erano eloquenti, derisorie. Come li odiai, oh, quanto! Quanto, mentre osservavo l’abito a brandelli di mia madre e il suo corpo sanguinante.

- Devi vendicarci – mi sussurrava lei – Innithivei, sei l’unica discendente della nostra famiglia, la responsabilità della vendetta ricade su di te.

Stavo ancora annuendo, quando lui entrò nella nostra casa.

Claudio Lucrezio Pollio allora aveva solo diciotto anni ed era sposato già da tre, età precoce per un matrimonio; ma era un militare, allora, e voleva assicurarsi una discendenza prima che la guerra gli chiedesse la vita. Mentre quell’anno scorrazzava con gli uomini di suo padre attraverso le nostre terre, Tullia Lucina Pollia portava in grembo il germoglio della piccola Claudia.

Non sapevo nulla di tutto ciò, allora, quando attraversò la soglia della mia casa.

La sua statura, unita ai muscoli solidi, alla pelle olivastra e agli occhi svegli, indagatori, mi fece inquietudine. Coprii con il mio corpo quello debole, in fin di vita, di mia madre e lui notò il gesto; mi osservò da capo a piedi con uno sguardo penetrante e urlò qualcosa agli uomini che ci avevano imprigionate.

Non so come lo compresi, ma in quel momento seppi che sarei stata sua.

- Ricordati la tua vendetta, Innithivei, vivi per quella – sussurrò mia madre, con il suo ultimo alito di vita.

Morì quella notte e con lei l’ultimo brandello della mia esistenza precedente.

Divenni la schiava di Claudio il giorno dopo e lui mi ribattezzò Germanica.

Non gli rispondo mai, quando mi chiama in questo modo e mai l’ho chiamato con il nome che i suoi genitori gli hanno affidato.

Kladius è la traduzione del suo nome nella mia lingua madre. Non mi sono mai rivolta a lui in altro modo.

Vi sembra strano?

Molte altre cose potrebbero sembrarlo.

 

***

 

Kladius mi fa sapere che nel pomeriggio ci sposteremo tutti alle terme, ed è solo in quel momento che comprendo appieno il gesto di Tullia Lucina.

Naturalmente non posso oppormi, la mia vita è aggrappata a un equilibrio sottilissimo che potrei spezzare con il minimo gesto sconsiderato; sono la concubina preferita di Claudio Lucrezio Pollio da dieci anni, una quantità di tempo, a detta di tutti, impressionante, e sono consapevole che finora sia stato solo questo a salvarmi la vita. Nel periodo che ho trascorso come schiava presso questa famiglia, sono state numerose le concubine che hanno condiviso il letto con Kladius; tuttavia, ciascuna di loro perdeva attrattiva ai suoi occhi già dopo il terzo incontro. Ed era allora, in quel preciso momento in cui perdevano il favore del loro padrone, che Tullia Lucina interveniva. La maggior parte di loro veniva degradata a lavori umilianti o allontanata, ma le concubine più belle, quelle che avevano suscitato maggiori complimenti da parte di Kladius e maggiori invidie da parte di sua moglie, morivano avvelenate. Nessuno si sorprendeva o metteva in moto discussioni, Tullia Lucina decretava nel suo cuore la loro fine e questa si abbatteva senza requie sul corpo delle sventurate.

Non mi faccio illusioni: nel momento stesso in cui perderò il favore di Kladius, verrò uccisa.

Tra la mia gente non v’era nulla di simile, ma per i romani, per loro, non esiste differenza tra un carro e uno schiavo. Entrambi vengono modellati per loro comodità e utilizzo, entrambi vengono gettati o distrutti al termine del periodo d’impiego.

Il giurista Gaio scrisse nelle Istituzioni[1]:

Vi sono tre tipi di utensili:

quelli che non si muovono e non parlano,

quelli che si muovono e non parlano,

e quelli che si muovono e parlano”

I primi sono gli oggetti inanimati, i secondi gli animali e i terzi sono gli schiavi.

Sono io.

Dunque, la mia morte è sospesa ad ogni angolo di questa casa, da quando mi trovo qui.

Per questo non aprirò bocca, sorriderò a Tullia Lucina e me ne andrò alle terme.

 

***

 

Quando arriviamo alle Terme di Traiano, Kladius si reca immediatamente in una delle due palestre all’aperto insieme a Tullia Lucina, dove li attendono i conoscenti con i quali hanno appuntamento. Questo mi permette di tirare un sospiro di sollievo momentaneo, poiché il mio padrone ha l’abitudine di spogliarsi da solo e la palestra non prevede in nessun modo il mio intervento. Rimango in un angolo a osservarlo giocare a ludere expulsim[2], mentre Tullia Lucina, in un'altra area della palestra, si impegna in una partita a ludere datati[3] con Claudia e altre donne.

Anche quando Kladius accede al calidarium[4] e, in seguito, al frigidarium[5], riesco a tenermi a una distanza ragionevole; ma so che il momento temuto arriverà anche troppo velocemente. Il mio padrone e i suoi amici si ricongiungono alle mogli nella natatio, l’enorme piscina delle terme, mentre nella stanza accanto, alcuni conoscenti di Kladius si stanno già stendendo sulle tavole per il massaggio. Gli uomini più ricchi, come il mio padrone, non si avvalgono per questo compito di rozzi schiavi pubblici, siamo io e Valeria,  una schiava di Lucina Tullia, a occuparci di lui. E anche degli amici a cui, spesso, volentieri ci presta.

Infatti, in questo momento Kladius mi invita con un gesto del mento a raggiungere Horatio Cleio al suo tavolo; io afferro le boccette degli olii e mi avvicino a lui con il cuore che mi rimbalza in petto.

Inizialmente non succede nulla, Horatio Cleio accoglie con un sospiro di piacere il movimento delle mie mani e si abbandona rilassato sul tavolo. Ma, dopo alcuni istanti, mi accorgo del movimento a scatti delle sue narici. Sente un odore strano, cerca di evitarlo, spera che passi... ma non se ne va; a quel punto si alza in piedi all’improvviso e mi osserva con occhi sottili.

- Claudio, la tua serva manda cattivo odore! – esclama, sprezzante, mentre il mio padrone si avvicina a sua volta – Questo, da te, non me lo sarei davvero aspettato!                                                                  

- Cosa dici? – ribatte lui, sorpreso. Mi si accosta e immediatamente sussulta, arretrando.

- Uno schiavo ben trattato e a lungo sistemato presso la stessa famiglia finisce per adagiarsi – commenta Tullia Lucina, con finta indifferenza – Ti chiediamo scusa, Horatio Cleio, per tanta sconsideratezza. Sono certa che Claudio punirà adeguatamente la sua schiava.                           

Gli occhi del mio padrone sono colmi d’ira e di vergogna – Allontanati immediatamente! – sibila, nauseato – Aspettaci all’esterno. E tieniti distante dalla gente, che nessun altro venga a lamentarsi con me del tuo odore disgustoso.

L’odio mi infiamma la gola, devo soffocare le parole che ho sulla lingua, perché so – oh, lo so per certo - che se parlassi ora, non sopravvivrei fino a domani.

Esco, tremando di indignazione sotto decine di occhi sprezzanti; ho smesso di piangere da anni ormai, le umiliazioni sono il mio pane quotidiano... Eppure, eppure non riesco mai ad abituarmi, mai! Ogni altro schiavo si rassegna, il suo orgoglio si piega, tocca il pavimento con la fronte e lo lecca, se necessario; ma il mio no. Il mio orgoglio si innalza ad ogni sopruso, brillante e indignato, furibondo come un uomo alla guerra.

Ancora poco, ancora poco, canta.

Ancora poco e tutto questo finirà.

 

***

 

 

- Inni, questo è per te.

Claudia mi porge un boccettino in bronzo modellato a testa di donna, è pesante e ricolmo di un liquido rosso.

- Me l’hanno dato alle terme, ti toglierà di dosso quell’odore terribile, me l’hanno assicurato. Vedrai che, se stanotte mio padre ti troverà profumata e ben abbigliata, eviterà di punirti!

Gli occhi mi si riempiono di lacrime, perché la commozione è l’unica emozione che riesce ancora a farmi piangere. E mi succede talmente poco! E mi capita solo per l’affetto che mi dimostra Claudia.

L’abbraccio stretta, come facevo quando era più piccola e le sussurro all’orecchio mille ringraziamenti.

 




[1]Giurista Gaio... Istituzioni: Gaio fu un giurista romano, morto all’incirca nel 180 d.C. La sua eccezionale fama tra gli studiosi del diritto romano e del diritto in generale è dovuta al ritrovamento nel 1816 di un manoscritto contenente le Istituzioni, opera in quattro libri (o commentari) che il giurista aveva predisposto a fini didattici e che fotografa con impareggiabile nitidezza il quadro del diritto romano classico. Si tratta dell'unica opera del periodo classico ad esserci pervenuta direttamente, senza il tramite (e le interpolazioni) dei giuristi giustinianei.

[2] Ludere espulsim: una sorta di gioco del tennis, in cui però non si utilizzano racchette ma si colpisce la palla con i palmi delle mani.

[3] Ludere datatim: un antenato di palla avvelenata.

[4] Calidarium: la parte delle antiche terme romane destinata ai bagni in acqua calda e ai bagni di vapore.

[5] Frigidarium: la parte delle antiche terme romane dove potevano essere presi bagni in acqua fredda.

  
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