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Autore: Sonomi    26/09/2013    2 recensioni
"Fissava le pareti della stanza senza vederle realmente, cercando di captare ogni piccolo rumore. L’unica cosa che sentiva era il suo flebile respiro. Le luci al neon del lampadario rendevano l’atmosfera circostante molto ospedaliera, e quel paragone non fece altro che accrescere l’ansia dentro le sue membra. Non sapeva come mai, ma la sola idea che quella camera potesse sembrare un ospedale lo terrorizzava abbastanza.
Guardò impotente la porta sbarrata davanti a lui, per poi lasciar scivolare gli occhi sulla scarsa mobilia che lo circondava: un comò di medie dimensioni, un traballante tavolino di mogano e una sedia inutilizzata, considerando che era seduto sul pavimento freddo. Ingoiò l’aria, aspettando che qualcosa accadesse. Ma non succedeva niente da almeno cinque giorni.
Uscirò mai da qui?"
(Taoris, Kaisoo, Hunhan, Baekyeol, Sulay, ChenMin)
(Titolo cambiato! Precedente: "Il college degli orrori")
Genere: Mistero, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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15.
Ricominciare insieme.
 
Chanyeol fissava lo schermo del cellulare di Baekhyun con gli occhi talmente tanto spalancati che i bulbi sarebbero potuti cadere in terra. Le mani stringevano tremanti quel piccolo aggeggio luminescente e il ragazzo faticava a credere che quelle parole fossero scritte proprio dinanzi a lui. Fascicolo, quale fascicolo? Su di lui? Il ragazzo ingoiò a vuoto un gigantesco quantitativo di saliva e ad un tratto quella stanza non gli sembrò più il luogo confortante in cui aveva passato i momenti migliori della sua vita. Nemmeno la persona che stava stesa su quel letto sfatto sembrava più il suo Baekhyun. 
Con un gesto secco attivò l’impostazione “segna come da leggere” in modo che il fidanzato non capisse che i messaggi fossero già stati aperti, e si vestì totalmente, afferrando la giacca ai piedi del materasso. Voleva andarsene per un po’, prendere  una boccata d’aria, lasciar la mente vagare da sola a briglia sciolta. Non vedere il volto di Baekhyun per qualche ora.
Cosa mi stai nascondendo? Di chi è questo numero? Io.. Cosa c’entro?
Scrisse velocemente un bigliettino, informandolo di doversene andare per una chiamata urgente dei genitori, ed uscì in corridoio mentre ancora Baekhyun si rotolava fra le lenzuola. Chanyeol usò il suo mazzo di chiavi per far scattare la serratura e si gettò in strada, iniziando a camminare verso una meta poco precisa. Tutto ad un tratto aveva come la sensazione che il puzzle della sua vita fosse caduto in terra e si fosse scomposto: Baekhyun era forse l’unica certezza che aveva avuto nella sua intera esistenza.. Come poteva dubitare anche di lui adesso? Ma la domanda principale era su come si sarebbe dovuto comportare da quel momento. Fingere di non aver mai letto quei messaggi sarebbe stato impossibile e al contempo non poteva nemmeno dire al suo fidanzato di aver sbirciato. Però non aveva nemmeno la minima intenzione di vivere con il dubbio che Baekhyun gli stesse nascondendo qualcosa. Doveva scoprire di più: chi fosse quel Zitao, cosa c’entrasse lui stesso, chi fosse la persona dietro quel numero di cellulare. A quel punto Chanyeol si rese conto che vi era solo una possibilità, per quanto assurda e veramente meschina.
Ti seguirò.


2 settimane dopo


-Signor Kim, le sue ossa sono in perfetta forma. Il suo corpo si è ripreso velocemente, son soddisfatto- affermò il dottor Kang regalando un buffetto sulla guancia di Minseok, mentre ancora teneva fra le mani le lastre appena eseguite. -Le fratture sono scomparse e può finalmente togliere anche la sedia a rotelle. Le sarei comunque grato se non si affaticasse ancora per qualche settimana. Cammini il minimo indispensabile e si riposi-
Minseok sorrise al medico, osservando estasiato il braccio, il busto, e la gamba finalmente senza gesso. Si sfiorò gli arti con le dita e le sue labbra si tesero maggiormente, andando ad illuminare di felicità anche gli occhi.
-Dottore, Minseok può davvero camminare da solo ora?- la voce di Jongdae, che fino a quel momento non aveva osato pronunciare nemmeno una parola, sembrava leggermente preoccupata, ansiosa, ed effettivamente lo era realmente. Voleva davvero che il ragazzo potesse finalmente camminare sulle sue gambe, e sapeva anche quanto Minseok stesso ci tenesse, ma era salutare per lui?
-Certamente, puoi star tranquillo. Oramai è passato un mese dall’ingessatura, è tutto guarito-
Jongdae sospirò sollevato, mentre Minseok batteva le mani entusiasta. Anche quel semplice gesto prima gli era impossibile con il gesso a coprirli mezzo palmo, così come il far scricchiolare la caviglia o chinarsi per allacciarsi una scarpa. Poteva di nuovo essere autosufficiente, ricambiare in qualche modo tutto quello che Jongdae aveva fatto per lui in quelle settimane. E aveva già in mente come fare.
-Può andare signor Kim. Ci vediamo fra un mesetto per un’ultima lastra di controllo, che essere prudenti, non guasta mai- scherzò il dottor Kang aiutando Minseok a scendere dal lettino. -Adesso vada e si diverta. La lascio nelle abili mani di Jongdae- continuò poi con un inchino e un rinnovato sorriso, uscendo dallo studio medico insieme alla cartellina del paziente. Minseok osservò in silenzio le sue gambe reggerlo in piedi da solo, e pian piano le mosse in avanti, testando il piacere di riuscir a camminare di nuovo. Al contempo mosse le braccia, piegandole e stendendole, riprendendo lentamente il controllo dei suoi muscoli. Quasi si mise a saltellare per la felicità, ma si limitò ad alzare lo sguardo allegro verso Jongdae, che lo fissava con un enorme sorriso stampato sul bellissimo volto. Se ne stava appoggiato al muro di fianco al lettino, le mani in tasca, e lo guardava con quell’espressione carica di sentimento che aveva sempre fatto traballare le gambe a Minseok, per quanto potessero tremare su una sedia a rotelle. Ora poteva stringerlo con entrambe le braccia, avvertire totalmente il suo contatto fisico, camminare di fianco a lui spalla a spalla. 
-Com’è bello vederti in piedi Min- sussurrò Jongdae, quasi con le lacrime agli occhi, e l’amico gli si avvicinò pian piano. Aveva quasi dimenticato come ci si sentisse a vedere Minseok camminare verso di lui, con quel sorriso da carie e lo sguardo lucido. Vederlo di nuovo così, avvolto in quel gigantesco felpone che gli arrivava quasi fin sotto il sedere, fu un toccasana per il suo cuore stanco. Minseok arrivò ad un palmo dal naso di Jongdae e il ragazzo quasi perse un battito quando le braccia del giovane si allacciarono attorno al suo collo, stringendolo al petto con una forza tale da fargli male. 
-Finalmente posso abbracciarti anche io- sussurrò Minseok felice, tuffando la faccia fra i capelli di Jongdae, mentre quest’ultimo faticava a respirare, e non per la stretta troppo ferrea dell’amico. Avvertì un fastidioso pizzicore agli occhi e maledisse la sua dannata sensibilità. Non doveva piangere in quel momento, diamine!
-E a me son mancati i tuoi abbracci..- mormorò Jongdae, concedendosi quell’affermazione un po’ fuori luogo, ma che in quel momento sembrava giusta da dire. Poco importava se Minseok si sarebbe fatto venire dei dubbi, aveva bisogno di gettar fuori una parte di quei sentimenti incatenati. 
-Da oggi ti abbraccerò sempre. Tutti i giorni. Appena sveglio, prima di pranzo, al pomeriggio e prima di addormentarti- affermò Minseok serio, decidendo a sua volta che forse assecondare un poco quel groviglio di emozioni nate dal quel ricordo, gli avrebbe permesso di ricordare dell’altro. Voleva dare di nuovo un posto a Jongdae nella sua vita, rimettere il suo tassello del puzzle nella fessura giusta. E quella sera l’avrebbe fatto, avrebbe permesso a Jongdae di entrare nella sua vita per una seconda volta. 
Non so che rapporto avessimo prima.. Ma di sicuro per me eri una persona importante. Lo sei anche ora, le cose non cambiano. 
Il battito di Minseok aumentò per qualche secondo, e strinse l’amico ancora più forte. Sapeva benissimo cosa stesse accadendo in quel momento, cosa andassero a significare quelle emozioni, quel tremolio, quel batticuore. Lo sapeva e per la prima volta non ne ebbe paura. 
Potrai anche respingermi, non te ne farò una colpa, ma devo dirtelo prima che tutto questo mi distrugga.
Credo di essermi innamorato di te, Kim Jongdae. Che sia la prima volta o la seconda, non mi importa.


***

Zitao camminava lentamente nel giardino del college, avvolto in un gigantesco cappotto pesante per proteggersi dal freddo di novembre. Il cielo sopra la sua testa era plumbeo, spento, un po’ triste, e il ragazzo si perse per un attimo a contemplarlo mentre l’aria gelida passava attraverso le pieghe dei vestiti. 
Quelle due settimane erano passate in fretta, talmente tanto che faticava a rendersi conto di cosa gli fosse successo realmente. Si sentiva confuso, disorientato, e forse anche un po’ spaventato. Non aveva idea di come uscire da quello stato emotivo di totale disperazione, e non poteva fare altro che chiudersi nella sua stanza, evitando i continui tentativi di Jongin di farlo sentire meglio, e cercare di rilassare la mente. Non sapeva come fosse arrivato a quel punto: all’inizio sembrava essere tutto normale. Non ricordava cosa gli fosse successo esattamente, era vero, ma nel complesso sentiva di poter superare la cosa. Ma più passavano i giorni più aveva iniziato a rendersi conto che in realtà non si sentiva affatto bene, sia mentalmente sia fisicamente. Aveva spesso dei capogiri, dolori muscolari, la vista andava e veniva e tutti quei sintomi insieme lo facevano sentire inutile. L’unico dettaglio positivo guadagnato da quella situazione era la continua e piacevole presenza di Yifan accanto, presenza che Zitao stava iniziando ad apprezzare fin troppo. Anche quel particolare aveva la capacità di mandarlo in confusione: cosa provava realmente per quel ragazzo? Zitao aveva cominciato a chiederselo spesso. Quando si erano conosciuti, Yifan gli era sembrato un giovane taciturno, solitario, ma una brava persona. Col passare del tempo però l’amico aveva iniziato a far uscire fuori lati del suo carattere che avevano lasciato Zitao di sasso: gentilezza, comprensione, la protezione nei suoi confronti. Tutti dettagli che sommati l’uno all’altro avevano creato una pila di dubbi nella sua mente, al vertice della quale vi era il quesito più importante di tutti. 
Cosa sono io, allora, per Yifan?
Zitao sbuffò, calciando un sassolino sull’erba secca. Alzò il volto al cielo, incrociando le braccia, e osservo lo spostarsi delle nuvole al vento fresco. Si erano fatte ancora più grigie, quasi minacciose, e quasi aveva l’impressione di riuscire a vedere le goccioline condensarsi e prepararsi alla caduta. Zitao annusò l’aria di riflesso, percependo un vago odore di umido, di salmastro, di bagnato. Non fece in tempo a formulare quel pensiero che l’acqua cadde dal cielo in una forte ramata, inzuppandolo da capo a piedi prima che potesse muovere un solo passo in direzione della scuola. Quasi gli venne da ridere mentre, con le mani raggelate in tasca, si incamminava verso la villa, ascoltando il tintinnio delle gocce sul terreno, lo scivolare dell’acqua su ogni filo d’erba, le piccole zampette degli insetti che cercavano un posticino in cui ripararsi.. 
Un attimo. Ma che..?
Zitao gettò lo sguardo verso i suoi piedi, ma l’unica cosa che i suoi occhi neri incontrarono fu il terreno. Nessun insetto, nessuna goccia d’acqua, troppo piccoli per poter essere visti, forse. Eppure riusciva a percepirne il suono, lo sentiva chiaramente. Scosse il capo, dando immediatamente la colpa alla sua confusione mentale, e riprese a camminare verso la scuola, lasciando che l’acqua continuasse a cadere sul suo volto stanco. Aveva solo bisogno di riposare ancora un po’.

***

Ore 20:07, college, camera 27.

Era tutto pronto, nei minimi dettagli. Tutto, tranne lui. Solo in camera, davanti allo specchio gigante del bagno, Kim Minseok guardava il suo riflesso osservarlo con uno sguardo spaventato e colmo d’ansia. Con le dita cercò di aggiustare un ciuffo ribelle che gli ricadeva fastidioso sulla fronte, così come le pieghe quasi inesistenti sulla maglia perfettamente stirata. Diete un’occhiata anche all’accostamento dei colori, e almeno quello gli sembrò decente. 
Cosa sto per fare, devo essere impazzito.
Si, probabilmente lo era davvero, ma non poteva più trattenersi ormai. In quelle ultime settimane, i sentimenti nati attraverso il ricordo sembravano aver aumentato la loro intensità, dando a Minseok la sensazione che in realtà ci fossero stati fin dall’inizio. Dal momento in cui aveva visto Jongdae nella camera d’ospedale, dal momento in cui il ragazzo era arrossito davanti alla sua richiesta di tenere i letti uniti, ogni volta in cui Jongdae lo abbracciava senza preavviso, nascondendo il volto nell’incavo del suo collo. Minseok voleva che accadesse ancora, non importava in che modo. Non gli importava se in passato l’amico lo avesse già rifiutato, se lo avesse allontanato: in quel momento il suo unico desiderio era poter dire a Jongdae quello che provava. Al digerire la risposta del giovane ci avrebbe pensato in un secondo tempo. 
Minseok uscì dal bagno, guardando il suo lavoro con occhio critico. Il tavolino, apparecchiato con una tovaglia bianca e contornato da rose rosse; le candele, un po’ ovunque, sia profumate che semplici, e si apprestò ad accenderle; lo stereo, già pronto per essere usato; le pietanze poggiate sul piano di vetro, tenute al caldo da un coperchio in acciaio. Non mancava nulla, solo Jongdae. Minseok aveva deciso di saltare l’ultima lezione del pomeriggio, quella delle 18:30, con la scusa di voler fare una passeggiata sulle sue ritrovate gambe, solo per poter preparare il tutto alla perfezione. E in quel preciso istante se la stava facendo sotto. Non aveva nemmeno preparato un discorso con cui cominciare, nessuna parola, niente di niente. Sperò solo di non fare la figura dell’idiota. 
Quando la serratura scattò, Minseok quasi inciampò mentre correva di nuovo in bagno, solo per poter vedere la reazione di Jongdae a tutto quello che aveva preparato. Non appena il ragazzo varcò la soglia della camera, dire che rimase interdetto, di sasso, sconvolto, sarebbe stato un eufemismo. Con ancora la mano sulla maniglia, l’entrata spalancata per metà, guardava con occhi spalancati lo spettacolo che si ritrovava davanti, trattenendo il respiro anche più di quanto i suoi polmoni glielo permettessero. Jongdae fece qualche passetto incerto all’interno della stanza, chiudendosi la porta alle spalle, e lasciò cadere la borsa sulla scrivania con un tonfo sordo, mentre le mani e le gambe iniziavano a tremargli leggermente. Cos’era tutto quello? Il profumo delle candele gli arrivava al naso, delicato, donandogli una sensazione di tranquillità. Inoltre, la loro luce, dava alla camera un’aria soft, romantica. Arrossì leggermente, mentre il cuore prendeva a battere più forte, e cercò con gli occhi la persona che aveva architettato quella situazione: trovò Minseok seminascosto dietro la porta del bagno, con lo sguardo basso, timido, le mani affondate nelle tasche dei jeans scuri che indossava. Jongdae lo guardò per qualche secondo, ammaliato, non sapendo bene come comportarsi, né cosa dire. Aveva la gola secca. 
-Ciao..- mormorò Minseok, uscendo completamente dal bagno, e lasciandosi andare ad un sorriso incerto. Jongdae lo osservò, in silenzio, sbattendo le palpebre come a voler scacciare una visione assurda. 
-Non.. Dici niente?- continuò Minseok con una risatina stridula, grattandosi la nuca a disagio. 
Iniziamo bene
-Non.. Io.. Cioè..- balbettò Jongdae annaspando l’aria. -Tutto questo è.. Per me?-
-E per chi altri dovrebbe essere?- affermò con un sorriso l’altro, avvicinandosi di qualche passo. Minseok afferrò le mani dell’altro con le sue, e gli sembrò quasi di vederle sparire all’interno dei suoi palmi. -Vieni, la cena rischia di raffreddarsi- 
Condusse Jongdae al tavolo, spostandogli la sedia per farlo sedere, e notò divertito quando il ragazzo sembrasse sia lusingato sia a disagio. Afferrò il telecomando dello stereo, facendo partire un cd a caso, in modo che in sottofondo vi fosse una qualche colonna sonora, per poi fare un respiro profondo e dare inizio alla serata come più o meno l’aveva programmata. 
-Come antipasto abbiamo paté di olive, salsa di gamberetti, e crostini- elencò serio, scoperchiando il vassoio e porgendolo con un sorriso all’amico. 
-Sembra buono..-
-Oh, lo è!-
-Minseok..- balbettò Jongdae con una risatina nervosa. -Non capisco, perché tutto questo?-
-Non adesso- ribattè l’altro, troncandolo sul nascere e sedendosi a sua volta per consumare gli antipasti. Li mise nel piatto, iniziando a masticare con cura un crostino alle olive e lanciando di tanto in tanto occhiate a Jongdae, che lo imitava in maniera completamente imbarazzata. Infatti non aveva la minima idea di come comportarsi, di cosa dire, di cosa fare. Ma soprattutto di cosa pensare.
Perché Minseok ha fatto una cosa del genere? E se.. No,  impossibile. Non può aver ricordato, me lo avrebbe detto, lo avrei capito. Ma allora cos’è tutto questo?
-So che ti staranno venendo in mente tante cose, ma ora pensa a mangiare. Dopo.. Ti spiegherò il perché di tutto questo- affermò all’improvviso Minseok, affondando il cucchiaino nella salsa di gamberi, e lasciando che Jongdae continuasse a guardarlo con quell’espressione stralunata e sognante che lo stava mettendo vagamente in imbarazzo. Era troppo difficile reggere il suo sguardo, tanto che alla fine rinunciò e concentrò le sue attenzioni sui primi piatti, servendoli anche a Jongdae come un bravissimo cameriere. Il menù comprendeva “spaghetti alla Singapore”, tipici cinesi, e Minseok si riempì completamente il piatto in modo da affogare l’ansia crescente nel cibo. Ai primi seguirono i secondi, a base di carne e verdure, e la cena sembrò prendere una velocità inaudita, trascorrendo nel completo silenzio: Jongdae non osava parlare e di conseguenza nemmeno Minseok. Uno per non darsi illusioni, l’altro per cercare di non scoppiare in un pieno attacco isterico. 
Quando in tavola arrivò anche il dessert, una graziosa torta alla frutta, Minseok dovette iniziare a contare in silenzio pur di non mettersi a saltare per la stanza dal nervosismo. Non poteva trascinare la situazione ancora per molto: aveva tirato i dadi, ora doveva giocare. Affondò un’ultima volta il cucchiaino nella sua fetta di dolce, gustando la sensazione sulla lingua, per poi sistemare le posate ai lati del piatto e prendere un profondo respiro.
Avanti Minseok, non fare il codardo. 
-Ok, penso di poterti parlare adesso- iniziò a dire, tentennante, mentre le note di una canzone dall’aria malinconica riempivano l’aria. -So che tutto questo ti.. Sembrerà strano, ma ho avuto le mie ragioni per farlo. E queste ragioni sono due in particolare- continuò Minseok intrecciando le dita delle mani.
-Ti ascolto..- 
-La prima ragione sta nel volerti ringraziare per tutto quello che hai fatto per me in questo periodo. Mi sei stato accanto come nessun altro ha fatto, nonostante i miei ricordi di te fossero assenti. Mi hai aiutato a fare ogni piccola cosa, dal vestirmi, al fare la doccia. Senza di te.. Io non sarei qui ora. Fin dall’inizio mi hai dato la forza per continuare a resistere e a sperare che la mia vita potesse migliorare. E così è stato- 
Minseok si fermò per un attimo, prendendosi qualche secondo per osservare ala reazione di Jongdae a quelle prime parole. Il ragazzo sorrideva, con le lacrime che luccicavano ai bordi dei suoi occhi e minacciavano di scendere. Le asciugò con il tovagliolo, e scosse leggermente il capo.
-Non devi ringraziarmi per questo..in questo modo- sussurrò divertito.
-Come ti ho già detto, la riconoscenza nei tuoi confronti non è il solo motivo, Jongdae- riprese Minseok mordendosi il labbro inferiore. -Ti ho detto che se penso positivo è solo grazie alla forza che mi hai dato.. Ma non basta. La verità è che mi sento più felice nel sapere che, comunque vada, nel mio futuro ci sarai anche tu, che io mi ricordi di te o meno. Non è tutto-
Minseok pronunciava quelle parole con lo sguardo puntato sul piatto, mentre il cuore di Jongdae faceva una capriola, raggiungendo la gola. Le mani di quest’ultimo si chiusero attorno al tessuto della felpa, e per poco non le sentì doloranti da quanto stava stringendo. 
-Non è tutto?- chiese poi, perdendo l’uso completo della voce.
-No. Non è tutto. Ti ricordi quando, poco più di due settimane fa, ho avuto quel ricordo?- chiese Minseok alzando gli occhi verso Jongdae. Quello annuì. -Con quelle immagini, si sono risvegliate in me anche delle.. Chiamiamole ‘sensazioni’, che mi hanno lasciato interdetto e spaventato. Ho riportato a galla dei sentimenti che in quel momento mi hanno sconvolto. Nel ricordo.. Io ero agitato in tua presenza, il mio cuore batteva e.. mi sono sorte spontanee delle domande: cos’eri per me in passato? Eri importante? Tu sapevi di queste mie sensazioni? Le risposte che non riuscivo a darmi hanno cominciato ad uccidermi, fin quando mi sono reso conto che le sensazioni uscite dal ricordo continuavano ad essere presenti ogni giorno.. Quando ti parlavo, ti guardavo..- 
Minseok si fermò un attimo, mentre Jongdae aveva smesso completamente di respirare. Le parole dell’altro si erano conficcate direttamente nei suoi polmoni, bloccandogli l’aria in gola, rendendo pericolosamente traballanti le nuove lacrime all’interno dei suoi occhi spalancati. Minseok lo guardò con un mezzo sorriso, alzandosi dalla sedia e raggiungendolo dal lato del tavolo, non riuscendo a staccare il proprio sguardo da quello di Jongdae. Cadde in ginocchio, al suo fianco, e posò le mani su quelle dell’amico, abbandonate lungo le gambe. 
-Io.. Credo di essermi innamorato di te- disse Minseok secco, e le dita gli tremarono. -Non so quante volte sia già successo.. Ma mi sono reso conto che mi è bastato un mese perché accadesse e forse la verità è che io l’avevo sempre saputo. Solo che mi ci è voluto un fottuto ricordo per farmelo capire. Quindi.. Ecco: questo è il secondo motivo per cui ho organizzato tutto questo- concluse, e per un attimo si sentì sollevato.
Jongdae non osava parlare, o fare qualunque altra cosa. Gli occhi spalancati fissavano il volto di Minseok, senza quasi vederlo realmente, mentre le parole da lui pronunciate continuavano a rimbalzare nella sua testa come gigantesche palle da tennis. Il ragazzo lo fissava in attesa di una qualsiasi risposta, ma non aveva la minima forza per parlare. Riusciva solo a percepire il calore delle mani di Minseok sulle sue, la sua figura inginocchiata ai suoi piedi, lo sguardo colmo di aspettative. Jongdae non riusciva a credere all’intera situazione. Al suo fidanzato che si era innamorato di lui una seconda volta. Quel pensiero fece nascere un’altra ondata di lacrime, che sfociarono in enormi singhiozzi, troppo difficili da trattenere, e che lo portarono ad alzarsi e a inginocchiarsi a sua volta accanto a Minseok, sfiorando con le mani il volto del ragazzo. Quello lo fissava perplesso, quasi sorpreso, mentre Jongdae sorrideva fra le lacrime, troppo felice per potersi solo fermare un attimo. Forse la ruota della fortuna aveva deciso di girare un attimo dalla sua parte, forse poteva concedersi un po’ di felicità, dopo tanto tempo?
-Allora è vero, quello che dicono tutti..- sussurrò Jongdae con una risata. 
-Cosa dicono ‘tutti’?- balbettò Minseok aggrappandosi alle braccia dell’altro. 
-Che la vita può mettere in ballo tutti gli ostacoli che vuole, ma alla fine, in qualche modo, l’amore trionfa sempre. Sembra una dannata frase da scatola di cioccolatini, ma non c’è verità più certa di questa- 
E con quelle parole Jongdae rise di nuovo, mentre le lacrime continuavano a cadere lungo le guance ininterrottamente. Minseok sorrise, guardando il volto radioso dell’altro, e quasi pianse a sua volta. Jongdae sembrava un’altra persona in quel momento: gli occhi lucidi, le guance rosee, le labbra umide, felici, le mani tremanti. Era vivo. Ed era la visione più bella che Minseok potesse vedere. Per quel motivo non ci pensò due volte ad abbracciarlo, respirando il profumo dei suoi capelli, stringendolo fra le braccia come se non ci potesse essere un domani. Jongdae si aggrappò alla maglietta del compagno, singhiozzando ancora, e tremò sotto le mani che gli accarezzavano lentamente la schiena, come a volerlo calmare. Impresa impossibile.
-Ti prego, smetti di piangere adesso..- sussurrò Minseok, pizzicandogli un fianco, per poi staccarsi dall’altro e prendergli il volto fra le mani. -Sei più bello quando sorridi senza questi lacrimoni- continuò asciugandogli le guance con le dita. Jongdae annuì, ubbidendogli, e fregò la pelle con le maniche della felpa, mentre Minseok lo guardava con tenerezza. Studiò ogni angolo del suo volto: le sopracciglia, la delicatezza del naso, i ciuffi di capelli che gli accarezzavano le guance, la linea del mento, fino ad arrivare alle labbra dalla forma sensuale, talmente tanto invitanti che il ragazzo dovette imporsi con la forza di non saltagli addosso da un momento all’altro. Ora che Jongdae era davanti a lui, senza averlo respinto, non sapeva davvero come comportarsi, cosa fare, cosa dire. Ma Minseok non ci mise molto a notare che anche gli occhi di Jongdae erano puntati sulle sue labbra, e sembravano volerle assaggiare quasi con più intensità di quanto volesse lui. Per cui, quando all’improvviso Jongdae si avvicinò al suo volto, Minseok non ne rimase per niente sorpreso, anzi, allacciò le braccia dietro al collo del giovane, attendendo con ansia che quello si decidesse ad azzerare ogni tipo di distanza. 
Jongdae rimase qualche secondo fermo, sfiorando con il proprio naso quello di Minseok, in attesa che l’altro desse segni di rifiuto. Segni che non giunsero in alcuna forma, e che il giovane interpretò come un via libera. Da quanto tempo desiderava quel momento? Non lo ricordava nemmeno. Da quando Minseok era scomparso, da quando era tornato, forse da sempre. Jongdae sorrise, respirando per un attimo su quella bocca morbida, per poi chinarsi definitivamente sul ragazzo. Le labbra si catturarono l’un l’altra in un attimo, una frazione di secondo, senza lasciane nemmeno il tempo ai due giovani di prendere fiato. Le mani di Minseok si insinuarono fra i capelli di Jongdae, attirandolo a sé, mentre le dita dell’altro vagavano delicatamente sulla schiena del compagno. Minseok lasciò che il ragazzo aggredisse letteralmente la sua bocca, quasi come se di quelle labbra si fosse dovuto saziare: Jongdae ne aveva bisogno, voleva sentirle di nuovo vicine. Per quel motivo fece scivolare la lingua su di esse, assaporandone ancora il vago gusto della crema sulla torta, mentre Minseok gli lasciava libero accesso. Le lingue si aggrovigliarono in un gioco senza apparente fine, le mani vagavano libere sotto i tessuti delle magliette, gli occhi rimanevano chiusi per l’emozione.
Fu proprio in quel momento, mentre Jongdae si separava un attimo dal compagno per riprendere fiato, continuando ad accarezzargli la pelle, che Minseok avvertì un lancinante dolore alla testa..

Dita incandescenti sembravano sfiorare il mio corpo con delicatezza, quasi con timore, mentre il mio cuore batteva talmente tanto forte da sentirlo in gola. Percepivo le sue labbra, dannatamente calde, lasciarmi una scia di baci lungo il collo, facendo rabbrividire la mia schiena nuda. Il respiro venne meno, le guance arrossirono di colpo, quando le sue mani iniziarono a percorrere l’intera superficie della mia pelle, senza sosta, come se di quel contatto non potesse fare a meno. La verità era che io non potevo fare a meno di lui.
Chiusi le braccia intorno al suo collo, avvicinando il mio volto al suo e catturando quelle labbra sensuali, allacciando la mia lingua alla sua in un impeto di desiderio.
-Ti amo..- 
La voce che mi sussurrò quelle parole all’orecchio era melodiosa, meravigliosa come quegli occhi che mi guardavano con tenerezza e gioia. 
-Ti amo anche io, Jongdae-


Minseok tornò alla realtà con un’altra fitta alla testa, mentre il suo compagno lo teneva saldamente per le spalle in modo da non farlo cadere. Guardò per un attimo l’ambiente circostante, riconoscendo la sua stanza, e per qualche frazione di secondo gli mancò il respiro: quello.. era un altro ricordo? 
-Minseok.. Stai bene?- chiese Jongdae preoccupato, prendendo fra le mani il volto dell’altro. Quel contatto risvegliò in Minseok le emozioni della visione, che gli tornò in mente in tutta la sua intensità: ogni sensazione, ogni immagine..
-Ho.. Ricordato qualcosa- affermò il ragazzo, cercando di calmare il battito del suo cuore. 
-Cosa..?-
-Te e me. Sul letto- mormorò Minseok, analizzando il ricordo. Poi, le parole conclusive di quella visione di rimbalzarono in testa, facendogli quasi male.
“Ti amo”, “Ti amo anche io Jongdae”.
-Jongdae..- iniziò a dire Minseok alzando lo sguardo sul coinquilino. 
-Si..?-
-Io e te.. Stavamo per caso assieme?-
Jongdae strabuzzò gli occhi, mentre l’altro lo guardava in attesa di una risposta alla domanda, quella domanda che il giovane aveva sempre temuto che un giorno gli sarebbe stata rivolta. Il panico attanagliò completamente il suo stomaco, bloccandogli le parole in gola, mentre Minseok continuava ad aspettare tenendo le mani tremanti appoggiate sulle gambe. 





Sonomi's home:
MIHANEEEE ç___ç vi chiedo umilmente scusa per l'imperdonabile ritardo, ma le prime due settinane di quinta sono state devastanti. DEVASTANTI. Il tempo per scrivere mi è mancato, talmente studio çç a momenti non ho nemmeno tempo per respirare. Sono riuscita a scrivere il capitolo in qualche ora buca sbarsa qua e là, e finalmente riesco a pubblicare. 
Ci tengo a ringraziare tutte le persone che mi seguono e scusatemi tutti ancora per il mega ritardo. 
-si inginocchia a terra(?)-
Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento. 
Grazie per seguirmi sempre e darmi la forza di continuare a scrivere <3
bacioni e al prossimo capitolo :3

 
  
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