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Autore: Didina8    27/09/2013    3 recensioni
Innamorarsi del proprio migliore amico... Quello con cui dormi, con cui sei perennemente in contatto. Quello che puoi considerare come tuo fratello, quello con cui sei nata assieme, quello con cui sei legata sin dalla tenera età. Innamorarsene è sicuramente la cosa più stupida che si possa fare. Ma non era calcolato. E mai, e dico mai, mi sarei immaginata una cosa simile.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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                                                                            2003

Capelli mossi e castani con qualche ciocca bionda, occhi da cerbiatto color ambra, sopracciglia ad angolo morbido, bocca sottile, naso piccolo, carnagione chiara e piccola di statura. Questa sono io. Ho diciassette anni e sono nel fiore dell'età. Ho una vita sociale al top, non ho particolari problemi a scuola, e amo la mia famiglia. 

In questo preciso momento mi trovo a casa del mio migliore amico, distesa sul suo letto ad osservarlo mentre sfila per me. I nostri genitori sono amici, e io sono nata pochi mesi dopo di lui. Vivevamo a Roma, ma i nostri genitori decisero di trasferirsi in California, nella contea di Los Angeles. Sin da quando eravamo due bebè siamo stati a stretto contatto: all'asilo eravamo nella stessa classe, come alle elementari, alle medie, e ora alle superiori. Il nostro vivere perennemente l'uno vicino all'altra non mi è mai pesato. Lui mi difende se ce n'è bisogno, mi fa ridere a crepapelle e mi fa stare bene. Rappresenta la figura di un fratello che non ho. Si, perché io ho una sorella di venti anni che vive a New York e non la vedo spesso. Tra me e Nick c'è quella strana intesa, e mi basta uno sguardo per capire ciò che pensa. È con lui che creai la comitiva con cui esco il Sabato. È lui il tipo brillante e che attira l'attenzione di tutti tra noi due. Diciamo che però insieme siamo una bomba, una "Molotov".  

Mi sfila davanti e mi lancia la sua maglietta in faccia. «E che te ne fai di un modello se hai me!», ridacchia.  

«Un modello? Sul serio? Dovresti andare un po' in palestra, mio caro Nick», dico dandogli un buffetto sulla pancia piatta. 

È magro, e si vedono appena gli addominali. La cosa che di più fa girare la testa alle tante ragazze non è solo il suo carattere fantastico, ma anche quel viso da angelo. Gli occhi grigi con qualche pagliuzza azzurra qua e là estremamente sensuali, un naso perfetto, le labbra sottili e invitanti, i capelli scompigliati color cioccolato, e quella pelle olivastra. 

«Ma senti chi parla, la ricotta vivente! Quand'è è che anche tu non muovi un po' il culo e vai in palestra?», dice sedendosi accanto a me e facendomi il solletico.  

«Guarda che pancia!», mi prende in giro dandomi un pizzico. 

«Smettila, non ho bisogno di andare in palestra io. La pancia é piatta e mi basta. Fanculo gli addominali». 

«Brava, così ti voglio! Allora, ti è piaciuta la mia sfilata?». 

«Altroché!», ridacchio io. 

«Bene, ma adesso potresti ricordarmi perché sei a casa mia?». 

«Io vivo a casa tua se non te ne sei reso conto», gli faccio notare. 

«E io nella tua. Sei la mia sorella acquisita». 

«E tu il mio stupido fratello acquisito». 

«Allora, che ti va di fare, Mandy?». 

Mandy. Che razza di nomignolo è Mandy? Mi chiamo Amanda, ma lui mi chiama Mandy, e quando gli altri sentono quello stupido soprannome mi chiamano anche loro così. Mandy é il nome di un cane! 

«Oh, lo sai Nick», dico fissandolo maliziosamente per scherzo. 

«Fammi indovinare...vuoi fare qualcosa del tipo studiare come ogni pomeriggio?», risponde in tono suadente nonostante l'affermazione che non c'entra nulla. 

«Stai al gioco, Nick!», lo rimprovero. 

«Bene, allora facciamo ciò per cui sei venuta qui», dice avvicinandosi a me. Io non mi muovo e mi mordicchio il labbro inferiore per trattenere le risate di fronte alla sua espressione da "adesso ti rimorchio, baby". 

Quando è a pochi centimetri dal mio viso, allunga una mano dietro di me e con una mossa rapida pone un libro tra il mio viso e il suo e comincia a sbaciucchiarlo.  

Io mi metto a ridere e mi lascio cadere all'indietro tra i cuscini. «Ho detto "stai al gioco", non "fai una delle tue stronzate"». 

«Almeno ti ho fatta ridere. Sai che stavo pensando? Sarebbe davvero figo essere scopamici, tipo quel film che vedemmo al cinema». 

«Sarebbe davvero fantastico venire a letto con te Nicholas, ma ora studiamo»,dico ironica. 

«Un giorno ti pentirai di non aver accettato la mia proposta». 

«D'accordo, mi hai convinta. Spogliami», dico alzando le braccia in aria per farmi sfilare la maglietta dalla testa. 

Lui mi fissa sbigottito. «Io non dicevo sul serio», dice allontanandosi leggermente da me. 

Sorrido vittoriosa e mi avvicino di più a lui. «Nemmeno io», sussurro.  

Lui si mette a ridere e apre il libro. «Adesso basta perdere tempo, o Lunedì il compito di diritto ci andrà una merda. Tra l'altro tra un paio di mesi abbiamo l'esame di stato». 

«Non me lo ricordare. Allora, io interrogo te e tu interroghi me, d'accordo?». 

«Sì». 

«Comincio io! Per che sta "A.L.I." e a cosa serve?». 

Ci pensa su. «"American Law Institute"?», risponde incerto. 

«Sì!». 

«Adesso è il mio turno. Per cosa sta invece "N.C.C.U.S.L."?», mi chiede convinto che io non sappia la risposta. 

«Sta per "National Conference of Comminssioners on Uniform State Laws", baby. Ed entrambe servono per dare vita a delle leggi statali, cosa che molto probabilmente non sai perché prima non mi hai risposto». 

Storce il naso. «Molto brava». 

«Ti aspettavi che facevo scena muta, vero stronzo?», dico ridendo. 

«Tu sei un fottuto genio in diritto, quindi ho sbagliato a sfidarti», ammette. 

«Lo so, tesoro. Continuiamo, forza!». 

Lui alza gli occhi al cielo e riporta la sua attenzione al libro.

Due ore di domande dopo -alle otto- richiudiamo il libro. 

«Okay, come andrà secondo te?», mi chiede lui. 

«Bene. Nel caso ti faccio copiare», gli rispondo strizzandogli l'occhio.  

«Ora mi sento molto meglio! Ah, stasera scendiamo con Katrine e gli altri?». 

«Sì. Non so che mettermi», mi lamento. 

«Io lo so: un pantaloncino e una maglietta». 

«Grazie dell'aiuto, Nick», sbuffo. 

«Di nulla! Potresti scegliere per me ciò che devo indossare?». 

«Va bene, ma non illuderti: stai male con tutto», lo prendo in giro. 

«Stronza». 

«É il mio secondo nome». 

«L'importante è che lo sai». 

Gli faccio una smorfia e vado verso il suo armadio. Pesco una polo bianca perfetta per la sua carnagione e degli shorts qualunque che si abbinano bene. «Ed ecco fatto, ora però tu vieni a casa mia e scegli per me». 

«Che rompipalle!», sbuffa lui, ma vedo che trattiene il sorriso. 

«Lo so che adori venire a casa mia, quindi sta zitto e cammina». 

«E quindi adesso dobbiamo arrivare laggiù!», si lamenta. 

«Lo so che per una ricotta come te è davvero faticoso fare quattro passi per arrivare alle casa affianco alla tua. Questa è la prova che sei tu la ricotta vivente e non io!». 

«Tu sei la mia rovina». 

«Addirittura! Forza, alza il culo e andiamo a casa mia». 

Con un'occhiataccia si alza dal letto e mi viene incontro. «Vuoi anche essere portata in braccio o magari vuoi che ti faccia aria con una foglia?». 

Faccio finta di rifletterci. «Se volessi entrambe le cose?». 

«Ti mando in un posto che si chiama fanculo». 

«C'è troppa gente». 

Lui rimane immobile a fissarmi e poi un sorriso gli si stampa sul volto. «Questa era pessima». 

«Lo so. Forza, andiamo». 

Lui si veste velocemente con gli abiti che ho scelto per lui; poi scendiamo e salutiamo la sua splendida madre -da cui ha ereditato solo la carnagione- Rachel, e suo padre -la sua fotocopia- Greg, e usciamo di casa. Attraversiamo il prato sino ad arrivare alla recinzione intorno alla mia casa. Pesco le chiavi dalla tasca e apro il piccolo portoncino che conduce al prato tutto intorno alla casa. Percorriamo il vialetto di ciottoli sino ad arrivare in veranda. Il clima è particolarmente caldo, ma è un caldo secco per fortuna, e questo vuol dire niente sudore. Eppure è strano, è il mese di aprile e di solito ad aprile non fa così caldo. Velocemente apro la porta di casa dalla quale esce uno sbuffo di aria gelida: condizionatore a palla. «Sono a casa!», urlo e mi chiudo la porta alle spalle lasciando entrare Nicholas. 

«Ciao, Nick. Tua madre è a casa?», lo saluta mia madre sbucando dal nulla. 

«Ehi Nicole! Si, mamma è in casa». 

«Perfetto, allora vado da lei. Oh, Mandy, se tuo padre torna digli che sono affianco». 

Sbuffo. «Ma certo, continuate pure a chiamarmi con il nome di una cane». 

«Va bene, Mandy. A dopo», sogghigna mia madre. 

«Mandy è carino», protesta Nick. 

«É carino come lo sono io a prima mattina». 

«Cos'hai che non va a prima mattina?», mi chiede non capendo. 

«Credo proprio che tu non ci veda». 

Io e Nick abbiamo dormito parecchie volte insieme. Anche i nostri genitori ci considerano fratelli, per questo non hanno paura di lasciarci da soli nella stessa stanza o a farci dormire insieme.Non ci sono mai state effusioni tra di noi, ma solo abbracci amichevoli, bacetti e qualche carezza. Tutto qua. Non c'è di che preoccuparsi.  

«Ci vedo benissimo invece», ribatte serio. 

Mi acciglio. «Io non ne sarei tanto sicura». 

«Non ti sopporto quando fai così. Insomma, guardati. Sei bellissima. Non sminuire la tua bellezza come faceva quel cretino del tuo ex», dice furioso. 

Lo fisso non capendo cosa lo ha realmente fatto arrabbiare così tanto. Cos'è quest'eccesso d'ira così all'improvviso? «Gesù, hai il ciclo per caso? Se sei arrabbiato non prendertela con me, e soprattutto non per una stronzata del genere». 

Sembra riacquistare il senno. «Scusa. Il mio era un complimento, comunque». 

«Ti aspetti che io ti ringrazi?». 

«Be', fa un po' come vuoi», dice ancora irritato. 

«Grazie, allora», dico, e per farlo calmare mi avvicino a lui e lo abbraccio. Lui resta immobile per una frazione di secondo prima di stringermi a se. «Va meglio?». 

«Sì, grazie Mandy». 

«Non c'è di che, ma adesso devi aiutarmi a scegliere cosa mettere stasera», dico staccandomi e incamminandomi verso la mia camera. Apro l'armadio e lo lascio fare sedendomi in disparte. Torna da me con una maglietta molto accollata e che non uso mai per uscire e dei pantaloni che mi arrivano al ginocchio che uso solo a scuola. Lo guardo inarcando un sopracciglio. «Per una volta non comportarti come un fratello iperprotettivo che non vuole che io indossi una maglietta un po' più scollata e un pantaloncino un po' più corto. Sii semplicemente il mio migliore amico. Ti va?». 

«D'accordo, il tuo migliore amico. Il tuo migliore amico». 

Torna all'armadio e ripesca qualcosa di decente: una camicetta di pizzo bianco con scollo a V che é tra le mie preferite, un pantaloncino blu scuro di jeans tutto stracciato e degli stivaletti beige sotto. 

«Ho superato la prova?». 

«Sì! Aspetta che mi cambio», dico e faccio per sfilarmi la maglietta, ma lui mi ferma. 

«Davanti a me?». 

«Sì, qual'è il problema? Parli come se non mi avessi mai visto in mutande e reggiseno», dico e mi sfilo la maglietta. «Mi passi la camicetta?», gli chiedo mentre mi sfilo anche il pantaloncino. 

Lui raccoglie i vestiti che ha scelto per me e me li passa. Mi sorride «Ecco a te. Starai una favola, ne sono sicuro». 

Allaccio i bottoni della camicetta, chiudo la cerniera del pantaloncino e mi infilo le scarpe in un secondo.  

Lui mi fissa e annuisce in segno di gradimento. «Sei davvero sexy. Ringraziami». 

«Il tuo parere è di parte, Nick». 

«Io non direi proprio. Allora, sexy lady, andiamo?». 

«Sì!». 

«Chiamo Katrine», dice lui, e pesca il suo cellulare dalla tasca. Compone il numero e attende che Katrine risponda al telefono. «Ehi! Dove ci incontriamo?...Va bene...tra mezz'ora lì?...Okay, a dopo».  

Ripone il cellulare al suo posto. «Be', hai sentito. Andiamo, Mandy». 

«Continua a chiamarmi così e sei finito», lo minaccio. 

Alza le mani al cielo. «D'accordo, la smetto Mandy». 

Gli lancio un'occhiataccia. «Uomo avvisato, mezzo salvato». 

«Ciao ragazzi», ci interrompe mio padre.  

«Ciao papà». 

Nick gli fa un cenno. «Ehi, Richard! Tutto a posto?». 

«Al solito. Uscite?». 

«Sì, e mamma mi ha detto di dirti che sta a casa di Nick», rispondo io frettolosa.  

«Divertitevi. Ah, Nick, badi tu a lei, vero?». 

«Certo!». 

«Non ho bisogno che qualcuno badi a me, papà. E poi, non parlatene come se non ci fossi davanti e non vi stessi sentendo!». 

Loro mi ignorano e si lanciano un cenno d'intesa; poi Nick mi prende in braccio e mi porta fuori. «Sulle spalle!», urlo come una ragazzina di cinque anni.  

«Ti accontento subito!», dice, e facendo attenzione mi fa sedere sulle sue spalle. «Felice?». 

«Sì!», esclamo eccitata. 

«Perfetto, adesso andiamo all'appuntamento». 

«Ottima idea». 

Dopo dieci minuti si ferma a riposare. 

«Non é che scenderesti giù dalle mie spalle ora? La strada da fare è tanta...». 

«Ti piacerebbe!». 

«Non solo mi tocca essere il tuo migliore amico/fratello, ma mi tocca farti anche da schiavo!». 

«Non esagerare, in fondo ti piace portarmi sulle spalle». 

«Sì, hai ragione», dice e inizia a correre verso l'appuntamento.  

Abitiamo tra la venticinquesima e la ventisettesima di Stanford Avenue, e il nostro appuntamento è fuori al Trinity park non molto distante da lì. Lui accellera il passo e a metà strada scendo dalle sue spalle: sembro un'idiota agli occhi dei passanti.  

«Stasera vengo a dormire da te, i nostri genitori vanno ad una festa e tornano tardi», mi dice. 

«Grande!». 

«Già». 

«Devo presentarti una mia amica a scuola. Si chiama Kimberly». 

Inclina il capo. «Perché me la devi presentare?». 

«Perché credo che sia perfetta per te, e anche perché è l'unica ragazza della scuola che non ti sei fatto». 

Le sue guance si colorano di un rosso tenue. È in imbarazzo? «Non è l'unica, non mi sono fatto neanche te. Allora anche io ti devo presentare un mio amico». 

Ho la netta sensazione che voglia cambiare argomento. «Io conosco tutti i tuoi amici». 

«Lui no». 

«Va bene. Uh, guarda, c'è Katrine», dice indicandola; siamo arrivati.  

«Ehi ragazzacci, eccovi qui finalmente», ci sorride lei. 

«Ciao, dove sono gli altri?», le chiedo.  

«Stanno arrivando. Eccoli lì», risponde indicando un punto alle mie spalle. Ci sono tutti: Jenny, Kristen, Andy, Conor, Patrick, Julia, Wanda, Cindy, Martin, Christian, Stefan, Anna, Alex, Adele, Caroline, Tyler e Poul. Siamo venti in tutto. 

«Guarda un po', i fratelli non fratelli!», urla Tyler. 

«Questa mi è nuova Ty», ridacchia Nick. 

Ci salutiamo tutti rapidamente. «Dove andiamo?», chiedo. 

«Ma che domande!», esclama Kristen. 

Quasi tutti i Sabati ci rechiamo in un Nightclub che si trova da quelle parti e facciamo delle sfide alle quali chi perde deve pagare un pegno, del tipo "chi non riesce a bere tutto d'un fiato il boccale di birra deve...". Ogni sfida è diversa, e già tremo pensando a quale ci sarebbe toccata quel Sabato. Ridacchiando e spintonandoci entriamo nel locale, che puzza costantemente di alcolici e fumo. 

«Pronta?», mi chiede eccitato Nick.  

«Certo!». 

Ci avviciniamo tutti al bancone dove si trova il barista, che ormai è diventato un amico. Non si fa problemi a venderci alcolici nonostante solo la metà di noi sia maggiorenne. Tutti però avremmo compiuto in quello stesso anno diciotto anni, perciò lui fa finta che noi siamo tutti maggiorenni. 

«Chi si rivede! Cosa vi porto stasera, ragazzi?». 

«Venti calici di birra, come al solito. Barney, ci daresti una mano con il pegno da pagare?», chiede Wanda lisciandosi una ciocca di capelli. 

«Stasera mancano le spogliarelliste, quindi potreste fare che chi perde fa lo spettacolino, e se lo fate le birre ve le offro». 

Mi prende un attacco di ridarella. «Mi piace! Facciamolo!», esclamo battendo i pugni sul bancone. 

«Certo! Facciamo così, chi...», inizia Katrine e si ferma per pensare. 

«Chi finisce per primo la birra è salvo! Così lo faremo quasi tutti lo spettacolino», urlo io su di giri. 

«Perfetto!», esclamano quasi tutti. 

Barney ci sistema i calici di birra sul bancone al quale ci disponiamo tutti intorno davanti al proprio bicchierone. 

«Vi straccerò ragazzi», sghignazza Tyler. 

«Lo vedremo», ghigna Katrine. 

«Okay, vi do' io il via», dice Barney.  

«Pronta per lo spogliarello?», mi sussurra all'orecchio Nick. 

«E tu?». 

«Tre...due...uno...bevete!». 

Con rapidità afferro il calice e lo porto alla bocca. La birra cola dai lati del bicchiere e mi scende lentamente giù per il collo arrivando alla camicetta e inzuppandomela. Tracanno il restante della birra e sbatto con violenza il bicchiere sul bancone; quasi tutti hanno finito. 

«Nicholas è salvo!», annuncia Barney. «Tutti gli altri, sul palco!», aggiunge. 

«Cosa?!», esclamo incredula insieme a qualcun'altro.  

«Fa vedere a tutti quanto sei sexy», dice con un ghigno Nick. 

«Come cazzo hai fatto?», gli chiede Tyler. 

Nick mette su un'espressione da duro ma poi ride imbarazzato. «Non lo so». 

«Forza, andiamo! Abbiamo uno spettacolo da fare», ridacchia Caroline. 

Barney ci indica i camerini verso i quali ci dirigiamo. Nick mi dà una pacca sul sedere e mi fa l'occhiolino. Ci dividiamo in due gruppi: ragazze e ragazzi. Le prima a fare lo spogliarello siamo noi. 

Nei camerini indossiamo dei costumi striminziti dei quali poi ci saremo dovute liberare sul piccolo palco del locale. Quando parte la canzone "Cabaret" entriamo in scena. Riesco a vedere i ragazzi che strabuzzano gli occhi notando i nostri costumi e le molte persone sedute sui tavoli sorridere soddisfatte. Nick mi fissa serio, e non so cosa darei per sapere cosa gli passa per la testa. Gli faccio un sorriso e comincio a ballare muovendo per lo più il sedere. La gente esplode in applausi, e noi cominciamo a slacciarci le scarpe con tanto di tacco e gettarle vie. Lancio un'occhiata alle ragazze dietro di me e scendo dal palco. Giro tra i vari tavoli del locale liberandomi via via di un indumento, e alla fine mi ritrovo in mutande, reggiseno e calze autoreggenti -che fanno parte del comune striminzito-. Vado verso Nick e gli altri e mi siedo sulle sue gambe con un gesto teatrale. «Come sto andando?», gli chiedo. 

«Una favola». 

Rido e mi allontano da lui. Giro fra i tavoli sedendomi in braccio a qualcuno e vedo anche le altre fare la stessa cosa. Un uomo cerca di toccarmi il sedere ma io gli do' un buffetto sul braccio e poi giro per il locale raccogliendo i vestiti mentre ballo di qua e di là e poi torno sul palco e insieme alle altre faccio un inchino e corro via verso i camerini. 

«Ma avete visto le facce dei ragazzi? Stavano sbavando!», ridacchia Cindy. 

«Sì!», confermano Anna, Julia e Adele.  

«Muoviamoci, ora è il turno dei "bad boy"», ghigna Katrine.  

Ci vestiamo in fretta e torniamo al bancone. 

«Siete state grandi!», fa Stefan tozzando Patrick che si è incantato. 

«Da sbavo!», esclama Christian.  

Conor ridacchia seguito da Martin e Alex e ci lancia uno sguardo da rimorchio. 

«Non perdetevi in chiacchiere, è il vostro turno», sogghigno io. 

«Facciamogli vedere cosa sappiamo fare!», urla Tyler spintonando tutti verso i camerini. 

Senza farmi vedere da Nick, mi allungo verso Barney. «Potresti farmi un favore? Prepararmi diciannove calici vuoti e uno pieno fino all'orlo per Nick. Non credo che vincerà la prossima sfida», bisbiglio ammiccando verso di lui.  

«Subito, bellezza». 

Le ragazze mi fissano e mi sorridono: hanno già capito. Mi riavvicino a Nick. «Godiamoci lo spettacolo!». 

«Sai, credo che potresti perfino venire a lavorare qui come spogliarellista. Sei stata...», dice lasciando in sospeso la frase. 

«Grazie». 

«Quello lì mi ha chiesto come ti chiami», dice indicando con un cenno del capo un tizio seduto ad un tavolo di distanza che mi sta fissando: è il tizio che ha cercato di toccarmi il sedere. 

«Be'? Che gli hai detto?». 

«Che sei la mia ragazza e che deve stare lontano da te», dice lui con un'alzata di spalle. 

Alzo gli occhi al cielo. «Sempre il solito esagerato», dico, ma in realtà gli sono molto grata. 

La canzone "sex bond" parte, ed entrambi ci giriamo verso il palco. Strabuzzo gli occhi e per poco non cado giù dalla sedia: i ragazzi indossano gli stessi costumi da donna striminziti che abbiamo messo noi con tanto di parrucca e trucco. Esplodiamo tutti quanti in grosse risate mentre questi muovono il culo di qua e di là e si spogliano. Appoggio la testa sulla spalla di Nick e mi asciugo le lacrime. Talmente delle risate, comincia a farmi male la pancia.  

Quando la canzone finisce e i ragazzi si ritirano, mi calmo un po'.  

«Pazzi, sono dei pazzi», dice Nick tra le risate. 

Ci raggiungono dopo poco con ancora delle tracce di trucco sul volto. «Come siamo andati?», chiede Tyler. 

«Una favola», risponde Katrine toccandogli il sedere.  

«D'accordo, ma adesso vi propongo un'altra sfida: chi finisce per ultimo di bere fa uno spogliarello tutto solo soletto». 

I ragazzi annuiscono e si avvicinano al bancone. Dopo aver visto i loro bicchieri vuoti mi lanciano uno sguardo interrogativo e io faccio un cenno in direzione di Nick, che per fortuna non mi nota. Tutti capiscono al volo, e quando Barney ci dà il via, afferriamo i bicchieri e facciamo finta di bere per poi sbatterli sul bancone poco dopo. Anche Nick finisce, ma si rende conto di essere stato l'ultimo dopo essersi guardato intorno. Sorrido beffarda. «Pronto per lo spogliarello?». 

Tutti ridono e lui mi fissa accigliato. «Questa storia mi puzza». 

«Vai a fare il tuo spettacolino!». 

Lui riduce gli occhi a due fessure e si allontana. «Questa me la paghi», dice girandosi verso di me per poi scomparire dietro ai camerini. 

«Grande idea Mandy!», si congratula Alex. 

Neanche mezzo secondo dopo parte la musica e sul palco sale Nick, che è vestito normalmente. Mi indica e mi fa segno di raggiungerlo. Faccio di no con la testa. Allora lui scende dal palco e mi prende in spalla riportandomi lì. Io mi dimeno coma una pazza, ma lui sembra non accorgersene. Mi posa di nuovo a terra e mi fa ballare vicino a lui. Alza le braccia in aria e lascia che io gli sfili la maglietta, che lancio in faccia a qualcuno. Poi si dirige verso il palo della lap dance e ci gira intorno cercando di essere sexy. Non posso fare a meno di ridere, e notando la mia espressione lui torna da me. Io gli giro intorno toccandogli il petto, ma lui mi prende e mi riporta davanti a se. «Sfilami i pantaloni, Mandy», dice con un ghigno sbottonandoseli. 

«Mai!». 

Sorride soddisfatto della mia risposta. «Te l'ho detto che te l'avrei fatta pagare». 

«E va bene», dico spavalda.  

Lentamente mi abbasso sfilandoglieli e li lascio cadere per terra proprio davanti ai miei piedi. Mi rialzo e lo fisso con un sorriso vittorioso sul volto e lui rimane stupito, ma poi mi fa fare un casché e mi da' un bacio sulla guancia. Allontana il viso di pochi centimetri e mi fissa mentre rido. Ma il mio sorriso scompare. Il suo sguardo è troppo intenso, eppure io continuo a guardarlo negli occhi; avrei potuto guardare quel viso per giorni interi senza mai stancarmene. 

Qualcuno fischia e tutti incominciano ad applaudire, allora distolgo lo sguardo e mi stacco da lui. Qualunque cosa sia successa è già passata: lo sguardo di Nick è tornato quello del mio migliore amico/fratello. Sorrido sollevata e corro al mio posto. Katrine mi prende in disparte. «Tu e Nick...», esordisce lei. 

«Io e Nick cosa?». 

Mi scruta in volto e poi scuote il capo e si allontana.

Due ore dopo usciamo dal locale barcollanti. Io mi appoggio a Nick che mi regge e mi aiuta a non inciampare, Katrine e Tyler camminano mano nella mano affianco a noi, il che mi è nuovo. Tutti gli altri camminano zigzagando e ridendo ad alcune battute che io non sento. 

«Hai freddo?», mi chiede Nick mentre mi cinge la vita con un braccio. 

Solo in quell'istante mi rendo conto di avere un freddo terribile. «Sì». 

«Ci penso io», dice, e mi stringe di più a se facendomi appoggiare al suo caldo petto. Io gli do' un piccolo bacio su quello che dovrebbe essere il suo pettorale sinistro e gli ci poggio la testa, appagata dal calore del suo corpo. Lui mi accarezza con una mano i capelli e la guancia, e con l'altra va su e giù sulla schiena.  

Di notte, a differenza del giorno, fa freddo. La temperatura si abbassa di molto. Avrei dovuto portarmi dietro una giacca. 

«E ora che si fa?», sbuffa Patrick.  

Per le strade ci sono un sacco di studenti universitari che entrano ed escono dai locali. «Aggreghiamoci ad uno di questi gruppi, no?», propongo io. 

Qualcuno mi guarda incerto. «Dai, ragazzi! Ci divertiremo!», protesto. 

«Io seguo te», mi assicura Nick. 

«Tu la segui ovunque», sbuffa Tyler. 

Nick si stringe nelle spalle e sorride. «Se non la seguo o non faccio ciò che dice mi uccide, e poi guarda quel bel gruppo di universitarie...». 

«Credevo stessi dalla mia parte perché ti fa piacere!», dico delusa, staccandomi subito da lui. 

«Scappa, amico», ridacchia Ty. 

«Scherzavo. Mi fa molto piacere stare dalla tua parte», mi rassicura Nick avvicinandosi. 

Lo spingo via. «Vaffanculo». 

«Come sei permalosa!». 

Già, perché me la sono presa così tanto? 

Sospiro. «Ci uniamo o no a quel gruppo di ragazzi?». 

«Sì», risponde Wanda, e tutti gli altri mi vengono incontro. 

Iniziamo a seguire il gruppo di universitari che entrano in una discoteca, e io allontano più di una volta Nick. Non so perché. 

«Ma che ti prende?», sbotta facendomi voltare verso di lui. 

Il resto del gruppo continua ad allontanarsi e noi rimaniamo indietro. 

«Niente», borbotto io. 

«Poi dici che sono io quello che ha il ciclo oggi, eh? Te la sei presa? Credimi se ti dico che scherzavo». 

Sospiro. «Tu non mi devi alcuna spiegazione, sono io che me la sono presa per senza niente...saranno tutte quelle birre che ho bevuto, forse mi hanno dato un po' alla testa».  

«Forse è meglio se torniamo a casa, allora». 

«E ti perdi l'occasione di fare conoscenze con le universitarie?», dico, e non posso non notare una punta di acidità nella mia voce. 

Ridacchia. «Questa è la tipica gelosia che una sorella ha nei confronti del fratello per quanto riguarda le ragazze?». 

«Probabilmente sì». 

«Aspetta un secondo», mi dice e si allontana verso Ty e gli altri. «Noi andiamo via, siamo stanchi. Divertitevi», gli sento dire. 

Mi volto e saluto con la mano tutti mentre entrano in discoteca. Nick torna da me. «Dicevamo?», mi chiede cominciando a camminare.  

«Niente», mento. 

Lui ignora il mio tentativo di sviare il discorso. «Parlavamo della gelosia. Quindi tu lo sei?», mi chiede divertito. 

«Credo di sì», dico imbarazzata.  

«E perché lo sei?». 

«Be', io credo che sia una cosa egoistica la mia. Credo di aver paura di perdere il mio migliore amico e fratello se si innamora di una ragazza. Io ho paura che tu non avrai più bisogno di me e mi lascerai perdere», dico, e mi rendo conto che éè proprio così. «Più che gelosia, è paura», aggiungo. 

«Davvero? É la cosa più stupida che tu mi abbia mai detto. Qualunque cosa succeda, io non mi allontanerò mai da te. Un fratello non lo farebbe mai. Perciò non avere paura. E poi ti confesso che anche io ero molto geloso quando stavi con quello». 

Ricordo il modo in cui fissava il mio ex, le sue continue telefonate mentre ero da sola con lui, il suo separarci costantemente quando camminavamo mano nella mano. Ricordo anche i continui litigi che avevano. 

«Sai, non l'avrei mai detto», dico ironica. 

Lui ride. «Sono felice di sapere che sei gelosa, anche se non credo quanto me». 

«E questo come lo puoi sapere?». 

«Lo so, fidati». 

Lascio perdere e mi stringo accanto a lui. «Scusami, sono davvero una rompipalle». 

«Non devi scusarti. E si, ammetto che a volte sai essere una gran rompiscatole». 

«Ti voglio bene, sul serio». 

«Anch'io te ne voglio», dice dolce e mi da' un bacio sulla tempia.  

Sento le sue dita farmi il solletico sul polso per poi scendere più giù verso il palmo e intrecciarsi con le mie dita.  

«Credo di dovermi trovare un ragazzo, sai? Mi mancano le coccole», dico sovrappensiero. 

«Da me puoi avere quante coccole vuoi». 

«Ma è diverso». 

«Stasera avrai quante coccole vuoi tu». 

«Per stasera ho in mente qualcosa di molto più divertente», dico. 

Lui mi fa un sorriso ammiccante.  

«Non fraintendermi!». 

Lui libera una risata. «Cosa vuoi fare?». 

«Facciamo l'alba giocando a Shangai e a carte e vattellapesca. Ti va?». 

«Sì, mi va», dice sorridente, e con una sola mossa mi prende in spalla e comincia a correre. Io rido e mi dimeno come una pazza, e di sicuro i passanti mi hanno preso per una cogliona, ma chi se ne frega!  

«Fateci passare, questa ragazza ha voglia di coccole e Shangai!», inizia ad urlare attirando maggiormente l'attenzione di tutti. Divento tutta rossa, e non solo perché sto a testa in giù e ho tutto il cazzo di sangue in testa.  

In men che non si dica siamo a casa e Nick mi rimette a terra. «Hai messo su qualche chiletto? Cavoli!», dice con il fiatone. 

«Sei tu che sei una pappamolla!». 

Ridacchia. «Sì, hai ragione». 

«Su, entriamo», dico cercando le chiavi di casa dalla tasca, ma non le trovo. «Cazzo, non ho le chiavi di casa!». 

«C'è una chiave di riserva sotto lo zerbino. Possibile che te lo debba sempre ricordare?». 

Questo ragazzo è la mia salvezza! «Mi sa di sì. Grazie». 

Mi abbasso e alzo lo zerbino raccogliendo la chiave di casa. Quando entriamo andiamo dritto nella mia stanza.  

«Vado a farmi una doccia. Ci metto pochissimo», gli dico e mi sfilo le scarpe e i vestiti. Li getto sul letto e vado in bagno. Prendo lo spazzolino e il dentifricio e li porto con me nella doccia dove apro il rubinetto. Un getto di acqua calda mi riscalda la schiena; é davvero benefico dopo quel freddo. 

Mentre mi insapono una voce mi fa trasalire. «Mandy, avevi dimenticato il pigiama». 

«Non si usa più bussare?! Sono saltata, cazzo!», urlo mentre l'acqua mi scorre sulla faccia. 

Sento una risata. «Mi lavo i denti e me ne vado. Non uscire». 

Resto immobile sotto al getto dell'acqua attendendo che Nick finisca di lavarsi i denti , e quando sento il rumore della porta che si chiude, esco dalla doccia avvolgendomi in un'asciugamano. Ne prendo un'altra per i capelli e ce li avvolgo dentro. Dopo essermi messa il pigiama, torno nella mia stanza e mi butto a faccia in giù sul letto. 

«E tu sei quella che vuole fare l'alba!», sghignazza Nick. 

Alzo leggermente la testa per osservarlo. «Almeno voglio giocare a Shangai», dico per poi riaffondare la faccia nel copriletto. 

«Va bene, lo prendo io, ma dov'è?». 

Farfuglio qualcosa di incomprensibile. Sento una mano sulla mia schiena «Mandy?». 

«Mh-mh?». 

«Giochiamo un'altra volta a Shangai, d'accordo?». 

Non rispondo perché mi scoccio di muovere la bocca. La doccia di sera ha un brutto effetto su di me, subito mi piomba addosso un sonno incredibile.  

Le molle del letto circolando sotto il peso di Nick che mi si siede vicino. Gli faccio un po' di spazio e lui si stende di fianco a me; poi mi volto dalla parte opposta alla sua e lui mi cinge la vita. 

Sospira. «E anche le coccole saltano. Buonanotte Amanda». 

«Notte Nick», farfuglio. 

Mi addormento quasi subito con lui che mi fa i grattini sul collo.

  
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