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Autore: Zonzi_Kuchiki    27/09/2013    3 recensioni
Una ragazza e il suo sogno. Una fine, o forse un inizio? Non è facile combattere con la morte, non ci è concesso, ma forse lei avrà una possibilità per cambiare la sua vita, e non solo.
Un nuovo paese, nuove emozioni, nuove scelte. Quale sarà la sua?
Genere: Angst, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: Violenza
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http://www.youtube.com/watch?v=6dXHN3oJ7ok

I giorni scorrevano con una normalità disarmante.
Fey continuava a svegliarsi alla stessa ora, a fare la stessa colazione, a studiare per i test che a breve avrebbe dovuto affrontare.
Continuava a sognare quel ragazzo ritratto sulle pareti della sua stanza, continuava a sperare in qualcosa di positivo e inaspettato.
Si interrogava spesso sui sogni che faceva, così reali da farla svegliare nel bel mezzo della notte senza avere quasi idea di dove fosse e che giorno fosse. 
Sembrava un futuro che non aveva ancora vissuto, che però le apparteneva.

I Tokio Hotel andavano alla grande. Erano nelle hit di qualsiasi classifica musicale. Erano pronti per il tour, erano carichi, non aspettavano altro.
Capitava spesso che Tom, dopo la doccia, rimanesse qualche minuto in più davanti allo specchio ad osservarsi.
Si chiedeva se era cambiato in qualche modo, ma a parte le treccine più lunghe ed un accenno di barba, che rasava sempre, vedeva comunque lo stesso Tom Kaulitz. Avrebbe voluto, però, uno specchio che riflettesse la sua anima, perché la sentiva così pesante. Questo non gli era mai capitato, non era il tipo che si preoccupava di qualcosa che non aveva davanti. Era solito preoccuparsi per suo fratello e la sua famiglia, ma questi erano accanto a lui e stavano bene. Allora, cosa non andava?
-Hey.
Il riflesso di Bill apparve accanto a quello del fratello. Era truccato e aveva i capelli raccolti.
Nonostante fossero passati tutti quegli anni, Tom ancora rimaneva sbalordito nel vedere sé stesso in un altro corpo. Vedere i suoi occhi nel viso di un’altra persona.
Gli sorrise.
-Stai bene?
-E’ inutile che ti dica di sì, vero?
Bill sorrise e incrociò le braccia.
-Che c’è che non va?
Tom sospirò e si girò verso il fratello, poggiando i gomiti sul ripiano del bagno.
-A dire la verità, Bill, non lo so neanch’io. E’ come se il mio mondo vada a rallentatore perché c’è qualcuno che preme un pulsante contro la mia volontà. E’ come se mi sfuggisse qualcosa, in tutto questo.
E ovviamente, come sempre, Bill sapeva di cosa stesse parlando il fratello, conosceva quella sensazione. Ma anche lui non sapeva darsi una risposta.
-Sai Tom, quando ci troviamo in una situazione del genere, è possibile che qualcosa stia per accadere! E non per forza dev’essere qualcosa di brutto, magari qualcosa di importante entrerà nella nostra vita.
-A me sembra che qualcosa abbia abbandonato la mia vita, invece…
Bill lo guardò triste, non sapeva cosa dirgli, non c’era nulla da fare. Si avvicinò a gli diede una pacca sulla spalla.
-Tranquillo, fratellino. Tra poco inizierà il tour e ci sarà poco tempo per pensare.
Tom gli sorrise, era davvero quello di cui aveva bisogno.
Dicembre era arrivato come un treno, e come un treno era ripartito, portandosi via il Natale e le varie festività a seguire.
Il Tour di Febbraio sarebbe durato tutto il mese, 28 giorni di duro lavoro e di infinita soddisfazione.

Si vestì e portò Scotty a fare una passeggiata.
Lasciò il guinzaglio in modo che il cane potesse gironzolare a suo piacimento e si mise le mani in tasca per ripararsi dal freddo pungente di quella sera. 
Passeggiò per il parco davanti al lago, quel posto lo rasserenava e ogni volta che Tom ci andava sentiva che da un momento all’altro un lampo di ricordi l’avrebbe potuto travolgere e liberarlo da quell’agonia che si portava appresso.
Quel profumo.
Di nuovo quel profumo che non ricordava di chi fosse, ma sentiva familiare.
Si sedette sulla panchina e respirò a pieni polmoni. Quel posto era diventato il suo rifugio dalla realtà.

 
Tutte quelle parole una accanto all’altra le facevano venire mal di testa. Erano ormai quasi tre ore che Fey era immersa nello studio, e necessitava davvero di una pausa.
Chiuse il libro di filosofia e scese in cucina a prepararsi una tazza di tè caldo. Scendendo vide suo padre nel salotto assieme a sua madre. 
Era leggermente perplessa, non aveva idea del perché fosse lì, si avvicinò e lo salutò calorosamente.
-Ciao papà! Che ci fai qui?
Il padre le sorrise e guardò la madre, che si schiarì la voce.
-Abbiamo una cosa per te.
Fey sorrise ad entrambi. La prima cosa che le balenò in testa fu un libro. Lei amava leggere e probabilmente le avevano fatto un regalo di Natale, dato un po’ in ritardo.
La madre si avvicinò ad uno scaffale e prese una busta da lettere, bianca, con sopra scritto ‘Per Fey’.
Gliela porse e la ragazza la prese tra le mani, senza sapere bene cosa fare.
-Aprila! – La incitò il padre.
Fey ridacchiò e cercò di aprire la lettera senza stropicciarla troppo.
Un altro foglietto giallo sbucò dalla carta appena aperta. Le mani di Fey iniziarono a tremare non appena riuscì a scorgere poche lettere scritte in nero.
‘Tokio’
Guardò entrambi i genitori che le sorridevano e la incitavano a continuare ad aprirlo.
Non poteva credere di avere il suo sogno tra le mani, in un semplice biglietto di carta.
‘Tokio Hotel, Welcome to HUMANOID CITY Tour Hamburg, Germany Colorline Arena’
Fey scoppiò a piangere con il biglietto tra le mani. Non era da lei reagire in questo modo, soprattutto davanti ai suoi, ma era stato tutto così inaspettato ed era scoppiata. 
Si sentiva come se finalmente quel peso che si era portata dietro per tanto tempo stesse per essere scaricato.
Sarebbe stata con loro, per loro. Era la cosa migliore al mondo.
Abbracciò forte i suoi genitori senza smettere un attimo di dire grazie. Se lo meritava, meritava di essere felice.
Era una brava ragazza, diligente, studiosa, altruista e intelligente. Finalmente l’attesa aveva portato qualcosa di buono e qualcosa che l’avrebbe ricompensata per tutta la vita.

Era impossibile dormire dopo una giornata come quella. Sdraiata sul suo letto guardava le stelle attaccate al suo soffitto che disegnavano galassie che solo lei conosceva.
Pensava a quanto le mancasse Tom, e non riusciva a spiegarsi il perché, dato che non l’aveva mai conosciuto, eppure era così. 
Perché nessuno pensa mai al significato della frase ‘mi manchi’. Si usa per le cose materiali, no? 
Mi manca quella figurina per finire l’album, mi manca una pagina da studiare e poi sono libero. Mi mancano pochi centesimi per comprarmi un gelato. 
Eppure, talvolta, lo usiamo per indicare che c’è un buco nella nostra anima, e quel buco è dato dall’assenza di una persona. E Fey non pensava che fosse così facile da colmare come si potrebbe fare con una figurina, una pagina da studiare o qualche moneta. 
Qui nessuno le poteva prestare la persona che le mancava, né le poteva dire quando Tom avrebbe smesso di mancarle.

Il countdown era iniziato. Doveva solo aspettare qualche giorno per poter incrociare nuovamente quegli occhi ambrati che lei non ricordava, ma che aveva osservato per ore ed ore.

  
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