Per questo capitolo potete ascoltare questa traccia audio :)
http://www.youtube.com/watch?v=6dXHN3oJ7ok
I giorni scorrevano con una
normalità disarmante.
Fey continuava a svegliarsi
alla stessa ora, a fare la stessa colazione, a studiare per i test che
a breve
avrebbe dovuto affrontare.
Continuava a sognare quel
ragazzo ritratto sulle pareti della sua stanza, continuava a sperare in
qualcosa di positivo e inaspettato.
Si interrogava spesso sui
sogni che faceva, così reali da farla svegliare nel bel
mezzo della notte senza
avere quasi idea di dove fosse e che giorno fosse.
Sembrava un futuro che non
aveva ancora vissuto, che però le apparteneva.
Capitava spesso che Tom, dopo
la doccia, rimanesse qualche minuto in più davanti allo
specchio ad osservarsi.
Si chiedeva se era cambiato in
qualche modo, ma a parte le treccine più lunghe ed un
accenno di barba, che
rasava sempre, vedeva comunque lo stesso Tom Kaulitz. Avrebbe voluto,
però, uno
specchio che riflettesse la sua anima, perché la sentiva
così pesante. Questo
non gli era mai capitato, non era il tipo che si preoccupava di
qualcosa che
non aveva davanti. Era solito preoccuparsi per suo fratello e la sua
famiglia,
ma questi erano accanto a lui e stavano bene. Allora, cosa non andava?
-Hey.
Il riflesso di Bill apparve
accanto a quello del fratello. Era truccato e aveva i capelli raccolti.
Nonostante fossero passati
tutti quegli anni, Tom ancora rimaneva sbalordito nel vedere
sé stesso in un
altro corpo. Vedere i suoi occhi nel viso di un’altra persona.
Gli sorrise.
-Stai bene?
-E’ inutile che ti dica di sì,
vero?
Bill sorrise e incrociò le
braccia.
-Che c’è che non va?
Tom sospirò e si girò verso il
fratello, poggiando i gomiti sul ripiano del bagno.
-A dire la verità, Bill, non
lo so neanch’io. E’ come se il mio mondo vada a
rallentatore perché c’è
qualcuno che preme un pulsante contro la mia volontà.
E’ come se mi sfuggisse
qualcosa, in tutto questo.
E ovviamente, come sempre,
Bill sapeva di cosa stesse parlando il fratello, conosceva quella
sensazione.
Ma anche lui non sapeva darsi una risposta.
-Sai Tom, quando ci troviamo
in una situazione del genere, è possibile che qualcosa stia
per accadere! E non
per forza dev’essere qualcosa di brutto, magari qualcosa di
importante entrerà
nella nostra vita.
-A me sembra che qualcosa
abbia abbandonato la mia vita, invece…
Bill lo guardò triste, non
sapeva cosa dirgli, non c’era nulla da fare. Si
avvicinò a gli diede una pacca
sulla spalla.
-Tranquillo, fratellino. Tra
poco inizierà il tour e ci sarà poco tempo per
pensare.
Tom gli sorrise, era davvero
quello di cui aveva bisogno.
Dicembre era arrivato come un
treno, e come un treno era ripartito, portandosi via il Natale e le
varie
festività a seguire.
Il Tour di Febbraio sarebbe
durato tutto il mese, 28 giorni di duro lavoro e di infinita
soddisfazione.
Si vestì e portò Scotty a
fare
una passeggiata.
Lasciò il guinzaglio in modo
che il cane potesse gironzolare a suo piacimento e si mise le mani in
tasca per
ripararsi dal freddo pungente di quella sera.
Passeggiò per il parco davanti al
lago, quel posto lo rasserenava e ogni volta che Tom ci andava sentiva
che da
un momento all’altro un lampo di ricordi l’avrebbe
potuto travolgere e
liberarlo da quell’agonia che si portava appresso.
Quel profumo.
Di nuovo quel profumo che non
ricordava di chi fosse, ma sentiva familiare.
Si sedette sulla panchina e
respirò a pieni polmoni. Quel posto era diventato il suo
rifugio dalla realtà.
Tutte quelle parole una
accanto all’altra le facevano venire mal di testa. Erano
ormai quasi tre ore
che Fey era immersa nello studio, e necessitava davvero di una pausa.
Chiuse il libro di filosofia e
scese in cucina a prepararsi una tazza di tè caldo.
Scendendo vide suo padre
nel salotto assieme a sua madre.
Era leggermente perplessa, non aveva idea del
perché fosse lì, si avvicinò e lo
salutò calorosamente.
-Ciao papà! Che ci fai qui?
Il padre le sorrise e guardò
la madre, che si schiarì la voce.
-Abbiamo una cosa per te.
Fey sorrise ad entrambi. La
prima cosa che le balenò in testa fu un libro. Lei amava
leggere e
probabilmente le avevano fatto un regalo di Natale, dato un
po’ in ritardo.
La madre si avvicinò ad uno
scaffale e prese una busta da lettere, bianca, con sopra scritto ‘Per Fey’.
Gliela porse e la ragazza la
prese tra le mani, senza sapere bene cosa fare.
-Aprila! – La incitò il padre.
Fey ridacchiò e cercò di
aprire la lettera senza stropicciarla troppo.
Un altro foglietto giallo
sbucò dalla carta appena aperta. Le mani di Fey iniziarono a
tremare non appena
riuscì a scorgere poche lettere scritte in nero.
‘Tokio’
Guardò entrambi i genitori che
le sorridevano e la incitavano a continuare ad aprirlo.
Non poteva credere di avere il
suo sogno tra le mani, in un semplice biglietto di carta.
‘Tokio Hotel,
Welcome to HUMANOID CITY Tour Hamburg, Germany Colorline
Arena’
Fey scoppiò a piangere con il
biglietto tra le mani. Non era da lei reagire in questo modo,
soprattutto
davanti ai suoi, ma era stato tutto così inaspettato ed era
scoppiata.
Si
sentiva come se finalmente quel peso che si era portata dietro per
tanto tempo
stesse per essere scaricato.
Sarebbe stata con loro, per
loro. Era la cosa migliore al mondo.
Abbracciò forte i suoi
genitori senza smettere un attimo di dire grazie. Se lo meritava,
meritava di
essere felice.
Era una brava ragazza,
diligente, studiosa, altruista e intelligente. Finalmente
l’attesa aveva
portato qualcosa di buono e qualcosa che l’avrebbe
ricompensata per tutta la
vita.
Era impossibile dormire dopo
una giornata come quella. Sdraiata sul suo letto guardava le stelle
attaccate
al suo soffitto che disegnavano galassie che solo lei conosceva.
Pensava a quanto le mancasse
Tom, e non riusciva a spiegarsi il perché, dato che non
l’aveva mai conosciuto,
eppure era così.
Perché nessuno pensa mai al significato della frase ‘mi manchi’.
Si usa per le cose materiali, no?
Mi manca quella figurina per finire l’album,
mi manca una pagina da studiare e poi sono libero. Mi mancano pochi
centesimi
per comprarmi un gelato.
Eppure, talvolta, lo usiamo per indicare che c’è
un
buco nella nostra anima, e quel buco è dato
dall’assenza di una persona. E Fey
non pensava che fosse così facile da colmare come si
potrebbe fare con una
figurina, una pagina da studiare o qualche moneta.
Qui nessuno le poteva
prestare la persona che le mancava, né le poteva dire quando
Tom avrebbe smesso
di mancarle.
Il countdown era iniziato.
Doveva solo aspettare qualche giorno per poter incrociare nuovamente
quegli
occhi ambrati che lei non ricordava, ma che aveva osservato per ore ed
ore.