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Autore: callistas    27/09/2013    9 recensioni
Ciao!
Eccomi tornata come promesso a postare il primo capitolo di una nuova storia con gli immancabili Draco e Hermione.
Draco è il titolare di Hermione, la quale lavora presso di lui come centralinista. Grazie a una piccola diatriba con la fidanzata di Draco - leggete e saprete fin dal primo capitolo chi è - per Hermione inizia un calvario senza fine, fatto di dispetti e punizioni immeritate.
Spero vogliate darmi ancora l'occasione di sapere cosa ne pensate.
Vi aspetto numerosi!
Un bacio,
callistas
P.S.: La magia non c'è.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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04 - Harry Potter Signore e signori bentornati a un altro episodio di “Malfoy Home”.

Oggi ci sarà l’ingresso di Harry Potter, ma non aspettatevi chissà quali prestazioni. Sarà una questione di lavoro che richiederà poche battute dove Hermione, naturalmente, la metterà nelle chiappe a qualcuno di nostra conoscenza.

Nelle prime righe del capitolo, troveremo un Draco un po’ più interiorizzato. Niente di Freudiano e che so io, ma capiremo un po’ di più il biondo e ciò che comporta per lui essere il presidente della Malfoy Home.


Vi lascio alla lettura con un bacio e un abbraccio immenso.
callistas.









Ignaro di quanto avvenuto in magazzino dopo che se ne era andato, Draco era salito in ufficio per chiudere la cassaforte e andarsene finalmente a casa a riposare.
Non si sarebbe visto con Pansy quella sera, perché impegnata con una sua amica del Country Club. Ne avrebbe approfittato per farsi una sana dormita: quella donna aveva la capacità di lasciarlo senza fiato.
Sorrise maliziosamente nel ripensare a che bomba sexy era riuscito a trovare.
Durante le feste organizzate dai soci dell’azienda, faceva sempre un figurone. Beh, forse era meglio non pensare a Pansy e alla sua carica erotica o non avrebbe di certo dormito.
Chiuse la cassaforte e poi anche la porta dell’ufficio.
Quando arrivò alla fine del corridoio, si ritrovò praticamente in cima alle scale.

Si sentì pervaso da una sensazione inebriante di potere.
Percepiva ciò che suo nonno Abraxas e suo padre avevano creato e che ora tutto quell’impero era passato a lui; percepiva tutto il potere che il suo nome aveva a livello mondiale, la sensazione che un suo cenno o un suo diniego aveva il potere di cambiare le sorti del mercato.
Ma tutto quel potere, però, aveva il suo peso.

Non era mai davvero tranquillo, Draco.
Trascorreva le notti a dormire un paio d’ore e poi si svegliava, preda di preoccupazioni che solo un dirigente d’impresa conosce: gli stipendi dei lavoratori, mantenere giornalmente alto il nome della famiglia, apparire sempre impeccabile, sempre perfetto, sempre sicuro di sé, sempre infallibile.
Era un fardello oneroso e a volte aveva la sensazione si star sbagliando tutto, che se suo padre o suo nonno fossero stati presenti, avrebbero saputo fare le cose un secondo prima e meglio di lui.
In quei momenti, Pansy accanto a lui dormiva beata, cullata dalla certezza che solo il nome di Draco potesse aprirle tutte le porte che desiderava mentre lui doveva sbattere quotidianamente la testa al muro per far sì che tutto questo, che le aspettative di Pansy, della sua famiglia, dei soci d’affari, dei dipendenti, e del mondo stesso venissero sempre soddisfatte.

Erano pensieri molesti, che lo assalivano quando il sonno tardava ad arrivare – mentre Pansy invece se la dormiva della grossa – o se ne andava, lasciandolo sveglio, ancora alle tre di notte.
Aveva trovato un posto per Pansy nella sua azienda per averla sempre vicina, perché nonostante tutti pensassero che le persone come lui, che avevano il suo patrimonio, non fossero in grado di provare amore o sentimenti veri, lui ne provava. Amava quella donna, anche se sentiva di non esserne pienamente coinvolto.

E Draco si rese conto, mentre scendeva quegli antichi scalini, che le volte in cui sentiva di amare Pansy con tutta la sua anima, erano le volte in cui aveva un orgasmo.
Era in quei momenti che Draco poteva prometterle anche la luna.

“Che cretino…” – si disse, sottovoce.
Doveva essere contento di ciò che aveva: era bello – e nessuno poteva contestare questo dato di fatto –, ricco, intelligente e di buona famiglia e a breve si sarebbe sposato con la donna che amava.

E, proprio mentre stava pensando all’amore che provava per Pansy, gli passò davanti Hermione Granger che lo lasciò ammutolito quando la vide sciogliere la crocchia che portava da tutto il giorno e liberare una cascata di ricci che, non lo avrebbe mai detto, le arrivavano fino al sedere.

Era la prima volta che vedeva in una donna dei capelli così lunghi.
I capelli più lunghi che aveva visto nella sua vita erano quelli di sua madre, che ora aveva acconciato in un sobrio carré con tanto di frangetta che la facevano sembrare più giovane di quanto non fosse in realtà.

Hermione aprì la sua macchina e se ne andò.









La Malfoy Home era specializzata nel commercio di arredamenti per la casa.

Era inizialmente partita con la produzione e la lavorazione di piani cucina in granito proveniente dalle varie zone del mondo, ottenendo solo con quel particolare tipo di vendita un buon lancio iniziale sul mercato.
Da lì era proseguita con la vendita di prodotti per trattare il piano cucina senza rovinarlo. Poi aveva ampliato il suo giro di introiti scegliendo di non fermarsi solo piani cucina, ma produrre anche pavimenti in granito o marmo, lavandini in questo materiale, vasche e, solo su richiesta, tavoli da pranzo.
Ancora, aveva allargato i suoi orizzonti commerciando in arredamenti come camere, cucine e salotti, tutti di alta qualità. Qui si era fermata, poiché il mercato era abbastanza saturo di questi prodotti e aveva scelto di mantenere un profilo basso per evitare sprechi di risorse, tempo e denaro.

Ogni giorno arrivavano in magazzino centinaia di lastre, imballate negli appositi container di legno e avvolte nel polistirolo per evitare che si graffiassero. Venivano scaricate, ricontrollate e poi spedite ai destinatari in ben altri imballaggi.

Quel giorno il magazzino stava lavorando a ritmo serrato perché certe consegne prevedevano il carico della merce su navi che per arrivare a destinazione impiegavano a volte anche un mese. Era necessario lavorare velocemente e, possibilmente, senza ammazzarsi.


Quel giorno Roger era arrivato a lavorare con il groppo in gola.
Da quando Hermione lo aveva terrorizzato a morte ragguagliato sui suoi compiti effettivi – aveva pensato tutta la notte alle cifre che Hermione gli aveva sganciato come se fossero noccioline e alla prospettiva che, in caso di incidente, lui potesse finire in prigione – aveva sempre un occhio su quello che faceva e uno sull’intero magazzino. Il non poter seguire tutti con lo sguardo lo stava mettendo in ansia e quando vedeva un movimento sospetto, il cuore gli saltava alla gola.

Hermione se ne era accorta e si era sentita responsabile per lo stato d’animo di Roger così gli andò incontro.
“Va tutto bene?”
L’uomo le sorrise, fingendo un disinteresse che in realtà non provava.
“Sì, perché?”
Hermione sospirò.
Uomini…
“Roger… ti ho detto che la sistemiamo questa cosa.” – lo rassicurò. – “Oggi sono previsti solo due arrivi: lasci il lavoro agli altri e io e te ci mettiamo a dare un’occhiata ai tuoi diritti e doveri.”
“Ah, adesso ho anche dei diritti?” – chiese, fortemente polemico.
Da come gliel’aveva prospettata Hermione, sembrava che il ruolo di Roger comportasse solo doveri.
“Certo che li hai!”
“Allora è un mio diritto andare da chi si occupa di ‘ste robe e spaccargli la faccia!” – esclamò, fintamente felice.
“No.” – disse Hermione. – “Quello è un tuo dovere.” – ironizzò.
Una volta stemperata la tensione, Roger tornò a riavere il controllo su di sé.
“Dai, adesso calmati.” – disse, frizionandogli il braccio. – “Vuoi che andiamo a prendere un caffè?”
“Sì, è meglio. Josh?” – urlò, chiamando il ragazzo.
“Dimmi!”
“Prendo un caffè!”
Josh gli fece il segno dell’ok e tornò al proprio lavoro.

Al distributore delle macchinette del piano terra, di solito, non c’era mai nessuno e nessuno passava mai di lì. Era risaputo che quella macchina era dei magazzinieri e le smorfiosette dei piani alti si rifiutavano di prendere qualcosa da mangiare o da bere da lì perché temevano di sporcarsi le mani.

“Stanotte non ho chiuso occhio…” – sussurrò Roger, massaggiandosi gli occhi.
Hermione sentì la cioccolata perdere immediatamente il suo sapore.
“Ma porca… Roger scusa!” – esclamò desolata.
“Hermione, ti ho già detto che non devi scusarti. Se non fosse stato per te, magari io potrei già essere in prigione.”
Era davvero dispiaciuta per aver abbattuto in quel modo il morale di Roger, ma non aveva potuto agire diversamente: quelle erano pratiche delicate che andavano trattate con i guanti di velluto, così com’era importante evitare di inimicarsi gli ispettori dei controlli perché in quel caso l’azienda avrebbe potuto anche chiudere.
“Allora sai cosa facciamo?” – propose Hermione per tirargli un po’ su il morale. – “Adesso ci mettiamo io e te nel tuo ufficio e col computer guardiamo cosa c’è da fare.”
Roger scosse la testa in un moto di profondo affetto e stima verso Hermione. Era davvero un miracolo vivente e poi lei non era tenuta a interessarsi di quelle cose: poteva fare benissimo il suo lavoro e poi tornarsene a casa.
“Grazie.”
“E di che?”
Sorseggiarono in silenzio la propria bevanda e Hermione ostentò una sicurezza, come se quel lavoro fosse davvero una sciocchezza, che però non aveva. Certo, sapeva perfettamente dove mettere le mani e quali specifiche andare a cercare, ma era la mole del lavoro che la demoralizzava. Era andata via dall’azienda dei suoi per non averci più niente a che fare e ora ci si ritrovava invischiata di nuovo.
La cosa, da un certo punto di vista, la faceva ridere…
Poi però l’occhio le cadde su Roger e ogni dubbio o incertezza sparì solo figurando l’uomo dietro le sbarre. Cestinò la sua cioccolata e si avviò di nuovo verso il magazzino, dove iniziò con l’uomo un lavoro ben più pesante.
“Ma tu come sai tutte queste cose?”
Hermione sollevò lo sguardo su di lui.
“Tutto quello che so, l’ho imparato nella ditta dei miei.” – spiegò. – “Per chi ha una ditta di trasporti come quella dei miei, è tenuto ad essere in regola anche con la carta igienica, altrimenti non ti autorizzano a trasportare niente.” – disse, usando un paragone d’effetto. – “Io e le mie sorelle ci siamo fatte tanti di quei corsi su questa materia che possiamo dire di saperne più degli ispettori.” – ironizzò. – “Quindi adesso ti dai una calmata e vediamo di risolvere ‘sta cosa, ok?”
“Ok.”

Come promesso, Hermione prese in mano anche quella faccenda sotto lo sguardo sbigottito – e pronto al suicidio – di Roger. Solo digitando sul motore di ricerca “sicurezza sul lavoro” erano spuntati fuori tanti siti e altrettanti controlli che, se da solo, lo avrebbero davvero condotto a uccidersi.
Hermione però sapeva dove mettere le mani; aveva stampato dei moduli che poteva fare al caso suo, aveva trascritto dei numeri telefonici degli enti preposti da chiamare in caso di necessità e tanti altri piccoli accorgimenti che ebbero il potere di rischiarare l’animo di Roger. In più, la ragazza faceva delle battute stupide per sollevargli il morale, tanto che arrivò l’ora di pranzo senza che se ne accorgessero.


“Dio che fame… Dio che imbecille!” – esclamò Hermione in sequenza facendo ridere i colleghi.
“Che c’è?” – chiese uno.
“C’è che chi ha gambe non ha testa!” – sbottò. – “Mi sono dimenticata il pranzo in macchina. Ci vediamo dopo.” – disse.
Non aveva voglia di risalire e percorrere tutta quella strada per andare a prendersi il pranzo ma aveva consumato parecchie energie mentali per dare a Roger qualche nozione base del suo ruolo, per non parlare degli occhi che ormai vedevano incrociato per le ore che aveva passato al computer.
Quando entrò nell’immenso salone, respirò immediatamente odore di pulito. Ne prese qualche generosa sorsata e poi si avviò verso l’uscita. Udì delle voci e si girò, sbarrando gli occhi: erano il signor Malfoy e la sua fidanzata.
Per evitare ulteriori guai alla sua persona, Hermione accelerò il passo e uscì dall’azienda. Naturalmente, a differenza di Pansy, chiuse la porta alle proprie spalle e corse in macchina. Tornò indietro che i due stavano uscendo; più per cortesia, aspettò che passassero loro per poi rientrare lei stessa.
“Certo che potevi almeno tenerci la porta aperta.” – sentenziò Pansy, indispettita.
Hermione si girò con gli occhi sgranati per quella stronzata bella e buona.
Draco invece imprecò mentalmente per la tendenza di Pansy nel cercare lo scontro sempre e in ogni occasione.
“Pansy andiamo?”
“No, un attimo. Vorrei chiarire questa cosa con lei.”
Hermione, che aveva un piede già all’ingresso, si bloccò, sbigottita.
Ah!, adesso vuoi chiarire?!?, pensò Hermione oltraggiata, il cui pensiero era andato subito al giorno che aveva decretato la sua discesa verso il magazzino. Ripensò al modo in cui Pansy aveva chiarito la sua posizione: ossia mandando avanti il suo ragazzo per lei.
Lanciò una fugace occhiata al suo titolare, sperando che intervenisse e se la portasse via o che almeno si accorgesse che lei, in quel frangente, non aveva nessuna colpa, ma Draco Malfoy sembrava una statua.
Cagasotto, pensò Hermione più indispettita che mai.
A dire il vero le parve più infastidito da quel contrattempo ma non riusciva a capire se a causa sua, che non aveva tenuto la porta aperta a loro due – il tempo che avrebbero impiegato per scendere le scale a lei sarebbe cresciuta la barba in mezzo alle gambe – o per il fatto che Pansy la stesse esplicitamente molestando.
“Allora? Sto aspettando.”
Hermione non sapeva neanche cosa dire: era letteralmente incastrata. Se le avesse risposto male, a rimetterci sarebbe stata solo lei, se le avesse risposto con cortesia… alla fine ci avrebbe rimesso sempre e solo lei, quindi che fare?
In più aveva un forte mal di testa, per le ore passate al computer a spulciare tutti i siti e per la fame, e non era ben disposta al dialogo.
Certo, con Pansy Merdinson non lo sarebbe mai stata… ma quelli erano dettagli.
“Scusi… aspettando cosa?” – chiese Hermione.
Aveva deciso di risponderle nel modo più educato possibile, ma cercando di farle capire – anche se dubitava fortemente che avesse un neurone per questa facoltà – che non era disposta a chinare il capo solo perché lei era la fidanzata del capo.
Pansy Parkinson esigeva rispetto per se stessa? Ebbene… chi era Hermione Granger per non chiederlo per sé?
“Come cosa?” – squittì l’altra.
“Pansy?” – la richiamò Draco.
Pure lui aveva fame e quella discussione non aveva né capo né coda.
Richiamare Hermione per essersi, in soldoni, difesa sarebbe stato difficile quella volta e comunque… perché avrebbe dovuto punirla?, si chiese Draco in un momento di lucidità. Solo perché Pansy aveva voglia di litigare?

Ecco che quei pensieri molesti tornarono di nuovo all’attacco.
Prima gli venivano solo di notte, quando non riusciva più a dormire, perché preoccupato per le sorti della propria impresa anche se deteneva il monopolio del mercato, e ora pure di giorno.
Sarà la fame, pensò il biondo con un sospiro.

“Ma non ti hanno insegnato l’educazione i tuoi genitori? Dai Draco, andiamocene.” – disse la donna, infastidita.

Hermione era rimasta senza parole con gli occhi sbarrati, venati di rosso, e il fiatone che la rabbia di quella frase le aveva provocato.
Un giorno o l’altro gliele avrebbe fatte rimangiare tutte!
Rimase impalata sull’ingresso, osservando, anche se aveva più lo sguardo perso nel vuoto, le manovre che stava facendo il signor Malfoy con la macchina.

Quando Draco fece una perfetta retromarcia, che in una sola manovra gli permise di uscire dal parcheggio, si girò casualmente verso l’ingresso della propria azienda.
Fu un movimento dettato dall’istinto: voleva vedere se Hermione era ancora lì. Non che sarebbe sceso per confortarla o scusarsi a nome di Pansy, ma… non lo sapeva nemmeno lui. Quando si girò e la vide ancora lì, ebbe un leggero sussulto.
Oh, che era furente, era dire poco e in quel momento non riuscì a non darle ragione. Non conosceva i genitori della donna, così come non conosceva quelli degli altri dipendenti, ma era sicuro che l’avessero educata bene perché mai una volta era stata scorbutica, neanche con chi si sarebbe meritato un ceffone in faccia.
Partì alla volta del ristorante mentre Pansy aveva già abbandonato l’argomento…




“Ti eri persa?” – chiese Roger con il sorriso di chi, finalmente, stava riuscendo a vedere la luce in fondo al tunnel, ma subito dopo si preoccupò quando vide Hermione entrare con lo sguardo basso e tirato e, da quel poco che aveva visto, con gli occhi lucidi. – “Che succede?”


Hermione non piangeva mai.
Poche, se non inesistenti, erano le cose che riuscivano in tale ardua impresa. Una di esse era il fatto che le persone sembravano divertirsi a farle gratuitamente del male. Lei non aveva mai fatto niente di male a Pansy, anzi!, l’aveva sempre salutata cordialmente e le volte che la vedeva le elargiva un sorriso di circostanza. La donna, invece, l’aveva presa subito in antipatia per chissà quale motivo e da quella volta – non ricordava nemmeno quando fosse iniziato il tutto – la prendeva a pesci in faccia, le faceva fare delle figuracce e ora la bistrattava, tirando in ballo i suoi genitori.
Si era resa conto di aver commesso un enorme errore a non risponderle per le rime – e fanculo le punizioni di Malfoy! – perché rimanendosene zitta era come se avesse confermato le accuse di Pansy.


Quindi fu abbastanza sconcertante per Roger, e i presenti, vedere una lacrima solcare il volto teso della ragazza. Era con loro da pochissimi giorni, ma la sua predisposizione al lavoro e la sua cortesia, l’avevano elevata al grado di mascotte.
“Niente.” – rispose abbastanza seccamente.
Aprì il contenitore della pasta che aveva preparato con cura la sera prima e se solo ieri aveva un profumino invitante adesso le causava solo la nausea.
Spostò il contenitore più in là per non averlo davanti. Quando poi si rese conto di aver zittito praticamente tutti gli operai si alzò.
“Scusate, vado in bagno.” – disse, raggiungendoli in poche falcate.

La prima cosa che fece fu quella di entrare nel cubicolo, chiuderlo a chiave e sedersi sul water.
Giunse le mani in preghiera e vi appoggiò la bocca. Che non le era ancora passata, era evidente dalle nocche che, a furia di stringerle, erano sbiancate.
Adesso basta, si disse.
Non gliene avrebbe fatta passare più nemmeno mezza! Era stanca di quelle frecciatine del cazzo!, stanca di essere presa di mira!, stanca che un’antipatia si trasformasse in una guerra!
Cazzo!, anche a lei stava antipatica della gente, lì dentro!, ma mica andava ad attaccar briga!

Uscì dal cubicolo con le idee più chiare – ma sempre e comunque incazzata per quella mancata risposta – e sobbalzò nel trovarsi davanti Roger.
“Vorrei dirti che questo è il bagno delle signore, ma non posso.” – tentò di scherzare la riccia.
Beh, difficile che in magazzino vi fosse un bagno per le donne quando il personale era tutto al maschile…
“Hermione cos’hai?”
“Ma niente…” – disse, minimizzando il tutto con una scrollata di spalle.
Andò al lavabo e sciacquò le mani. Anche se di poco, la fame le era tornata.
“Hermione?”
Roger non avrebbe demorso. Non avrebbe lasciato correre.
Hermione stava facendo tanto per lui, lo stava rendendo più consapevole del proprio ruolo e l’aveva avvisato in tempo sui rischi ai quali andava incontro se non avesse fatto tutte le procedure a regola d’arte. Voleva aiutarla e lo avrebbe fatto!
“Ho incontrato il signor Malfoy… e troia al seguito!” – si sfogò, sentendosi finalmente libera come un uccellino.
Roger sollevò un sopracciglio per il linguaggio.
“Parli della sua fidanzata?”
“Se!” – sbottò lei secca, mentre con un movimento brusco prese una salvietta che quasi spaccò il contenitore.
“Cos’è successo?” – chiese, mezzo divertito dal fatto che potesse trattarsi solamente di orgoglio femminile ammaccato.
“C’è che un giorno o l’altro te la ritrovi sulla pagina dei morti!” – esclamò Hermione, mentre cestinava con rabbia la salvietta.
Roger si fece serio tutto d’un tratto. No. Non era solo orgoglio femminile ammaccato.
“Non è da te parlare in questo modo…” – disse, leggermente turbato da quel lato del carattere di Hermione che non aveva mai avuto modo di sperimentare.
“Beh, parleresti così anche tu se quella… troia!, accusasse i tuoi genitori di non averti insegnato l’educazione!”
L’argomento doveva starle molto a cuore se la faceva reagire così, pensò Roger.
“Dai, dimmi cos’è successo.”
“Una stronzata!” – esclamò ancora allibita per il motivo che aveva scatenato quella reazione a catena. – “Ecco cos’è successo! Ero salita per andare in macchina a prendermi il pranzo quando sento delle voci provenire dal secondo piano! Mi giro e vedo quei due che stanno scendendo la scala neanche fossero in Piazza di Spagna!” – commentò, incazzata a morte. – “Non sembravano essere di fretta così io me ne sono uscita e mi sono chiusa la porta alle spalle. Quando loro arrivano Pansy mi ferma e mi chiede perché non le ho tenuto la porta aperta!”
“Dai, non arrabbiarti per questo…” – cercò di rabbonirla Roger.
“Oh, ma io non sono arrabbiata per questo Roger. Io sono altamente incazzata perché quella mi deve aver scambiato per una portinaia!” – urlò. – “E per non averle tenuto la porta aperta, mi sono sentita dire che i miei genitori non mi hanno insegnato l’educazione!”
“C’è dell’altro sotto, vero?” – chiese Roger, perplesso che fosse tutto lì.

Sì, c’era dell’altro, ma implicava che Hermione raccontasse qualcosa della sua famiglia che non aveva detto ad anima viva e non voleva.

“Il fatto è che quando sono stata messa a lavorare qui in magazzino, è stato unicamente perché quella stronza, invece di venire a chiarire le cose con me, ha preferito mandare avanti quel cagnolino del suo fidanzato. Oggi, invece, voleva fare bella figura con lui e ha attaccato briga per niente, alla fine! E io Roger ne ho le tasche piene!” – confessò Hermione, con un tono di voce sfinito. – “Sono stufa che quando quella si sveglia male io ci debba andare di mezzo. Tutti noi abbiamo dei problemi ma se andassimo a scaricarli sugli altri, che casino ne verrebbe fuori?”
Rogera annuì. Ciò che diceva Hermione era vero e sacrosanto.
Purtroppo c’erano cose che nemmeno Dio sarebbe riuscito a cambiare…
“Dai, adesso torni di la e mangi la pasta, mhm?”
Hermione barcollò fino all’uomo che le mise un braccio attorno alle spalle per darle un po’ di conforto. Quando tornò, gli altri erano già al dolce – a turno portavano delle pastine o delle torte fatte dalle proprie mogli – e le sorrisero, per risollevarle un po’ il morale.
“Da quant’era che non andavi in bagno, Hermione?” – scherzò Josh, facendo ridere tutti.
La riccia lo guardò e gli sorrise divertita.




Il lavoro procedette tranquillo.
Visto il poco giro di camion, Roger aveva dato istruzioni affinché tutti gli operai si mettessero di lena per dare una sistemata al magazzino e dargli una pulita almeno superficiale mentre lui e Hermione continuavano il lavoro di ricerca nell’ufficio di lui.
Roger poneva domande e Hermione rispondeva con precisione, tanto che il responsabile del magazzino pensò davvero che la riccia ne sapesse davvero più di un ispettore del controllo.
Una cosa, però, andava accertata.

“Roger io salgo un attimo da Michelle. Vado a vedere se lei sa chi è che segue la Sicurezza sul Lavoro.”
“Sì, ok.”
“Tu intanto compila quei moduli con i tuoi dati personali. Poi ai dati tecnici degli apparecchi di movimentazione li facciamo insieme.”
Per un attimo Roger la guardò perplesso. Era come trovarsi di fronte alla maestra che dava un compito per tenere occupato l’alunno mentre lei doveva assentarsi un attimo dalla classe.
Comunque, fece i compiti…

Hermione voleva andare in fondo a quella faccenda.
Lei che aveva seguito corsi su corsi e aveva parlato a suo tempo con suo padre, sapeva che i controlli, in cinquant’anni, erano decuplicati, le sanzioni inasprite, le penali aumentate e la burocrazia aumentata a livello esponenziale.
Forse all’inizio dell’attività anche la Malfoy Home non era sottoposta a frequenti controlli – anche se una prima occhiata le aveva dato a intendere che fossero messi abbastanza bene da quel punto di vista – ma oggi riteneva impensabile che non fossero mai usciti ispettori per il controllo. Dopotutto, lavorava lì da due anni e… no. Poteva accadere che un’azienda non venisse mai controllata. A quella di suo padre era accaduto, per esempio.

Forse Miky poteva aiutarla.
Lo sperò vivamente, perché non aveva voglia di girare l’azienda per cercare la persona incaricata di seguire questo tipo di pratica.

Erano le tre e mezza del pomeriggio quando Hermione mise piede nel salone. Udì distintamente le voci di Malfoy e della sua fidanzata e, peggio di un ladro, si imboscò dietro una palma. Stavano usando toni di voce particolarmente concitati e per una frazione di secondo Hermione sorrise soddisfatta. L’attimo successivo si diede della stupida: non era lì per origliare ma per parlare con Miky.

“Ciao Miky.”
“Ciao Hermione. Allora, come va in magazzino?” – chiese la collega.
“Bene, non mi lamento. Ah, Miky volevo chiederti una cosa…”
Quando le voci si alzarono tanto da sovrastare quelle pacate di Hermione e Michelle, la riccia si girò perplessa.
“Ma che sta succedendo?” – chiese, incuriosita.
Miky le sorrise con soddisfazione.
“Il Karma, Hermione. Ecco cosa sta succedendo.” – fu la risposta sibillina di Miky.
Michelle era una ragazza che si era convertita, dall’età di diciotto anni, alla vita new-age, come la chiamava Hermione. Mangiava solo cibi biologici, tanta verdura, beveva molta acqua e in macchina era piena di quei CD, dove una voce soffusa, contornata dal cinguettio degli uccellini o dal rumore di una cascata, invitava l’ascoltatore a rilassarsi e a buttare fuori tutto lo stress.
“Il Karma?” – chiese lei, divertita.
Non era un’esperta, ma sapeva che il Karma agiva un po’ come la Legge del Taglione.
E la cosa le fece un disperato piacere… soprattutto se a pagarne le conseguenze era Pansy Parkinson.
“Sì. Ma scusa, cos’è che volevi chiedermi?”
“Ah sì! Tu sai per caso chi è la persona che segue…”
Di nuovo fu interrotta.
“Mi dispiace signorina Parkinson, ma la visita era prevista per oggi.”
Hermione si girò di scatto, credendo di avere le allucinazioni uditive.
“Scusa…” – disse distrattamente a Miky che non poté chiederle nulla perché il centralino prese a suonare.
Si avvicinò lentamente ai tre, notando come i toni si stessero via via riscaldando. Ma non si scaldarono mai come il suo cuore quando vide che uno dei tre era…
“Harry?!?”
“… e ho ricevuto una… sì?”
L’uomo di nome Harry si girò verso la voce che lo aveva chiamato e rimase dapprima perplesso, poi sbigottito di fronte a…
“Hermione?!?”
Draco Malfoy e Pansy Parkinson si girarono di scatto e sbarrarono gli occhi quando videro Hermione correre incontro a quell’Harry e saltargli letteralmente addosso.
“Oh mio Dio! Ma dove ti eri cacciato?” – esclamò la ricca, una volta rimessa a terra.

Draco era certo di aver visto di tutto nella vita ma che una dipendente conoscesse perfino il Responsabile Nazionale dei Controlli sulla Sicurezza per il Lavoro, beh… quella proprio gli mancava!

“Sono sempre in giro! E tu? Lavori qui adesso?” – chiese il moro.
“Sì!”
“Scusate?” – s’intromise voce di Pansy che smorzò la felicità di Hermione nel rivedere un caro amico di famiglia e che riportò il volto di Harry sull’infastidito andante.
“Sì?” – chiese Harry.
Draco dovette pensare nella frazione di un nanosecondo.
Aveva capito che Hermione aveva il potere di cambiare – in meglio – l’umore dell’ispettore. In parole povere: doveva approfittarne!
“Signorina Granger, staremmo parlando con l’ispettore dei controlli. Torni al suo lavoro, per favore.”

A Draco a volte sembrava strano che Pansy non riuscisse a cogliere le occasioni della vita. Insomma!, Hermione poteva mettere una buona parola con loro e lei per qualche assurda ragione non ne approfittava!

Hermione guardò la Parkinson con diffidenza.
Da un lato aveva ragione, ma dall’altro Harry poteva essere la sua soluzione per Roger.

“Pansy, per favore.” – s’intromise Draco. – “Signor Potter mi scuso a nome della mia collega per l’increscioso episodio. Se fosse così cortese da darci qualche giorno per…”
“Signor Malfoy, mi scusi…” – lo interruppe Harry. – “… qui ho una risposta dalla sua collega, la signorina Parkinson, dove accettava l’incontro. Immagino che lei abbia numerosi impegni perché conosco la fama della sua azienda ma se permette, ne ho pure io. Farò il mio giro di controlli e se ci saranno delle note da verbalizzare gliele farò avere.”

Sentendo che Pansy aveva accettato l’incontro senza dirgli nulla e non curandolo con l’attenzione che esso meritava, i capelli di Draco, da biondi, divennero quasi bianchi.
Sentendo che Pansy era la persona che stava cercando per aiutare Roger, il cuoio capelluto di Hermione, da folto, divenne quasi canuto.

A posto siamo, pensarono i due.

“Ma state tranquilli.” – disse Harry, lasciando perplessi i tre. – “Ora che so che Hermione lavora qui, sono sicuro che non vi saranno intoppi di alcun genere, vero Hermione?”

La ragazza avvertì tre tipi di sguardo su di sé: di mite certezza da parte di Harry, che era sicuro che sotto la direzione di Hermione non avrebbe trovato nulla fuori posto, di fuoco incendiario da parte di Pansy che si stava vedendo surclassata da una schifosa magazziniera e di flebile speranza da parte di Draco che, fin da quando Hermione aveva salutato il signor Potter in quella calorosa maniera, aveva intravisto in lei la sua salvezza.
Lo sguardo di Hermione, invece, era impostato sul Terrorizzato Galoppante.

Aveva volutamente omesso di scrivere nel suo curriculum “Responsabile della Sicurezza per il Lavoro” per evitare rogne e ora ci si ritrovava dentro di nuovo! Passi con Roger che aveva solo bisogno di una mano per rimettersi in pari, ma a Harry, invece, avrebbe voluto tanto strozzarlo.
Insomma, ma non ci vedeva?!? Indossava una tuta da magazziniere!, il che non era propriamente l’abbigliamento di un responsabile.
“La signorina Granger non è responsabile di nulla.” – disse Pansy.
A Draco mancò poco di ruggire per la frustrazione e la rabbia. Pansy stava mandando tutto a puttane!
“Grazie Pansy, ci penso io.” – disse Draco, invitandola con un gesto a inforcare le scale.
“Draco!”
L’occhiata che le rivolse riuscì – finalmente – a zittirla.
“Va bene.” – si girò e se ne andò.
Draco si girò con un sorriso accattivante, che preoccupò non poco Hermione. Non sapeva perché, ma era certa che a fine giornata avrebbe fatto un’altra chiacchierata con il signor Malfoy…
Se avesse saputo che si sarebbe ritrovata a quel punto, si sarebbe scusata immediatamente con Pansy!
“Bene signor Potter. Vedo che lei conosce la signorina Granger.”
Harry sorrise alla ragazza che ricambiò stentatamente.
“Da quando la faceva ancora nel pannolino.” – fu la candida sparata di Harry.
“Harry che ca!…” – si trattenne solo perché c’era lì Draco Malfoy.
“Beh, è vero!”
Hermione pensò che Harry non fosse cambiato più di tanto: da quanto aveva potuto apprendere, era rimasto lo stesso ingenuo ragazzo che aveva iniziato la sua carriera nel mondo delle ispezioni della sicurezza.
“Sì, ok d’accordo.” – disse la ragazza. – “Harry senti… dato che sei qui avrei bisogno del tuo aiuto.”
“Dimmi pure.”
Draco venne messo bellamente in disparte. Non disse niente, anche se un po’ gli seccava, perché Hermione era molto in confidenza con Harry Potter e magari poteva metterci una buona parola.
Non era sicuro di come fossero gli standard di sicurezza in azienda, perché aveva lasciato quell’ingrato compito a Pansy. Iniziò a pensare di non aver fatto un bell’affare.
“Senti, vuoi farti un giro prima e poi scendi in magazzino?”
Fu come se solo allora Harry Potter si fosse accorto dell’abbigliamento di Hermione.
“Ma come sei vestita?”
Hermione alzò gli occhi al cielo.
“Sei sveglio come un orso in letargo.” – disse Hermione, esasperata. – “Lavoro in magazzino adesso.” – disse Hermione, sbrigativa.
Draco iniziò a pensare che spostare Hermione in quel posto non fosse stata una decisione saggia. Aveva solamente agito su richiesta di Pansy perché, in realtà, non aveva voglia di sentire le sue lamentele sul fatto che non avesse punito una lavoratrice per aver risposto male alla fidanzata del capo.
“Perché?”
“Harry, ne possiamo riparlare un’altra volta? Giù mi staranno dando per dispersa.”
“Sì, ok, scusa. Come ai vecchi tempi, eh?”
Hermione si concesse un sorrisetto.
“Mai vecchi quanto te.” – fu la battutina che però non riuscì a compensare quella del pannolino di Harry. – “Quanto pensi di impiegarci?”
“Beh, di solito in mezz’ora me la cavo. Gli uffici non hanno particolari problemi.”
“Ok. Allora tra mezz’ora mi faccio trovare qui così ti accompagno di sotto.”
“Con?” – la interrogò lui.
“Harry…” – piagnucolò lei.
“Con?” – insistette il moro e Hermione si vide costretta a cedere.
“Con l’elmetto di protezione, le scarpe antinfortunistiche, il giubbetto alta visibilità e gli apparecchi otoprotettori. Posso andare professore?”
“Dieci e lode! A dopo.”
Fu così che Hermione e Draco si ritrovarono da soli e prima che l’uomo potesse solamente pensare di dire qualcosa la ragazza, con un finto sorriso, lo salutò.
“Beh, buona giornata!” – esclamò, fuggendo a gambe levate.
“Herm…” – niente da fare.
Hermione era già sparita.

La riccia si catapultò giù per le scale, rischiando di cadere e rompersi l’osso del collo. Arrivò perfino a guardarsi indietro per accertarsi che Draco Malfoy non la stesse seguendo.
Sono paranoica, pensò la ragazza.
Controllò l’ora e si appuntò mentalmente di tornare su verso le quattro per prendere in consegna Harry.




Intanto, nei piani alti…
“Perché diavolo non mi hai detto niente?!?” – esclamò Draco, furioso.
Non permetteva a nessuno di mettersi in mezzo tra lui e la sua azienda. Nemmeno alla sua ragazza!
Pansy riuscì a farsi venire gli occhi lucidi. Di solito funzionava…
Draco però non era dell’umore giusto per farle passare anche questa. Se non fosse stato per Hermione Granger non sarebbero mai riusciti ad ammorbidire Harry Potter! Per il sollievo di quanto appena accaduto a Draco passò per l’anticamera del cervello di mettere Hermione come suo vice direttore!
“Volevo dimostrarti di essere all’altezza delle tue aspettative!” – fu la teatrale risposta di Pansy.
Ma Draco non riusciva davvero a sbollire la rabbia.
“Sapevi perfettamente che incontri di quel genere vanno discussi con me, prima! Devo essere presente a queste visite!”

Fuori, gli altri impiegati, si erano riuniti per sentire il signor Malfoy dirgliene – finalmente – otto a quell’incompetente della Parkinson.
Non sapeva fare niente!, se non interferire e commentare negativamente il lavoro che altri facevano lì dentro ormai da anni.
Miky aveva avuto proprio ragione a parlare di Karma…

“Ma non l’ho mica fatto apposta!”

Fuori si misero a ridere.
La tipica frase di chi non sapeva più come uscirne fuori.

“Fortuna che c’era Hermione che conosceva Harry Potter, altrimenti…”
“Hermione!?! E da quando la chiami per nome?” – esclamò la donna, in piena scenata di gelosia.
“Da quando l’ho assunta Pansy!” – sbottò l’altro inferocito. – “Così come chiamo per nome ogni mio dipendente! Non aggrapparti a queste stronzate, per favore!”

Fuori, gli impiegati, stavano silenziosamente battendo le mani ed esultando per quella stoccata.

Pansy era sbigottita.
Non le aveva mai risposto in quel modo. E tutto per colpa di Hermione Granfer!

“Draco mi dispiace, va bene?” – disse, stizzita per quei rimproveri meritati. – “La prossima volta non accadrà più!”
“Lo spero bene per te. Ora scusa, ma devo scendere con il signor Potter per capire di cos’avesse bisogno Hermione.”

Immediatamente il corridoio si svuotò e Pansy aprì la porta l’attimo successivo.

“Fa come credi!”
Si avviò a passo spedito verso il proprio ufficio, per pensare a come farla pagare a quella stronza di magazziniera!




“Roger, io salgo a prendere Harry.” – disse Hermione, dopo avergli spiegato, con un sorriso smagliante degno della pubblicità del miglior dentifricio sulla piazza, cosa fosse successo.
Soprattutto la parte in cui Draco cacciava Pansy da quell’incontro.
“Sì, ti aspetto.”
Mentre Hermione saliva ai piani alti, Roger sistemò le carte che aveva compilato con l’aiuto della ragazza e le mise in una cartelletta, da far vedere a questo Harry.

Hermione salì gli scalini due a due e quando arrivò nuovamente nel salone capì cosa volesse dirle suo padre quando le diceva che era peggio di uno “scaricatore di porto”.
Le imprecazioni che aveva tirato nel giro di cinque secondi – il tempo di vedere Draco Malfoy intento a parlottare con Harry – furono il suo personale record.
“Ti prego… non dirmi che scende anche lui…” – disse, trovando il coraggio di uscire dal suo nascondiglio.
Cercò di simulare una sicurezza che in realtà non provava e quando Harry la vide, le sorrise.
“Eccoti qua. Allora, vogliamo andare?”
Hermione girò gli occhi su Draco e comprese che sarebbe sceso pure lui.
Io mi licenzio, fu il pensiero di Hermione.


Quando scesero in magazzino Harry trovò una situazione particolarmente disastrata.
Quando Draco vide ciò che stava succedendo, pensò che Harry Potter gli avrebbe fatto chiudere l’azienda.
“Signor Potter, io…”
Ma Hermione lo fermò, anzi. Lasciò che Harry facesse la sua ispezione mentre lei discuteva con Draco.
“Che diavolo è questo macello?” – chiese Draco, conscio che non poteva prendersela con lei per un errore di Pansy.
Infatti, Hermione lo guardò storto.
“Guardi, mi ero chiesta la stessa cosa quando sono arrivata qui.” – fu la frecciatina che lo fece imbufalire ancora di più.
Aveva avuto una brutta discussione con Pansy e non aveva voglia di stare a sentire anche le battutine di Hermione.
“Comunque, lasci che Harry faccia il suo giro.”
“Se continua a farsi i suoi giri mi farà chiudere l’azienda!” – sibilò.
“No, non le farà chiudere l’azienda, stia tranquillo.” – disse, trattandolo alla stregua di un bambino che voleva avere ragione a tutti i costi.
“Senta…” – disse Draco, spazientito. – “… non so chi si creda di essere, ma credo di essere arrivato al limite.” – disse Draco. – “Dovrebbe imparare a stare un po’ di più al suo posto. Certe sparate non le accetto, sono stato chiaro?”
“Ora che ha finito, parlo io.”
Draco era pronto per sputare fiamme.
“Se lei affida incarichi delicati come questi a degli incompetenti, non venga a prendersela con me.”
Fu come se gli avessero dato un pugno nello stomaco. Intimamente, pensava anche lui che Pansy fosse un’incompetente di primo livello, ma non aveva mai espresso quel pensiero a voce alta, per timore di scindere il contratto matrimoniale che aveva con la donna.
Pansy era figlia di Tolomeo Parkinson, titolare delle Parkinson Industries che producevano yatch di lusso.
“Ma come diavolo osi, ragazzina?”
“Non è forse vero?” – lo sfidò.
E al diavolo la sua carriera. Se proprio doveva essere licenziata, se ne sarebbe andata levandosi la soddisfazione di far sapere a quel damerino con che razza di incompetenti lavorava.
“A chi affido gli incarichi, non è di tua competenza! ” – sbottò, dandole del tu.
Hermione non si scompose.
“Allora non se la prenda con me se poi le cose non sono al loro posto, per Dio!” – sbottò. – “Io so solo che Roger non sa niente di quello che comporta il suo ruolo! Abbiamo passato l’intera mattinata e il pomeriggio a cercare su Internet i documenti da presentare all’E.S.L. (Ente per la Sicurezza sul Lavoro) e tutto perché nessuno!…” – disse, riferendosi volutamente a Pansy. – “… si è mai preoccupato di fargli sapere cosa dovesse fare! Se vuole è liberissimo di licenziami, anzi! Le dimissioni gliele do io, così non dovrà sborsare nemmeno un soldo per me, ma me ne andrò solo quando saprò che Roger è tutelato a trecentosessanta gradi! Ora scusi, ma devo andare da Harry!”
Gli voltò le spalle mentre Draco schiumava di rabbia.

Perché le parole di Hermione erano vere.

Odiava quando non poteva avere ragione su qualcosa e questo era quello che succedeva quando non aveva le cose sotto controllo.

“Ehi Harry!”
L’uomo si girò, decisamente sbalestrato.
“Hermione… qui ce n’è abbastanza per farvi chiudere e impedirvi di riaprire! Ma che casino è questo?”
“Se te lo dovessi spiegare, faremmo entrambi la barba. Harry ascolta, era questo l’aiuto di cui avevo bisogno. Purtroppo si sono dimenticati di avvisare Roger, il responsabile del magazzino, dei corsi da fare. Io ho cercato su Internet i moduli per queste cose, ma è tutto un casino. Uno ti dice una cosa, uno un’altra… sai che non sono abituata a chiedere favoritismi e comunque non lo faccio per me.” – specificò. – “Roger è una persona a modo e ti posso garantire che se gli dai una possibilità non ti deluderà.”
“Hermione, è contro il regolamento…”
“Lo so Harry e credimi: l’ultima cosa che voglio è metterti nei pasticci. Non… non è che potresti far passare questa visita per un sopralluogo generale? Poi mi dici cosa c’è da fare e io lo faccio.”
“Hermione…” – esitò Harry, perplesso.
Draco, invece, era sull’orlo di una crisi di nervi.
“… posso darti al massimo due settimane per sistemare la cosa.” – disse Harry, serio. – “Credi di farcela?”
“Tranquillo! Dai, andiamo a vedere cosa c’è da fare.”

Quando Draco Malfoy vide Hermione Granger tornare a braccetto con Harry Potter, pensò che quella ragazza avesse una sorta di potere magico sulle persone.
Che fosse riuscita a convincere l’ispettore a non farlo chiudere per negligenza?


Fu così che passarono il pomeriggio Hermione, Harry, Draco e Roger: tutti stipati nell’ufficio di quest’ultimo, mentre i magazzinieri osservavano perplessi quello strano raduno.
Hermione si era sistemata al computer, Harry era accanto a lei, mentre Roger e Draco erano più in disparte.
Draco non si capacitava delle competenze di Hermione. Non c’era niente di tutto questo nel suo curriculum, perché? Si muoveva a suo agio nell’ambiente delle scartoffie, interagiva con Harry come se stessero parlando del prossimo barbecue da fare e non della salvezza della sua azienda.
Cristo!, se suo padre lo avesse saputo lo avrebbe preso a cinghiate!
Vide Harry fornire a Hermione una serie di indirizzi Internet da tenere nei Preferiti del browser da consultare, poiché i più aggiornati. In questi siti c’erano le norme sempre aggiornate, i certificati da compilare e da spedire per effettuare i vari controlli e una sezione FAQ’s dove andare in caso di qualche dubbio.
La donna diede, insieme a Harry, la priorità ai lavori più urgenti.

Tutti e quattro finirono alle otto di sera.

Uscirono stremati dall’ufficio, ma felici di aver risolto quel problema.
“… allora mi chiami tu per fissare il prossimo appuntamento?” – le chiese Harry.
La riccia guardò Draco di striscio. Beh, dopo il loro alterco, dubitava seriamente che avrebbe lavorato ancora per quell’azienda. Arrossì di botto quando vide il suo capo annuire, dandole così il consenso di organizzare quella faccenda.
Non la licenziava, allora?
“Sì, ti chiamo io. Hai cambiato il cellulare per caso?”
“No, sempre quello.” – le confermò.
“Perfetto.”
“Hermione, più cose riuscirai a fare e meglio sarà per il prossimo controllo.” – fu la velata minaccia che era indirizzata più a Draco che alla ragazza.
“Tranquillo.” – lo rassicurò.
“Bene. In tal caso, arrivederci.”
“Ciao Harry e grazie!” – urlò Hermione.
“Sei in debito!”
La riccia rise. Era contenta che Harry non se la fosse presa per quella richiesta di aiuto.
Rimasero Hermione, Roger e Draco.
“Era di questo che dovevate parlarmi ieri sera?” – chiese Draco, duro.
Roger si sentì in colpa per non aver dato subito retta a Hermione.
“Mi dispiace Draco. E’ colpa mia.” – si accusò Roger. – “Hermione voleva parlartene ieri, ma gliel’ho impedito, perché credevo che le sue fossero solo parole.”
“Oggi abbiamo rischiato grosso.” – disse Draco. – “Un’altra volta e vi ritrovate a piedi con il lavoro. Hermione, quando avrà finito qui, l’aspetto nel mio ufficio.” – disse Draco.
Entrambi aspettarono che se ne andasse prima di crollare a terra.
“Cazzo che giornata…” – fu l’aulico commento di Hermione.
“Beh, almeno sappiamo cosa c’è da fare. Ma dimmi una cosa… Draco ce l’ha con te?”
“Perché? Si vede tanto?” – chiese.
“Oddio… abbastanza.” – scherzò l’uomo. – “Dai, tu vai pure. Finisco io di sistemare qui.”
“Sì, grazie. A domani allora.”
“Ciao Hermione. Grazie di tutto.”


Hermione Granger aveva spedito il suo curriculum alla Malfoy Home perché ne sentiva parlare in continuazione. Sui giornali leggeva di come questo o quell’altro vip avesse rifatto casa con arredamenti esclusivi di quest’azienda e di come persone comuni, persone che non avevano questi grandi redditi – persone come lei, insomma – facessero economia per poter avere qualcosa della Malfoy Home.

Così, un giorno, aveva aperto il suo pc e aveva cercato in rete quest’azienda.
Il sito era stato fatto, evidentemente, da persone esperte nel settore, perché solo a vedere la foto della facciata dell’azienda, veniva voglia di farvi parte, anche come solo addetto delle pulizie.

Aveva spulciato nei vari menu a tendina, documentandosi sulla sua storia e, per come poteva, sui suoi proprietari che, in rete, mettevano ovviamente informazioni di dominio pubblico – di certo, non l’indirizzo di casa.
Con stupore, aveva notato che nel menu dei Contatti, c’era una sezione dedicata ai bandi di concorso e lei era incappata proprio in quello dove si cercava una centralinista e che, se in possesso dei requisiti giusti, avrebbe potuto avere un avanzamento di carriera.

Incuriosita, spedì il proprio curriculum all’indirizzo generale e aspettò ben due settimane prima di essere contattata. A chiamarla, per fissarle un appuntamento con il signor Malfoy, era stata proprio Michelle.

Si era presentata al colloquio con il suo abito migliore e armata delle più sincere intenzioni di poter diventare parte integrante di quel processo così imponente che portava il nome di Malfoy Home.

A scuola aveva subito dimostrato una particolare attitudine con le lingue straniere. Durante l’ultimo anno di scuola, i suoi professori avevano parlato con lei e con i suoi genitori per indirizzarla verso un istituto di stampo linguistico. Le veniva naturale e più le lingue erano complicate, più lei si elettrizzava, mentre vedeva i suoi compagni demoralizzarsi perché non riuscivano a venire a capo di quella o quell’altra regola grammaticale.
Così era uscita che conosceva il tedesco, lo spagnolo, il portoghese, il minimo indispensabile di arabo e un arrangiato russo.

Aveva impressionato positivamente il signor Malfoy che, qualsiasi cosa le chiedesse, trovava sempre una risposta sintetica ma chiara, un requisito che lui giudicava importante.
L’aveva messa a suo agio perché anche Draco, quando suo padre l’aveva portato per la prima volta in azienda per mostrargli ciò che un giorno sarebbe stato suo, era rimasto colpito dalla struttura e dalla freneticità della vita al suo interno. Si era fatto portare un paio di caffè, per rendere più piacevole quel colloquio e, una volta terminato, la liquidò come aveva fatto con gli altri.
Ma con un particolare in più.

“Bene signorina Granger, è stato un piacere conoscerla.”
“Piacere mio signor Malfoy.”
“In caso fosse la persona giusta per noi le faremo sapere.”
“Certo, la ringrazio.”
“Io comunque aspetterei ad accettare altre proposte di lavoro.”

Così aveva detto e, infatti, un paio di giorni dopo – il tempo per i suoi tirapiedi di stilare il contratto di lavoro – Michelle la ricontattò comunicandole che “La Malfoy Home avrebbe piacere di iniziare un rapporto lavorativo con lei.”
Aveva saltato come una cavalletta per mezz’ora…
Firmò il suo contratto di lavoro come inizio centralinista, vergando il foglio con la sua miglior calligrafia.

Erano due anni che si trovava in quella postazione ma non si era mai lamentata.
Se a rispondere si trovava una persona educata e preparata era più facile essere invogliati a richiamare o, addirittura, a passare per fare due chiacchiere con il titolare e lei così si era mantenuta: professionale, simpatica entro i limiti del decoro e disponibile nell’aiutare chi la contattava, a risolvere i loro problemi.

Poi, la svolta.
In peggio.
In qualche modo a lei ancora sconosciuto, era riuscita a inimicarsi la fidanzata del capo, che non si risparmiava dal trattarla come una pezza da piedi in qualsiasi occasione.
Certo, aveva fatto carriera, se così si poteva definire il suo trasferimento in magazzino ma non si lamentava. Non lo faceva quasi mai.


Quella veloce carrellata di ricordi ebbe una fine.
Bussò e prima di entrare prese un enorme respiro.
Nel salire le scale per raggiungere l’ufficio di Draco – non l’aveva mai visto così tante volte come in quei giorni – Hermione si disse che avrebbe portato le proprie convinzioni fino alla fine, anche a costo del posto di lavoro ma si sarebbe scusata per avergli detto di essere un incapace che non sa scegliersi i collaboratori.
Anche se lo pensava sul serio, avrebbe dovuto tenere per sé quel commento.

“Permesso.” – quando entrò, notò con sollievo che la Parkinson non era presente.
“Si sieda.” – disse Draco, brusco.
Hermione, silenziosa, obbedì. Lo vide trafficare con alcuni documenti nella sua cassaforte, chiuderla con gesti secchi e girarsi.
Aspettò il verdetto finale.
“Parliamoci chiaro.” – esordì Draco, che aveva deciso di puntare sulla linea dura. – “Un altro commento come quello sulla mia scelta dei miei collaboratori e la siluro.”
Più chiaro di così.
“Era mia intenzione scusarmi per quello che avevo detto in proposito.” – disse la donna, pacatamente.
Draco sollevò le sopracciglia, in un muto invito ad ampliare le sue scuse.
“Non volevo offenderla in alcun modo ma… anche se so che non è una giustificazione, ero molto arrabbiata in quel momento. Le faccio le mie scuse.”
“Scuse accettate.” – concesse Draco, conscio che la rabbia facesse straparlare.
Capitava anche a lui, di tanto in tanto.
“Altro punto.” – continuò il biondo. – “Prima di prendere iniziative sul consultare Internet in merito alla Sicurezza sul Lavoro, la pregherei di rivolgersi alla signorina Parkinson.”
Draco non seppe come riuscì a trattenersi dal scoppiarle a ridere in faccia. A quelle parole – bestemmie, a detta di Hermione – la ragazza aveva sbarrato gli occhi, probabilmente terrorizzata-barra-indignata per quella proposta-barra-ordine.
“Beh, non si preoccupi.” – disse Hermione, con le guance chiazzate di rosso per quella che lei riteneva essere un’umiliazione bella e buona. – “Non c’è motivo di disturbare la signorina Parkinson. Ora Roger sa cosa deve fare e…”
“Terzo punto.”
Ma questi fanno mai finire la gente di parlare?, si chiese Hermione, indispettita.
“Come conosce il mondo della Sicurezza sul Lavoro e perché sul suo curriculum non c’è scritto niente in merito?”
Inizio a odiare quel cazzo di curriculum!, sbottò Hermione nella propria testa.
Ogni volta che entrava da Malfoy, quello aveva sempre in mano quel dannato pezzo di carta!
“Nel mio precedente lavoro…” – non specificò quale. – “… ero stata nominata rappresentante dei lavoratori.”
“E perché non lo ha scritto?”
“Per evitare di trovarmici ancora dentro.” – rispose con ovvietà.
Draco sospirò.
Per due anni aveva avuto sottomano una donna-camaleonte e non se ne era mai accorto!
“Non le piace il lavoro?”
“Troppa burocrazia.” – tagliò corto Hermione.
“La sua preparazione mi farebbe comodo, però.”
Hermione sbarrò gli occhi per la seconda volta e negò con la testa.
“Oh per favore no!” – lo supplicò.
Stavolta Draco non riuscì a trattenere un sorrisetto divertito. Riprese il controllo su di sé con un colpo di tosse.
“Mi dia una buona motivazione per non toglierla dal magazzino e affiancarla a Pansy.”
La sola prospettiva le aveva fatto sfrecciare davanti agli occhi la parola “licenziamento in tronco!!!”
“Perché siamo geneticamente incompatibili.” – confessò, conscia che quello non era un buon motivo per dire di no alla richiesta di un datore di lavoro.
“Potreste trovare il modo di andare d’accordo.” – propose Draco.

Non era certamente intenzionato ad affiancare a Pansy, Hermione, non era così idiota.
Voleva solo vedere fin dove la donna si sarebbe spinta per rifiutare un posto che aveva, certo, molte responsabilità ma anche un bello stipendio.

“Lo escludo.” – disse Hermione, convinta.
“Potrei obbligarla.”
“Potrei licenziami.” – disse Hermione, che non sapeva più che pesci pigliare.
Draco la studiò attentamente. Non aveva mai conosciuto una dipendente ostinata come lei.
“Davvero lei rinuncerebbe a un avanzamento di carriera e a un buon stipendio per delle incomprensioni?” – le chiese, quasi divertito.
Se le rispondeva di sì, avrebbe pagato da bere a un intero bar!
Hermione sollevò un sopracciglio scettica.
“Parla come se il magazzino fosse il gabinetto dell’inferno.” – si trattenne dal dire “cesso”.
“Non mi dica che le piace uscire la sera tutta sporca.”
“La casa in cui vivo ha la doccia incorporata, grazie.” – frecciò, stizzita.
“Non lo metto in dubbio ma…”
“Signor Malfoy, mi scusi… si può sapere perché mi ha fatta chiamare?”
Vero.
Stavano divagando.
Peccato: si stava divertendo.
“Giusto. Magari vorrà andare a casa a lavarsi.”
Hermione fece per rispondergli ma all’ultimo si accorse che quella del signor Malfoy era stata una semplice battuta.
“Niente, quello che avevo da dirle gliel’ho già detto.”
Hermione aveva il sedere a mezz’aria quando…
“Ma…”
E te pareva, disse rimettendo le chiappe sulla sedia.
“… per quanto discutibili siano state le sue parole di oggi, è giusto che io la ringrazi.”
Questa me la segno, pensò Hermione.
“Perchè?” – chiese, non riuscendo a trovare il motivo per cui lui dovesse ringraziarla.
“Per aver convinto il signor Potter a non farci chiudere.”
“Infatti, io non l’ho convinto. Ho solo ottenuto che il controllo di oggi non venisse verbalizzato e ho… Roger ha avuto due settimane di proroga per mettersi in pari con le carte e i corsi.”
“Lei tiene molto a Roger, ho visto.”
“So che qui dentro è un’istituzione.” – scherzò Hermione. – “E’ una brava persona e mi dispiacerebbe vederlo nei pasticci.”
“Per colpa di Pansy.” – aggiunse Draco, serio.
“Io non l’ho detto.” – rispose pronta, Hermione.
No, quella volta non avrebbe ceduto.
“Ma l’ha pensato.”
“Forse…” – disse, permettendosi di sorridere divertita e dandogli a intendere che sì, l’aveva davvero pensato. – “Ma è stato lei a dirlo.” – si difese, alzando le mani in segno di finta resa.
“Touché.”
“Posso andare?”
“Sì certo. Buona serata Hermione.”
“A lei signor Malfoy.”









Calli-corner:

Benvenute alla fine.
Come vi ho promesso, Hermione è un peperoncino, che non accetta di essere rimproverata per nulla. Si è sfogata per bene con Draco, rifacendosi un po’ della mala risposta che Pansy le aveva dato quel mattino sull’educazione che i suoi genitori non le avevano insegnato.

Ricorderete che nel predente “calli-corner” ho detto che Draco non delega niente a nessuno.
A nessuno, che non sia Pansy.
Tenete sempre presente, comunque, che di fronte a una “patata” l’uomo perde il lume della ragione e fa ciò che la seconda testa gli suggerisce.

Non ho particolari cose da spiegare, ma naturalmente se voi avete delle domande da farmi, potrete chiedere e io risponderò.

Spoiler!

“Posso parlare apertamente?” – chiese lei, trucidandolo con gli occhi.
“Perché? Fino a oggi cos’hai fatto?” – chiese, pesantemente ironico e riferendosi a tutte le volte che lei, con educata ironia, gli diceva le cose in faccia.
“Ce l’ha ancora con me per come ho risposto alla sua fidanzata?”
Vediamo che mi rispondi, stronzo…
“Sinceramente?”
“Se possibile…” – chiese lei con finta pazienza.
“Ebbene sì.”


Besitos!
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