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Autore: Laxity    27/09/2013    0 recensioni
Voi tutti conoscete il sinonimo di “amicizia”, giusto? Bene, è quello che volevo sapere. Adesso vi racconteremo una storia, incentrata sulla magia, l’amicizia, l’amore e la famiglia, forse vi starete chiedendo: ma chi sono le protagoniste? Ebbene, loro sono Martina Lupin, Luciana Black e il solito trio di grifoni, vale a dire, Hermiore, Ron e quello più importante di tutti: Harry Potter. Oltre loro, i due gemelli Weasley.
Martina, corvonero.
Luciana, tassorosso.
Fred, George, Harry, Hermione e Ron, grifondoro.
Che cosa accadrà? Chi dovranno andare a recuperare? E quale amore sboccerà? E cosa capiranno alcuni di loro?
________
Dal testo:
________
«Ehi, Lucy, dove vai?»
«Da Harry»
«Cosa devi fare? Adesso è tardi, presto ci sarà il coprifuoco!»
«Gli chiederò il mantello dell'invisibilità. Voglio andare via da qui e liberarlo da quell'orrido posto!»
«Non puoi farlo da sola. Hai bisogno di aiuto!»
Genere: Fantasy, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, George e Fred Weasley, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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[Martina Pov.]

«Papà! Luciana è già qui? Mi aiuti a cercarla?» dicevo, entusiasta all'idea di affrontare un lungo viaggio con lei, la mia migliore amica.
Avevo affrontato tutti i miei problemi con lei, e alle volte avrei tanto voluto dirle che ero un lupo mannaro, ma poi mi trovavo a pensare che era meglio di no, perché l'avrei messa in pericolo.
«Non serve. Guarda, è laggiù!» disse, indicando una ragazza dai capelli neri che aveva appena urlato il mio nome e quello di Harry.
«Forza, andiamo da lei!» disse subito mio “fratello”, o almeno, per tale lo avevo preso io, dato che ci conoscevamo da... sempre. I suoi genitori erano stati uccisi da Voldemort, e io e Luciana gli eravamo sempre stati vicino.
Corremmo velocemente verso Luciana, il quale abbracciò prima Harry e poi me, dopo andai a salutare lo zio.
In realtà era solo un vecchio amico di Remus, mio padre, ma per lui era molto importante, così lo divenne anche per me.
«Buongiorno, piccola!» disse, dandomi un abbraccio.
«Ciao, zio Sirius!» feci io, per poi dargli un bacio sulla guancia e tornare dagli altri, questa volta insieme allo zio.
Nel frattempo si erano avvicinati anche mamma e papà.
«Dovreste salire sul treno. Si sta facendo tardi» disse mia mamma, con una voce un po' spezzata dal dispiacere nel vedermi andare via.
Papà la abbracciò per consolarla, poi si staccò e si chinò verso di me. Mi diede un bacio e mi abbracciò per salutarmi. Lo stesso fece, dopo, mia mamma.
«..In realtà.. ho un po' paura» dissi, fissando il vuoto.
«Di cosa, tesoro mio?» chiese la mamma, preoccupata.
«Ho paura della strada che mi troverò a scegliere, di quello che farò, degli amici che mi farò, se me ne farò.. e specialmente..» dissi, per poi iniziare a sussurrare per non farmi sentire dagli altri: «Ho paura di trasformarmi in un mannaro... e di ferire qualcuno».
Vidi mio padre ricacciare le lacrime indietro, a quelle parole. Non avrei dovuto dirlo. Lui era triste di avermi fatto ereditare quella razza. La prossima volta avrei dovuto avere più tatto. Non voglio vederlo mai più sul punto di piangere.
«Sono sicura che sarai perfetta. E ti farai tanti amici. In fondo, chi non vuol fare amicizia con una così bella bambina come te? E se avrai bisogno del nostro aiuto, puoi mandarci un gufo.» mi  rassicurò mamma, dandomi un secondo abbraccio, mentre io sorridevo.
«Più precisamente, un barbagianni!» disse mio padre, tornando di nuovo a sorridere, mostrando un barbagianni in una gabbia.
«Quando lo hai preso?» chiesi, felice.
«Be'.. lo avevo già comprato, ma me lo sono fatto dare dal mercante quando sei andata da Luciana.» spiegò, mentre io lo abbracciavo e lo ringraziavo.
Decisi di chiamare Ermes quella splendida creatura. Ermes, come il messaggero degli dei. Lui sarebbe stato un messaggero speciale, che mi avrebbe permesso di continuare a sentire mamma e papà.
«Vi scriverò ogni giorno!» dissi, per poi abbracciare - per l'ennesima volta – entrambi.
Allo stesso modo salutai lo zio, per poi entrare nel treno in compagnia di Harry, il quale aveva anche lui salutato tutti, e Luciana.
Ci sedemmo tutti e tre e con noi vennero anche un certo Ron Weasley e Hermione Granger.
Ron era piuttosto buffo, ma anche molto simpatico. Invece, Hermione non mi stava molto simpatica: mi sembrava troppo vanitosa e un po' esibizionista. Ma non potevo giudicare, in fondo non la conoscevo ancora.

 Allo stesso  modo, quattro anni dopo, stavamo per andare nuovamente in treno.
Ma prima di raccontarvi del viaggio, non può mancare la mia figuraccia epica con Harry..
Lui è venuto ad abitare in casa Lupin. Ovviamente i Dursley non erano certo una buona compagnia, e la vita di Sirius era ancora frenetica, così si decise per venire da noi.
Ecco.. io sono sempre stata abituata a girare per casa in mutande, così, il giorno prima di partire, mi feci beccare da Harry mentre ero conciata in quel modo. Il bello è che all'inizio non me ne resi nemmeno conto.
«Harry, sei pronto? Non vedo l'ora di andare!» gli avevo detto.
«Io sì, sono pronto. Ma forse, tu dovresti metterti dei pantaloni, non credi?» disse quello, ridacchiando.
Mi guardai e divenni rossa. Presi un portacolori lì vicino e glielo spiaccicai in pieno volto, ordinandogli di uscire. Non potete immaginare che imbarazzo... per fortuna quel giorno avevo messo la maglietta. Alle volte non mettevo nemmeno quella.
Ad ogni modo, poi andammo in treno, come quattro anni prima.
Ron era arrivato singhiozzando di continuo, così noi non potemmo che ridere.
«Hai mangiato troppo in fretta?» chiese Hermione, ridendo.
«No.. George e F.. HIC! George e Fred mi hanno HIC fatto uno sch.. HIC! uno scherzo..» spiegò.
«Dolci singhiozzini, immagino» ne dedusse Harry, mentre quello - singhiozzando - fece cenno di sì con la testa.
«Chi sono George e Fred?» chiesi, dubbiosa.
«Non li hai mai conosciuti? Sul serio?» chiese Hermione. Ron stava evitando di parlare.
«In realtà non li conosco nemmeno io...» disse ridacchiando Luciana.
«Sono i fratelli di Ron. Sono gemelli» spiegò Harry, che intanto aveva volto lo sguardo al di fuori della vetrata che portava al “corridoio”, se così si poteva chiamare, del treno.
I due stavano passando proprio in quel momento.
«E magari li conoscerete adesso. George, Fred!» chiamò i due, che si girarono ed entrarono un momento.
«Dicci, Harry!»
«Non conoscete queste due ragazze, vero?» chiese, indicandoci.
«No, non le conosco. Tu le conosci, Fred?» rispose uno dei due gemelli.
«No, ma le conosceremo presto. E loro conosceranno noi» disse l'altro, ridacchiando. I due si scambiarono uno sguardo d'intesa e, dicendo che avevano da fare, si congedarono.
«..In che senso “loro conosceranno noi”?» chiesi, leggermente spaventata.
«Stanno HIC confabulando qual..HIC qualcosa» spiegò Ron, ridendo e singhiozzando nello stesso momento.
Poi, il treno partì, e noi passammo il viaggio a ridere, scherzare e parlare tra di noi.

 Non appena scendemmo dal treno ci ritrovammo davanti alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts: un posto stupendo che non avevo mai scordato, sin dalla prima volta che ci ero venuta.
D'altronde, come potevo dimenticare quell'edificio, dove avevo vissuto la magia con i miei amici e dove avevo trovato un'altra importantissima amica: Luna Lovegood, che non vedevo l'ora di rivedere.
«Buongiorno, Martina» disse la ragazza con la sua vocina.
«Luna!» urlai, abbracciandola.
Mi era mancata moltissimo. Lei era nella mia stessa casata, infatti l'avevo conosciuta quando, al primo anno, fui smistata tra i Corvonero.

 Appena entrati nel castello, Ron, Hermione ed Harry si diressero nelle loro sale comuni. Anche io e Luciana stavamo per farlo, ma poco prima di smuovere un passo vedemmo due caccabombe venir lanciate addosso a me e a Luciana, impregnandoci di puzza.
«Cosa diamine è successo?!» strillai, per poi annusare, quasi rovesciandomi.
«Che schifo, puzziamo di... cacca! Però, forte come scherzo!» continuai.
«..Ma puzziamo! Non è forte, per niente!» disse Luciana.
Sentimmo delle risate poco più avanti. Erano Fred e George.
«Ve lo dicevamo che ci saremmo fatti conoscere!»
«Be', direi che adesso potreste farvi conoscere anche voi» dissero, prima un gemello e poi l'altro.
«Volete stringere la mano a qualcuno che puzza di feccia?» dissi scherzosa ai due, i quali si scambiarono un'occhiata ripugnata.
«Be', le presentazioni a dopo, allora. Io devo andare a fare una doccia. Sapete, quest'odore non è il massimo..» dissi scherzosa, sotto lo sguardo stupito di Luciana. Di certo, ridere su ad uno scherzo del genere non era da tutti.
Poi, con un gesto della mano, mi congedai.
Attraversai le scalinate principali e diversi corridoi prima di arrivare al bagno. Esatto, mi ero smarrita.
Mi succedeva sempre, nonostante conoscessi quel luogo da ben quattro anni. Ma io non avevo mai avuto neppure il più lontano senso dell'orientamento.
Mentre camminavo, sentivo tutti lamentarsi per la puzza. Onestamente non potevo che ridere. Tanto non sapevano che ero io: la puzza era talmente forte che sembrava che fosse il luogo ad emanare quell'odoraccio, e non una persona.
Arrivata - finalmente - al bagno, mi feci una lunga doccia e appena finito mi diressi subito nella Sala Grande, dove i nuovi studenti sarebbero stati smistati.
Ciò mi portò a ricordare il momento in cui anch'io, quattro anni prima, venni smistata.

 Ero seduta vicino a Harry e Luciana. Tutti noi eravamo molto nervosi e venimmo smistati in casate totalmente diverse: Harry in Grifondoro, Luciana in Tassofrasso e io in Corvonero.
Ci saremmo parzialmente divisi, noi che eravamo abituati a stare sempre insieme. Eppure, quell'amicizia non si sarebbe mai rovinata. Ne ero profondamente sicura.
Non appena fui smistata mi sedetti al tavolo dei Corvonero, vicino ad una ragazza all'apparenza molto fine e dolce: Luna Lovegood, così si era presentata.

Il giorno dopo, le lezioni si aprirono con Difesa Contro le Arti Oscure. Quell'anno il professore era Malocchio Moody. Sembrerà strano da dire, ma l'anno scorso, invece, il professore era proprio mio padre. Stavo sempre sui libri per paura che volesse mettere alla prova sua figlia, cioè io..
Ad ogni modo, Moody disse che quel dì avrebbe spiegato i lupi mannari, e vedendomi irrigidire, disse: «Ma forse, la signorina Lupin sa spiegarcelo meglio».
Io rimasi in silenzio. Non volevo spiegare quel fatto che causò sofferenza a me, e specialmente a mio padre. Non volevo spiegare il mio, il suo dolore.
In quel momento, ebbi paura che tutti avessero capito che io fossi un mannaro.
«Perché io, professore?» chiesi, intimidita.
«Be', tuo padre è un mannaro, giusto?» disse lui, con leggerezza. Quasi gli sputavo in un occhio, ma volli evitare.
Rimasi in silenzio, convinta di non volerlo spiegare.
«Che c'è, Lupin? Tuo padre ti ha mangiato la lingua?» disse con malignità Draco.
Non nego che in quell'istante mi feci scappare una lacrima a causa di una sensazione mista a tristezza, angoscia ma specialmente ira.
Sbattendo le mani sul tavolo, mi alzai e gli urlai di stare zitto.
Mi avvicinai al suo posto e lo alzai per il colletto.
«Tu che cosa ne sai di mio padre?!» strillai.
«Lui non oserebbe mai sfiorarmi!» urlai ancora.
«I mannari non sono coscienti durante la trasformazione, o sbaglio?» disse lui, ridendo ancora.
«Proprio per questo, ogni volta che capisce che si avvicina la notte di luna piena, va lontano da casa!»
«E credo faccia bene. Sai, potrebbe morderti, e tu riceveresti la sua stessa maledizione» disse ancora. Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Gli sferrai un cazzotto in pieno volto, rapidamente, mentre tutti guardavano senza sapere che fare.
Il professor Moody, prima che gliene sferrassi un altro mi fermò e mi trascinò via, ordinandomi di uscire. Mi liberai bruscamente della presa del professore, e guardando Malfoy minacciosamente, mi allontanai dall'aula. Andai nella mia sala comune, e mi rinchiusi lì a piangere..

{Luciana pov}

Mi guardavo intorno, dovevo trovare i miei cugini, ero tremendamente nervosa, e solo Harry e Martina potevano calmarmi. 
«Dove sono? Papà dove sono!»
«Calmati piccola, stanno arrivando non preoccuparti».
Annuì, ma non ero del tutto sicura, mio padre era la mia unica famiglia, assieme ai Lupin, e a Harry, figlio di un altro amico di mio padre; deceduto per mano di voi sapete chi, non che mi faccia paura pronunciare il suo nome, ma mio padre non vuole, dice che gli rievoca brutti ricordi, per questo non voglio pronunciare il suo nome. 
Non vedevo alcun volto conosciuto, anzi, le uniche persone che vedevo, era una famiglia composta da membri con i capelli rossi, e gli occhi verdi…e incredibilmente numerosa. 
In un quel frangente, vidi la zazzera nera di Harry, e i lunghi capelli di Martina, due dei miei migliori amici, lasciai subito la borsa a mio padre, per correre tra le braccia dei miei cugini; il primo che mi accolse fu Harry, non siamo realmente cugini, i suoi genitori e mio padre erano amici d’infanzia, e per colpa del signore oscuro, Harry divenne orfano, e mandato a vivere con i suoi zii, i Dursley, gente molto perfida con Harry, lo trattavano come se fosse un rifiuto della natura, una creatura formata dal demonio, un mostro per l’esattezza.
Mentre io ero in cerca di coccole da parte di Harry, Martina si era avvicinata a mio padre, il quale la guardava con un dolce sorriso; mio padre adorava sia Harry, sia Martina, li considerava dei figli, soprattutto Harry, poiché lui è il suo figlioccio. 
«Buongiorno, piccola!» disse mio padre abbracciando la mia migliore amica, mentre io mi crogiolavo tra le braccia del mio bellissimo, e unico, cugino. 
«Ciao, zio Sirius» fece lei schioccando un bacio sulla guancia barbuta di mio padre, mi staccai da Harry, e mi avvicinai a mio zio Remus, lo guardai con gli occhioni da cucciola in cerca di affetto; lui ridacchiò e aprì istintivamente le braccia, e senza ripetermelo due volte: mi ci tuffai dentro. 
Zio Remus e Martina sono uguali, fatti con lo stesso stampino, l’unica parte che li differenzia è la barbetta di zio Remus, e il suo forte odore muschiato.
«Sbaglio o ti sei fatta più alta?» disse zio Remus, mettendomi una mano sulla nuca, scossi la testa sorridendo, mentre mi staccavo da lui, per abbracciare anche zia Dora. 
«Ti sbagli, Remus, mia figlia è una nana e lo rimarrà per sempre» disse scherzoso, mio padre, mentre scompigliava i capelli a Harry.
«Ah, ah, spiritoso papà! Sei davvero divertente» tutti ridacchiarono, mentre io controllavo Noir nella sua gabbia, un gatto spelacchiato, di colore nero con una macchia rossa sulla zampa destra posteriore. 
«Dovreste salire sul treno. Si sta facendo tardi» disse zia Dora, con voce incredibilmente malinconica, mentre veniva abbracciata dallo zio, per consolarla. 
Improvvisamente, il mio cuore si fermò, e istintivamente, guardai mio padre, il quale mi guardava anche lui con uno strano sorriso malinconico, subito mi rituffai per l’ultima volta tra le sue braccia, mentre zio Remus e Martina parlavano; avevo paura, non volevo lasciare mio padre da solo. 
«Coraggio piccola, devi andare…»
«Papà…» dissi alzando il mio sguardo verso i suoi occhi, che mi guardavano con dolcezza, come quando ero piccola e cercavo di aiutarlo a cucinare e, invece, combinavo un pasticcio sporcandomi sempre la testa di farina. 
«Andrà tutto bene, ricorda: Non è la casa a fare il mago, ma è il mago a fare la casa».
«E se non piacessi a nessuno?»
«Non accadrà mai, sei una dolce e pepata ragazzina, e in più...sei una Black, e sei mia figlia, andrà tutto bene» disse regalandomi un ultimo bacio sulla guancia, mentre Harry e Martina mi prendevano per mano, per andare prendere posto sul treno. 
Ero l’ultima a salire, mi guardai di nuovo in dietro, e li vidi, la mia famiglia: mio padre, e i miei zii; la mia unica famiglia.
Prendemmo posto tutti insieme, in uno scomparto assieme a uno di quei ragazzi con i capelli rossi; si chiamava Ron, Ronald Weasley, mentre affianco a lui, c’era una ragazza dai capelli un po’ crespi, sembravano un cespuglio…si chiamava Hermione Granger. 
Ron era davvero buffo, era un po’ imbranato come me, ma nell’insieme era un ragazzo davvero simpatico, anche se forse, era un po’ troppo ingenuo; mentre Hermione, poteva essere simpatica se non fosse stata cosi saccente, e logorroica sul fatto di aver già letto quasi la metà dei libri di magia, e alcuni libri, sulla storia di Hogwarts.
Di sicuro qui non mi annoierò di certo. 

Eravamo tutti nella sala grande, tra poco avremo scoperto in che casata dovremo andare, io sarei stata una delle ultime, chissà perché qui, non usavano chiamare le persone in ordine alfabetico, che strane persone i maghi.
«Ronald Weasley!» disse la professoressa McGranitt, Ron si sedette e subito, la professoressa gli mise il capello magico in testa.
«Ah, un altro Weasley! Di sicuro Grifondoro!» disse il capello, mentre Ron correva dai Grifondoro, toccava a Hermione adesso, dopo saremo andati io, Martina e per infine, Harry. 
«Hermione Granger!»
«Ah, Grifondoro!» tuonò di nuovo il capello parlante, mentre Hermione raggiungeva Ron al tavolo; adesso era il mio turno.
«Luciana Black!» feci un respiro profondo e lasciai la mano di Martina, dire che ero nervosa, era un complimento; la parola “nervosa” non rispecchiava a pieno il mio stato d’animo, ero in ansia, terrorizzata, non sapevo che fare. 
Feci un secondo respiro, più profondo del precedente, mentre mi sedevo sullo sgabello in legno, e tutta la sala grande mi osservava. 
«Mh, la scelta è difficile, coraggiosa come un Grifondoro, creativa come un corvonero, ma credo che sia…Tassorosso!» disse il capello, e in quel momento mi congelai, mentre guardavo i miei cugini. 
E adesso?
Mi avviai al mio tavolo, mentre era il turno di Martina, incrociai le dita per lei. 
«Martina Lupin!» la mia amica salì sul piccolo palco, e con grazia si sedette sullo sgabello, vidi che anche lei fece un grosso respiro, mentre con la coda nell’occhio guardava me e Harry.
«Senza dubbio, Corvonero!».
Harry le prese la mano di sfuggita, mentre si avvicinava anche lui al palco, lui sembrava rilassato, ma lo vedevo dai suoi occhi: anche lui era nervoso, di sicuro, non avrebbe mai voluto diventare serpeverde, da quando quel Draco Malfoy, trattò male Ron; Harry non avrebbe mai accettato di andare in una casata così. 
«Harry Potter»
«Mh, interessante, da quel che vedo, tu non vuoi diventare Serpeverde, come mai? Avresti molte opportunità se entrassi in quella casa…» disse il capello, ma vedevo Harry, scuotere la testa e sibilare un “no”, secco. 
«Come preferisci, allora…Grifondoro!» tuonò il capello, e un’oasi di urli e schiamazzi provenne dai grifoni, mentre Harry si sedeva vicino a Ron ed Hermione, ma potei notare il suo sguardo; si era posato su di me e su Marty. 
Eravamo separarti, per la prima volta nella nostra vita, non avremmo vissuto assieme. 


«Mi raccomando ragazzi, non cacciatevi nei guai!» disse zia Dora, mentre sistemava i capelli a Martina, mentre Molly Weasley, la madre di Ron, sistemava la mia felpa; mio padre e zio Remus ci guardavano sogghignando per lo strano spettacolino che stavamo regalando a tutti, mia zia e Molly ci regalavano un po’ troppe attenzioni, come ad Hermione del resto; mentre ai ragazzi nulla, non li pensavano di striscio, non gli dicevano di acconciarsi; o di sistemarsi almeno i capelli, ma nulla, loro erano “liberi” in questo senso. 
«Molly, se continui così, mi sgualcisci la figlia» disse mio padre, mentre Molly sbuffava sonoramente, e iniziò a torturare la piccola Ginny. 
Guardai mio padre, e gli sussurrai un “grazie”, mi aveva salvato, tra poco saremo saliti per la…quarta volta? Sul treno che portava a Hogwarts, il primo anno fu difficile ad abituarsi a tutto, ma alla fine, nel giro di poco tempo avevo fatto amicizia con tutti, sia della mia casa, che nelle altre, eccetto, serpeverde; non riuscivo a sopportarli, erano incredibilmente razzisti e discriminatori, contro chi non era un sangue puro, o un ricco e spocchioso come loro. 
Salimmo di nuovo sul treno, sempre nello stesso vagone, io mi ero messa vicino al finestrino così da vedere il panorama, mentre di fronte a me c’era Martina, affianco Ron e Hermione, e Harry al fianco della mia bella cuginetta. 
Ron singhiozzava di continuo, e mentre lui soffriva, noi ridevamo per le smorfie che creava, ogni volta che un nuovo singhiozzo arrivava. 
«Hai mangiato troppo in fretta?» chiese Hermione ridacchiando, devo dire che con il passar del tempo, Herm era cambiata un bel po’, certo era ancora saccente, ma non era più logorroica e vanitosa come al primo anno; mi unii a lei, mentre il povero Ron si stava pian, piano si disperando. 

«No…George e F…Hic! George e Fred mi hanno Hic fatto uno sch…Hic! Uno scherzo» spiegò lui, mentre io mi scervellavo, chi diavolo erano Fred e George? 
«Dolci singhiozzini, immagino» ne dedusse Harry, mentre il povero Ron, singhiozzando, fece cenno di sì col capo. 
«Chi sono George e Fred?» chiese Martina, dubbiosa. 
Infondo, non aveva tutti i torti, non li conoscevamo, eppure noi sapevamo tutti gli amici di Harry, Ron ed Hermione, è mai possibile che non li abbiamo mai visti prima d’ora?
«Non li hai mai conosciuti? Sul serio?» chiese ancora Harry, mentre Ron si asteneva dal parlare. 
«In realtà non li conosco nemmeno io…» dissi ridacchiando nervosamente, non so il perché, ma mi era ancora un po’ difficile aprirmi del tutto con Ron e Herm, forse perché non li conosco così bene come Harry…chissà. 
«Sono i fratelli di Ron, sono gemelli» spiegò Harry, che intanto volse il suo sguardo fuori, verso il finestrino, e mentre lui vide il corridoio del treno. 
Ron mi toccò la spalla, mi girai e vidi due zazzere rosse uguali, identiche, che passavano proprio in quel momento il corridoio del treno. 
Harry ci guardò con un sorrisino che non mi piacque molto, lo conoscevo bene, era come se…sapesse cose che noi non avremo mai potuto lontanamente immaginare. 
«E magari li conoscerete adesso. Fred, George!» chiamò i due, che si girarono per guardarci, uno dei due, non so chi, ma azzardo, ad indovinare, credo fosse George, fece scorrere la piccola porticina del nostro scompartimento ed entrarono, sembravano “Pinco panco” e “Panco pinco” di “Alice e il paese delle meraviglie”, uguali. 
«Dicci, Harry»
«Non conoscete queste due ragazze, vero?» chiese, indicandoci.
«No, non le conosciamo. Tu le conosci, Fred?» chiese quello che si era rivelato essere George. 
«No, ma le conosceremo presto. E loro conosceranno noi» disse l’altro scambiando con il gemello, uno sguardo d’intesa, e senza dire altro, si congedarono davanti ai nostri occhi. 
«…In che senso “loro conosceranno noi”?» chiese Martina, leggermente spaventata, mentre io incrociavo le braccia al petto.
Eh, sì. Quei due erano proprio “Pinco panco” e “Panco pinco” di Hogwarts, non c’è nulla da fare. 
«Stanno Hic confabulando qual…Hic! Qualcosa » spiegò Ron ridendo e sghignazzando nello stesso momento, che stesse ridendo di noi? 
In quel preciso momento, il treno partì, alla fine mi rilassai, passando il resto del viaggio a ridere, a scherzare, e schiacciare qualche piccolo sonnellino qua e là.

Non appena scendemmo, arrivammo a Hogwarts, la nostra amata scuola, amavo quel castello in stile gotico, era così bello e intriso di storia magica, il luogo perfetto per studiare la magia. 
In questi anni, ne abbiamo passati di momenti tra queste mura, qui ho conosciuto tanti amici, e ho imparato a padroneggiare la mia magia, anche se l’unica materia che non riesco proprio a subire: è pozione, credo che Piton odi tutti gli alunni che non siano serpeverdi; d'altronde, lui toglie ogni volta punti a ogni casa solo per un semplice “Ah”, quindi non c’è da stupirsi. 
Appena arrivammo all’entrata della scuola, schioccai un bacio a tutti, fiondandomi poi verso la mia casa, avevo una voglia matta di rivedere i miei amici, soprattutto Cedric Diggory, uno dei miei amici più fidati, è di tre anni più grande, infatti tra poco si diplomerà, lasciandomi “sola”, nel quartier generale dei tassorosso; corro verso l’entrata e inizio a suonare quella maledetta botte, sperando di non essermi sbagliata, di nuovo, non voglio ritrovarmi sommersa di aceto, già dal primo giorno; e con mia grande felicità, la porta si aprì.
Appena entrai, riconobbi subito il quadro della nostra fondatrice, che con un gesto del capo mi salutò, e davanti al fuoco, vidi una zazzera riccia con i capelli ramati.
«Cedric!» urlai, mentre lui si voltava per accogliermi tra le sue braccia. 
«Ehi, piccoletta! Ma non cresci mai tu, eh?» disse scherzando, mentre controllava con la mano a che altezza gli arrivavo, e come al solito, neppure al mento arrivavo. 
Gli diedi uno schiaffetto giocoso sul braccio, mentre lui fingeva che gli avesse fatto male, questo era il nostro rapporto: giocoso, come due fratelli. 
«Torniamo fuori? Devo vedere Cho» disse Cedric con occhi sognanti, mentre un conato di vomito mi pervase, Cho era la ragazza di Cedric da almeno tre anni, sia amavano follemente, anche se era una piagnucolona di prima categoria.
Ritornammo all’entrata, dove c’erano Martina e Luna abbracciate, corsi ad unirmi anch’io in quell’abbraccio, adoravo Luna era una persona fantastica.
«Luna!» lei ridacchiò, mentre si aggiustava i capelli color cenere. 
«Ciao Luciana» disse, per poi schioccarci un bacio, e volatilizzarsi, dove? Non ne avevo idea. 
Ci riunimmo, e mentre Harry, Ron ed Hermione andavano nella loro casa a disfare i bagagli, io accompagnavo Martina da lei, per poi tornare nella mia sala comune a scherzare con gli altri.
Poco prima di fare anche un passo, due caccabombe, c’investirono, impregnandoci di quell’odore fetido. 
Santa Tosca Tassorosso, che puzza! Che schifo! 
«Cosa diamine è successo?» strillò Martina, perforandomi un timpano. 
«Che schifo, puzziamo di…cacca! Però forte come scherzo» continuò lei, la guardai stralunata, forte? Assolutamente no!
«…Ma puzziamo! Non è forte, per niente!» affermai, alzando di otto tacche la mia voce, se prima ero radiosa, adesso sono furiosa; al diavolo quello che dicono sui tassirossi, sul fatto che siamo calmi e pazienti, adesso sono tutt’altro che calma e paziente, se scopro chi ha fatto questo…
Sentimmo delle risate poco più avanti. Erano Fred e George. 
«Ve lo dicevamo che ci saremo conosciuti»
«Voi due…Io vi strangolo!» urlai, estraendo fuori la mia bacchetta, ma non avevo fatto i conti con il pavimento “umido”, per così dire. Caddi rumorosamente, mentre i due Weasley si scompisciavano dalle risate. 
Mi voltai diritto verso Martina, nessuno osava prendere in giro una Lupin e una Black. 
«Marty…»
«Mh?»
«Facciamogliela pagare a Pinco panco, e Panco pinco!» dissi, mentre cercavo di rialzarmi. Qui due non l’avrebbero passata liscia. 

Il giorno dopo, avevo ancora quella maledetta puzza di cacca, intrisa tra le narici, non volevo uscire oggi, ma Cedric, mi ha convinto a partecipare, non potevo saltare il primo giorno di scuola. 
Arrivo davanti alla classe di Difesa delle arti oscure, una bella materia, anche se la mia preferita è divinazione. 
Quest’anno il professore è Malocchio Moody, sinceramente, io non sopporto quell’uomo, ma infondo, anche lui mi odia; mentre l’anno scorso, il vecchio professore mi piaceva di più: ovvio, il vecchio professore era zio Remus, anche se mi riprendeva di continuo, poiché mi distraevo a leggere alcune annotazioni.
Oggi, il professor Moody, disse con quella sua voce fastidiosa (capitemi, io non lo sopporto!), che avrebbe parlato dei…lupi mannari.
Immediatamente mi voltai verso Martina, zio Remus era un licantropo, Harry ed io lo sapevamo; la vidi irrigidirsi, e anche il professore se ne accorse. 
«Ma forse, la signorina Lupin sa spiegarlo meglio…» disse lui, mentre Martina rimaneva in silenzio; sapevo quanto le facesse male quella situazione, mi alzai di scatto, facendo voltare il professore. 
«Mi scusi professore, ma non credo che sia consono chiedere alla signorina Lupin, cose che non abbiamo ancora studiato» il professore volse il suo sguardo verso di me, solo la grande Tosca, poteva immaginare quanto io potessi odiare un uomo così. 
«Black, non credo di averla chiamata, io l’ho chiesto alla signorina Lupin, non a lei».
«Professore…»
«Siediti, altrimenti toglierò cinque punti a tassorosso» disse lui, inghiottii il boccone amaro, e mi sedetti. 
Mi girai di nuovo verso la classe, e ebbi la sensazione che, oramai, tutti guardassero in uno strano modo a Martina, come se fosse…compatita; strinsi i denti, altrimenti gli avrei regalato dei bellissimi complimenti babbani, a quel maledetto professore. 
«Perché proprio io, professore?» chiese Martina, un po’ intimidita da tutto questo. 
«Be’ tuo padre è un lupo mannaro, giusto?» disse con estrema leggerezza, avrei tanto voluto un coltello in quel momento, cosi glielo avrei ficcato nell’occhio. 
L’ho già detto che ti odio? Maledetto figlio di…Santa Tosca con il calice bucato, qualcuno lo uccida. Adesso. 
«Che c’è, Lupin? Tuo padre ti ha mangiato la lingua?» disse con malignità, Draco Malfoy, serpeverde, e sfortunatamente per me, è mio cugino, alla lontana, ma è pur sempre un mio parente; anche se non lo considero tale. 
Guardai il viso di Martina, e una lacrima le rigava la guancia, al diavolo tutto quello che mio padre ha detto, mi vuole buona? Bene, vedrà che regalo farò all’umanità, in questo momento. 
Mia cugina si alzò, mentre andava con passo a dir poco furioso, e prese per il colletto quella sporca serpe. 
«Tu che cosa ne sai di mio padre?!»
«Lui non oserebbe mai sfiorarmi!» urlò ancora lei, mentre la classe rimaneva in silenzio. 
«I mannari non sono coscienti durante la trasformazione, o sbaglio?» disse lui ridendo ancora sguaiatamente, mentre noi rimanevamo ancora una volta in silenzio.
«Proprio per questo, ogni volta che capisce che si avvicina la notte di luna piena, va lontano da casa!»
«E credo faccia bene. Sai, potrebbe morderti, e tu riceveresti la sua stessa maledizione» disse ancora, e in quel momento, come una molla, mi alzai. 
E vidi tutto come se fosse al rallentatore, Martina gli sferrò un cazzotto diritto in faccia, sul naso.
Cercai di avvicinarmi a lei, ma il professor Moody, prima ancora che Martina gli sferrasse un altro pugno, la prese e la portò con sé, chiudendo la porta, mentre guardava Malfoy in maniera minacciosa; il professore si congedò un attimo, e tuta la classe rimase in silenzio, con me al centro della stanza. 
«TU!» urlai, avvicinandomi a grandi passi vero il baco di quel maledetto; scaraventai tutto a terra, i suoi libri, la bacchetta, nulla rimase davanti a lui. 
«Come ti sei permesso di parlare male di mio zio?! Brutto figlio di mangiamorte! Razza di bastardo con la criniera, come ti sei permesso!» urlai, prendendolo anch’io per il colletto, e facendolo alzare, potevo dire che lo stavo strozzando da come lo tenevo.
«Giù le mani da dosso, reietta della famiglia! Tu e tuo padre, siete feccia, tanto quanto quella figlia di lupo!» 
«Meglio essere una reietta nella tua schifosa famiglia purosangue, più tosto che essere un bamboccio al quale gli fa male il cavallo!» lui mi guardò come per capire cosa centrasse, e senza dargli neppure il tempo di ragionare, gli sferrai una ginocchiata diritto nel cavallo dei suoi pantaloni, più forte che potevo, volevo evitare che da lui, potessero nascere altre amebe purosangue. 
Cadde davanti a tutti, facendo un urletto degno di una donna, sfoderai la bacchetta.
«Catene!» urlai, e delle catene presero i polsi e le caviglie di Draco, imprigionandolo a terra, facevo muovere la mia bacchetta sotto il suo naso, con un sorriso degno del suo nome, cioè: incredibilmente sadico. 
«Mh, chissà se a zia piacerai dopo questo…Melofros!» urlai, tramutando la sua testa in quella in una zucca bella matura, certo, potevo trasformarlo in un furetto, o in una papera di gomma, ma credo che così, il mio bel cuginetto di sangue, non sia mai stato più stupendo di così. 
E in quel momento, entrò il professore, guardò prima me, e poi Draco – zucca, e con la vena sul collo che pulsava, m’indicò la porta. 
«Black, esca fuori di qui. Adesso! Nell’ufficio di Silente!» alzai la mano a saluto militare e mi congedai. 
«A domani, prof!» dissi chiudendo definitivamente la porta, e un’ondata di risate la pervase, eh sì. È iniziato un nuovo anno a Hogwarts. 
Non sarei andata da Silente, oramai, il preside era abituato ai miei continui sbalzi di umori, sarei andata a cercare Martina, a costo di andare anche nella torre di corvonero: volevo consolare la mia amica.
  
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