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Autore: Lelaiah    28/09/2013    0 recensioni
Ethelyn è figlia del Vento, ma ha i capelli di fiamma.
Drew vive in un villaggio di minatori, in compagnia del suo fidato amico Blaking.
Simar e Kiron sono gli eredi al trono di un Regno celato da una misteriosa e potente foresta.
Nive è stata abbandonata e si guadagna da vivere facendo la danzatrice.
Zahira è a capo del proprio villaggio, ma è rimasta sola.
Gizah ha la capacità di trasformarsi in un centauro grazie all'eredità paterna.
Infine Roving è l'ultimogenito dell'antica casata dei Kite, indomito come il simbolo della propria famiglia.
Tutti loro sono attesi al varco e si ritroveranno a viaggiare per lunghi chilometri nel disperato tentativo di impedire la morte di uno dei Veglianti, i grandi lupi elementali. Non dovranno temere le ombre perchè è in esse che si cela il loro nemico.
Nessuno di loro è nato per diventare un eroe, ma voi siete disposti ad accompagnarli in questo viaggio?
Qualsiasi sia la vostra risposta, vi do comunque il benvenuto a Suran!
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap. 36 Di nuovo insieme
Solo una settimana di lezioni e sono già mezza andata o.o poveri noi!
Spero che il rientro a scuola non sia stato così traumatico per voi :) Come ho scritto nelle NdA, la frequenza degli aggiornamenti calerà visibilmente, ma prometto che pubblicherò non appena avrò un capitolo pronto.
Per ora vi lascio alla lettura di questo. Vi avverto: ci saranno alcune piccole, grandi rivelazioni.





Cap. 36 Di nuovo insieme


  Mentre attraversava di corsa il sentiero di pietre non osava credere ai propri occhi.
Non osava sperare che quell’incubo fosse finalmente finito.
Sembrava impossibile.
Sentì lacrime di gioia far capolino, ma le ricacciò ostinatamente indietro. Non poteva piangere, non era il momento.
  Dietro di sé sentiva agitarsi l’intero villaggio e, più vicini, i nuovi arrivati.
Era certo di aver scorto un’espressione di sconcerto sul muso dell’Ippogrifo. Era senza parole, sì, ma sembrava sapere qualcosa che a lui non era dato conoscere.
Ignorò quei pensieri, balzando agilmente sul piccolo fazzoletto di terra.
-Kiraliaji!- si inginocchiò accanto a quel piccolo corpo, l’umidità depositatasi sull’erba gli impregnò i pantaloni. Con mano tremante la voltò supina e trattenne il fiato. –Kiraliaji… sorellina.- addolcì il tono.
Si morse il labbro inferiore, indeciso se sfiorarla o meno. Sembrava così pallida e non accennava a muoversi.
Preso dal panico l’afferrò saldamente e la trasse a sé, affondando il viso tra i suoi capelli castano ramati.
-Kiraliaji, parlami ti prego!- la supplicò. Non poteva essere morta, non dopo tutti quegli anni passati divisi. “Apri gli occhi!”, pensò, aumentando la stretta sul suo corpicino inerte.
Sapeva di essere osservato, ma non gli importava. Potevano anche guardare, ma non avrebbero potuto partecipare al suo dolore.
Richiamò il potere della Terra, tentando di scaldare quelle membra così fredde. La calda luce dorata che emanò dal palmo della sua mano tremò per qualche istante e scomparve, come non fosse mai esistita.
Spalancò gli occhi, confuso. “Perché non funziona?”, si chiese. Che l’incantesimo evocato da sua padre fosse ancora attivo?
  Alle sue spalle, i presenti si scambiarono occhiate nervose.
Erano consapevoli del fatto che non avrebbero dovuto assistere a quello spettacolo, ma per loro era stato impossibile non seguire Orphen. Soprattutto per Blaking.
Avanzò timidamente, cercando le parole giuste.
Il Balhia dentro di lui sentiva una forte connessione con quella bambina e premeva per poter uscire allo scoperto. Tenere a bada un tale afflusso di potere iniziava ad essere difficile e dovette dar fondo a tutta la propria volontà per non trasformarsi seduta stante.
-Stai bene…?- gli chiese Drew, allarmato.
Aprì lentamente un occhio, respirando lentamente. –No. Il mio potere è attratto da quella bambina.- ammise, preoccupato.
L’amico fece per dire qualcosa, ma si rese conto di non avere nulla di sensato da offrirgli.
-Orphen. Ti prego… lascia che mi avvicini.- sussurrò il pennuto.
L’Elfo gli fece un cenno col capo, negandogli il suo consenso.
Inspirò a fondo l’odore familiare della pelle della piccola ed affondò le mani tra i suoi capelli, dando finalmente sfogo alle lacrime.
Non di gioia, ma di amarezza.
  Delusione.
Blaking, però, non si diede per vinto. O meglio, la sua parte leggendaria non lo fece.
Si avvicinò ancora di qualche passo ed avvertì stabilirsi una connessione con la piccola Elfa. Il suo potere si stabilizzò sulla stessa frequenza di quello dell’Ippogrifo.
Improvvisamente quel corpo inerte prese a brillare, pulsando come una lucciola nelle notti estive.

  Un insolito lucore investì tutti quanti, morbido come seta.
Sollevarono il capo, cercando di capire se provenisse dalla luna o da qualche altra fonte. Quello che videro li lasciò senza parole.
-Orphen.- mormorò Blaking, piccole stelle riflesse negli occhi.
Il Sacerdote non avrebbe voluto prestargli ascolto, ma qualcosa, nella sua voce, lo costrinse ad alzare a sua volta la testa.
Sbatté le palpebre per diverse volte, incredulo.
Le infiorescenze del grande albero argentato avevano preso a splendere e pulsare come piccoli soli, illuminando a giorno l’ambiente circostante. La loro luce era al tempo stesso calda e fredda, pulsante ed immobile.
-Che succede…?- si chiese Orphen, confuso.
A quelle parole, il corpo di Kiraliaji prese a scaldarsi, come se una fiamma stesse bruciando dentro di lei. La guardò con tanto d’occhi, ma senza lasciare la presa.
Venne nuovamente avvolta da un sudario di luce e, quando questo si fu dissolto, al suo posto c’era una giovane donna.
Tutti i presenti sgranarono gli occhi, indecisi se gridare al miracolo oppure aver paura di quello che stava accadendo. In entrambi i casi una cosa era certa: quella era l’opera di un grande potere.
Orphen restò a fissare quel viso nuovo e allo stesso tempo familiare, trattenendo il fiato per non rompere l’incanto.
  Era quasi certo che i suoi stessi occhi lo stessero ingannando, che il desiderio di veder respirare sua sorella si fosse trasformato in… be’, nel corpo che stava ancora stringendo.
Con un leggero fremito, le palpebre di Kiraliaji si sollevarono.
Dapprima cieche, si appuntarono sulla volta celeste. La vide aggrottare le sopracciglia, chiaramente confusa. Quando voltò lentamente il capo verso di lui seppe, senza ombra di dubbio, che l’incubo era finito.
-Fratellone...?- gracchiò, la voce persa nei meandri del suo essere.
L’Elfo annuì, mentre un sorriso sbocciava sulle sue labbra. –Sì, Kiraliaji.- soffiò, posandole una mano sui capelli. –Sono Orphen.
La giovane fece vagare il proprio sguardo sul suo viso, ancora più confusa di prima. Non si capacitava del suo aspetto.
-Sei… sei grande.- riuscì a dire. –Dov’è papà?- aggiunse poi.
A quelle parole, il Sacerdote si adombrò e distolse lo sguardo. –Ne parleremo più tardi. Ora hai bisogno di mangiare.- rispose solo.
L’Elfa fece per replicare, ma si vide sollevare da terra e stringere contro il petto dal fratello. Arrossì, imbarazzata: non lo riconosceva e le sembrava di essere abbracciata da un estraneo.
Quando lui si voltò, però, vide degli estranei veri e propri e li fissò smarrita.
I loro sguardi non erano cattivi e sembravano esser lì con le più buone intenzioni.
-Fateci passare, per favore.- ordinò Orphen.
Il gruppo si aprì e li osservò avviarsi verso il villaggio, dove li attendevano gli abitanti.
Nel passare, però, la mano di Kiraliaji sfiorò Blaking ed entrambi vennero attraversati da una fortissima scarica di potere.
Si fissarono, basiti e poco dopo il boato di un’esplosione scaraventò tutti a terra.


***

  Tutti i Cair di Suran percepirono un brivido lungo la colonna vertebrale.
Anche Shunka, che tra i cinque era il meno vigile.
Fu come se nuova forza avesse preso a scorrere in loro, quasi i loro poteri fossero stati rinvigoriti da una mano amica.
Fenris era con Radagast quando accadde. Il suo fido consigliere rimase a fissarlo per qualche istante, confuso ma conscio di quella nuova vibrazione nell’aria.
-Cos’è successo?- chiese, quando ebbe fine.
Il grosso lupo lo fissò coi suoi occhi color sangue, stupito ed elettrizzato. –Non so, ma credo sia opera dei ragazzi.- ammise.
“E’ come se fossi un po’ più solido, un po’ più tangibile.”, pensò.
-Volete che faccia qualcosa…?- s’informò il mutaforma.
Fece per rispondergli, ma un improvviso coro di voci esplose nella sua testa. Per un attimo sentì i pensieri di tutti e quattro i suoi fratelli. Alzò il muso di scatto, irrigidendo i muscoli delle spalle e fissando dritto davanti a sé.
-Fenris?
Radagast non capiva cosa stesse succedendo, ma l’espressione del Vegliante sembrava persa in altri mondi. Come se fosse su un diverso piano astrale. Forse stava interagendo con gli altri Cairansis.
Decise di farsi da parte e attendere.
Nel mentre, le voci degli altri lupi echeggiavano nella mente del Vegliante del Vento. Provò a stabilire un contatto, ma erano inafferrabili.
Ci fu uno strappo improvviso e il sussurro di Shunka scomparve. Subito dopo anche la presenza di Naur, un po’ più solida, svanì.
Rimasero solo Manannan ed Analyon.
Quest’ultimo era schermato dal potere della quercia, per cui era praticamente impossibile parlare con lui. Quindi, Fenris decise di provare col fratello residente ad Est.
“Manannan!”, intercettò la sua presenza e stabilì un contatto.
“Fenris! Cosa sta succedendo?”, chiese quello, perplesso. Percepì chiaramente il suo potere agitarsi.
“Non lo so. Credo che i ragazzi abbiano fatto qualcosa…”, ammise, muovendo leggermente le orecchie. Parlare con Manannan gli risultava più facile, ora, ma doveva comunque rimanere concentrato.
“Credi che…?”, l’altro lasciò la frase in sospeso.
“Due Balhia? Non oso sperarlo.”, concluse per lui il lupo d’argento.
Il Cair dell’Acqua si mosse sul posto. “Ma… se così fosse… Fenris! Forse c’è una speranza!”, esclamò.
“C’è sempre stata speranza.”, lo corresse.
“Solo per te, che sei un inguaribile ottimista.”, gli fece notare il fratello.
Fenris rimase in silenzio, inseguendo un pensiero. “Manannan, voglio tentare una cosa. Mantieniti vigile, ti ricontatterò tra poco.”, gli disse.
Non attese nemmeno la risposta del suo interlocutore, sapendo che avrebbe fatto esattamente come gli era stato richiesto.
Si riscosse dalla comunicazione con un fremito e si voltò a guardare il suo braccio destro. –Radagast, dobbiamo andare da mia figlia.- disse solamente.
  Spalancò le grandi ali e saggiò le correnti usando il tartufo. Quando ebbe individuato quella dominante corse verso il bordo della propria dimora e si alzò in volo, seguito a ruota dall’Elfo.

  Impiegarono quasi due ore per giungere nel Regno del Nord e il loro arrivo causò non poco scompiglio.
Atterrarono davanti al grande portale a due battenti, mettendo in allarme alcune guardie. Senza pensare, gli Elfi puntarono contro di loro le alabarde, ma poi s’avvidero della presenza di Fenris e si affrettarono ad abbassarle, inchinandosi.
In tutto quel parapiglia qualcuno doveva aver avvertito la coppia reale, perché i due regnanti uscirono dal palazzo praticamente correndo.
-Padre!- esclamò Undine, eterea nella sua bellezza.
-Figlia.- il grosso lupo le fece un cenno col capo, guardandola benevolo.
La donna gli si fermò davanti, seguita a pochissima distanza dal consorte. –Cosa succede? Che ci fate qui?- chiese, passando lo sguardo da lui a Radagast, che salutò con un rapido inchino.
-Buone nuove.- le disse.
-Dai ragazzi?- intervenne sir Holean, speranzoso.
Fenris lo fissò. –Credo di sì, non ne sono sicuro. Ma ne parleremo dopo: ora voglio tentare una cosa e avrò bisogno di te, Undine.- liquidò in fretta la domanda.
La Ninfa lo fissò un attimo smarrita, per poi riprendersi subito dopo ed annuire. –Certo.
-Bene. Ho bisogno che tu tenga aperto il varco nella barriera il più a lungo possibile.- le spiegò.
-Cosa volete fare? Comunicare con vostro fratello?- domandò. A volte aveva delle idee che potevano benissimo definirsi suicide e sperò che quella non corrispondesse alla descrizione.
Gli occhi sanguigni del Cair brillarono. -Puoi farlo?
Serrò la mascella ed annuì, sotto lo sguardo perplesso e preoccupato del marito.
-Bene. Iniziamo.
Padre e figlia chiusero gli occhi ed in poco stabilirono un contatto con la barriera e con Manannan.
“Fenris! Ma cosa diavolo vuoi fare?!”, lo aggredì il Vegliante dell’Acqua.
“Fratello, ora ho bisogno che tu mantenga il più stretto contatto possibile tra le nostre essenze. Credi di poterlo fare?”, domandò ignorando l’insulto.
Percepì esitazione nell’altro. “Sì.”, disse infine.
“Perfetto.”
Quando avvertì il collegamento diventare stabile, Fenris concentrò tutti i propri poteri sulla figura di Manannan, focalizzandolo nella propria mente e al di là della barriera.
Quando riuscì a vedere anche il più piccolo ciuffo di pelo, ritirò il proprio potere. L’altro venne attirato verso la barriera e, improvvisamente, si ritrovò dall’altra parte.
Quando riaprì gli occhi vide davanti a sé Fenris.
-Ma… cosa…?- si guardò attorno. La sua pelliccia si contrasse, agitata da invisibili onde di potere.
-Abbiamo guadagnato un po’ di forza.- il sorriso lupesco sul muso del Cair la diceva lunga. –Undine, puoi lasciare la presa, ora.- aggiunse.
La regina riaprì gli occhi con un singulto e si appoggiò stancamente al marito, provata. I suoi occhi chiari erano puntati sui due Veglianti, increduli.
-Ora che siamo fisicamente insieme, dobbiamo provare a contattare Analyon. Dobbiamo stabilire un contatto più forte.- disse Fenris.
-D’accordo.- disse solo Manannan. –Anche perché abbiamo poco tempo: mi sento già tirare indietro.
Si avvicinarono fino a che le loro spalle non furono a contatto, poi chiusero gli occhi ed espansero i propri poteri.


***

-Cosa sta succedendo?!- Orphen si mise faticosamente carponi, una mano a proteggere gli occhi.
Non vedeva nulla e quella strana energia lo schiacciava a terra. Attorno a lui, i suoi ospiti non se la passavano meglio: quello che sembrava risentire meno di quel potere era Nehir.
Tentò di alzarsi per raggiungere la sorella, ma gli fu impossibile.
-Perché non riesco a muovermi?- sbottò Nive, infastidita dalla piega che avevano preso gli eventi. Era stufa di rimanere accecata a causa di strani giochi di potere. Non ci stava capendo più nulla.
  Ethelyn, al suo fianco, aveva lo sguardo puntato su Drew. Il ragazzo se ne accorse ed incontrò i suoi occhi verdi, annuendo mestamente subito dopo. La muta domanda che era passata tra di loro aveva trovato conferma con un semplice gesto.
Quell’esplosione di poteri era imputabile alla natura divina di Blaking. E forse a quella, altrettanto leggendaria, della piccola Kiraliaji.
“Cosa vedi?”, Simar si mise in contatto col suo fido compare. La luce era troppo intensa e gli feriva gli occhi.
“E come faccio a saperlo?! Sono una creatura prevalentemente notturna, io!”, brontolò il Fisàan, digrignando i denti.
Il principe sbuffò, infastidito. “Nehir, non sei d’aiuto.”, lo rimbeccò.
“Percepisco due poteri, molto forti. E mi par di sentire odore di… sembra l’odore di due cavalli.”, ammise, sconcertato dal proprio senso dell’olfatto.
“Quindi è colpa dei poteri del Balhia…”, ragionò il giovane, tenendo ostinatamente lo sguardo puntato a terra.
Mentre tirava le fila dei propri pensieri, la luce svanì di colpo così com’era arrivata. La potente forza d’urto che li aveva inchiodati al suolo perse forza e, in poco, furono nuovamente padroni dei propri corpi.
Si rialzarono tra proteste e borbottii, senza prestar attenzione a quello che avevano davanti. Alle loro spalle, gli abitanti del villaggio stavano ritrovando più o meno la mobilità, dopo esser stati vittima dello stesso potere.
La prima a rendersi conto delle due presenze fu Ethelyn. –Drew…- afferrò con forza la casacca del Nun, cercando di attirare la sua attenzione.
Lui la fissò, perplesso e lei gli indicò semplicemente davanti a sé. Il giovane si voltò e rimase a bocca aperta.
-Non è possibile…!- esclamò.
A quell’esclamazione si voltarono anche gli altri e le reazioni furono più o meno le stesse.
Davanti a loro, sospesi a mezz’aria, stavano due cavalli alati. Uno era l’altra forma di Blaking, mentre l’altro aveva il manto simile a fine sabbia ed i crini molto più chiari. Occhi di un intenso color ambra li scrutavano con curiosità e un pizzico di timore.
Orphen allungò lentamente un braccio, rapito da tale visione.
Il cavallo più piccolo sembrava brillare di luce propria, come se ogni singola fibra del suo corpo emanasse energia.
-Non è vero… voi non…- il Sacerdote non riusciva a trovare le parole adatte per smentire quello che vedevano i suoi occhi. Aveva letto dei libri, a riguardo, ma era sicuro che quelle fossero solo leggende. O meglio, ne era sicuro fino a pochi minuti prima.
Con fare incerto, mosse un passo verso la coppia di destrieri, intenzionato a toccarli per verificare la loro consistenza.
Ma loro si fecero indietro e venne respinto da un’altra piccola esplosione luminosa.
Quando riaprì gli occhi si ritrovò ad osservare Blaking e Kiraliaji.
Sua sorella aveva gli occhi sbarrati ed un’espressione di totale confusione sul viso. Esitò un attimo e poi si buttò tra le sue braccia, tremando come una foglia.
Lui l’accolse senza remore, avvolgendola in un abbraccio protettivo. Poi sollevò gli occhi chiari su Blaking e gli disse:-Esigo delle spiegazioni.

  Evitare le domande dei propri compaesani fu difficile: si erano radunati tutti nella piazza del villaggio, davanti all’altare di pietra e il vociare ricordava uno sciame di api.
-Per favore, abbiate un attimo di pazienza!- tentò di rabbonirli Orphen. Le persone si ammassarono attorno a lui, spintonandosi per poter vedere.
-Cos’è successo? Cos’è stato? Siamo in pericolo?- quelle erano alcune delle domande che rimbalzavano di bocca in bocca.
L’uomo non sapeva cosa rispondere, ma trovò la forza di rassicurare i presenti dicendo:-Non c’è alcun pericolo per voi, fratelli. Calmatevi.
Con la coda dell’occhio notò Hughes e gli fece cenno di raggiungerlo. Il maestro si fece strada tra i presenti e lo affiancò, non senza lanciare occhiate stupite a Kiraliaji.
-Hughes, ho bisogno di una mano. Riusciresti a tener buona questa folla? Devo parlare urgentemente coi nostri ospiti ed occuparmi di mia sorella.- chiese, afferrandogli saldamente una spalla per sottolineare la propria urgenza.
  L’altro esitò un attimo, ma poi annuì con decisione.
Dopo averlo ringraziato, il Sacerdote si avviò velocemente lungo il sentiero che portava alla propria abitazione, quella dov’era cresciuto e che aveva condiviso con Kiraliaji.
Fece per entrare, ma la giovane si ritrasse.
-Cosa c’è?- le chiese, voltandosi a guardarla.
Lei scosse il capo. –Sono stufa di sentirmi in gabbia: voglio rimanere qui fuori.- si spiegò, lanciando rapide occhiate al gruppo di viaggiatori.
-D’accordo. Siediti su quel tronco.- e, detto questo, il fratello scomparve all’interno della casa costruita con pietre e assi di legno.
  L’Elfa si ritrovò così alla presenza di parecchi sconosciuti. L’imbarazzo era palpabile, ma lei tentò di non badarvi ed andò a sedersi su un grosso tronco morto, rivolta verso quella che ricordava essere casa sua.
Nessuno dei presenti tentò di rompere il silenzio, timoroso di poter spaventare la giovane rediviva.
Fortunatamente il ritorno di Orphen trasse tutti d’impaccio. Si fece strada tra gli ospiti ed offrì pane, carne secca ed acqua a Kiraliaji, accomodandosi poco dopo al suo fianco.
-Prendete pure posto, prego.- disse subito dopo, accennando al cerchio di pietre e ceppi.
Quando tutti quanti furono comodamente seduti, il Sacerdote esordì dicendo:-Voglio delle spiegazioni.
-Sì, sarebbero veramente gradite.- gli fece eco Nive, lanciando occhiatacce ai compagni. Anche se era entrata a far parte del gruppo da poco tempo, non le sembrava giusto esser stata esclusa dai grandi segreti della combriccola. Soprattutto se riguardavano cinque cavalli leggendari.
Blaking e Simar si scambiarono un’occhiata, dialogando senza usare le parole. Alla fine l’Ippogrifo sospirò. –E’ colpa mia.- confessò.
Orphen si accigliò. –Aiutami a capire cosa c’entrate voi tutti con una leggenda vecchia di centinaia d’anni.- disse, scrutandoli uno ad uno in cerca d’indizi.
“Ormai è tardi per mentire.”, pensò il pennuto. –Io sono il Balhia del Vento.- confessò. –Immagino che tu sappia di cosa sto parlando.
-Impossibile.- fu la risposta del suo interlocutore. Nive, che aveva tutte le intenzioni di far luce su quella storia, fece tanto d’occhi, ma preferì restare in silenzio ed attendere il resto.
-Mi sembra stupido negare dopo quello che è successo.- replicò Blaking, piccato. Avevano assistito a ben due manifestazioni, dopotutto.
Il loro ospite si alzò, mettendosi a camminare avanti e indietro sul terreno coperto di aghi di pino. –Mi state dicendo che ho appena assistito alla riunione di due dei famosi Balhia, i figli della dea Aileen?- domandò, ancora scettico.
Tutti quelli che erano a conoscenza del segreto di Blaking annuirono, nessuno escluso.
L’Elfo fece per sbottare, dicendo che erano tutti matti, quando la sorella lo interruppe dicendo:-Io gli credo.
Le sue parole, talmente improvvise quando sincere, lo bloccarono a metà di un passo. La guardò incredulo, chiedendo conferma di quanto aveva appena detto.
-A costo di sembrare stupida, io ci credo.- confermò la ragazza. Aveva mangiato un pezzo di pane e teneva tra le mani una striscia di carne, ancora integra.
-Ma, Kiraliaji…!
-Tu sei un Sacerdote, fratello. Dovresti essere il primo a credere.- gli fece presente.
I due si scrutarono negli occhi per diversi istanti, valutandosi. Il primo a sorridere e distogliere lo sguardo fu Orphen. –A quanto pare la tua mente non ha vegetato, in tutto questo tempo.- commentò, lieto di aver trovato una donna dopo aver detto addio ad una bambina.
-Pare di no. Solo la mia voce sembra avere qualche problema.- commentò lei, massaggiandosi la gola.
-Dovresti provare con il limone.- suggerì Drew. Kiraliaji lo fissò, stupita, e poi gli sorrise, ringraziandolo coi suoi grandi occhi verde acqua.
-Non distraiamoci.- Simar riportò l’attenzione sull’argomento principale. –Dobbiamo capire se dentro Kiraliaji c’è veramente un altro Balhia.
Orphen fece per replicare, ma la sorella lo precedette. –Credo di sì. Sento una strana connessione con… con lui.- indicò Blaking, dato che non sapeva il suo nome. –E poi, ho visto il suo aspetto durante la trasformazione e ho sentito uno strano potere dentro di me.
-Tutto questo è assurdo, lo sapete?- osservò Nive, sarcastica.
Osservando i ragazzi discutere, il Sacerdote Elementale si ritrovò a rivivere vecchi ricordi e, all’improvviso, alcuni pezzi andarono al loro posto. Fece schioccare le dita e sollevò la testa, osservando con rinnovato interesse la sorella.
-Cosa succede?- chiese Blaking, vedendo l’espressione che aveva sul viso.
-Ho capito una cosa.- spiegò brevemente quello, continuando a guardare fisso la sorella. –Ora ho capito.
Lei ricambiò lo sguardo, confusa. –Cosa?
-I tuoi poteri, le tue capacità.- le disse, guardandola con meraviglia. Non se lo sarebbe mai aspettato, assolutamente no. Vedendo l’espressione perplessa della giovane, aggiunse:-La tua capacità di “rubare” i poteri!
La consapevolezza si fece strada in lei. –Oh.
-Di cosa state parlando?- chiese Ethelyn, curiosa.
-Abbiamo molte cose da dirci. E credo ne avremo per un bel po’.- rispose Orphen, tornando a sedersi ed unendo le punte delle dita. –Io vi racconterò la nostra storia e voi la vostra.

  Dopo due lunghe ore, le storie dei due gruppi erano state assemblate ed ora la situazione acquistava una prospettiva completamente diversa.
-Dato che sembra abbiate un certo fiuto, dovreste cercare gli altri tre Balhia.- suggerì ad un certo punto Orphen.
-Cosa? Ma non possiamo! Dobbiamo…- fece per protestare Drew. Erano già con l’acqua alla gola, inseguiti da tutte le creature d’ombra di Suran e lui voleva che si mettessero a cercare dei cavalli leggendari?
L’Elfo guardò il Nun, convinto delle proprie parole. –Se quello che mi avete raccontato è vero, i Balhia vi aiuteranno a sconfiggere il nemico.- rivelò.
Blaking battè uno zoccolo a terra, stupito. –Come? Cosa sai in merito?- domandò. Dato che non possedeva memoria della sua precedente vita, non era a conoscenza delle proprie reali capacità.
-I Balhia e i Cair condividono lo stesso tipo di energia vitale. Entrambi sono più forti quando sono uniti: per questo dovete trovarli. Il legame di potere dei Veglianti non può essere ristabilito, ora come ora.- spiegò, riportando alla mente tutte le nozioni che aveva seppellito nei propri ricordi.
-Ma come possiamo trovarli? Finora è stata questione di fortuna.- obiettò Ethelyn.
L’uomo fu costretto a scuotere la testa. –Questo non so dirvelo.
-Quindi è come cercare un Doslor in mezzo alle lucciole. Perfetto.- commentò Nive, sprezzante. Si alzò in piedi ed incrociò le braccia, inveendo contro se stessa per aver deciso di partire con quel gruppo di pazzi.
-Sì, non sarà facile. Dovreste cercare anche i loro templi.- ragionò tra sé Orphen.
Simar, concentrato a studiare la figura di Kiraliaji con uno strano interesse, si riscosse e disse:-Ne abbiamo già trovato uno. Sono i templi dedicati ai Cair, no?
-Esatto. In essi sono nascosti piccoli artefatti legati ai Balhia. Non so dirvi di più. Credo che, in presenza del giusto Balhia, questi potrebbero reagire e riunirsi a lui.- ammise, accarezzandosi distrattamente il mento.
-E non sai altro che possa aiutarli?- sua sorella gli mise una mano sul braccio, completamente presa dalla conversazione e dalle vicende narrate fino a quel momento.
-No, nulla.- dovette distruggere le sue speranze. La vide abbassare lo sguardo, delusa e allora la trasse a sé, stringendosela al petto. Lei sorrise, appoggiando la testa contro il suo torace.
Non vedeva l’ora di poter recuperare il tempo perduto.
-Tu sei l’unico Sacerdote rimasto?- domandò ad un certo punto Drew.
-Sì.- confermò Orphen. –I membri anziani facevano parte del consiglio, ma è stato sciolto parecchio tempo fa.
Ethelyn fece per chiedere il perché ma, notando lo sguardo di Kiraliaji, decise di desistere. La giovane le concesse un mezzo sorriso, grata che non avesse indagato.
Era facile immaginare un collegamento tra la sua reclusione nella teca e quella destituzione. Ma erano cose private, che riguardavano solamente i due fratelli e non sarebbe stata lei a girare il coltello nella piaga.
-Posso promettervi di vigilare questi confini, ma nulla di più.- disse Orphen. Gli sembrava il minimo, considerata la grave situazione che stava affrontando Suran. E poi, doveva loro il ritorno di sua sorella.
-Grazie.- disse Blaking, a nome di tutti.
-Se volete, vi posso mostrare i vostri alloggi.- si alzò ed indicò loro il villaggio.
-Possiamo dormire all’aperto.- replicò Drew, scambiando un’occhiata con gli altri.
“Sicuramente.”, commentò Nehir, rimasto in silenzio fino a quel momento. Aveva preferito ascoltare ed osservare lo strano comportamento di Simar: sembrava che non riuscisse a staccare gli occhi di dosso alla giovane Elfa.
E la cosa lo aveva messo in allarme, considerato com’era finita l’ultima infatuazione del principe.
-Dormiremo qui fuori, grazie.- anche la Ferift si accodò.
-Io, invece, vorrei dormire su un letto vero.- Nive si rivelò ancora una volta l’unica ad andare controcorrente.
Orphen la guardò, valutando il suo cipiglio. –Molto bene, seguimi.- le disse solo. –Kiraliaji…- chiamò subito dopo, voltandosi a guardare la sorella.
-Ti aspetto in casa, fratellone.- gli sorrise.
Lui annuì e si avviò lungo il sentiero, seguito a breve distanza dalla danzatrice.
Non appena fu scomparsa alla vista, Drew commentò:-Tipico.
-Le ci vorrà del tempo.- lo rimproverò Blaking. L’amico gli dedicò un’occhiata eloquente. –D’accordo, è una persona difficile!- si corresse.
-Scusate…- mormorò Kiraliaji. I nuovi arrivati si voltarono a guardarla. –Come vi chiamate?
Al che i ragazzi si fissarono stupiti, ma si affrettarono a presentarsi.
-Piacere!- sorrise loro la ragazza. –Spero che mio fratello non sia stato sgarbato con voi.- aggiunse.
-Non troppo.- rispose Simar, guardandola. Lei se ne accorse ed arrossì, puntando però gli occhi in quelli color oltremare di lui.
-Ora è meglio che vada a dormire… a domani.- si congedò in fretta, sparendo all’interno della casa.
“Simar, smettila di fissarla. La consumerai.”, lo prese in giro Nehir.
Il giovane si riscosse e lo fissò. “Come?”, fece, perplesso.
“La ragazza. La stai fissando da quando si è seduta a mangiare.”, fece un cenno verso l’abitazione, dietro la cui unica finestra visibile splendeva ora un tenue bagliore.
“Non è vero.”, si schermì l’altro, allontanandosi subito. Il lupo emise un verso di gola, simile in tutto e per tutto ad una risata.


***

-Cos’è successo...? Cos’è successo?!
Contrasse le dita ad artiglio, gli occhi spalancati sul mondo ed una furia cieca dentro di sé. Si guardò intorno con sguardo spiritato, cercando il responsabile.
Ma non individuò nessuno e la sua rabbia non ebbe sfogo.
Piegò la testa all’indietro ed urlò, lasciando uscire tutta la propria voce fino a sentire la gola bruciare. Quando si fu calmato, si accasciò a terra, sentendosi stranamente vuoto.
Affondò le dita nella terra ed ebbe la certezza di aver perso parte dei propri poteri. Dei poteri sottratti a Shunka.
-Hai fatto male i tuoi conti.- gli disse la voce fredda di Calimë. Sollevò la testa e si ritrovò a fissarla in tutta la sua luminosa presenza.
-Come hai fatto a liberarti?- chiese in un roco sussurro.
-I tuoi poteri hanno perso parte della loro forza: in questo momento non sei altro che un cucciolo smarrito.- gli disse, fissandolo. Rannicchiato a terra, il lungo mantello scuro a coprire la sua figura, sembrava davvero un essere miserabile.
Ma la donna sapeva che era solo un’impressione. Presto si sarebbe ripreso e avrebbe tentato di riassorbirla.
Doveva impedirglielo: solo così il Cair del Tuono avrebbe avuto una possibilità di sopravvivere. Lei era l’ultima manifestazione tangibile del suo essere, della parte incorrotta.
Anrekres trattenne un sogghigno. -Non mi piegherai al tuo volere, non ci riuscirai mai.- sussurrò rialzandosi.
Si rimise lentamente in piedi e, quando ebbe riguadagnato la posizione eretta, fece comparire la propria arma. Strinse con forza l’impugnatura e si scagliò con forza su Calimë.
Luce ed ombra si unirono con uno schianto di luce, mentre le lame si scambiavano un freddo bacio.
L’ennesima lotta per il predominio aveva avuto inizio.
  
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